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23.9.25

shantaram di Gregory David Roberts libro sopravalutato ?

Lo che  mi  mancano  ancora  300  pagine  e  qualcosa  .  per  finire   Shantaram  romanzo autobiografico avvincente scritto dall’autore australiano Gregory David Roberts, pubblicato per la prima volta nel 2003. È una storia intensa, filosofica e piena d’azione, basata sulle esperienze reali dell’autore ,  ma  avendone letto    abbastanza  credo  che si  possa  fare  una recensione   anche se   secondo alcuni  dovrei aspettare ad  arrivare  alla fine . Ma sapendo dove  l'autore  ti vuole  portare    è  una  recensione fattibile   .Dalle pagine lette     fin ora   confermo    quanto  dice  « Un capolavoro… un romanzo che tocca la mente e il cuore, che appassiona e fa pensare.» il  Daily Telegraph.
 Infatti l'autore    <<  [...] fa di  Bombay   quello  che  Loren Durrel  ha  fatto per  Alessandria  o Melville  per  il mari  del   Sud  ( Pat  conroy  ) . Un Uno di quei rari romanzi in cui l'ostinata ricerca del
bene tocca realmente la mente e il cuore. un autobiografia  romanzata  della  vita   già di per se  avventurosa  dell'autore . Scritta  talmente  bene  da  non riuscire a  distinguere  , se  on a  fatica ,  cosa c'è  di  vero e  cosa c'è  'inventato   cioè  di letterario  . Un libro   che ti va  viaggiare   senza  muoverti   da casa .  Infatti  nelle sue  descrizioni della città    ,  dei locali  , delle strade ,    delle  baraccopoli, anche detti anche   slum o  bidonville   per  chi  ama  i  termini  stranieri  , sembra    di essere  li    e  vivere  le  storie   che racconta   insieme  alla sua   e  alle persone  che diventeranno suoi amici   e suoi nemici  . e  di mangiare  i piatti  e  le  pietanze  di cui   parla  .  Leggendo le  descrizioni   della  gente  e   delle strade mi sembra   d'ascoltare un  disco di De andrè  .  Infatti las vita di Gregory David Roberts, avventuriero dannato e redento, è talmente travagliata da sembrare un romanzo d'appendice, una storia coinvolgente che sembra nata per il cinema peccato   che   non sia  andato  a  buon fine  . Infatti   I diritti per lo sfruttamento cinematografico dell'opera letteraria sono stati acquistati dall'attore Johnny Depp e la Warner Bros. produrrà per il cinema Shantaram, con lo stesso Depp nei panni del protagonista. L'inizio delle riprese era stato annunciato per settembre 2008 ma in seguito il progetto venne abbandonato a causa di insormontabili difficoltà economiche legate alla produzione. Tuttavia Apple tv ne acquisì i diritti per farne una serie tv uscita sulla specifica piattaforma nell'ottobre 2022; la serie è stata però abbandonata dopo la prima stagione di dodici episodi  . Poca  pazienza  o   poco coraggio  ?  visto che    ci  sono  state  serie   iniziative  male  e  poi evolutesi  benissimo   come  esempio   la serie   Ray Donovan è una serie televisiva creata da Ann Biderman per Showtime,   o  lo  spin off   spin-off  Better Call Saul.   della serie   Breaking Bad, conosciuto anche col titolo Breaking Bad - Reazioni collaterali in Italia  solo per    fare    quelli che  mi vengono  in mente  . Forse perchè  non si è ancora  completamente  pronti      alle  tematiche  chje il  romanzo  affronta: Spiritualità e Islam: Attraverso il suo mentore Abdel Khader Khan, Lin riflette su Dio e sull’esistenza. ., Ambiguità morale: Lin è costantemente tormentato dal senso di colpa, dalla ricerca di redenzione e dalle conseguenze delle sue scelte. Secondo   alcuni   utenti di     https://www.reddit.com/r/literature/  in particolare     Biggiegreen   ( qui  l'intero articolo )Shantaram è il libro più sopravvalutato.

