Prima l'accusa di frode fiscale, poi il carcere, infine la libertà grazie al marito,arruolatosi come volontario nell'esercito di Putin. Così Yelena Blinovskaya, influencer con 5 milioni di followers molto famosa in Russia, è riuscita a risparmiarsi la prigione.Rischiava di rimanere in carcere per molti anni, ma poi, grazie al sacrificio del marito, è riuscita a scamparselo. Yelena Blinovskaya ha evitato la prigione grazie alla scelta del compagno Alexei Blinovsky di arruolarsi come volontario nell'esercito e unirsi alla campagna militare di Vladimir Putin in Ucraina. La storia è raccontata dal sito online del Guardian. Mesi fa, la moglie, Yelena Blinovskaya, ex vincitrice di concorsi di bellezza, molto famosa per alcuni video motivazionali diffusi online, aveva tentato disperatamente di fuggire dal paese, ma era stata arrestata al confine con la Bielorussia e accusata di una clamorosa evasione fiscale. Ora Alexei, che aveva collaborato con la moglie nella produzione di questi video, è rispuntato nei social mentre sorseggiava un tè accanto ai suoi commilitoni vicino alla linea del fronte con l'Ucraina, stavolta con addosso la mimetica, invece dei suoi consueti capi di abbigliamento firmati. Un fatto, questo, confermato anche dall'intelligence britannica nel rapporto quotidiano sulla situazione del conflitto, diffuso attraverso l'account X del ministero della Difesa di Londra.
La decisione dell'uomo è solo l'ultimo caso di una tendenza molto diffusa in Russia: la scelta di andare in guerra in Ucraina funge da via d'uscita dalla prigione per molti criminali o solo coloro che si ritiene abbiano offeso il Cremlino. Decine di migliaia di detenuti, tra cui anche assassini e condannati per reati sessuali, sono già stati graziati dal governo, dopo aver aderito alla guerra, in quello che Putin ha lodato come un piano grazie al quale gli ex detenuti possono espiare i loro crimini «con il sangue». Ma quello di Blinovsky è il primo caso in cui un cittadino russo si è offerto volontario per la guerra con l'obiettivo di ottenere il rilascio di un membro della propria famiglia dietro le sbarre.
premetto che sono anni che non vedo ( salvo spezzoni facendo zapping e su internet \ sui social per avere una versione a tutto tondo rispetto a quello che riportano i media delle polemiche spesso create ad arte ed ingigantite per avere odiens ascolti ) il festival di San Remo . E quindi a canzone in questione lo ascolta senza leggere prima il testo .
A volte , come dice Lorenzo Tosa , ci vuole davvero poco a fare la storia. Basta cantare [ quella che dovrebbe essere ma purtroppo per molti non è ed non riescono ad accettarlo ]
una sublime e disarmante verità, bastano due uomini che sul palco del festival più antico del mondo cantano un duetto d’amore, pulito, emozionante, senza nulla a pretendere, senza nulla da dimostrare,
senza ideologia. Non era mai successo, ed è bello che sia accaduto, è bello che un uomo abbia cantato a un altro uomo. A prescindere da ogni giudizio artistico e musicale, condivido anche le le virgole di : Lorenzo Tosa sia di Gino Castaldo su Mahmood e Blanco. Un momento e un abbraccio che ricorderemo.
ed io che credevo che la canzone la La bella Gigogin fosse solo un canto patriottico italiano del XIX secolo ovvero del nostro risorgimento invece leggendo questo articolo di Giovanna Potenza su http://www.vanillamagazine.it/ del Ott 15, 2017 che trovate sotto ho scoperto alcuni retroscena . Retroscena che già conoscevo , ma non del tutto
La “Bela Rosin”: la Sposa Morganatica del 1° Re d’Italia che non divenne mai Regina
Rosa Vercellana – colei che era destinata a diventare la moglie morganatica del primo re d’Italia – inizialmente parve solo una delle tante bellezze del popolo che Vittorio Emanuele II era solito incontrare, magari al rientro da una battuta di caccia, nel corso di una sosta nei borghi del natio Piemonte. In occasioni del genere, al futuro sovrano piaceva mescolarsi alla gente e distribuire sigari e complimenti alle giovinette del luogo, vestite a festa con l’abito elegante riservato alla messa domenicale.
La “bela Rosin”, come verrà poi chiamata dai piemontesi, aveva solo 14 anni quando, nel 1847, attirò l’attenzione del principe ereditario del Regno di Sardegna, e la sua rigogliosa, precoce bellezza mediterranea, dai bei tratti regolari e dalla folta, superba capigliatura bruna, non passava di certo inosservata nelle zone vicine al castello di Racconigi dove si era trasferita al seguito del padre, che dirigeva il presidio militare della tenuta di caccia sabauda.
