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4.11.21

celebro in silenzio il centenario del milite ignoto ma non disdegno il film la scelta

   canzoni  \brani muysicali 

  • Soldato ignoto o Inno del Milite Ignoto (1921), brano celebrativo composto da E. A. Mario (pseudonimo di Giovanni Ermete Gaeta)
  • Soldato ignoto - Valeriano Maspero
  • La ballata del milite ignoto (1968), brano antimilitarista composto da Lino Patruno e da Walter Valdi, interpretato originariamente da I Gufi.
  • Al milite ignoto (1975), brano antimilitarista di Claudio Lolli nell'album Canzoni di rabbia.


ecco perchè  non parteciperò alle manifestazioni    de   centenario del  4  novembre   a  #tempiopausania    sede   fondante  del 152° fanteria   della  brigata Sassari  . Ma    applico  ad oggi  le parole di  Giacomo Matteotti   (  22 maggio 1885 – 10 giugno 1924 )  : << Possono con cuore sincero glorificare il Milite Ignoto i rappresentanti del militarismo italiano che sulla gloria popolare fanno la più sporca speculazione a beneficio della casta militare; possono glorificarlo i rappresentanti di quel nazionalismo che sogna ancora e armati e guerre e conquiste? No. [...] Perciò la gioventù repubblicana, dalle cui file, volontario, forse uscì l'ignoto che si glorifica e certo uscirono mille ignoti, non si unisce al chiasso che disturba l'austerità del rito. >>  .

Ma  essendo  appassionato  di storia  ,  infatti  la mia  passione    per  la storia    inizio proprio nel sentire  dale  prozie   materne  ( un fratello      era  morto  nella  grande  guerra )   e da  mio nonno  paterno    che  esaltava   avendo avuto  parenti  e  forse  anche un fratello  reduce   da  tali  eventi  ,  non   ho  potuto  fare  a meno    di  vedere  bel  film  non retorico  ne  da  una parte     ne  dall'altra  


Andato in onda su Raiuno il 4 novembre 2021, in occasione dei cent’anni dalla tumulazione, a Roma, del Milite Ignoto. Nel cast, Sonia Bergamasco, Cesare Bocci (di cui è l’idea del film-tv) ed Alessio Vassallo; la regia è di Francesco Miccichè.

con questa frase contenuta su una delle tante cartoline istituita per l'evento del 1921
«Se la vittoria fu della civiltà noi dovremmo essere i civili. Lo siamo? Non si esaltano i nostri grandi morti perseguitando i vivi. Pace! Mondini Attilio, mutilato di guerra - Moglia (Mantova)» tratto da https://it.wikipedia.org/wiki/Milite_Ignoto_(Italia) a cui rimando per approfondire tale argomento



 



21.3.15

Nasodoble, "Cazz boh" è la rabbia dei sardi



Per chi la guarda dal "continente", la Sardegna è terra di mari incontaminati ("Sardegna, performance quasi perfetta", titola il rapporto 2014 di Goletta Verde) e costruzioni millenarie, ma per i sardi il rapporto col continente non è sempre indolore. "Cazz boh" è il nuovo video dei sassaresi Nasodoble, "una canzone condita di riso sardonico che mette a fuoco il disastro politico, sociale, mafioso, militare e industriale della Sardegna degli anni zero", racconta Alessandro Carta, autore e cantante del brano. Al video prendono parte alcuni tra gli artisti più amati dell'isola: Ilaria Porceddu, pianista e interprete, già protagonista nella primissima edizione di X Factor e al Festival di Sanremo 2013, il rocker Joe Perrino, leader di Joe Perrino & the Mellowtones e dell'Elefante Bianco, Beppe Dettori, cantante dei Tazenda e Francesco Piu, chitarrista blues virtuoso. "Cazz boh" è un video ironico, divertente e inusuale anche nella tecnica con la quale è stato girato: un virato b/n con isolamento del colore su singoli oggetti: gli occhiali del cantante, le mutandone di un chitarrista dormiente, la camicia da notte della nonna o la bocca rossa e sensuale della cantante

28.2.15

1\3\1915-1\32015 la brigata sassari l'orgoglio dei sardi

  nel  bene e nel male   essa   è il nostro orgoglio    da prendere  come  punto di ripartenza  per  non farci mettere i  piedi in testa  nè  da multinazional  ne  dallo stato   italiano  

4.1.15

la leggenda dei dimonios ( la brigata sassari ) nacque da una rissa fra soldati sardi e soldati laziali ?

