Incuriosito , dopo il mezzo flop del film la profezia dell'armadillo , ho voluto dare una seconda possibilità a una trasposizione cinematografica delle opere di Zero calcare .
La serie di Netflix strappare lungo i bordi a differenza del film prima citato mi è piaciuto tantissimo . Essa è una serie molto poetica , auto critica e auto ironica , toccante e delicato nell'affrontare un tema caldo come il suicidio . Una bella l’educazione sentimentale quella espressa in questa serie di di Zerocalcare. Commuove e diverte, educa nel senso migliore: senza eroismi e moralismi pedanti. Leggo che ha grande successo e ne sono contento, perché Strappare lungo i bordi è insieme a Peanuts e aThe Catcher in the Rye (Il giovane Holden di J.D. Salinger, ndr) un racconto terapeutico che fa bene a tutti. Nel suo viaggio individuativo (non c’è bisogno del drago junghiano, basta un treno per Biella), Zero dialoga di continuo con la sua coscienza-armadillo che lo asseconda e lo sfotte, infierisce ma non lo abbandona. È un oggetto interno.
Una scena della serie tv Strappare lungo i bordi di Zerocalcare (su Netflix): Zero è in auto con l’amica d’infanzia Sarah, che compare anche nei suoi fumetti
«Cintura nera de come se schiva la vita», Zero è terrorizzato dai sentimenti, più li prova più li nega. Tutto lo fa sentire in colpa, il peso è enorme, ma si vede che dentro c’è un fuoco, è che lui non sa come accenderlo, sospeso sempre tra l’amore e l’accollo. Abitato da grandiosità segrete come ogni fragile narcisista adolescente, Zero (omen nomen) teme il confronto perché teme il giudizio, perché teme il rifiuto. È infatti sentendoci nani che ci pensiamo giganti, convinti che tutto ruoti intorno alle nostre incertezze. Allora grazie Sarah per la tua storia zen dei fili d’erba. Ora mi chiedo ma davvero come ho già detto precedentemente , qualcuno ha sbroccato per il romanesco di Zero? Li mortacci, non si strappa la lingua all’artista. A proposito, Strappare lungo i bordi parla dell’illusione dei percorsi obbligati, quelli che crediamo ci esonerino dall’ascolto, dall’invenzione di altre tracce, dalla possibilità di cambiare il disegno previsto. Il foglio ha due rischi: si ingiallisce o si lacera. Le linee di confine, border-lines, sono territori psichici sempre interessanti: nel vocabolario clinico segnano il passaggio della personalità verso territori di sofferenza, in quello di Zero e dei suoi amici adorabili separano il terreno della paura da quello della vita. Prevedono cicatrici (mica trasferelli) e si tracciano strada facendo. Il disegno arriva sempre dopo.E' incredibile come si passi dall' ammazzarsi dalle risate alla commozione vera, genuina, in pochi minuti. Uno spaccato generazionale irreverente, esilerante, emozionante ma anche tanto, terribilmente onesto, privo fi inutili paraculate e finti moralismi. Strappare lungo I bordi e' destinato a diventare un cult ... se non lo e' già. , un racconto emozionante e divertente, a tratti crudo, un pugno nello stomaco. Per me comunque un inno alla vita.I diversi strati, dell’interiore e dell’esteriore, del dentro e del fuori, del ricordo e del presente, del dolore e della catarsi, vengono finalmente visti dall’alto e accolti nella loro imperfezione e parzialità . Infatti .... cazz ..... stavo per spoilerare il finale.
