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3.11.21

cervelli in fuga chi resta e chi ritorna dall'estero

da  il fatto quotidiano 


“Per lavorare in Belgio ho lasciato un posto a tempo indeterminato. Ma dopo due anni sono tornata. Ecco perché”



Chiara Senti ha 29 anni e si è laureata a Brescia Biotecnologie mediche. Ha trascorso un periodo a Bruxelles per svolgere un dottorato, ma a differenza di altri 'cervelli' ha scelto di rientrare: "Mi è dispiaciuto, ma questa esperienza mi ha dato l’occasione di ottenere una posizione di rilievo in Italia che non ho potuto rifiutare. Anche alla mia età non si può perdere troppo tempo”


di Simone Bacchetta | 31 OTTOBRE 2021


Ha lasciato un posto a tempo indeterminato nella sanità pubblica, accettando l’offerta di un dottorato di ricerca in Belgio, e si è trasferita a Bruxelles. “Ma mi sono ritrovata a fare ciò che facevo in Italia”, dice al ilfattoquotidiano.it Chiara Senti, ventinovenne di Castell’Arquato (Piacenza), una laurea a Brescia in Biotecnologie mediche. “Ho scoperto troppo tardi che ero finita lì solamente perché c’era da coprire un posto da laboratorista. Se l’avessi saputo prima…”. Se l’avesse saputo prima, Chiara non avrebbe mai lasciato l’Italia. E così, due anni dopo, ha scelto di tornare. Perché non è tutto rosa e fiori quello offre l’estero, anzi. “Non hanno manifestato interesse per il mio progetto in campo oncologico – confida Chiara -. Per due anni, per via della cattiva gestione del mio progetto, il lavoro assegnatomi è stato fare il tecnico di laboratorio per seguire progettualità di altre aziende o di interesse dei miei referenti a scapito del mio”, mentre lei era lì per un dottorato in scienze biomediche e farmaceutiche. “Non mi è stato nemmeno assegnato il supervisor che deve avere ogni dottorando, in quanto studente”. E sì che due anni fa non aveva esitato a partire: “Ero fiduciosa che, con un curriculum come il mio, non mi mancasse alcuna competenza”: biotecnologo medico, sette anni di lavoro nell’ambito oncologico a gestire i progetti di ricerca clinica e preclinica, diventando una figura di riferimento per medici sulle consulenze di genomica. Nonostante l’esperienza lavorativa nel più importante centro di ricerca del Belgio sia stata deludente, Chiara non la rinnega. Non solo per l’aspetto retributivo (“i dottorandi in Belgio sono tra i più pagati in Europa, nulla di paragonabile con l’Italia”), ma soprattutto per l’arricchimento professionale e personale avuto nel corso del biennio: “Ho imparato due lingue e avuto modo di scoprire abilità lavorative che non pensavo di avere. Mi è dispiaciuto tanto non aver concluso il dottorato, ma questa esperienza mi ha dato l’occasione di ottenere una posizione di rilievo in Italia che non ho potuto rifiutare. D’altronde – ammette Chiara – anche alla mia età non si può perdere troppo tempo”. Verrà ora assunta da una società di Torino che non chiede l’esperienza ma guarda il curriculum e le darà la possibilità di formarsi direttamente in azienda. “Imparerò da zero una professione in una realtà che terrà conto del mio background scientifico applicato alla ricerca. Mi occuperò di sottoporre le sperimentazioni cliniche nei campi di oncologia, cardiologia e chirurgia alle autorità italiane ed europee come ministero della Salute, Aifa e Ema, e sarò una figura di riferimento per aziende farmaceutiche e ospedali coinvolti nei progetti al fine di testare nuovi farmaci o dispositivi medici. C’è tanto da imparare, confida la biologa, ma “trovo questo nuovo lavoro molto stimolante e di grande responsabilità”. Si parla tanto di meritocrazia. Sul tema Chiara è esplicita: “Si è portati a pensare che l’Italia non sia meritocratica e invece i Paesi esteri, per esempio del Nord Europa, lo siano. Non è così: l’unica differenza sono le maggiori risorse che fuori dall’Italia vengono dedicate alla ricerca”. Due anni in Belgio, in tutto. Il primo particolarmente difficile sul piano sociale: “Sono arrivata un mese prima della pandemia, sono rimasta sola e per lunghi periodi non sono potuta rientrare in Italia. Stavo cominciando ora a crearmi un po’ di vita sociale. Mi dispiacerà tanto non vivere il Belgio senza restrizioni”.