Come  ho già  detto  su mie   account  e  pagina di facebook 
a tutti\e voi e d ai vostri contatti che si meraviglionoo mi dicono che sono strano perchè racconto nel mio blog ( www.ulisse-compagnidistrada.blogspot.com ) racconto storie della gente e del mondo animale . << Non sempre la storia è quella raccontata nei libri o registrata negli archivi. La storia infatti cammina anche seguendo percorsi che restano oscuri, dei quali si conoscono magari gli effetti e le conseguenze, ma non l'origine. Rimangono cioè nell'ombra uomini e donne che, con le loro vite e le loro scelte, hanno determinato eventi che hanno poi lasciato il segno. Questi protagonisti della storia, senza nome e senza volto, sono destinati a essere inghiottiti dall'oblio. Ma ci sono rari casi in cui ricordi remoti o testimonianze apparentemente insignificanti possono, dopo moltissimi anni, riaffiorare dalle nebbie del tempo e ricomporsi, annodando il filo sottile di vite sconosciute al grande rocchetto della storia. >>( Piero Mannironi  la nuova sardegna  versione  online  del  4\1\2015  )
Spero    che questra  sia  La  risposta   a chi mi chiede  nonostante il maifesto e  le faq  con rispettivi aggiornamenti  il  perchè  del tag :  le  storie ,  storie  , ecc  e  soprattutto perchè racconto simili cose
La  storia  che riporto  oggi  , secondo me  verosimile perchè  :1)  c'è  una testimonianza   indiretta  padre-figlio, ma  allo stesso tempo  anche  diretta coomilitoni  e  amici del padre   che   può essere  confermato incrociando i  datti  d'archivio .,  2)  dal  fatto che   almeno fin 'ora dagli archivi militari ufficiali   (  ma mai dire  mai  magari per  il centenario salterà fuori  qualcosa chi  lo  sa'  ) , come  dice  lo  stesso articolista , non dicono nulla sul perché e sul come lo Stato maggiore dell’esercito del regno d'Italia decise di creare questa unità [  i due reggimenti    151  e  152  della brigata  Sassari  ] , composta solo da sardi, che diventò storia  e  leggenda nella Grande guerra.
Ora  per soddisfare  la  vostra  curiosità   eccovi  l'articolo vero e proprio  preso  da  La nuova  sardegna  online  ( non so  la data esatta di quello cartaceo )  del  4\1\2015  

La leggenda dei “Dimonios” nacque da una rissa furiosa

Nel 1914 un piccolo gruppo di artiglieri sardi a Genova si ribellò a violenze e angherie. Un generale incredulo: «Una brigata di questa gente può vincere qualsiasi guerra»

di Piero Mannironi



È il caso della nascita della Brigata Sassari. Gli archivi dell'Esercito documentano la sua costituzione il primo marzo del 1915 con due reggimenti, uno a Sinnai e l'altro a Tempio. Ma non dicono nulla sul perché e sul come lo Stato maggiore dell’esercito del regno d'Italia decise di creare questa unità, composta solo da sardi, che diventò leggenda nella Grande guerra. Ma che fu anche un importante laboratorio politico perché, come scrisse Emilio Lussu, «fu il deposito rivoluzionario della Sardegna del dopoguerra»