La consiglio 1) è una serie che rimane in equilibrio tra il comico e il drammatico. Durante l'intera narrazione si ride in modo intelligente: i personaggi regalano al pubblico delle divertentissime battute che fanno riflettere. Durante gli ultimi (amari) episodi, il sorriso lascia posto alle lacrime
Una coinvolgente altalena di emozioni. 2) Strappare lungo i bordi è una serie che rimane in equilibrio tra il comico e il drammatico. Durante l'intera narrazione si ride in modo intelligente: i personaggi regalano al pubblico lascia posto alle lacrime delle divertentissime battute che fanno riflettere. Durante gli ultimi (amari) episodi, il sorriso
Una coinvolgente altalena di emozioni. 3) Gli spettatori, infatti, si confrontano ( almeno che non la si guardi solo per moda e acriticamente ) costantemente con personaggi totalmente differenti, che rappresentano alcuni degli innumerevoli atteggiamenti e stili di vita dei giovani di oggi:
Zerocalcare: il protagonista della storia è un personaggio fortemente autocritico costretto a confrontarsi con dubbi esistenziali.
Sarah: una ragazza in grado di mantenere sempre la calma. Non intende rinunciare ai propri sogni, nonostante le difficoltà. Affronta anche le situazioni più impegnative in modo razionale.
Secco: è il menefreghista per eccellenza. Non ha obiettivi o sogni nel cassetto. Prende tutto con estrema leggerezza. La sua risposta è sempre e solo una: "S'annamo a pija er gelato?".
Mi trova d'accordo il voler precisare da parte di Zero Calcare che le polemiche attorno al “romanesco”, su cui sono intrise ascissa e ordinata di senso linguistico culturale di Strappare lungo i bordi, non meritano nemmeno di essere ascoltate: “La serie la si può criticare per mille motivi: può essere brutta, può essere che la mia recitazione sia inadeguata. Ma la questione del romanesco è ridicola, non vale nemmeno la pena discuterla. Chiunque sia capace di andare a fare la spesa da solo è in grado di capire Strappare lungo i bordi. Infatti se questa storia non fosse stata in dialetto romanesco avreste perso l'essenza, la quotidianità e il modo di fare di un romano di borgata. Insomma sarebbe stata mediocre e impersonale. E poi Dicevano così anche di Brancaleone, nessuno lo voleva produrre ... Poi hanno girato anche un secondo film.Lo capivano tutti
Quindi le persone che lo criticano solo per questo : 1) possono essere o hanno bisogno di un pretesto per andare sui giornali., 2) poca voglia di sforzarsi a capire una variante dell'italiano ovvero un dialetto . Ora
Strappare lungo i bordi (QUIla nostra recensione) è un avvincente viaggio alla ricerca di sé, di quella consapevolezza necessaria per affrontare una vita priva di libretto di istruzioni, un percorso che ci si illude di poter controllare, magari seguendo una linea pre-tagliata ma che è inevitabilmente soggetto a deragliamenti e lacerazioni.
Nel corso dei suoi sei episodi, micro-film in cui il protagonista Zerosviscera ogni aspetto della sua insofferenza, lo spettatore ha l’occasione di ripercorrere le tappe della propria giovinezza, rielaborando le stesse domande esistenziali del protagonista, un ragazzo introverso e sensibile, poco avvezzo ad entrare in profonda empatia con gli altri per la sola paura di accettare quel lato imprevedibile che – nel bene o nel male – rende la vita un’esperienza degna di essere vissuta, nonostante le inevitabili cicatrici che comporta. ......
potrei continuare a citare l'articolo ma rischierei di spoilerare ( come stavo per fare prima all'inizio del post con il finale ) troppo è rovinarvi l'eventuale visione ., comunque se siete sadici lo oltre gli url citati nelle sue righe trovi qui https://www.cinematographe.it/focus-serie/strappare-lungo-i-bordi-storia-vera/ il resto dell'articolo .Le mie impressioni collimano con il commento lasciato sul promo dellla serie
Serie meravigliosa! Tempi comici perfetti, proprio quando può risultare il tutto troppo serioso c’è una battuta che smorza l’atmosfera e cattura l’attenzione dello spettatore facendolo riflettere sul fatto che anche temi tristi, orribili, possono essere affrontati con un pizzico di leggerezza, e che in fondo tutti siamo fili d’erba in un campo!