“Dopo l’estero ancora in Italia per aprire la mia azienda: mi sembra di non essermene mai andato. Ecco perché ho scelto di tornare”



Nikolaus Widmann, ha 28 anni, ha studiato a Maastricht, in Olanda, e poco dopo si è spostato in Germania. "Sento spesso dire che bisognerebbe rafforzare il collegamento con il mondo del lavoro e dell'impresa: è vero"
di Raffaele Nappi | 19 OTTOBRE 2021


“Vorrei fare dell’Italia un modello per tutta l’Europa”. Nikolaus Widmann ha 28 anni, è altoatesino di nascita e berlinese di adozione. Ha deciso di tornare in Italia per fondare la sua azienda. Si chiama Inewa, ed è una società per la transizione energetica con sede a Bolzano. “Sinceramente non sento di essermene mai andato”, sorride. Papà altoatesino e mamma veneziana, dopo il liceo classico a Bolzano Nikolaus ha proseguito gli studi in Olanda in Economia e Informatica presso la Maastricht University School of Business and Economics. “Sono cresciuto in una realtà a cavallo tra la cultura italiana e quella tedesca”, ricorda al fatto.it. Fin da quando frequentava le scuole superiori Nikolaus aveva ben chiaro “quanto fosse importante fare esperienza all’estero”, per “allargare i miei orizzonti e vedere le opportunità che offre il mondo, anche perché viviamo in un sistema di economie interconnesse, a livello europeo e globale”. È anche per questo motivo che ha deciso di andare a studiare in Olanda. In Germania, nel 2014, Nikolaus a 22 anni è entrato a far parte di una delle principali aziende tedesche di ingegneria energetica, prima come tirocinante e poi come responsabile per la digitalizzazione. Nel 2017 crea uno spin-off dell’azienda per la quale, nel frattempo, si occupa anche dello sviluppo dei mercati internazionali, in particolare in Austria e soprattutto Italia. “E quando la società è stata acquisita da un grande gruppo internazionale da 600 milioni di euro di fatturato i nuovi azionisti mi hanno chiesto di rimanere e sviluppare il business in Austria e Italia. Così, nel 2020, è nata inewa”.
Nikolaus è tornato in Italia, a Bolzano, dove oggi guida un team di 25 persone. “Le mie radici mi hanno sempre tenuto legato al mio Paese. Ho a che fare con manager che in media hanno il doppio della mia età – sorride –. La transizione energetica è una sfida da vincere, con serietà. Non basta raccontare la favola della sostenibilità, ma occorrono interventi con impatti sul lungo periodo”, continua. “Mi impegno molto, ma mi diverto. Diciamo che mi piace affrontare sfide nuove e in azienda ci motiviamo a vicenda”. L’ambizione è diventare in pochi anni “una delle principali aziende di soluzioni energetiche sostenibili in Italia”.ikolaus è convinto che la formazione universitaria italiana sia di alto livello. “Sento spesso dire che bisognerebbe rafforzare il collegamento con il mondo del lavoro e dell’impresa: è vero. Nella mia esperienza universitaria all’estero abbiamo lavorato molto su casi reali, in collaborazione con aziende, e questo mi ha consentito di collegare la teoria con la pratica”.
Oggi Nikolaus è il più̀ giovane amministratore delegato all’interno del grande gruppo internazionale di cui fa parte la sua azienda. Fare innovazione, per lui significa “ripensare costantemente i propri modelli per ottimizzarli, impegnarsi ogni giorno per migliorarsi, farsi ispirare da quello che succede intorno a noi, ma con una costante attenzione alla sostenibilità”. Se dovesse dare un consiglio ai giovani italiani, ecco, dopo la sua esperienza, sarebbe proprio quello di “rimanere legati alle proprie radici e confrontarsi con il mondo”. Ma anche aspirare “a raggiungere traguardi ambiziosi, non arrendersi, imparare dagli errori, coniugare il successo personale con il benessere della società e dell’ambiente”. Cosa ha spinto questo giovane manager a tornare in Italia da Berlino? “Sinceramente non sento di essermene mai andato – risponde –. Vivo a Berlino, ma mi sento a casa tanto in Italia che in Austria e Germania, e in questo senso mi considero un cittadino europeo”. Ha mai pensato come sarebbe stata la vita se non fosse partito? “Avrei avuto meno possibilità di confrontarmi con realtà che si muovono a livello internazionale – risponde –. Insomma, avrei avuto difficoltà a capire come si muovono i protagonisti del mio settore”. Per Nikolaus l’Italia è un Paese “fantastico, creativo e pieno di opportunità. Riconosco però – conclude – che non è sempre facile e che molte persone decidono di andarsene, perché trovano migliori condizioni economiche in altri Paesi”.


Stria simile è quella di


“Dopo una vita all’estero ho deciso di tornare in Italia: altrove non è sempre meglio. Ecco perché”




ecco le scelte di chi ha scelto di rimanere all'estero ed è indubbio se rientrare in italia o meno





“In Tunisia io e mia moglie siamo diventati imprenditori. L’Italia, che amo, incastrata in una burocrazia senza visione”


Andrea Barilli ha deciso di lasciare l'Italia quattro anni fa e oggi vive in Tunisia insieme alla moglie e alla figlia. Lui ha aperto un'azienda che si occupa di cybersecurity mentre la compagna ha avviato un progetto di supporto per le famiglie. Il vantaggio più grande dal trasferimento? Un ritmo più “rispettoso” del tempo, meno frenetico
di Simone Bacchetta | 20 GIUGNO 2021







