S
econdo me tutte le grandi paure che serpeggiano in questo periodo di spostamenti di popoli, non vengono tanto dal timore di perdere il lavoro, o di condividere la magra economia del Paese, ma da un profondo e irrazionale terrore di essere toccati nella propria identità. Il sentimento di identità non è una cosa da poco. Ha radici profondissime e una persona può sentirsi persa e perdere la ragione se ritiene di essere minacciato nella propria identità.Ma cos’è l’identità? Questa è una domanda complessa a cui le risposte sono tante e forse anche ambigue. La domanda che segue è: si possono incarnare diverse identità? Questo è il punto essenziale. Se l’identità non la si vuole riconoscere unicamente in una bandiera, in un territorio geografico disegnato sulla carta, o nel luogo di nascita o nella lingua che si parla o nella religione che si pratica (che spesso non si identifica con un territorio), si comprenderà che l’identità è multipla e ricca di sfaccettature.
Esemplificando: io sono europea, e sono italiana e sono anche in parte toscana perché nata a Firenze, ma anche in parte siciliana per parte di madre, ho perfino qualche barlume di identità giapponese avendo vissuto i primi otto anni della mia vita in quel Paese e così via. L’identità non coincide col passaporto e tanto meno con una bandiera o una religione. L’identità, potremmo dire così, è un insieme di apprendimenti culturali che hanno formato la nostra coscienza, il nostro carattere, la nostra capacità di aderire a un sistema di idee, di giudizi, di valori. Ma questi valori non sono fissi e pietrificati, bensì mobili e in continuo mutamento, come è mobile e suscettibile di mutamenti la vita. Chi ha in qualche modo fossilizzato la sua idea di identità in un piccolo mondo conosciuto e immutabile, stenta a riconoscere la enorme capacità di metamorfosi della storia e la miracolosa capacità dell’uomo di adattarsi ai cambiamenti. Se non avessimo sempre ampliato e allargato le nostre identità non saremmo ancora qui a chiederci cosa sia l’identità.