Ho letto 850/940 pagine del libro, e non continuerò perché non voglio far parte del gruppo di persone che ha letto questo libro dalla prima all'ultima pagina. Nel testo che segue, massacrerò il libro, e non voglio che nessuno dica "ma allora perché hai letto tutto il libro?", perché non l'ho fatto!I bravi scrittori possono rendere intrigante una trama banale; finisci il libro, ed è il miglior libro che tu abbia mai letto, ma fai fatica a descrivere qual era la trama perché era così insignificante, e non riesci a capire cosa ti sia piaciuto esattamente del libro. Gli scrittori scadenti, d'altra parte, riescono nell'impresa impressionante di rendere una storia straordinaria noiosa e lenta.Avevo davvero grandi speranze per il libro; un rapinatore di banca/eroinomane australiano fugge da un carcere di massima sicurezza e vola a Bombay con un passaporto rubato e viene trascinato nella mafia di Bombay negli anni '80. Voglio dire, cosa c'è che non può piacere della premessa? [...] 


  Ora   è  vero  che  il  libro    , come  tutti   chi non  ne  ha    dei   difetti   ma  la  trama  avvincente    ti  trascina  fino alla  fine   .  C'è  Bella rappresentazione dell'India. Ti fa venire voglia di bere qualcosa al Café Leopold e passeggiare per Colaba. O fare un viaggio in treno in campagna. Mi è piaciuta la  descrizione    della città    e  degli slum  ,  il passaggio in cui Lin è andato al villaggio di Prabaker e hanno dovuto prendere un treno e assumere un tipo grosso per trasportare i loro bagagli e scortare Lin attraverso la folla. Mi  piace  , anche  se  a  volte  è un po' pensate  ,  le  parti  in cui  si auto analizza    e   descrive  i  suoi     tormenti e sensi  di colpa   .  E' vero       che  i certi   tratti     c'è   pesantezza    come afferma   l'articolo     di reddit   precedentemente   citato   :  <<  La parte peggiore del libro è la prospettiva META, ovvero che il libro è presumibilmente una biografia della vita dello scrittore, eppure si ritrae come il più grande essere umano che abbia mai calpestato la terra. Non è solo coraggioso e saggio, è santo. Risparmia Madam Zhou e Ranjan per una profonda nobiltà morale, trasforma il padre di Prabaker in modo che tratti gli animali con gentilezza e sopporta orribili pestaggi in prigione senza battere ciglio, ovviamente, pur mantenendo la sua umiltà. Ogni situazione diventa un'occasione per mostrare la sua virtù, l'abnegazione o la perspicacia filosofica. Il libro è pieno di Lin che pratica un gergo quasi filosofico. Gran parte di ciò che dice suona filosofico, ma in realtà è solo un ragionamento circolare come "Amiamo perché non possiamo non amare", o banalità mascherate ("Il dolore ci rende forti - ma ci spezza anche"). Come se non bastassero le sole sessioni filosofiche di Lin, Khaderbais è raffigurato come un guru della filosofia che sa tutto, ma le sue idee sono solo le idee a metà dello scrittore che in realtà non hanno alcun senso. E poi ci sono Lin e Khaderbhai, seduti lì a guardarsi con aria compiaciuta e a convalidare l'intelletto e le filosofie reciproche (l'intelletto degli scrittori).Ogni descrizione è paragoni assolutamente snervanti come "Le sue labbra erano morbide come le dune del deserto al tramonto cazzate cazzate cazzate". Secondo me, è al suo peggio quando cerca di descrivere la sua stessa felicità (o una sorta di "illuminazione"). Anche le scene di sesso sono... piuttosto fottutamente imbarazzanti. Ti fa chiedere se il tizio abbia mai fatto sesso? >> . Non    concordo     quando la definisce   lla  parte peggiore  ,  però allo  stesso non lo biasimo troppo , perché c'è del  vero    . Infatti     è come  se  in ogni capitolo seguisse uno schema quasi maniacale: introduzione, 5-10 pagine in cui Lin riflette su qualcosa di "profondo": la vita, l'amore, la sofferenza, l'India, l'anima, il fuoco, le nuvole, gli occhi. Sempre con metafore sovraccariche e spesso completamente scollegate o quasi dalla trama reale. Sempre  secondo  la  fonte  citata   precedentemente  : << Una fase del libro in cui Lin e i suoi ragazzi della mafia vanno in Afghanistan per partecipare a una guerra/fornire armi/medicine ai talebani. Questa parte può sembrare   noiosa, strana e non aggiunge nulla alla storia,  per  chi  non  è abituato  alle storie  lente  (   aggiunta  mia  )  ,  eppure arriva nel momento più cruciale del libro, dove la tensione dovrebbe culminare., solo alla fine succede qualcosa: una fuga, un tradimento, una lotta, una conversazione. È spesso solo allora che, come lettore, ti senti come se ti stessi effettivamente muovendo in avanti. >>  .  Ma   tutto    sommato   non  è male   ed  molto avvincente   in quanto    c'è  un equilibrio    tra    pregi e  difetti   . credo  che  m'incuriosisce     sapere  come  va  a finire la  sua  vicenda    continuo ella  lettura  e   mi prenderò    il  secondo  The Mountain Shadow è il seguito di Shantaram, scritto sempre da Gregory David Roberts e pubblicato nel 2015.  e   Il terzo libro della saga di Shantaram di Gregory David Roberts è atteso da tempo, ma al momento non è stato pubblicato ufficialmente. Roberts aveva annunciato l’intenzione di scrivere una trilogia, con Shantaram. concludo  consigliandolo a  coloro  che vogliono  o   hanno il  piacere   il  coraggio di mettersi in discussione  e filosofare  sul mondo e  su  stessi    ed  i  propri  fantasmi e  sensi di  colpa  .