In Tunisia fa il manager nel settore della sicurezza. E pure l’attore. L’improvvisazione nel mio lavoro è fondamentale e mi aiuta nelle relazioni professionali quotidiane”. Andrea Barilli ha 41 ed è originario di Viadana, in provincia di Mantova. Da quattro anni vive nel Paese nordafricano e lasciata l’Italia ha portato con sé lavoro e passione: anche nel Belpaese si occupava di sistemi di sicurezza e recitava musical nell’ambito di un’associazione culturale. “Conoscere il linguaggio del corpo – racconta Andrea – è utile per capire le persone che ti stanno davanti”. Sua moglie Stephanie, 35enne italo-francese, l’ha conosciuta a Bologna, dove era andato a vivere per motivi di studio, facendo teatro. Dieci anni sul palco e tanti spettacoli nella città delle torri medievali.
Poi la Tunisia, che rappresenta un progetto di famiglia: di Andrea, di Stephanie e della piccola Sophie: “Io e mia moglie – racconta lui – abbiamo condiviso la scelta di passare da dipendenti a imprenditori, seppur seguendo obiettivi differenti”. Andrea specializzato nella cybersecurity, la moglie creatrice dell’azienda La Pause Parentale, un progetto al quale collaborano più figure (consulenti, comunicatori, ostetriche, infermiere, esperti di allattamento) allo scopo di supportare le coppie in dolce attesa, potenziando il rapporto genitori-figli. “Ci occupiamo di supportare i futuri genitori – dice lei – tramite corsi pre e post-parto sul modo migliore di comunicare con i bimbi. Un progetto che oltre a colmare una carenza di offerta, stimola una domanda non pienamente espressa”. L’azienda di Andrea, che opera invece nel campo della sicurezza, non ha dipendenti ma stabilisce rapporti con un network di professionisti del settore, tunisini e italiani, offrendo servizi in Europa, Africa e nei paesi francofoni.

Il motivo più importante della partenza dall’Italia il manager-attore lo riassume così, con un’apparente contraddizione: “Avevamo tutto, ma mancava qualcosa”. È proprio così: bel lavoro, ottimi colleghi, “l’ambiente bolognese ci piaceva. Ma sia per noi che – soprattutto – per nostra figlia volevamo un ambiente più multiculturale. Per la nostra piccola abitare qui, in un crocevia di lingue e culture diverse (francese, inglese, araba, canadese, ivoriana, asiatica) sarebbe stata un’opportunità da non lasciarsi sfuggire”. E infatti Sophie, oggi, parla quattro lingue. In un ambiente multiculturale come la Tunisia, Andrea e Stephanie vedono più occasioni di crescita, e non solo economica, rispetto all’Italia: “Il Paese in cui son nato, che amo tantissimo, eccelle in tanti settori ma si ritrova incastrato in meccanismi burocratici privi di una visione globale sul futuro”.
Poi c’è il tema del costo della vita, in Tunisia tendenzialmente basso: per alcuni generi alimentari da 1/3 a 1/6 rispetto all’Italia. “L’affitto di una villetta con giardino in una bella zona – racconta Andrea – equivale a quello di un appartamento di 90 metri quadri nella periferia di una città italiana”. Sul fronte retribuzioni, invece, “per i lavori manuali i tunisini vengono pagati 200-250 euro al mese e possono vivere senza problemi. Il lavoro non è un valore, l’assenteismo è la normalità in queste categorie. Nelle aziende medie un impiegato arriva a 300-400 euro, forse anche 500”. Ma il ‘salto economico’ lo si fa lavorando in realtà internazionali. “Così il guadagno raddoppia, in alcuni casi triplica. Se poi si ricoprono ruoli manageriali gli stipendi sono superiori a quelli italiani della stessa posizione
lavorativa”. Un “super vantaggio”, così lo definisce Andrea, è quello di potersi adattare ad un ritmo ù “rispettoso” del tempo, meno frenetico: il basso costo della vita permette di gestire meglio il tempo lavorativo e dedicarsi di più alla famiglia. Inoltre si possono “avere migliori opportunità formative e ci si può togliere sfizi che in Italia avrebbero un costo proibitivo. Come mandare i figli ad una scuola internazionale privata e frequentare hotel a 5 Stelle che costano come un 3 Stelle in riviera in Italia“. E ancora: “I pensionati che abitano qui, pur percependo mille euro al mese, hanno un tenore di vita che in Italia potrebbero avere solo con il triplo di pensione”.
Vorrebbe tornare in Italia Andrea, ma allo stesso tempo non potrebbe fare a meno dei vantaggi che la Tunisia gli ha offerto. “Pensa che lo scorso ultimo dell’anno siamo andati a casa di amici e sul tavolo c’erano passaporti di 13 nazioni diverse”. Sui casi di Covid nel paese, Andrea dà questa lettura: “Siamo stati fortunati l’anno scorso. Sono state anticipate le chiusure dei confini. Forse però si è esagerato, mettendo in crisi l’economia”. Ma oggi, grazie a quelle scelte la situazione è sotto controllo. Andrea non si sente un ‘cervello in fuga’ ma certamente prova a frenare i giovani tunisini ad andarsene verso altri Paesi francofoni (Canada, Francia, Belgio) e del Golfo (Qatar, Emirati): “Vorrei incentivare i miei ragazzi a restare, magari offrendo benefit stimolanti. Vorrei poter farli lavorare da remoto il più possibile, affinché possano dedicarsi di più alla famiglia e alle loro passioni. Come ho la fortuna di poter fare io”.