per chi come me avesse difficoltata ( alcune le ho capite al volo , dopo 4 serie ed i libri di rocco schiavone ) qui trova un glossario con l'espressioni usate nella serie
Zerocalcare su Strappare lungo i bordi: «Dopo la serie la mia vita è diventata invivibile. La polemica sul romanesco è ridicola»
«La seconda stagione? La mia vita è diventata invivibile, ma se trovo un modo di sopravvivere, la faccio»
Ilaria Ravarino 28 Novembre 2021, 09:20
Zerocalcare su Strappare lungo i bordi: «La polemica sul romanesco della serie è ridicola»
Arriva in ritardo, con il fiatone, l'aria sconvolta: «Ho fatto il chioppo», dice, mimando l'impatto della sua macchina contro qualcos'altro. Ma appena prova a spiegare la dinamica dell'incidente, le persone che l'aspettano per il firmacopie, in libreria, scoppiano in un caloroso applauso. La vita di Michele Rech, 37 anni, fumettista, in arte Zerocalcare, è cambiata nel giro di una settimana. La sua serie tv, Strappare lungo i bordi, è la più vista su Netflix. Il suo ultimo libro a fumetti, Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia (raccolta di storie uscite sui giornali e un inedito sul dietro le quinte della serie), provoca file bibliche in libreria. E le etichette si sprecano: simbolo di una generazione, bandiera degli oppressi, alfiere della romanità, ultimo intellettuale d'Italia. «È andata oggettivamente super bene dice lui - ma non me la sto vivendo benissimo. Conto che sbollisca. Lo spero». Si stupisce di avere successo in tutta Italia?«No, ho sempre avuto pubblico anche fuori dalla mia città. Non così ampio, ovviamente».
Zerocalcare, la forza di un dialetto che smonta le nevrosi
È stato criticato per la scelta del romanesco. Pentito?
«La serie la si può criticare per mille motivi: può essere brutta, può essere che la mia recitazione sia inadeguata. Ma la questione del romanesco è ridicola, non vale nemmeno la pena discuterla. Chiunque sia capace di andare a fare la spesa da solo è in grado di capire Strappare lungo i bordi. Le altre persone o sono in malafede, o hanno bisogno di un pretesto per andare sui giornali».
La cultura italiana è romanocentrica?
«Mi pare evidente che in giro ci siano mille cose diverse in mille dialetti. Qualcuno è meno rappresentato degli altri? Mi dispiace. Ma veramente quello del romanocentrismo è un dibattito che sta fuori dal mondo. Alla gente normale non frega nulla».
Si sente, come è stato definito, l'ultimo intellettuale d'Italia?
«Non è un titolo di cui mi vanto e non mi ci riconosco assolutamente. Appena l'ho saputo ho pensato: mo' mi rovinano. E infatti sono arrivati gli haters».
Dicono che guadagna come Chiara Ferragni: è vero?
«Spero per lei di no. Ho un tenore di vita che mi va bene. Se anche guadagnassi cento volte di più, quei soldi non saprei come spenderli».
Dai centri sociali a Netflix: il capitalismo ha vinto?
«In una società capitalista il capitalismo vince sempre. Io cerco di rimanere onesto con le persone, di essere coerente. Non rinuncio, pur di ottenere un pubblico più ampio, alla radicalità dei contenuti o al supporto delle cause che sostengo. Ma insomma: questo è il mio lavoro, non è la mia missione. Né ho mai pensato che il mio lavoro fosse trovare la soluzione al capitalismo».
«"Strappare lungo i bordi" troppo romanesco», Zerocalcare risponde alle polemiche sulla serie cult. «Come ve va de ingarellavve...»
C'è chi ha notato che vive in periferia, ma ha frequentato una costosa scuola francese. Le dà fastidio?
«Da quando ho due mesi abito a Rebibbia. Sono francese e quindi ho fatto la scuola francese. Rebibbia poi non è il ghetto. E io non mi sono mai dipinto come uno del ghetto. Non vedo perché mi debba giustificare».
Mattia Torre (uno degli autori di Boris, ndr) ha raccontato prima di lei la stessa generazione. È un modello?