20.3.21

Gli anni di piombo una ferita ancora aperta .basta un niente per creare polemiche e riattivare le braci . Il caso de Il tempo di vivere con te ultimo romanzo di Giuseppe Culicchia

[..] Non so che cosa accadde, perché prese la decisione,
Forse una rabbia antica, generazioni senza nome
Che urlarono vendetta, gli accecarono il cuore:
Dimenticò pietà, scordò la sua bontà [....] 
                            Francesco Guccini




  Lo  so    che   bisogna  aspettare la  fine  per  dare  un  giudizio   completo   di  un opera   , soprattutto quando  raccontano direttamente  o indirettamente   di periodi complessi  con cui   ancora    da  una parte  e dall'altra  non  si ancora  voluto  fare i conti e  li  si  fa  ancora    troppo lentamente  . 
 Infatti   

[...] alcune settimane fa è uscito il libro di uno scrittore che conosco da molti anni e che scriveva sulla mia “Stampa”, Giuseppe Culicchia. Il libro che si intitola “Il tempo di vivere con te” racconta la vita dell’assassino di Vittorio, quel Walter Alasia che di Culicchia era cugino e che venne a sua volta ucciso, mentre fuggiva dopo aver sparato ai poliziotti. Si
racconta un ragazzo, le sue idee, i pranzi e i giochi di famiglia, perché anche i terroristi non sono numeri ma vite. Quando sono arrivato alle ultime pagine le ho lette con sconforto perché ci ho trovato un vizio vecchissimo e pericoloso, quello di giustificare il terrorismo e di ammantarlo di idealismo. Quello di parificare i morti, di pareggiare il conto, mettendo su un piatto della bilancia i terroristi caduti e sull’altro i poliziotti, magistrati, professori o sindacalisti uccisi. Ma non si può fare, perché da una parte c’erano persone che avevano deciso di combattere una guerra che nessuno aveva dichiarato e si erano messe a sparare, dall’altro chi ha difeso e salvato questa democrazia.[...]

da    https://www.mariocalabresi.com/stories/lultima-alba-di-vittorio-padovani/

Ora potrebbe  essere vero che ( sempre dalla stessa fonte ) << [...] Chi lo legge senza sapere niente di quegli anni può pensare che Walter Alasia sia stato un eroe, ma purtroppo per la sua famiglia, per quelle di Vittorio Padovani e Sergio Bazzega e per tutti noi non è così. >> anche  se nei primi , punto in cui sono arrivato nella lettura ,  ci  sono dei  cenni  alle  violenze   e vari  omicidi   di una parte   e dell'altra  che  fanno da  sfondo  alla  vicenda  di Walter  Alasia  , basta   fare  delle ricerche  via  web  per  soddisfare la propria  curiosità  .