Ingegnere in Belgio. “In Italia non mi hanno offerto un contratto all’altezza delle mie competenze. Tornare? Dovrà valerne la pena”
Alice Pellegrino, 28enne di Frascati, è laureata in Ingegneria Spaziale e Astronautica. Nel 2018, dopo un anno di tirocinio in Olanda, viene assunta a Tokyo. Poi la scelta di riavvicinarsi a casa, e la firma di un contratto all'altezza delle sue competenze che l'ha portata ad Anversa. "Sono felice del mio lavoro e dell’accoglienza che ho avuto qui. E le mie responsabilità sono aumentate"



 | 16 MAGGIO 2021



Laureata in Ingegneria Spaziale e Astronautica alla Sapienza di Roma, con una specializzazione in Telerilevamento spaziale, Alice inizia a lavorare già prima della specializzazione. “Ho avuto la fortuna di poter collaborare ai progetti dello Space Systems and Space Surveillance Laboratory (S5Lab) della Sapienza, partecipando alla progettazione e realizzazione di piccoli satelliti ed esperimenti universitari internazionali”. Tra i lavori del S5Lab ci sono i satelliti per il tracciamento della fauna selvatica nei parchi nazionali del Kenya. Nel 2018, dopo un anno di tirocinio in Olanda, ottiene un lavoro a Tokyo per un’azienda giapponese che nel 2017 ha lanciato nello spazio il suo primo satellite commerciale. “Ho avuto subito un contratto a tempo indeterminato, un appartamento e la possibilità di lavorare ad un progetto all’avanguardia”. Alice aveva ventisei anni. Anche per i suoi colleghi nipponici è stata la prima volta: è la prima donna ingegnere del suo dipartimento e non asiatica della compagnia. “Non erano abituati a parlare in inglese, ci siamo dovuti adattare – afferma sorridendo -. Per il mio lavoro dovevo interfacciarmi con una ventina di colleghi e non è semplice farlo con chi per motivi culturali ha un’idea nei rapporti interpersonali così diversa dalla nostra”.
Medico di famiglia in Danimarca. “Ero stanca di fare le notti e dell’incertezza. Qui la mia famiglia ha un futuro sereno”
La tematica di genere è molto sentita da chi lavora proiettato verso le stelle: “Faccio parte di un gruppo locale di Roma dell’associazione Women in Aerospace Europe, dove coordino un progetto di ricerca sul tema della parità di genere in ambito STEM (cioè le materie scientifiche, tecnologiche, matematiche, ingegneristiche) e aerospaziale. Tutti ambienti ancora prettamente maschili”. Eppure è stata una donna afroamericana, Katherine Johnson, a calcolare le traiettorie che portarono l’uomo sulla luna. “Sono molte le donne che hanno dedicato la loro vita alla ricerca spaziale, è importante che questo settore sia senza discriminazioni o distinzioni di genere”.
Alice era in Giappone tra febbraio e marzo 2020, quando è arrivata la pandemia. “All’inizio si facevano pochi tamponi, poi iniziarono a farli solo a chi aveva sintomi gravi – ricorda -. Parliamo di un Paese dove già prima del Covid-19 il 60% della popolazione era abituato a portare la mascherina”. Le restrizioni, poi, interessavano di più gli stranieri. “Il governo varò una serie di misure rimaste in vigore fino a settembre dello scorso anno, tra cui l’impossibilità di rientrare nel Paese per chi non fosse giapponese”. Sono i mesi in cui il comitato olimpico internazionale decide il rinvio delle Olimpiadi di Tokyo 2020. “L’azienda non ci permetteva lo smart working, l’unica possibilità di flessibilità mi è stata data attraverso la rinuncia di parte dello stipendio. La pandemia ha scosso tutti – afferma – in quei mesi ho deciso di ritornare vicino la mia famiglia”. Ma tra le possibilità che le si prospettano le differenze sono disarmanti: “In Italia ci sono molte aziende che lavorano nel mio campo. Bravura e competenza non mancano – afferma- ed è un peccato quando ti accorgi che l’unica problematica è che appartieni ad una categoria bistrattata: quella dei giovani”. Ad Anversa le hanno proposto un contratto simile a quello che ha in Giappone, dall’Italia invece non sono arrivate offerte paragonabili.
“In Danimarca sanno che c’è più efficienza se si passano meno ore in ufficio. Il mio stipendio è il 60% in più rispetto ai colleghi italiani”
E le sue responsabilità lavorative in Belgio sono cresciute: “Sono sia ingegnere di sistema che manager per le forniture di un progetto per la Stazione Spaziale Internazionale (ISS): l’International Berthing and Docking Mechanism (IBDM), un meccanismo di attracco a basso impatto per veicoli spaziali grandi e piccoli”. Con giornate di lavoro caratterizzate da orari flessibili e attenzione ai bisogni del dipendente. “Sono convinta che lo smart working, se usato in modo intelligente, può far risparmiare tempo sia al lavoratore che all’azienda”. Per la sua Italia è soltanto un arrivederci? “Non rinuncerò alla speranza di rientrare ma dovrà valerne la pena. Spero che il mio Paese decida quanto prima di investire in noi giovani. Quale sarebbe altrimenti il suo futuro, se non riesce ad attirare e trattenere i giovani lavoratori?”.