«Sì, ma inarrivabile. Mattia Torre per me ha fatto le cose più belle prodotte in Italia negli ultimi trent'anni. Non oso accostarmici, le sue cose per me sono un modello assoluto. Quanto a me, credo che le persone che si riconoscono nei miei fumetti siano quelle più impicciate. I miei personaggi parlano poco alle persone risolte. Evidentemente la nostra è una generazione impicciata».
Ora la leggono anche i bambini: che ne pensa?
«Che è buffo. Mi chiedo cosa gli arrivi. Alcuni temi sono molto adulti. Però è vero che quel senso di ansia rispetto al deludere la maestra di cui parlo nella serie io stesso l'ho provato da bambino. E avrei voluto che qualcuno mi dicesse di non preoccuparmi, che se si va male a scuola non si spezza il cuore dell'insegnante».
Il prossimo fumetto?
«Esce tra maggio e giugno, e racconterò del mio viaggio in Iraq. Sicuramente un tema che mi interessa di più della polemica sul romanesco».
La seconda stagione della serie si fa?
«Da quando è uscita la serie la mia vita è diventata cosi invivibile che o trovo una centratura, oppure non mi va di stare ingolfato in mezzo alle polemiche. Non c'è niente al mondo che mi costringa a farlo. Sta a me. Ma se trovo un modo di sopravvivere, la faccio».
Lo capisco ma sarebbe un peccato , non solo per chi non lo conosce ancora bene , che zero calcare lasci una cosa incompleta , infatti mancano ancora le vicende di " cinghiale " uno dei protagonisti delle sue storie .
il romanesco è sulla bocca di tutti. Dagli stornelli al teatro di strada sino alla commedia all'italiana, nelle serie tv sempre sul crinale fra serio e faceto, il dialetto romano è capace di stupire e stordire il pubblico, altissimo o greve, partendo dal popolo ma capace di pungere tutti. Ma allo stesso tempo d'infastidire , forse per la pronuncia . Caratteristiche che lo rendono anche inviso ai puristi, come dimostra la polemica nata sull'onda del grande successo riscosso da Strappare lungo i bordi, la prima serie tv creata dal disegnatore Zerocalcare, in streaming su Netflix. C'è davvero chi avrebbe voluto che Michele Rech - in arte Zerocalcare (Arezzo, 1983) usasse l'italiano corrente per raccontare il mondo attorno a Rebibbia, cogliendo la società dei 30-40 enni e le sue disillusioni. Invece, Strappare lungo i bordi, composta di sei puntate da venti minuti, è un omaggio all'essenza capitolina e mentre la polemica sull'eccessivo uso del dialetto montava sui social, il disegnatore entrava a gamba tesa, twittando,
gettando altra benzina sul fuoco.
See non l' avesse fatta con l' accento romano non sarebbe stata la stessa cosa, e come se la serie Gomorra fosse solo in Italiano «A ben vedere racconta il linguista Luca Serianni la forza di questa parlata è proprio la sua potenza dirompente, il gusto della battuta, la capacità di non prendersi e non prendere mai nulla troppo sul serio, scrollandosi dalle spalle il mondo intero con una smorfia». E mentre il web si schiera ma l'appoggio per Zerocalcare è pressoché univoco in città si terrà Roma, un nome, più lingue, il terzo incontro della rassegna Conversazioni romane ( svoltatosi veneri scorso a Palazzo Firenze, in collaborazione con la Società Dante Alighieri e la Fondazione Marco Besso) in cui proprio Serianni, autore del saggio Le mille lingue di Roma (Castelvecchi), ripercorrerà le fasi più salienti del plurilinguismo romano, dall'antichità ai giorni nostri.