Nelle trincee - tra la sofferenza, la paura, la furia e l’odore acre della morte - maturò infatti tra i contadini e i pastori in divisa e i loro ufficiali una coscienza nuova della propria identità regionale, anzi nazionalregionale.
Le testimonianze. A fornire una versione molto credibile di come nacque la Brigata è oggi Daniele Lostia Falchi, detto Lelle, di Orotelli. Il suo racconto, che colma un vuoto storico, è il frutto di un lavoro lungo e paziente di ricucitura di testimonianze raccolte negli anni. Ed è un racconto ricco di
passione e di emozioni perché è anche la storia di suo padre: Andrea Lostia di Orotelli, classe 1894, figlio di Giovanni Battista e di Antonietta Marteddu.
«All'origine della Brigata Sassari – dice Lelle Lostia – c'è la storia poco conosciuta di un gruppo di artiglieri sardi che, nel 1914, si ribellò alla boria e agli abusi dei commilitoni continentali. Tra di loro c'era anche mio padre».«Era un uomo molto energico e deciso – continua Lostia –. Fu chiamato alle armi nel 1912, all'età di 18 anni, e destinato al reggimento di artiglieria Fortezza da Costa a Genova. Si distinse fin da recluta quando riuscì a far sparare il gigantesco cannone da 420 millimetri, allora in fase di collaudo. Per questo ottenne come riconoscimento una medaglia».
Ma Andrea Lostia era anche un uomo molto riservato e avaro di parole. Della sua esperienza militare parlò raramente in famiglia. Così il figlio Lelle conobbe la storia del padre attraverso il racconto delle persone che l'avevano conosciuto in quegli anni difficili e che con lui avevano condiviso molte esperienze.
«A Buenos Aires, per esempio, – dice Lelle Lostia –, incontrai anni fa un certo Gianmario Lunesu che mi raccontò come mio padre aveva aiutato lui e molti altri sardi a Genova, dove erano in attesa di imbarcarsi per l'Argentina, la terra promessa».
Ma fu soprattutto un certo Borianu Sanna di Bitti, ex commilitone di Andrea Lostia, a parlare di quella tremenda rissa che poi condizionerà la storia. «Lo incontrai quando aveva 82 anni – dice Lelle – e doveva essere uno dei pochi ex commilitoni di mio padre ancora in vita. Fu lui che mi disse: “Tutte le volte che ci trovavamo in fila per il rancio o per lavarci, noi sardi venivamo ributtati indietro a gomitate. I continentali si credevano superiori ed erano molto più numerosi di noi. Ma dal giorno che gli abbiamo dato quella batosta con tuo padre Andrea le cose sono cambiate e noi sardi passavamo avanti ai continentali nelle file».
«Ci fanno filare come bestie». In quel 1914 cominciavano a soffiare i primi venti di guerra. Il conflitto era imminente e nell’Esercito tutti i congedi erano stati sospesi. Nei reparti si respirava un'aria pesante e la tensione era altissima. Anche nel reggimento Fortezza da Costa di Genova.
«Mio padre era diventato attendente del capitano – continua il racconto di Lelle Lostia –. Una sera tornò in caserma e trovò i suoi amici sardi silenziosi e avviliti. Uno di loro gli disse: «E non bides, Andrì, chi no sunu piccande a truba, e non intendes cussu romanu a punzoso serradoso e brazzoso arzadoso abbochinande chi pro isse bi cherete totta sa Sardigna (non vedi Andrea che ci fanno filare come bestie, e non senti quel romano che a pugni serrati e a braccia alzate urla che per stendere lui ci vuole tutta la Sardegna)”. La risposta di mio padre fu come una frustata: E boisi itte sezzisi ispettanne a l'istrubbare a susu chin corazu e animu determinadu chenza los timere, poi li damus a bidere chi no bi cheret totta sa Sardigna pro los crepare e los isperdere? (e voi cosa state aspettando a saltargli addosso con coraggio e con determinazione senza temerli, poi gli facciamo vedere che non ci vuole tutta la Sardegna per dargli una lezione e farli scappare)».