Ritratto della Bela Rosin:
Le circostanze dell’incontro con Vittorio Emanuele risultano controverse, ciò che è certo però è che Rosa conquistò subito il cuore del Savoia, cui diede una figlia, Vittoria, l’anno seguente.
Nel Regno di Sardegna, l’intrattenere rapporti sessuali con ragazze di età inferiore ai 16 anni era un reato sanzionato con durezza; inoltre l’erede al trono, che aveva 27 anni al momento dell’incontro con la Rosin, era già sposato con l’austriaca Maria Adelaide d’Asburgo-Lorena ed era padre di quattro figli.
Rosa Vercellana in una fotografia d’epoca, fonte Wikipedia:
Ciononostante
l’unione dei due, basata evidentemente su di un sentimento autentico,
durò tutta la vita, sfidando le differenze di rango sociale, le ostilità
della corte e la frequenza delle avventure sentimentali allacciate da
Vittorio Emanuele, avventure occasionali coronate da un numero davvero
impressionante di figli illegittimi.
Ciononostante l’unione dei due, basata evidentemente su di un sentimento autentico, durò tutta la vita, sfidando le differenze di rango sociale, le ostilità della corte e la frequenza delle avventure sentimentali allacciate da Vittorio Emanuele, avventure occasionali coronate da un numero davvero impressionante di figli illegittimi.
Con i suoi modi schietti e con la sua rustica bellezza, infatti, la giovane era probabilmente molto più affine di quanto potesse a prima vista apparire alla sensibilità del sovrano, cresciuto in un ambiente affettivamente distaccato, le cui maniere spicce ed i modi bruschi e militareschi, uniti alla galanteria, avevano guadagnato da sempre le simpatie popolari.
Se i rampolli delle antiche famiglie imperiali dilapidavano infatti intere fortune nelle stazioni termali di mezza Europa con avventuriere che comparivano puntualmente nelle cronache scandalistiche della seconda metà dell’Ottocento, Vittorio Emanuele mantenne invece sempre un improbabile felice equilibrio tra la sua famiglia ufficiale e quella ufficiosa con la Vercellana, per i cui figli risultò sempre un padre affettuoso, presente e premuroso.
Il precario equilibrio parve venir meno in due occasioni: la prima fu quando la famiglia di lei sollecitò il sovrano ad assegnarle una liquidazione, affinchè potesse rifarsi una vita sposando un militare di carriera. La risposta non si fece attendere ed il malcapitato potenziale pretendente fu spedito in Sardegna, mentre la bela Rosin fu sistemata in fretta e furia a Torino, in modo che Vittorio
il letto a baldacchino di Villa Petraia, fonte Wikipedia:
Emanuele potesse farle visita non appena gli impegni glielo consentissero.
La seconda occasione si presentò quando la consorte morì, nel 1855, ed il sovrano si ritrovò a rivestire il ruolo di partito matrimoniale appetibile a molte dinastie europee.
Vittorio Emanuele era infatti ormai a capo di un piccolo stato, che tuttavia stava acquisendo un sempre maggiore prestigio internazionale a seguito del vittorioso coinvolgimento del Piemonte nella guerra di Crimea voluta dal Cavour.
Malgrado gli allettanti vantaggi di un’alleanza dinastica, il sabaudo si mostrò tuttavia sempre insensibile ad ogni proposta di contrarre nuove nozze, resistendo anche alle insistenze dei suoi consiglieri.
Nel 1858 il sovrano, nominò Rosina contessa di Mirafiori e di Fontanafredda, titolo che ella trasmise ai figli Vittoria ed Emanuele Alberto.
Nel 1863 la Rosin si trasferì in quella che fu sempre la residenza preferita dalla coppia, ovvero negli Appartamenti Reali di Borgo Castello, nell’attuale Parco regionale La Mandria, in cui Vittorio Emanuele, che aveva sempre preferito la caccia ed il rigore della vita militare alla vita di corte, trascorreva lunghi periodi in compagnia della Vercellana che era, peraltro, un’ottima cuoca, che sapeva prendere il compagno “per la gola” preparando gustosi manicaretti innaffiati dai corposi e nobili vini locali.
Solo qualche anno dopo, nel 1864, la Rosin seguì il re a Firenze, stabilendosi nella villa La Petraia. Nel 1869 il re si ammalò e, temendo di morire, la sposò con un matrimonio morganatico, ovvero con un’unione legale in cui né la sposa, né i figli nati dal matrimonio possono avanzare alcuna pretesa sui titoli e sulle proprietà del consorte. Il rito religioso si tenne il 18 ottobre di quell’anno, seguito anche dal rito civile, celebrato successivamente.