15.6.17

ADDIO Gloria e Marco © Daniela Tuscano

L'immagine può contenere: 2 persone, persone che sorridono, spazio all'aperto
Di affiancare le foto belle e sorridenti di Gloria e Marco alla carcassa funebre del grattacielo in fiamme, come molte testate online hanno fatto, no, non me la sento. Lo trovo cinico. Anche se, forse, non inadatto: sono morti per quello, perché non dovevano trovarsi lì, ma in Italia, a raccogliere il frutto del loro impegno. Entrambi architetti, laureati col massimo dei voti ma costretti a emigrare perché, da queste parti, non sappiamo che farcene dell'acribia generosa, un po' sventata - com'è giusto - delle nostre giovani menti. Dunque via, lontano, pure - nel caso di Gloria - per aiutare la famiglia a ricomprarsi la casa perduta all'asta. E ne esistono tanti, di ragazzi così. Li incontriamo tutti i giorni, magari senza saperlo. Quasi sempre lo scopriamo quando è tardi, e i loro sogni finiscono in cenere assieme al futuro. Ci si adatta subito, da giovani, e tutto sembra comunque meraviglioso, e brilla di quella particolare luce - che ancora traspare, nelle immagini d'archivio - assetata di bellezza, perennemente in ricerca, abbacinata e famelica. Dunque no, fissarli accanto a quella macabra tomba (chi ha azzardato paragoni col film "L'inferno di cristallo" se ne vergogni in perpetuo), ancorché giusto per il valore simbolico, di denuncia, è al tempo stesso riduttivo. La morte li ha ghermiti, certo; ma quale tributo migliore di quella bimba sparuta, ingenua anch'essa ma già compresa del dolore, di fronte al muro di pianto e fiori? Gloria e Marco sono morti da italiani, da emigranti, assieme ad altri provenienti da situazioni ancor più drammatiche: come l'aspirante ingegnere Mohammed, siriano di 23 anni, intenzionato ad aiutare il suo paese una volta terminati gli studi; come Rania, 30, che aveva invocato aiuto perfino dal suo profilo Facebook, inviando due filmati; nell'ultimo, pregava in arabo chiedendo perdono. Come due sorelline dai nomi pure asiatici, salve, ma i cui genitori rimangono dispersi. Tutta brava gente, si dice in simili casi. Tutte persone normali, tutte nel silenzio e defunte nel clamore di un'incuria devastante, assurda. Morti nella rabbia, rabbia nostra, impotente e vigliacca, perché così no, non si può, non si deve. Morti di fronte a un cielo che non risponde, ma che non chiamiamo in causa, poiché da essi invocato fino alla fine. Morti in relazione; Marco protettivo, tentando di rassicurare i genitori, e Gloria, non si sa se più cosciente o tenera, forse solo donna, quasi scusandosi di dover procurare alla famiglia un pianto antico: "Mamma, grazie di tutto". E anche noi vi ringraziamo, fra le lacrime.

© Daniela Tuscano

20.12.16

Berlino, Fabrizia Di Lorenzo, la ragazza dispersa: una figlia dell'Erasmus con il sogno dell'integrazione .,e dubbi sull'attentato parte II

Leggendo sula  mia pagina  di fb   l'articolo di repubblica  (  condiviso  dalla amica  \ utente  daniela  tuscano  ) che  trovaste  sotto  ,  ho deciso di spostare l'altra  news   sul tentativo  di trovare  un capo espiratorio  o errore  sui  colpevoli dell'attentato  (  ?  )   eun altro post  sui  miie dubbi dell'attentato http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2016/12/dubbi-sul-vile-attentato-ai-mercatino.html


da repubblica  online


Berlino, Fabrizia Di Lorenzo, la ragazza dispersa: una figlia dell'Erasmus con il sogno dell'integrazione.
Cervello in fuga, 31enne di Sulmona, laureata a Bologna, lavora nella capitale tedesca per un'azienda di trasporti. I familiari in Germania per l'esame del Dna


di AGNESE ANANASSO






Fabzia Di Lorenzo (foto da Twitter) DOPO ore col fiato sospeso in attesa di notizie su Fabrizia Di Lorenzo, la 31enne di Sulmona (L'Aquila) dispersa dopo la strage di Berlino di ieri sera, le speranze che non sia tra le vittime non identificate si sono ridotte a un soffio. Lo stesso papà Gaetano, in partenza per la capitale tedesca ha affermato tra le lacrime: "Non dovrebbero esserci più dubbi, aspettiamo conferme, ma non mi illudo"
L'allarme è scattato in mattinata quando Fabrizia non si è presentata al lavoro ma i familiari hanno da subito temuto il peggio, da quando hanno cercato invano di mettersi in contatto con lei, senza ricevere risposta. Il suo cellulare è stato poi ritrovato sul luogo dell'attentato. Questa notte la famiglia si è messa quindi in contatto con la Farnesina e la madre e il fratello sono partiti immediatamente per la Germania per essere sottoposti all'esame del Dna. Solo dopo la comparazione del profilo genetico con le vittime non identificate le sue condizioni potranno essere ufficializzate.