Ecco che quindi Netflix incassa un altro grande successo dopo Squid Game (in questo stranamente caso nessuno si era lamentato che fosse in coreano, senza doppiaggio ), il nuovo albo di Zerocalcare - Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia, edito da Bao Publishing - è già in classifica, sempre con largo uso di romanesco, sfoderando un'ironia abrasiva, una certa vena di cattiveria che corre accanto al riso - ora omaggiando ora smontando il sacro - come Sordi ne Il Marchese del Grillo. Un'universalità che ritroviamo solo nel napoletano di Troisi e nel siciliano di Camilleri. «Il romano è mattatore precisa Serianni quella lingua cade sulle sue fattezze, talvolta rozza e volgare ma sempre capace di indurre al gioco, allo scherzo, lasciando affiorare con forza un elemento dissacrante che infine si rivela liberatorio». Piaccia
o meno, il romanesco ha una sua carica esplosiva ma proprio la sua forza può risultare un limite? Edoardo Albinati, scrittore romano e vincitore del Premio Strega con La scuola cattolica (trasposto al cinema, diretto da Stefano Mordini e vietato ai minori di 18 anni) non ha dubbi: «Per Zerocalcare era inevitabile l'uso del romanesco. E non mi riferisco al racconto di Rebibbia, piuttosto alla sua capacità di cogliere quella nevrosi umoristica, arrabbiata e urticante».
mi fermo qui altrimenti rischio d'essere troppo prolisso e di alimentare ulteriormente polemiche già di per sè sterili e di fare spoiler . buona visione
Fra Montaguto, paese irpino di 400 abitanti, e Toronto è nato il primo, almeno che io sappia, telegiornale bilingue che fa (quasi del tutto) a meno della lingua italiana: gli anchormen parlano dialetto irpino e inglese. Può sembrarvi una bizzarrìa, ma nel grande capitolo del “chi va, chi torna, chi resta” il canale on line www.montaguto.com si propone il nobile compito di tenere in contatto la comunità montagutese emigrata molti decenni fa negli Stati Uniti e in Canada e i quattrocento rimasti, e nel frattempo nati o tornati.L’inglese, lingua madre degli irpini di seconda o terza generazione nati in America del Nord, traduce i messaggi in dialetto, e viceversa. Bisnonni e pronipoti comunicano sul web. La vecchia Adelina manda tanti cari saluti da oltreoceano ai paesani, i paesani raccontano agli emigrati i fatti di casa. “Vogliamo mettere, anzi rimettere in contatto gli irpini a distanza”, mi dice Michele Pilla, direttore del giornale on line.Scrive. “In questo piccolo borgo in provincia di Avellino abbiamo sentito il bisogno di raccogliere le testimonianze dei nostri vecchi, di far parlare il paese con chi se ne è andato tanti anni fa, con chi è cresciuto senza mai tornare. Le loro radici e le nostre si intrecciano anche se un oceano le separa”. “’Cerase cerase… ognuno a la casa’”, va in onda sulla nostra pagina web: insieme a me ci lavorano Francesco Mascolo e l’anchorman Domenico Del Core, da Toronto. Del Core legge le notizie in inglese per tutti i montagutesi che vivono all’estero e non capiscono il dialetto. Così poco a poco lo ritrovano, tornano ad impararlo. Quasi tutti lo hanno sentito in casa dai nonni emigrati, poi lo hanno perduto. D’altra parte anche a chi vive a Montaguto è utile imparare meglio l’inglese, o impararlo daccapo, per comunicare coi congiunti lontani. Videomessaggi, saluti, notizie domestiche e un tg”.Le rubriche s’intitolano “Lu paès”, “Lu tiemp”, “Andò stim”. C’è una fondamentale sezione necrologi. In “Montagutesi abroad” si apprendono notizie di paesani a Boston e si recuperano ritagli di giornale che celebrano la vita e le opere di chi è partito e ha fatto anche solo relativa fortuna. Dal paese partono informazioni sullo stato delle strade (“ci stann certe fuosse che ponno scassà le ruote”), la situazione dei funghi e dei cinghiali. Il pezzo forte è il tg, vale la pena andarlo a cercare su Youtube. Non ha frequenza regolarissima, l’ultimo è di aprile di quest’anno, ma il sito e Facebook sono aggiornati. “In inglese e dialetto diamo notizie di attualità, rubriche di approfondimento, videoselfie, vecchie foto del paese, passeggiate tra i vicoli di Montaguto e la voce dei tanti montagutesi sparsi per il mondo con saluti audio e video”.Un vecchio saluta col detto “Omme se nasce, brigante se more”, sempre attuale. Alla fine resta la strana sensazione di un mondo sospeso fra un tempo remoto e un presente lontano, ma l’Italia dei paesi è tutta così. Ovunque ci sono Montaguto abitate da chi è rimasto, coi pronipoti che tornano a riaprire le case di campo dei nonni e farne, se possono, un resort. Ovunque, dall’Irpinia al Veneto, le comunità divise dall’emigrazione del secolo scorso (e di questo) si rimpiangono, si cercano, si tramandano raccomandazioni. E’ anche un modo per capire meglio, a partire dalle nostre, le migrazioni degli altri.