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La camera da letto di Villa Petraia:
Vittorio Emanuele spirò a 58 anni, nel 1878.
La bela Rosina non divenne pertanto mai regina d’Italia
Nella seconda metà del XIX secolo, i Savoia erano diventati infatti l’unica dinastia ad imporsi nella penisola, attirandosi àsti ed inimicizie sia dagli ambienti romani – Vittorio Emanuele II aveva ricevuto la scomunica da Pio IX per la presa di Roma – sia da quelli aristocratici e repubblicani, pertanto un matrimonio “irregolare”, come quello con la Vercellana, avrebbe prestato il fianco ad acerrime critiche.
La contessa di Mirafiori, al secolo la bela Rosin, dovette quindi accontentarsi di trascorrere gli ultimi, pochi anni di vita in maniera defilata, a Pisa, dove morì nel 1885. Quegli anni d’altronde furono considerati da lei solo come un’inutile attesa della morte, dopo la perdita del proprio compagno di vita.
I Savoia vietarono che la Rosin fosse seppellita nel Pantheon, non essendo mai stata proclamata regina; per questo motivo, provocatoriamente, i figli fecero edificare a Torino Mirafiori Sud una copia del Pantheon in scala ridotta, quello che poi divenne famoso come il “Mausoleo della Bela Rosin”, che fu profanato nel 1943 da malviventi in cerca di preziosi.
Sotto, il “Mausoleo della Bela Rosin”, fonte immagine: Wikipedia
il “Mausoleo della Bela Rosin”, fonte immagine: Wikipedia
Le spoglie della bela Rosin, mancata regina, ma certamente più cara e vicina al popolo di una vera sovrana, furono successivamente traslate nel 1972 nel Cimitero monumentale di Torino.
La sua popolarità tra la gente è testimoniata dalla canzone risorgimentale, forse a lei dedicata, dal titolo “La bella Gigogin”.
LA BELLA GIGOGIN musica di Paolo Giorza su versi anonimi dal concerto GARIBALDI L'EROE DEI DUE MONDI, 5 luglio 2008 Castello Cavour Santena, Coro Michele Novaro, direttore Maurizio Benedetti, pianista Carlo Matti, testi Giuseppe Vettori, attore Mario Brusa.
E' nell'altra che ticonfondi, in realtà, quantoti piace?
Shakespeare secondo Branagh
E poi
l’amourfou
Kenneth Branagh
Pene d’amore perdute. Languori. Svenevolezze e smancerie.
Sorrisi sornioni e baci assassini, tremori, pallori, assolutori, ingenuità e perché dare gioia, è un mestiere duro. Se
non ricordi che l’amore t’abbia mai fatto commettere la più piccola follia,
allora non hai amato nel tuo mondo senza malinconia dove gli usignoli ruttano. Incantesimi e parole vaghe, trecce sciolte dal balcone,
avito e cartigli avidamente scartati da cioccolatini ben noti, i quali, dopo 95 anni d'onorato impegno letterario, abbandonano i versi di Dante e aprono a Kurt Cobain e Pieraccioni. Sempre in peggio,
prima Facebook, ora Pieraccioni. Ora,
chi ci dobbiamo aspettare, Luca Barbareschi? L'uomo che meglio di
chiunque altro, sintetizza gli aspetti più deleteri e vili dei vizi
peggiori degli italiani. Perché lo dico e come faccio a saperlo? Son
giornalista da 34 anni.
Bisogna che una sensazione sia caduta ben bene in basso perché
si degni di mutarsi in idea. Non azzardatevi a toccarli mai, non azzardatevi a
giudicarli, tirate via le vostre mani sporche, non confondetevi coi loro sogni. Hanno
aerei per volare, ma quegli aeroporti non ci sono più. Possiedono treni
e una stazione lontana tra il cielo e terra, hanno le nostre fandonie
nelle orecchie,
conoscono le nostre facce. Madri pompate a tranquillanti, padri che
vanno
sul sicuro, i ragazzi nascondono lacrime sospese come gatte gelose dei
figli hanno
un bagaglio di speranze deluse. Un mondo storpiato dissestato, malridotto, squinternato, traballante,
ingannato tradito, massacrato pur
sapendo che hanno una rosa dentro che vien da chiedersi come abbia fatto
nascere e crescere in una Gomorra di sifatta teatralità disorientata.
Peter Greenaway, regista
Come quella giraffa che ha il cuore tanto lontano dai pensieri.