Ma da da li a definire come ha fatto , nonostante sia un ottimo giornalista , Cesare Martinetti, il libro scabroso e << un libro prigioniero della gabbia ideologica degli anni Settanta e che non riscatta Walter, anzi lo sigilla intatto nel suo destino, vittima anch’egli del fanatismo, ma pur sempre colpevole.>>  ce  ne  passa   perchè  vuol  dire  o  che   non  si  letto per  intero il libro   olo si è  letto   con  pregiudizi  e preconcetti  .  Infatti    e  lo  dice  uno che   non ha  vissuto   , se  non in maniera  indiretta       , visto  che  cronologicamente  sono  del  1976   ,  quel periodo   da parte  di Culicchia  rispetto  ad  altri libri memorialistici soprattutto    si  è  si cercato di comprendere [ OVVIAMENTE  COMPRENDERE  NON VUOL  DIRE   NECESSARIAMENTE  GIUSTIFICARE   ] il perchè  quella  persona  in questo caso    cugino  Walter  abbia commesso  tale  gesto    e vedere la figura umana non solo la  "colpevolezza"   come dichiara lo stesso autore a la lettura  inserto  domenicale  del corriere della sera del 14\3\2021  in una doppia intervista \ conversazione a cura di CRISTINA TAGLIETTI fra Lui ( cugino di Walter Alasia ) e Giorgio Bazzega figlio di Sergio colpito a morte insieme al vicequestore Giovanni Vittorio Padovani. dal brigatista Walter Alasia, 20 anni, a sua volta ucciso nella casa dei genitori a Sesto San Giovanni durante il blitz della polizia.

Ecco  il passo  significativo  :

[...] 

GIORGIO BAZZEGA — Quando mi hanno segnalato il libro di Giuseppe mi ci sono immerso. Ho capito subito che mi permetteva di aggiungere il pezzo che mi mancava di questa storia, quello che nessuno aveva potuto raccontarmi fino a quel momento: non Walter il terrorista ma Walter il ragazzo, nella sua umanità.

Eppure una recensione apparsa online accusa Culicchia di aver fatto, con questo libro, apologia di reato.


 GIORGIO BAZZEGA — Giuseppe lo ha scritto come andava scritto, con una sensibilità e un’onestà intellettuale inattaccabili. Non c’erano altri modi.

GIUSEPPE CULICCHIA — Non si trattava di farne un eroe ma di raccontare chi era, com’era. Ho profondo rispetto per il dolore delle famiglie Bazzega e Padovani, per quei ragazzi, gli altri poliziotti, anche loro giovani, che alle 5 di mattina vedono uccidere due colleghi. Non c’è niente di giusto in questa storia, però bisogna capirla. Finora erano usciti libri di memorialistica scritti da reduci di quell’epoca oppure dalle vittime. Il mio forse è il primo in cui si racconta il dolore dall’altra parte. Ho cercato di mostrare Walter nella sua complessità umana. Credo che in tanti, come lui, sia maturata quella scelta che io non cerco di giustificare ma di capire. Come può un ragazzo di vent’anni decidere di impugnare una pistola e uccidere? Io non andai al funerale perché avevo 11 anni ma mia sorella, che ne aveva 17, sì. Quando vide i calzini bianchi sporchi di sangue nella bara capì che era tutto vero. Fino a quel momento aveva pensato che potesse essere uno scherzo di Walter. Per anni è stato identificato con una fototessera, quasi una cupa foto segnaletica in cui noi non riconoscevamo il ragazzo affettuoso che amava scherzare e disegnare. Io non lo lasciavo in pace, gli ero sempre appiccicato e non mi sono mai sentito dire un no.

[...] 

da LA LETTURA   (  inserto cartaceo   domenicale   ed  anche  sito  https://www.corriere.it/la-lettura/  )    del 14\3\2021   

Quindi   sfido Voi critici, voi personaggi austeri, militanti severi   a raccontare quel periodo  senza pregiudizi , odio ideologico , ecc . Infatti leggendo  i  vostri  giudizi  impregnati  di  pregiudizi    e  del rifiutare del comprendere  mi  viene da   dire :    non occupiamoci nè  delle vittime   della  follia  ideologica     di quel periodo   nè degli  assassini  lasciamo   che  il tempo faccia  giustizia   trasformandoli in  polvere  ed  in oblio  ,  che  le    nuove  generazioni    non  conoscano tali eventi     e  rifacciano  in misura  più  grave     gli stessi errori   . Vietiamone   quindi  le biografie  , o che  essi  parlino ,  come si faceva  un tempo     con il  sacrosanto rito  purificatore    della  damnatio memoriae  .  Ma  riflettendo mi  accorgo     è meglio  scriverle invece   queste  biografie  , inchiodiamole  come lapidi   agli angoli della  strada della  nostra memoria  , perchè nessuno  dimentichi   cosa  sono stati  ed  il loro    banale  essere   iniqui .   
Un libro  onesto   e  doloroso   come riconosciuto   da  un altro giornalista  "conservatore  "  come  Francesco merlo  .  