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#Berlin. my cousin (Fabrizia Di Lorenzo) not replying to us since yesterday night. Some1 found her phone and metro pass on the site. #help12:55 PM - 20 Dec 2016

Cittadina del mondo, Fabrizia appartiene alla cosiddetta generazione Erasmus, ha scelto un percorso formativo orientato all’integrazione tra i popoli e alla lotta alla discriminazione. Dopo la laurea triennale alla Sapienza di Roma in Mediazione linguistico-culturale, ha conseguito la magistrale all’Alma Mater di Bologna in Relazioni internazionali e diplomatiche e un master alla Cattolica di Milano in tedesco per la comunicazione economica. Da qualche anno vive a Berlino, dove lavora in un’azienda di trasporti.
Una vocazione, quella di Fabrizia, che emerge anche da frasi, citazioni, immagini postate su Twitter, un susseguirsi di messaggi contro la discriminazione razziale e appelli a non confondere il terrorismo con l’immigrazione. L’ultimo cinguettio risale al 5 dicembre, con il video della scena del film "La meglio gioventù" in cui il professore universitario, durante un esame di medicina, invita Nicola (Luigi Lo Cascio) a lasciare l'Italia, un Paese di dinosauri, in cui non cambia mai nulla.

Berlino, i tweet di Fabrizia Di Lorenzo: "Non confondiamo immigrazione con terrorismo"





Insomma  una della  meglio  giovenbtù ched  non hanno   mandato il cervello all'ammmasso  come si diceva  un tempo   ovvero non si è defilippilizzata  


da  rai news  24 
(...) 
L'uomo, ha aggiunto, non compariva in alcun elenco di sospetti per attività terroristiche. La sua richiesta di asilo non era stata completata, ha aggiunto il ministro. "Forse non è lui" "C'è la possibilità che non si tratti del vero responsabile". Lo hanno detto gli inquirenti tedeschi nel corso di una conferenza stampa a proposito dell'uomo fermato ieri dopo la strage provocata da un camion piombato sulla folla in un mercatino natalizio a Berlino. "Al momento non abbiamo video dell'attentato. Ma collaboriamo con la polizia penale per un'analisi dettagliata dell'attentato anche attraverso sopralluoghi. Vogliamo raccogliere eventuali registrazioni video di questo camion con targa polacca. Dobbiamo ancora stabilire se vi siano più autori e se ci sono complici. Non sono state raccolte prove definitive. La persona fermata è di cittadinanza pachistana e c'è la possibilità che non si tratti del vero responsabile". Die Welt: sospetto ancora in fuga e armato Il pakistano fermato potrebbe dunque non essere l'autore dell'attentato. Lo riferisce la Die Welt citando fonti della sicurezza, secondo le quali il sospetto sarebbe invece ancora in fuga ed armato. La polizia e le forze speciali ne sarebbero state informate. Il testimone Intanto i media tedeschi raccontano che l'uomo è stato fermato grazie a un testimone che lo ha seguito e ha avvertito la polizia che lo ha arrestato poco distante dalla Colonna della Vittoria, nel cuore del parco Tiergarten: il testimone aveva assistito all'assalto del tir al mercatino, poi ha visto scendere il conducente dal camion e fuggire a tutta velocità. Ha deciso di seguirlo e, senza perderlo di vista, si è messo in contatto al cellulare con la polizia. E a due chilometri circa dal mercatino, quando era ormai all'interno del parco centrale di Berlino, varie agenti hanno bloccato il fuggitivo. Il vero autista Il vero autista del camion lanciato ieri sera contro la folla a un mercatino di Natale a Berlino sarebbe il 37enne polacco ritrovato morto a bordo del mezzo pesante: lo riferisce l'emittente polacca TVN24, ripresa dalla Bbc. L'uomo è morto perché colpito da colpi di arma da fuoco. Lo riferisce il sito dell'emittente N-Tv citando il ministro dell'Interno del Brandeburgo, Karl-Heinz Schroeterun che partecipava a una teleconferenza di ministri dell'Interno regionali tedeschi. Il cugino dell'autista, Ariel Zurawski, ha spiegato che il camion è stato dirottato mentre viaggiava dall'Italia a Berlino con un carico di travi d'acciaio. Zurawski ha aggiunto che il cugino avrebbe dovuto sostare a Berlino fino ad oggi a causa di un ritardo nella consegna. La polizia, segnala tuttavia la Bbc, ha affermato di ritenere che il camion è stato rubato da un cantiere in Polonia. Camion rubato poche ore prima l camion utilizzato nell'attacco di ieri sera a Berlino era stato rubato poche ore prima. Lo riferiscono i media polacchi. Il Tir ha targa polacca ed è di proprietà di una impresa di trasporti di Gryfino, vicino alla frontiera fra Polonia e Germania. Secondo i dati del Gps satellitare, riferisce l'emittente polacca TVN24, il camion è stato parcheggiato ieri verso mezzogiorno a Berlino con un carico di acciaio che doveva essere scaricato alle prime ore di questa mattina. Attorno alle 16, il motore del camion è stato acceso varie volte senza però che il mezzo si mettesse in moto, in quelli che potrebbero essere tentativi dell'aggressore per mettere in marcia il Tir. Il mezzo ha poi lasciato il parcheggio alle 19.45, poco prima di piombare sulla folla del mercatino di Natale. Il proprietario dell'impresa di trasporti aveva già detto di aver perso i contatti con il conducente del camion a partire dalle 16 di ieri pomeriggio. Camion partì da Italia il 16, no collegamenti Il camion era partito dall'Italia il 16 dicembre ma non c'è alcun collegamento tra l'attentato e il nostro paese. Secondo quanto si apprende da fonti qualificate della sicurezza, il Tir ha passato la frontiera del Brennero attorno alle 18 di venerdì scorso, dopo aver caricato dei laminati in uno stabilimento della Brianza, in Lombardia. - (....) continua http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Attentato-a-Berlino-il-pakistano-fermato-nega-media-killer-in-fuga-tra-i-dispersi-una-italiana-fd53ef2c-534c-4506-9837-ac3fb66db300.html