Pensa che s'è innamorata ieri e ancora oggi non lo sa. Tra mezzora forse
inizierà a sentire la farfalle nello stomaco. Ma sopra tutto, lo script luminoso del regista Peter Greenaway: “Nei miei film, parlo sempre di sesso e non
di amore. Io sono un buon darwiniano e, dato il pensiero comune
sull'evoluzionismo e sulle teorie comportamentali, dico che siamo come delle
valigie che servono a continuare il passaggio di geni”. Ma non c'illudiamo. E' questo un triste mondo dove un uomo che legge ad
alta voce versi o testi spirituali, in solitudine, passa per squilibrato. Una persona singolare, per parlare in politicamente corretto.
S'era instauratoun bel clima
Ma la voglia, il desiderio, è ben diverso,
simile alla passione "cristalla". Già
a 5 anni, mi faceva paura la
prigione, non conoscendo ancora gli uomini con i quali avrei convissuto.
Mica per altro, o la pena da scontare, pur non essendo mai stato in
prigione Ci sono stato di striscio parecchie volte, grattandomi pure il
sedere, modo di dire quando la Questura ti porta in quelle loro stanze
segrete e ti fanno domande, di gossip più che altro. S'era instaurato un
bel clima fra di noi, dopo avermi preso le impronte digitali, foto
segnaletiche, davanti, dietro, sinistra e destra e rossori sulla pelle
stile decorazioni ornamentali, tutte spesate dal Questore o forse più a
spese mie.
Sangrelove, loviente in cor
Vi
sono più cose in cielo e terra, Orazio,
di
quante se ne sogna la tua filosofia.
(William
Shakespeare, 1600, "Amleto")
Amori da poco, vacui e scontati, superflui. Amori impellenti, che chiedono resa
perché incompresa. Amori da ridere, altri da morire. Tragedie e commedie,
mondanità, paranoie.Credo che la fine del XX secolo sia un momento di
rinegoziazione sulla procreazione sulla nascita e sul sesso. La politica sessuale
ci ha dato libertà più ampie. L'approccio alla sessualità e alla castità ha
aperto molte possibilità. È la morte a rimanere non negoziabile. È l'ultima
frontiera. Si potrebbe scrivere che la civiltà ci ha sottratti alle spade per farci meglio sentire la paura dei chirurghi. Pensate, quanta gran gente, i mediocri, quanto sono operosi, attenti e
pacati. Non hanno scatti di pensieri, di affetti, di soluzioni, calme di vento,
slanci d’infantilismo. Fanno quel che possono e sanno, magari quel che non
sanno, ma con tanta buona volontà!
Paura deltempo
Sarà stata la pazzia a indurre l’innamorato non
corrisposto a parlare tutte le lingue per esprimere un concetto così
universale, come quello dell’amore? Perché
l’amore è quel miscuglio che tu sei da una parte e lei
dall’altra, eppure gli sconosciuti s'accorgono che vi amate. Come aver
preso insieme un trip e avere entrambi le stesse paranoie, è una
responsabilità enormemente reciproca che non ammette tradimenti di
nessuna ragione. E' una cosa molto seria. Che cazzo, mica pugnette! Una volta pensavo che i libri si facessero così: arriva un
poeta, lievemente disserra la bocca e di colpo comincia a cantare il
sempliciotto ispirato: di grazia, ma perchè! (Vladimir Vladimirovič Majakovskij).
Sergej Esenin, poeta
Non ho mai saputo interpretare il diktat di Majakovskij
rispetto alla morte-omicidio-suicidio (altro aspetto ancora da chiarire) del poeta russo Sergej Esenin: “Se ci fosse stato
inchiostro all'Angleterre, non avrebbe avuto bisogno di tagliarsi le vene”. Non
capisco se ci sia, nelle parole di Majakovskij, un velato senso d’ironia, quasi
guappa nei confronti del povero e magnifico Esenin che difenderò fino a morir.
Se lo merita, che ne pensate? Non ho forse ragione?
Ancora Shakespeare,ancora Branagh
che ha raschiato ilfondo del barile.
Tutto evanescente epomposo, troppo
Le frasi hanno un senso compiuto, ma le
parole vengono dai posti più disparati. Ecco che ci troviamo il napoletano,
l’inglese, lo spagnolo, il francese, il provenzale, perfino l’italiano antico e
per finire qualche termine reinventato, strani miscugli dalla fonetica
accattivante.Spesso l’amoretrova
difficoltà nella comunicabilità dei sentimenti che si provano. Due cuori e una capanna di
Babele dove l'ordinario e l'esiguo spirito associati alla pigrizia, abbiano prodotto più intellettuali che la riflessione e le letture dotte e ignaro di ogni orifizio.