Orgoglio e rabbia. Fu la scintilla che scatenò una rissa cruenta e furiosa nella quale un pugno di sardi diede una severa lezione a tutto il reggimento di artiglieria Fortezza da Costa. Un sergente maggiore finì addirittura in ospedale per una coltellata in pancia. Le autorità militari pensarono subito a una rivolta contro lo Stato, sospettando infiltrazioni angioine repubblicane tra i sardi. Andrea Lostia fu indicato come il capo di quella ribellione e arrestato. Poi, fu trasferito a Piacenza in attesa del processo.
«Di alcuni protagonisti di quella terribile rissa – dice Lelle Lostia – sono riuscito a conoscere i nomi: Giorgio Satta Puliga di Buddusò, Burianu Sanna di Bitti, Daniele Mulas di Fonni, Domenico Curreli ed Emanuele Soro di Olzai, Salvatore Nieddu di Nuoro e Giovanni Maria Masala di Nule. Mio padre escogitò uno stratagemma per non far sapere ai familiari che si trovava in carcere. Scriveva cioè una lettera per la madre a Orotelli e poi la infilava in una busta più grande indirizzata a Genova al suo amico Daniele Mulas, il quale sfilava la prima busta e la spediva ai Lostia a Orotelli. Ma due cugini di mio padre seppero per caso a Sarule, da un soldato in licenza, che mio padre era finito nei guai e non era più al reggimento. Mio zio agronomo e un suo cugino medico partirono allora per Genova dove seppero che mio padre era in carcere a Piacenza, in attesa di essere giudicato per ribellione contro le istituzioni».
I Lostia presentarono allora al comandante del reggimento le loro credenziali di appartenenti a una famiglia nobile e fedele alla casa reale, tanto che un loro zio, Giovanni Battista, nel 1808, era stato posto da re Vittorio Emanuele a capo della reale Governazione di Sassari e nominato anche comandante della Giurisprudenza.
Lo stupore degli ufficiali. Il colonnello, anche grazie alla testimonianza del capitano di cui Andrea Lostia era attendente, capì che non esisteva alcun complotto e non c’era stata una rivolta, ma solo una furiosa rissa tra sardi e continentali. Il suo rapporto convinse anche il generale che dispose l'immediata scarcerazione dell'artigliere Lostia.
«Mi fu raccontato – prosegue Lelle Lostia – che il generale, del quale non conosco però il nome, rimase profondamente colpito da quella rissa e si chiedeva come fosse stato possibile che un gruppo esiguo di sardi avesse potuto sbaragliare un intero reggimento. “Non è possibile, non è possibile” ripeteva incredulo. Dopo alcune ore convocò i suoi ufficiali e disse: “Se è vero, come è vero, che un gruppo di sardi riesce a sbaragliare un reggimento al completo, allora se riusciamo a formare una brigata di soli sardi potremmo vincere qualsiasi guerra”».
L'idea piacque allo Stato maggiore: erano nati i diavoli rossi, i Dimonios.
«Onestamente non posso essere più preciso e riferire date certe. E sfuggono alcuni nomi – conclude Lelle Lostia –. Ma questa è la storia come io l'ho appresa da una serie di testimonianze, alcune anche dirette. E con le mie parole voglio onorare la memoria di mio padre e il valore e la balentia dei sardi che hanno partecipato alla Grande guerra sugli altipiani del Carso».