Quest'ultimo flash confermerebbe kla sua innocenza
    http://www.repubblica.it/esteri/2016/12/20/news/attentato_a_berlino_interrogato_nella_notte_migrante_pakistano_alla_guida_del_tir-154500269/  

1.12.13

perchè parlo \ riporto storie d'immigrazione ed emigrazione Giovane, istruito e del Nord Italia Ecco l'identikit del nuovo migrante [lungo [

canzoni  consigliate

  • che sarà - ricchi e poveri
  • Stornelli d'esilio - (Nostra patria è il mondo intero) di Pietro Gori - Versione integrale 
  • Mamma  dammi cento lire  che in America devo andare -  Traditional italian folk song, about emigrants. Giuditta Scorcelletti: voice Alessandro Bongi: guitars and elctronic instruments.



Inizio  il post  con questa  citazione  : << La forza della memoria è nella sua latenza: la memoria emerge, appare, si manifesta fuori d'ogni previsione. >> presa  da L'EMIGRAZIONE COME PATRIMONIO SOCIALE Il Crotonese: 11-13 ottobre 2005 di Emiliano Morrone http://www.emigrati.it/Emigrazione/Emigrazione_cultura.asp


 dall'unione sarda   di qualche tempo fa 
Migrante (foto simbolo) dall'unione sarda del28 novembre 2013 16:57 insieme all'articolo riportato sotto


Uno studio presentato oggi a Barcellona descrive il prototipo delle persone che decidono di lasciare l'Italia per raggiungere altri Paesi in cerca di fortuna.
Giovane, istruito, originario del nord Italia. E' l'identikit del nuovo migrante italiano emerso dalla ricerca "Nuove mobilità o nuove migrazioni italiane?" realizzata dal Centro Altreitalia e Globus et Locus presentata oggi a Barcellona. Lo studio, i cui risultati sono stati esposti dagli autori Maddalena Tirabassi e Alvise del Prà, direttrice e ricercatore del Centro Altreitalia, indaga sulle motivazioni e sulle effettive condizioni di lavoro dei giovani che cercano fortuna all'estero. L'obiettivo è quello di monitorare gli italiani che dal 2000 hanno deciso di lasciare il Belpaese per raggiungere un altro Stato. Il fenomeno, che esisteva comunque già prima della recessione, è influenzato da vari fattori, tra i quali il processo di unificazione europea, la libera circolazione tra le frontiere della Ue, il successo di programmi di scambio universitari, lo spostamento del mercato del lavoro dal settore secondario al terziario, lo sviluppo delle telecomunicazioni e dei social network, la diffusione dei voli low cost.
la famosa  e famigerata  EllisIsland   trovate  nei link sotto  news  su tale centro di smistamento emigrati    ora museo  


Ora  La lettura  di questo articolo , mi invoglia  a  rispondere ( di solito le cestino in quanto la risposta dovrebbe essere scontata , ma evidentemente non lo è ) alle email di tutti\e quelli che mi chiedono perchè parlo d'immigrazione ed emigrazione , invece che dell'italia invasa dagli immigrati perchè non parlo dei crimini e dei reati commessi dagli immigrati , dell'italia invasa dagli immigrati , del lavoro fregato da loro a noi italiani , su loro che c'impongono la loro cultura o ci obbligano o non festeggiare il natale a scuola , a proibire determinati cibi nelle mense scolastiche , ecc


inizio dalla fine perchè nonostante i Corsi e ricorsi della storia. Infatti siamo stati emigranti, per molti versi lo siamo tuttora , vedere la fuga dei cervelli i miei post sulla fuga dei cervelli ( ultimo articolo in Con questo non vuol dire che li giustifico , cosi come condanno i crimini gratuiti come omicidi , stupri e crudeltà , specie quando sono recidivi o vieni in italia solo ed esclusivamente per commettere illegalità o continuare a delinquere sfruttando poi i tuoi stessi connazionali ci sono già i giornali egli utenti del web e quindi non aggiungerei nulla di nuovo con un mio commento a quando dicono  e stra dicono spesso con commenti razzisti ,  xenofobici , dovuti  ad  una politica  trentennale  di malpancismi   basata  sulla  paura  del diverso   come questo
particolare   che  trovate  sopra  ) eppure... non riusciamo a comprendere l'altro, lo "straniero" che lascia casa, affetti, radici per il sogno di una vita migliore e anziché operare per l'integrazione di queste persone, si opera per l'esclusione e la discriminazione . L'Italia è ormai un paese multietnico e vanno sicuramente adottate misure che possano garantire il benessere e la sicurezza di tutti, ma accarezzando un disegno di interculturalità e di integrazione e NON di esclusione . Ora Non parlo dei crimini degli immigrati perchè : 1) è in parte comprensibile che quando entri clandestinamente o senza un lavoro certo diventi vittime sia dele mafie locali con le quali hai il debito per il trasporto \ passaggio in italia cometta dei piccoli reati .