Se tutti coloro che abbiamo ucciso col pensiero
scomparissero davvero, la terra non avrebbe più abitanti, non è una boutade e non lo vuole essere, è un dato di fatto. Con Sangre loviente in core (che ama in cuore). Se della Morte vara ne è l'ora, orsù, saluta la Signora col mantello nero, figlio mio. Fa male, ma è gentile, almeno è quel che ci si augura.La morte, caro, è un'usanza che tutti dobbiamo
rispettare. Adeguiamoci mio figliuolo.
Rubinettigocciolanti
scoreggeappassionate
Che dolci premesse,amor mio
Amori basta. Quelli
dentro la confezione levigata e attenta all’air
du temps. Negli intenti, una ricerca concentrata anzitutto sulla
dichiarazione d’amore. Vale a dire su quella piccola catastrofe delle emozioni
in cui, dei due soggetti coinvolti, uno assume il rischio e lo spavento e
lancia una parola, un gesto, spesso uno sguardo alla Paolo Conte, verso
l’altro."Tutti quelli che nell'ora suprema vogliono circondarsi di
amici lo fanno per paura e per incapacità di affrontare i loro ultimi istanti.
Cercano di dimenticare, nel momento capitale, la propria morte".(script, Emil Cioran). Charles Bukowski, invece in "Taccuino di un vecchio sporcaccione, scriveva: "Rubinetti che
gocciolano, scoregge di passione, pneumatici bucati. Sono tutte cose più tristi
della morte".
Emil Cioran
Fuori
di sé, a rischio di perdere sé stessi. Ebbe a scrivere il magnifico
Emil Cioran, intellettuale rumeno del secolo scorso e tanto altro: "Lo
scrivere, per poco che valga, mi ha aiutato a passare da un anno
all'altro, perché le ossessioni espresse si attenuano e in parte vengono
superate. Sono certo che se non fossi stato un imbrattacarte mi sarei
ucciso da un pezzo. Scrivere è un enorme sollievo. E pubblicare anche". Non più dentro la capsula
protetta e ottusa dello spazio pubblico, d’improvviso dentro uno spazio privato
che annulla le distanze e che spaura. Aulentina tu non vivi per moi.
In realtà, una riflessione che dell’amore finisce per
attraversare tutto lo sconnesso frasario, le figure maggiori e quelle più
frequentate dagli artisti coinvolti secondo un principio, come sempre,
sincretico ed indifferente alla successione cronologica, che procede per
sistematica contaminazione. Figure dell’amore. Danze di congiunzione, tensioni
che reggono le sorti del mondo. O amore o morte, o insieme per sempre o per
sempre disgiunti. Stilemi come quelli della corte amorosa, dall’immaginario
cortese alla tenerezza colta da Ingres (1843), all’ardore di Boucher (1600) ai
Cuori neri di Warhol (1981).
Majakovskij e l'amata Lily Brik
Corpi
d’amore e di sesso perché come scrive Arthur Rimbaud, è nell’altro che
ci si confonde e ci si ritrova, attraverso lo scambio delle
carni, degli umori come degli abbandoni. Baci. Quelli timidi e quelli
voraci,
Klimt e Schiele, Luis Bunuel e Man Ray. Sessi. Ricordi che non possono
più riportare quello che è stato un solo bel tempo.
Sono tutti i percorsi ed i luoghi della
passione amorosa in una sorta di caravanserraglio che lascia, alla fine del
viaggio, esausti e disarticolati. Un po’ smarriti. Non è facile parlare
d’amore, come sanno tutti gli innamorati e non sanno invece chi festeggia san
Valentino, povero cretino pure col codino. Il nostro è un periodo incapace di
decidere tra leggerezza e pesantezza, tra sensazione e passione, tra fuga e
vertigine. Tutto marcato da una vena neoromantica a forte investimento
narrativo, spesso languida come una lingua di bue o inutile, inspiegabile come il successo della “Lettera d’amore” di Cathleen Schine, una libreria tinta di rosa, sulla
costa atlantica degli Stati Uniti. Come vorrei essere tagliente come un eccomi.
Il tuo dramma è il più
importante della Storia
Avete
mai provato la belluina ed eccitante appagamento dei sensi nel
guardarvi in uno specchio dopo innumerevoli notti bianche riempite
d'alcol? Avete mai subìto
la tortura dell'insonnia, quando si avverte ogni istante della notte,
quando
esistete solo voi al mondo, e il vostro dramma diventa il più importante
della
storia, di una storia ormai svuotata di senso, e che neppure più esiste,
giacché sentite levarsi in voi le fiamme più spaventose, e la vostra
esistenza
vi appare come unica e sola in un mondo nato soltanto per portare a
termine la
vostra agonia avete conosciuto questi innumerevoli momenti, infiniti
come la
sofferenza, per vedere poi riflessa, quando vi guardate allo specchio,
l'immagine del
grottesco?