  da  repubblica 

Caro Merlo, cosa pensa del libro dedicato da Giuseppe Culicchia a Walter Alasia "Il tempo di vivere con te"?
Marino Della Cioppa

Penso a Giorgio Bazzega, che aveva due anni quando suo padre, il maresciallo Sergio, fu ammazzato insieme al vicequestore Vittorio Padovani dal brigatista Walter Alasia, che fu poi colpito e ucciso mentre fuggiva. Ha raccontato Bazzega a Giovanni Bianconi: «Da ragazzo mi facevo di cocaina e giravo con la P38, pensando di ucciderli tutti, specialmente Renato Curcio che aveva indottrinato Alasia che, a freddo, aveva ammazzato il mio papà». Bazzega, durante un dibattito, si avvicinò al fondatore delle Br (che oggi ha 79 anni): «Quando Curcio ha capito chi ero, si è spaventato e io mi sono sentito libero dal mio odio. Gli ho dato una pacca sulla spalla: "Stai tranquillo... volevo che mi guardavi in faccia"».
Tra le altre sfortune, Bazzega non ha un cugino romanziere, e Culicchia è un romanziere formidabile. In Italia c’è un gusto speciale per la psicologia degli assassini di quegli anni. Io non credo che appartengano, neri e rossi, alla storia della politica, se non come sfondo scenografico e come alibi, ma alla storia della criminologia che, grazie a Dio, non è più razzismo lombrosiano. Non esistono i mostri, nessun criminale lo è. E chissà com’erano dolci e generosi i nazisti con i loro bimbi tra una tortura e l’altra. E così i bombaroli neri e i mafiosi, tutti figli del loro tempo. Ma c’è un momento in cui il tempo esce di scena e rimani tu, con la pistola in mano: o spari o ti liberi dell’odio, come Giorgio Bazzega. Ho letto il bene che del libro hanno scritto Maurizio Crosetti sul Venerdì e, sull’ Huff Post , Pigi Battista e Giampiero Mughini.
Obietto solo che non è vero che la generazione del ‘68 fu complice degli assassini. Posso testimoniare che anche (persino) in Italia la ribellione della stragrande maggioranza non fu quella robaccia, non fu materia preparatoria per il terrorismo e porcheria omicida.


Ora  palle   pagine    che  ho letto fin ora  (  vedremo se  confermare o smentire   questa mia osservazione     dopo che   l'avrò finito  ) è  un libro   senza  a  differenza  di altri libri di memorie    ( da una  parte  e   dall'altra  )  senza vittimismo, senza  retorica, giustificazione  ed  esaltazione   ideologica,  c'è il dolore di quello che  all'epoca   era  un bambino che a undici anni perde in una sola notte un affetto immenso e tutte le certezze che credeva di avere, unito alla lucidità di quello che    con gli anni  è  diventato   un grande scrittore  che ha cercato ed  aspettato  per oltre quarant'anni la giusta distanza per raccontare questa storia.
Un memoir asciutto e allo stesso tempo accorato  (  per  questo ad  alcuni   ancora  indigesto ) in cui   Culicchia ricostruisce la  sua   questione   privata   e      a   smesso   di  di temere   il proprio tempo    e    quel problema     si spazio   per  parafrasare  la  famosa  Linea  Gotica   degli ex C si 




ciò che da bambino sapeva di Walter, scavando nei propri ricordi alla ricerca dei germi di ciò che sarebbe stato, e lo confronta con quello che crescendo ha appreso di lui dalla sua famiglia, ma anche dai giornali e dai libri di storia. E così facendo racconta gli anni della lotta armata e del terrorismo da una prospettiva assolutamente ( o quasi    visto il precedente   di Ero in guerra ma non lo sapevo  libro di Alberto Torregiani figlio di Pier Luigi Torregiani era un gioielliere titolare di un piccolo esercizio nella periferia nord di Milano, in via Mercantini, nel quartiere della "Bovisa" ucciso  dal gruppo  terrorista  i PAC di Cesare battisti  ) originale  .
 Infatti