 o come   certa  stampa  e certa  rete    più o meno esplicitamente  in particolare questi siti http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/e http://resistenzanazionale.com/., 2) sono molto simili al  90 %  eccetto di quando si tratta di efferata crudeltà verso le vittime o violenze familiari dette dal fatto che i figli o le moglie in seguono la loro religione \ tradizioni e vogliono emanciparsi o quando fanno infibulare a forza le bambine solo per citare i casi più clamorosi . 
Per quanto l'Italia invasa dagli immigrati .E' vero in Italia Abbiamo già i nostri problemi , e che  ci sono troppi  immigrati  ( contando i  clandestini , quelli rinchiusi nei centri di permanenza    e quelli  in regola  )  , e serve una legge sull'immigrazione e sul l'asilo politico ,ma seria e non barzelletta (  come fece il centro sinistra  )  o discriminante ( come i il centro destra  )   . Ma da li a parlare d'invasione mi sembra esagerato e al limite del razzismo ed xenofobia . Per le altre cose non è vero che lo
proibiscono siamo noi italiani che siamo troppo buonisti e politicamente corretti e rinunciamo in nome di una pseudo tolleranza \ integrazione alla nostra identità . La soluzione ? semplice usare la doppia alimentazione nelle mense scolastiche e non , celebrare il natale con recite o messe spiegando ai bambini islamici che i fratelli cattolici lo celebrano cosi .
Ritornando   al perchè  parlare di queste cose .
Ho deciso di raccontare ,storie d'emigrazione e d'immigrazione perchè sono due facce della stessa medaglia e della nostra storia nazionale. fatta d'emigrazione trans oceanica ( Americhe ed Australia ) fino al 1950 e poi fino ( specie noi sardi ) Nord italia ed Europea ( Francia , Germania , Belgio , Svizzera ) a gli anni 70\80 . Ed ora sia fuga di cervelli ma anche terra d'immigrazione dal sud del mondo . Lo descrivono benissimo sia Melania Mazzucco sia nel suo Nel romanzo Vita di Melania Gaia Mazzucco ambientato nella New York di inizio Novecento in cui racconta indirettamente la storia di suo nonno emigrato in america , e come afferma anche qui 

nella presentazione del 3 dvd della collana 150 ler storie d'italia dedicato l'emigrazione italiana negli Usa ( ma emigrarono anche nelle americhe del sud e in australia ) ., sia Stella con i suoi libri L'orda e Odissee sull'emigrazione italiana . 
Libri che mi hanno spronato insieme  a  :   1) questo documentario   della rai sull'emigrazione degli italiani in America  del nord  


   2) i   film    Sacco e Vanzetti diretto da Giuliano Montaldo /  ( 1971  )  .,  sia La miniserie televisiva   su  di loro  prodotta da Mediaset e trasmessa nel 2005 con gli attori Sergio Rubini ed Ennio Fantastichini come protagonisti.  Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata (1971) con Alberto sordi .,  la  fiction ( mediocre  e senza infamia e senza lode  )  come l'america   con Sabrina  Sabrina Ferilli,Massimo Ghini e Henry Czerny. Mi  hanno  fatto uscire dal
quel mondo fatato e fantastico fatto di fantasia in cui mi 'ero richiuso sia con i racconti da parte di mia nonna materna ( morta a 95\6 anni quasi 4 anni ) che raccontava di come suo padre era emigrato temporaneamente in argentina per potersi pagare la casa o quando il marito di mia zia racconta cosa fanno in figli di un cugino o suo zio paterno emigrato negli Usa . Sia dal racconto dagli appennini alle ande contenuto all'interno del libro cuore di Edmondo de Amicis sia dall'anime  (  foto a destra  )    " Marco (Haha wo Tazunete Sanzen Ri, 1976), anime in 52 puntate facente parte del progetto "World Masterpiece Theater, prodotto da Nippon Animation, dal "racconto mensile" Dagli Appennini alle Ande del  libro cuore   . Ora  concludo dicendo Basta con le rimozioni, i silenzi, le mezze verità. I documenti dei siti che troverete sotto ed altri che troverete in rete dimostrano come l'emigrazione italiana sia stata per molti versi uguale a quella che oggi si riversa sulle nostre coste. Anzi << in certi casi (ad esempio sotto il profilo della preparazione culturale), perfino più disperata. Così erano i nostri nonni, i nostri padri, i nostri fratelli maggiori. Moltissimi non ce l'hanno fatta, a diventare uno "zio d'America". E sono sopravvissuti in condizioni spesso peggiori di quelle lasciate in Friuli o in Calabria. Ce ne dobbiamo vergognare, come pensa chi preferisce vedere il mondo con un patriottico paraocchi? O dobbiamo cercare di capire cosa siamo stati, proprio per portare rispetto a quei nostri emigrati così segnati da errori, sofferenze, ostilità razziste? >> da http://www.orda.it/rizzoli/stella/home.htm

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...