Nonsarebbe
meglioproferire?
Che
succederebbe se lo sguardo umano esprimesse
fedelmente le lacerazioni che s'accusa dentro, se svelasse il supplizio
provato? Riusciremmo ancora a conversare? Non sarebbe meglio proferire,
raccontare, sciogliere i diktat, strombazzare, esprimersi confidandosi
nello sfogo borghese, per sbottonarsi ancora e ancora confidare,
conferire, conversare nascondendoci
il volto con le mani? La vita assumerebbe connotati orribili,
impossibili se le nostre prerogative personali evidenziassero la potenza
della dimensione spirituale. Alcuno ha più la forza, l'integrità morale
di guardarsi allo specchio, perché un'immagine
insieme grottesca e tragica mescolerebbe ai contorni della fisionomia
macchie
di sangue, piaghe sempre aperte e rivoli di lacrime irrefrenabili,
intervallate dal malcostume come la corruzione, il senso carnale di chi
puzza di sesso.
Stendhal o Barthes, ShakespeareoBaudelaire?
Una
bella libraia, divorziata senza
rimpianti e appassionata del suo mestiere. Un variegato ventaglio di
clienti e
commessi. Infine, una lettera d'amore che sbuca fra la posta e i libri.
Un
libro che è più palloso di quelli stucchevoli della triestina Susanna
Tamaro.
Perché metterne alla prova, scagliandola a tentoni, la capacità
speculativa e
l’eredità filosofica di Stendhal, Barthes, Shakespeare e Baudelaire?
Tuttavia mi rimane ancora da capire perché il poeta Mannerini, grande
amico di De André, riuscì a concepire i seguenti versi: "Un ferroviere era quel tale che per morire scelse per Natale.
Da
una finestra, un oblò vetrato, entrò nella Storia del mondo che parla
di fame, sete, morti, gioia e bellezze, non certo di gloria. Ma quando
la sorte è puntigliosa, arriva la morte in forma curiosa che gli
procura, umano aeroplano, un volo notturno da un quarto piano e lo
riduce in quattro e quattr'otto in un mucchio di cenci, di ossa un
fagotto. All'alba non muore soltanto la notte, muore anche l'uomo e il
suo divenire e il sangue caldo che bagna il selciato, è un discorso
appena iniziato.
Pasquale Panella, paroliere di Battisti dopo Mogol
Tiranna
mia tu non vivi per me, ed io impazzisco per te. I fou de love (impazzisco d’amore) appriesse a te (per te). Loviente in core (che ama in cuore) rossiente por ti (ardente per te), vurria vurria
(vorrei, vorrei), ma prima ‘e murì (ma prima di morire), vida d’erotica ambicion (vita di erotica
ambizione). Grande Pasquale Panella, che ci ha reso il miglior Lucio Battisti della storia musicale,
non quello con Mogol, perso fra le gote rosse e canti liberi, ma in chiave di volta con le mani a gesticolare nel vento. Penso che se non ci fosse stato Battisti non ci sarebbe stato Mogol, e viceversa.
Personaggio che non ama di certo i riflettori, evita accuratamente
tutti gli inviti calorosi e di alto "encomio" economico, di tante
trasmissioni televisive che lo vorrebbero nel loro parquè d'ospiti da
intervistare, ma lui è risponde picche a tutti. E' orfico, ermetico, nel
suo caso dadaista, un Brian Eno più raffinato, meno commerciale, un
autore che parla alle note del pentagramma.
Il“dilemma atroce
gaberiano”
Valenze dell’instabilità che governa il mondo secondo un
ritmico principio di alternanza che assicura il divenire per paura di restare
abbandonati. La storia, il racconto, sono fatti selvatici, non si possono
condurre a proprio piacimento. Dimentichiamo allora per un momento l’amore degli enigmi e
degli stereotipi.Una cravatta blu, con strisce bianche. L’onestà e la
coerenza con sé stessi. La fedeltà verso i propri dubbi che, risolti, portano
al senso della vita come nel caso di "Gildo". Chi è?
Il Signor G.. Una colonna della creatività narrativa teatrale. Giorgio
Gaber, in molte sue canzoni eppure,
come le cose più belle e semplici, non sempre era facile capirlo. Poco
male per GG. Prima o poi sarebbe tutto arrivato, sapeva già che era
necessario il passaggio di qualche anno prima che arrivasse il
messaggio.