Storie di emigrazione: dagli Usa a Belluno in cerca delle radici
Il viaggio di Christine Cannella, signora americana di origini pontalpine, è partito da un cucchiaino
di Martina Reolon
BELLUNO. Si dice che in ogni racconto, insieme agli altri componenti che ne costituiscono l’ossatura, ci sia sempre un "oggetto magico", ossia quell’elemento che permette al protagonista di tirare le fila e raggiungere l’obiettivo che si è prefissato. Quella di cui parleremo, anziché un racconto o una fiaba, è una storia vera, ma vede comunque la presenza di un oggetto magico, in questo caso un cucchiaino d’argento con impresse decorazioni floreali e la sigla “MB”. Ma per capire bene il ruolo che ha rivestito questo manufatto bisogna partire dall’inizio, raccontando la storia di Christine Cannella Carrara, che da sempre vive negli Stati Uniti, ma le cui origini sono bellunesi, precisamente pontalpine.
Sin da quando era bambina Christine ha nutrito un desiderio: riscoprire le proprie radici. Un sogno che ha realizzato in questi giorni, riuscendo ad arrivare per la prima volta, insieme al marito Marty Carrara, in provincia di Belluno.Martedì, accompagnata dalla guida turistica Paola Bortot, è stata prima all'Archivio storico di Belluno e poi in parrocchia a Cadola. Nel pomeriggio ha visitato il Mim, Museo interattivo delle migrazioni dell'Abm. E lì l’abbiamo intervistata. «Mia nonna, Virginia Bridda, nacque il 29 settembre 1900 a Roncan. Suo papà si chiamava Giovanni», racconta Christine, che non parla italiano, in quanto, come spiega, era considerata dai suoi avi la "lingua degli adulti".
«Mio nonno, Antonio Viel, era nato invece il 9 dicembre 1891 a Quantin, da Luigi e Maria Luigia Viel». Antonio emigrò in Florida il 28 maggio del 1909, a 17 anni. Poi si spostò a Cresson, in Pennsylvania, dove andò a lavorare in una miniera di carbone. «Mia nonna inizialmente rimase a Ponte nelle Alpi», dice ancora Christine. «Dalle ricerche fatte in parrocchia a Cadola ho trovato il certificato di battesimo di mio nonno e quello di matrimonio con Virginia: si sposarono il 14 febbraio del 1920, proprio a Cadola. Il 28 dicembre dello stesso anno nasceva il loro primo figlio, Luigi Giovanni».Nel 1930 Antonio si spostò a Edison, in New Jersey, dove iniziò a lavorare per la Johnson & Johnson e stabilì lì la sua famiglia. «Antonio e Virginia misero poi in piedi un locale, "Viel's Tavern"», continua Christine. «Dopo la morte del nonno, mia nonna, che ho sempre chiamato "Nonni", continuò l'attività. Con lei anche mio padre e mia madre, Carmen Charles Cannella e Maria Eliza Viel, e mia zia Florence Emma. Personalmente ero molto attaccata a nonna Virginia e il mio compito da bambina era preparare i tavoli. Un giorno ho trovato un cucchiaino d’argento. Per me era bellissimo e ho chiesto alla nonna di chi fosse: mi rispose che apparteneva a sua madre. Anni dopo scoprii che le iniziali "MB" erano quelle della mia bisnonna, Maria Antonia Bortot. Quel cucchiaino per me fu come un mistero, una favola, la "scarpina di Cenerentola". Ed è proprio in quel momento che è iniziato il mio sogno di scoprire le origini della mia famiglia».