Giuseppe Culicchia tiene in serbo queste pagine da più di quarant'anni. Perché la morte di Walter Alasia, al cui nome è legata la colonna milanese delle Brigate Rosse, è una storia dolorosa che lo tocca molto da vicino: per il Paese è un fatto pubblico, uno dei tanti episodi che negli anni di Piombo finivano tra i titoli dei quotidiani e dei notiziari televisivi; per lui e la sua famiglia è una ferita che non guarirà mai.
Walter Alasia, di anni venti, era figlio di due operai di Sesto San Giovanni. Giovanissimo aveva cominciato la sua militanza in Lotta Continua, ma poi era entrato nelle fila delle Brigate Rosse. Nella notte tra il 14 e il 15 dicembre 1976 la polizia fece un blitz a casa dei suoi genitori per arrestarlo. Lui aprì il fuoco, e nel giro di pochi istanti persero la vita il maresciallo dell'antiterrorismo Sergio Bazzega e il vicequestore di Sesto San Giovanni Vittorio Padovani. Subito dopo tentò di scappare, ma venne raggiunto dai proiettili della polizia.
Giuseppe all'epoca ha undici anni e Walter è suo cugino. Ma in realtà è molto di più: è il fratello maggiore con cui non vede l'ora di passare le vacanze estive, che gli insegna a giocare a basket, che lo carica sul manubrio della bicicletta e disegna per lui i personaggi dei fumetti che ama. È un ragazzo affettuoso, generoso, paziente, e agli occhi di Giuseppe incarna un esempio.

                                 dalla  retrocopertina  del libro 


per capire l' oggi bisogna conoscere il passato  frase  abusatissima   ma è vera questo non è un libro qualunque e un libro di storia la storia degli anni di piombo del secolo scorso leggetelo senza preconcetti   e  giudizi apriori  e  capirete    che   certi commenti  



Recensito in Italia il 7 marzo 2021
Acquisto verificato
Se non si configura l’apologia di reato per un libro come questo....è disgustoso idolatrare così un terrorista che ha ammazzato due innocenti ....


 

sono  fuori luogo e  dimostrano  quanto dicevo  nelle  righe precedenti     e  con quanto dice  :  « A quarant'anni di distanza, Culicchia ha scritto un libro, Il tempo di vivere con te, che è insieme memoria, ricostruzione storica, elaborazione del lutto, lontano da ogni forma di giustificazione o indulgenza verso i crimini delle Brigate Rosse» - Cristina Taglietti, in   la Lettura.  Ma soprattutto  con il  fatto che


Culicchia era più piccolo di lui di nove anni, ma gli era legato con infantile adorazione. Il tempo di vivere con te, pubblicato da Mondadori, racconta la contraddizione – anzi la convivenza – nella stessa persona di un “mostro”, raffigurato così pubblicamente e responsabile della morte di due agenti di polizia, e di un ragazzo amabile e amato da tutta la famiglia, e il dolore della famiglia stessa, cercando di mettere insieme i pezzi della storia personale e di quella italiana per costruire delle spiegazioni. La morte di Alasia è raccontata oltre la metà del libro.

                               da  https://www.ilpost.it/2021/02/11/culicchia-alasia-libro/ 


Concordo  e  qui  chiudo  con   quanto dice  Davide Dotto  in   questa recensione  su https://www.gliscrittoridellaportaaccanto.com
Non è ancora il momento di raccontare quel 15 dicembre 1976, e quel che ne seguirà. No. È, questo, il tempo di vivere con te. Ancora un poco. Almeno nello spazio di queste pagine. Perdonami, Walter, se ci ho messo così tanto. Trenta libri, e più di quarant’anni. È per raccontare la tua storia che ho cominciato a scrivere, il giorno dopo la tua morte. È per questo che ho continuato a farlo in tutto questo tempo. Eccolo qua, il primo libro che avrei voluto scrivere. Ma avevo appena undici anni, facevo la prima media, e anche se dalle elementari i miei temi venivano letti in classe da maestre e professori di Lettere, non ne ero capace. Ne sarò capace, ora?
Giuseppe Culicchia, Il tempo di vivere con te
Il tempo di vivere con te di Giuseppe Culicchia è un racconto tenuto in serbo per oltre quarant’anni. Rievoca “gli anni di piombo”, una stagione troppo recente per essere metabolizzata e pienamente compresa. [....] 



Adesso vado a leggerne  qualche altra  pagina  

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