Eraun grande davvero, solo che le parole sonostateinflazionatee svuotate del loro significato perdendo l'effettoautentico ed originale
Morir jevurria
Quello delle rime e delle metafore eleganti e anche quello
dell’estasi dalle feroci malinconie. La logica di un percorso passionale di una
coppia in pieno “dilemma gaberiano”, spaventata e disillusa, tensione dura e
scintillante come una fune metallica tesa tra due solitudini. Tra due soggetti
spaiati. La loro relazione, è la loro relatività e la passione come qualità
dell’esistere che trasforma il percepire in sentire e perturba il fare di
giorno in giorno morir je vurria (morire io vorrei).
l'unica risposta che mi do a questa mia elucubrazione : fanatismo o amore ? incoscienza . Infatti essa è una storia d'amore e d'incoscienza e di troppo amore verso gli aninmali . Le foto dell'evento ,che trovate sotto ,sono troppo sckoccanti ed non aggiungono niente se non morbosità inutile . Quindi preferisco non riportarli ( chi interessa le trova qui )
Insegue il cane in tangenziale: uccisa. Lo strazio di parenti e amici
Manuela Messori, 30 anni, investita mentre cercava di recuperare l’animale sfuggito, che avrebbe regalato oggi alla figlia
IMODENA. Il cagnolino scappa nel giardino dietro alla monumentale Villa Laura di via Barchetta e, risalite le frasche di un canale, si infila nella tangenziale che scorre proprio di fianco. soccorritori tentano un’iniezione di adrenalina sul posto ma poi decidono di portarla immediatamente al pronto soccorso di Baggiovara,
più attrezzato. In ospedale Manuela è rimasta un’ora tra le cure
disperate dei medici che le hanno praticato il massaggio cardiaco.
Finché, alle 15.30, hanno dovuto constatare il decesso, certificato
un’ora dopo. Manuela era morta in conseguenza di numerosi traumi, in
particolare uno gravissimo alla testa.
Sul posto sono accordi subito parenti e amici, all'ospedale regnava la
disperazione tra l'incredulità generale: "non può essere successo", si
ripetevano. Ai genitori è toccato il riconoscimento.
Manuela lascia una figlia piccola con la quale abitava in via Verne,
una strada di edifici nuovi non lontana dal giardino in cui ha fatto
l’ultima passeggiata con l’amica e il nuovo amico a quattro zampe.
Il magistrato di turno, il pm Lucia De Santis, ha ordinato in serata il trasferimento della salma: le onoranze Gianni Gibellini hanno trasportato il corpo all’istituto di Medicina Legale dove resterà a disposizione per eventuali accertamenti autoptici.
Stando alle prime ricostruzioni della polizia stradale di Modena,
intervenuta subito dopo l’incidente, la tragedia si è consumata verso le
14.20 di ieri in una giornata, la vigilia di Pasqua, che per Manuela
doveva essere tutta di festa: la giovane infatti in mattinata si era
recata al canile municipale per prendere un carico un randagio. Lo
avrebbe regalato a sua figlia. Una vera sorpresa di Pasqua.
Nel primo pomeriggio, assieme all’amica, è andata a far sgambare il cane nel giardino dietro l’ingresso di Villa Laura,
a fargli fare i primi giochi, le prime corse del cane nella sua nuova
zona, lungo i campi. Ma il cane si è avventurato troppo tanto da finire
con un balzo in tangenziale tra le auto che gli arrivavano incontro.
Celeste, la cagnolina scappata alla sua padrona in tangenziale è stata ritrovata
Manuela lo ha visto risalire in fretta le frasche del canalone
separatorio dalla tangenziale e poi più niente. Temendo per la sua
incolumità, lo ha inseguito insieme con l’amica. Quando ha scavalcato il
guard rail, è arrivata una Megane, guidata da un 31enne modenese, che
ha travolto Manuela sbalzandola di alcuni metri e lasciandola a terra
tramortita. Anche se è riuscita a trovare le forze per dare
tempestivamente l’allarme, l’amica è tuttora in stato di choc, così come
il guidatore dell’auto.
Manuela, impiegata nel settore controllo qualità in una ditta in via De Nicola ai Torrazzi,
lascia una bambina piccola. Sul luogo dell’incidente, per i rilievi
previsti dalla legge, ha proceduto la polizia stradale di Modena.
Il cagnolino, una femmina di nome Celeste, è poi stato ritrovato.