Un desiderio che è cresciuto nel tempo e che si è concretizzato due anni fa quando, tramite i social network, Christine ha contattato Nick Simcock, volto noto a Belluno, chiedendogli aiuto: «Gli ho scritto dicendogli che mi ponevo l'obiettivo di realizzare il mio sogno per il mio sessantesimo compleanno». Compleanno che "cade" proprio quest'anno e Christine e si è fatta questo grande regalo: arrivare a Belluno. «L’emozione che sto provando è indescrivibile», mette in risalto. «Per me è un miracolo che si realizza». Ieri pomeriggio il suo viaggio ha visto come tappa Quantin, con la visita al cimitero, dove è ancora sepolto il bisnonno Luigi. «Tra l’altro, quello che fino a poco tempo fa era l’orologio del campanile di Quantin era stato donato da mia nonna alla morte del marito», ricorda Christine. «Allora aveva commissionato alla una ditta di Cadola di realizzare e installare quest’orologio». Ieri Christine e il marito Marty hanno incontrato il parroco, don Giorgio Aresi, che per l’occasione ha anche celebrato una messa, seguita da un rinfresco alla vecchia latteria delpaese.
l video spot per il prossimo Sardegna Pride 2013 impazza sul web. Ai Giardini Pubblici di Cagliari va di scena l'ironia per combattere l'omofobia.
Bellissimo!! Così si deve sdrammatizzare, esorcizzare, metabolizzare ed accettare l'amore gay e smetterla di chiamare "diversi" coloro che scelgono di vivere le loro storie con una persona dello stesso sesso. Anche questa è libertà .
La campagna pubblicitaria per il Sardegna Pride è iniziata e sul web gira in maniera virale un video spot
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ispirato dalla campagna anti omofobia Ilga Portogallo.
Nel video compaiono due vecchiette, la cantante Rossella Faa, madrina del Pride Sardegna, e "signora Lidia", che sedute a sferruzzare ai giardini pubblici, incontrano due ragazzi che camminano mano nella mano. Pronto il commento delle due signore: "Ta dannu... no pari berusu... ita dàra nai sa mamma?". Seguito poi da una seconda esclamazione: "a maniche corte con il freddo che fa".Insomma l'ironia per combattere i pregiudizi.
UN FERMO IMMAGINE DEL VIDEO
Ora molti nei commenti ( hegalamaysight) al video su youtube si sono meravigliati perchè :<< peccato per l'assenza dei sottotitoli in sardo; scrivere il sardo lo nobilita; senza sottotitoli sembra solo un dialetto.>> ai più quando invece il sardo è una lingua a tutti gli effetti e qui si usa il cagliaritano una delle tanti varianti ( il logudorese ,il nuorese \ barbaricino il gallurese \ sardo corso , il sassarese ) << Per chi fosse curioso di sapere come va scritta la parte in sardo, ecco qui (ometto le vocali paragogiche e il raddoppiamento sintattico):
--ta dannu, castia a custu' dus. --no parit berus, ta dannu! --it at a a nai sa mama? in maniga crutza cun su frius ki nc'est. --po caridadi! --ta làstima!
>>
Ma sempre nei commenti c'è lapidaria la risposta degli autori del canale e del video ( CastedduVideo ) << in realtà abbiamo scelto di non sottotitolare in Sardo proprio per dargli più importanza. Se guardi un film in italiano e sei italiano non metti i sottotitoli, cosi come nel caso di un francese che guarda uno spot in francese e via dicendo...un Sardo che ascolta uno spot in lingua sarda non dovrebbe avere bisogno di sottotitoli..ma visto che a scuola non insegnano la nostra lingua >> ( o la insegnano a ...... sarebbe troppo lungo e da piegare qui , ma mi prometto di farlo in un prossimo post ) << forse hai ragione anche tu. grazie ancora . a si biri >>