6.7.13

Il medico-eroe di Nassiriya dona la medaglia al valore


Premiato dal presidente della Repubblica per avere salvato tanti militari «Voglio condividere la decorazione con la Brigata Sassari, nel ricordo dei caduti»

la  nuova sardegna online del  6\7\2013

Sassari Il peso di quella decorazione era diventato insostenibile. Ogni volta che lo sguardo si posava su quel cofanetto di velluto blu, ritornava con il pensiero all’inferno di Nassiriya. Ci ha pensato a lungo prima di prendere una decisione e ha concluso che la cosa più bella fosse conservare quella medaglia nel posto giusto. Perché spesso accade che i riconoscimenti, pur se meritati, diventino troppo ingombranti, rubando spazio al desiderio di un quotidiano più ordinario. Così, ancora una volta, ha pensato a un gesto di generosità: donare al proprio reparto la medaglia d’argento con cui il Capo dello Stato premiò il suo gesto eroico. Quel dono sarà il suo tributo alla Brigata Sassari, alla quale resta profondamente legato. Oggi l’ex tenente medico di complemento Gianuario Carboni ha 38 anni e l’emergenza continua a far parte della sua vita perché, da medico chirurgo, lavora al pronto soccorso del Santissima Annunziata. Dieci anni fa, in Iraq, ha visto cose che non augura neanche al peggior nemico. All’epoca, Gianuario ebbe la ventura di trovarsi nel devastante inferno di fuoco di uno dei più gravi attacchi che la storia dell’esercito ricordi.Il 12 novembre 2003, a Nassiriya, nella terribile esplosione che distrusse la base Maestrale, persero la vita 19 italiani e 9 iracheni, ma sul campo restarono anche decine di feriti. Antica Babilonia, l’avevano chiamata, ma quella che doveva essere una missione di pace si era trasformata in una sanguinosa tragedia. Nei momenti più drammatici, Gianuario Carboni non perse mai il sangue freddo, ma contribuì a salvare vite umane, in particolare quella del maresciallo dei carabinieri Vittorio de Rasis, oggi luogotenente, strappato alla morte dall’intervento tempestivo del medico “sassarino” dopo essere stato colpito a una spalla da una scheggia che gli aveva provocato una gravissima emorragia. La motivazione con cui il presidente della Repubblica assegnò all’ufficiale la prestigiosa decorazione al valore militare, non lascia adito al dubbio. Dal decreto presidenziale del 13 aprile 2006, filtra chiaramente la portata del gesto eroico. Alla fine di quella giornata terribile, il generale Bruno Stano, allora comandante della Brigata Sassari, lo aveva chiamato nel suo ufficio e gli aveva annunciato che avrebbe fatto il suo nome per una medaglia al valore. A caldo, il giovane tenente medico non comprese a pieno il senso di quelle parole, troppo grande e intensa era stata la sollecitazione per l’ufficiale, ancora emotivamente coinvolto in quella vicenda che ha segnato la sua vita e quella dei suoi compagni. «Oggi ho una vita normale _ racconta sereno Gianuario _ una moglie splendida, due bambini meravigliosi. Non è stato inutile avere fatto quell’esperienza, mi rendo conto, però, del peso di quella decorazione, un fardello troppo pesante per me e allora, la cosa più giusta è condividerlo con i miei fratelli della Brigata Sassari. Per questo ho pensato, nel ricordo dei caduti di Nassiriya, che la medaglia torni nel posto più consono, dove possa essere vista dai bambini e dagli adulti a ulteriore riprova di cosa possono fare, l'amore per la patria e il senso del dovere». L’appellativo di eroe non gli piace e neanche la ribalta, lui ritiene di avere fatto solo ciò che un ufficiale medico dovrebbe fare in quelle situazioni e a chi gli chiede se fosse disposto a tornare in missione, risponde con garbo che preferirebbe, se fosse possibile, continuare a essere utile alla Brigata in altro modo.Sul piano burocratico, dare una veste ufficiale al suo gesto non sarà semplice perché è quantomeno insolito che un decorato, in vita, doni la medaglia al reparto di assegnazione. Ma è certo che, vista la delicatezza del gesto, l’amministrazione militare trovi comunque una soluzione. Si parla di una sorta di comodato d’uso, una soluzione che può rendere possibile l’accettazione della medaglia da parte della Brigata. Al riguardo, tra il reduce e il comandante c’è già stato un incontro preliminare, nei giorni scorsi Gianuario Carboni ha avuto un abboccamento con il generale Manlio Scopigno che ha preso molto a cuore la vicenda e sta studiando la formula più consona per accogliere la sua richiesta. Di certo c’è che con questo gesto, l’ex tenente Carboni svuoterà una volta per tutte il pesante fardello riportato da Nassiriya, dove insieme alla medaglia custodisce ancora ricordi e sensazioni che porterà dentro per sempre.

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...