Subito è arrivato anche il cordoglio del Canile Intercomunale dove
Manuela aveva adottato il cane poco prima.
ormai la vita reale e quella telematica vanno di pari passo nel bene e nel male . Non aggiungo ulteriore commenti
se non quello che ormai è impossibile ( in .... a ---- che mi aveva rimosso e poi bloccato su fb perchè avevo semplicemente risposto con ironia ad un post scemo e la sua amica l'aveva preso sul serio.e quando gli chiesi il perchè : << non devi confondere vita reale da vita virtuale >> ) distinguere le due realtà perchè :
provate pure a credevi assolti
siete lo stesso coinvolti. (...)
Anche se avete chiuso
anche se allora vi siete assolti
siete lo stesso coinvolti. (...)
E se credete ora
per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti
Tenta il suicidio per amore: i genitori lanciano la notizia su Facebook Il dramma di Premariacco. «Volevamo che esplodesse il caso, che ne parlassero tutti. E sapete perché? Perché tragedie del genere non devono ripetersi». Ma lo psicologo è critico: un segno di solitudine 06 febbraio 2016
Leggi anche Delusione d’amore: beve acido, è gravissima Premariacco: Stephanie Visintini, 19 anni di Orsaria, è in coma in terapia intensiva. Il padre Valter: la nostra famiglia è distrutta, non abbiamo più lacrime
PREMARIACCO. «Volevamo che esplodesse il caso. Che ne parlassero tutti, che la vicenda divenisse di dominio pubblico, collettivo. E sapete perché? Perché tragedie del genere non devono ripetersi. Non deve mai più accadere che una ragazza scelga di togliersi la vita per amore». Il padre di Stephanie, Valter Visintini, motiva così la decisione sua e della propria consorte di consegnare alla piazza virtuale di Facebook un lacerante dramma di famiglia.
«Stephanie Stephy Visintini, mia figlia è in terapia intensiva – così si legge su Facebook –. Vi prego di pregare per lei. Con ieri ho finito di vivere. Lei per amore di quel famoso ragazzo che io non ho mai amato, l’ha lasciata per l’ennesima volta. Lei ha bevuto acido muriatico. Voglio morire. Voglio morire». Un messaggio che ha innescato numerose reazioni.
E in seguito un secondo post della famiglia (che pubblichiamo qui a fianco) ha aggiornato la situazione clinica della ragazza, fornendo preoccupanti dettagli sulle condizioni di salute della ragazza.
I post sul profilo Facebook sono fioccati. Incredulità e sgomento hanno invaso la rete; la voce della disgrazia si è diffusa a macchia d'olio, diventando tristissimo argomento del giorno a Premariacco e nella frazione di Orsaria, dove la famiglia Visintini risiede, ma anche tra gli amici e i conoscenti di Stephanie.
«Era esattamente ciò che desideravamo avvenisse», ribadisce il titolare del panificio-pasticceria del paese.
«E badate – aggiunge il papà della giovane che ora sta lottando nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Udine – : la nostra è una provocazione. Basti dire che io il cellulare lo uso con il contagocce. Sono profondamente convinto che tanti mali della nostra società sgorghino dalle nuove tecnologie, dagli sms, dai social. Viviamo, ormai, immersi in un mondo non reale, parallelo, che falsa le percezioni e i sentimenti... Ho provato a dirlo a Stephany, più volte, ma lei il telefonino non lo mollava un attimo...».
Ma proprio l’utilizzo dei social network, davanti a una tragedia familiare, viene aspramente criticato dal presidente dell’Ordine degli psicologi, Roberto Calvani, che lancia l’allarme. «Facebook e twitter – dice l’esperto senza mezzi termini – vengono usati in maniera sempre più inappropriata anche dagli adulti».
Secondo Calvani è il «segno dei tempi, della mancanza di comunicazione tra genitori e figlio e tutto il mondo che li circonda». È come se il virtuale avesse soppiantato il reale.
«Si preferisce – spiega – affidare i propri sentimenti ai cellulari e al computer, piuttosto che cercare di lavare i panni sporchi in casa, come si diceva una volta. Mancano i rapporti umani. Le famiglie sono sempre più sole».
Quel messaggio di rabbia, quella provocazione viene vista da Calvani come una «mancanza di affetti veri». «Forse, anche chi ha mandato questo messaggio e ha affidato i propri sentimenti a un social network soffre di solitudine. Non ha veri amici con cui confrontarsi».
I social network vengono, quindi visti come uno degli strumenti più pericolosi in mano alle giovani generazioni. «Si sta troppo con il cellulare in mano. È il simbolo di una solitudine interiore. Chi non ha delle vere relazioni sta troppo tempo su Facebook. E dobbiamo cercare dei rimedi per sensibilizzare e superare questo problema». (l.a) (da.vi)
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