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11.9.25

11 settembre 2001 una giornata particolare di 24 anni fa che sconvolse il mondo e di cui paghiamo le conseguenze

canzoni suggerite

11 settembre 2001, New York. Una data, un luogo e una tragedia che nessuno può scordare. Lo spartiacque tra vecchio e nuovo millennio. Un evento di portata talmente grande che tutti ricordano dove erano e che cosa stavano facendo quando sono venuti a conoscenza della notizia dell’attentato alle Twin Towers a New York. Di quell’impensabile giorno in cui due aerei si sono infilati in due grattacieli. Di quando la più sfrenata fantasia è uscita dai kolossal hollywoodiani a tema catastrofico-terroristico ed è tragicamente entrata nell’immaginario del pianeta Terra come una incredibile realtà. Quanto accaduto quel giorno ha influito in profondità sulla struttura sociale che, almeno a occidente, si era costruita. Ha colpito tutti nell’intimo  ......  Continua a leggere su Rockol https://bit.ly/32iG2I2

Infatti  ogni anno   quando s'avvicina  l'11  settembre  ,  è sempre  più difficile  parlare, nonostante  sia  passati  24   anni  ,   degli eventi  del  11  settembre  2001     senza  scadere  in  discorsi   retorici , melensi ,  nostagici ,  di  parte  ,  complottisti  . L'unca cos    che  riesco a   dire e  scrivere   è  che  tali eventi  furono    ( e  lo sono  ancora   )  una  giornata  particolare   che  ha  cambiato   (  e    ne  vediamo  ancora  oggi  le  conseguenze  )  la storia  . E'   avvenuta  , dopo  10 anni di   calma  \  pausa  ,   cioè  la fine della  giuerra  fredda  un accellerazione   di  evanti     che  non  si sa  ancora   dove ci porterà . Un evento 
spartiacque nella storia contemporanea . Infatti : << L’11 settembre 2001 è una delle date più significative della storia contemporanea. Quella mattina, gli Stati Uniti furono colpiti da una serie di attacchi terroristici coordinati che avrebbero inciso profondamente non solo sulla politica americana, ma anche sugli equilibri globali, dando inizio a una nuova fase storica.>>  ( da  11 settembre 2001: il giorno in cui il mondo cambiò   di DIRE.it ) E quindi meglio il silenzio . Ma ecco che stavo per chiudere questo post quando ho trovato sui social tre storie che trovate sotto


L’ALBERO CHE NON VOLLE MORIRE  (11 SETTEMBRE 2001 - VOLUME 4)

La mattina che a Downtown New York venne giù tutto, esattamente ventitré anni fa, ci fu una vita che continuò a resistere.La mattina che crollarono i due grattacieli più alti della città, con quasi tremila persone dentro, che crollarono gli edifici circostanti, che bruciò tutto quanto c’era intorno, che si aprì una voragine nel suolo profonda oltre venti metri, la mattina in cui crollarono le nostre stesse sicurezze, e il concetto di libertà non fu mai più quello di prima, ci fu una vita che continuò a resistere.La mattina dell’11 settembre 2001, mentre era morte, terrore e distruzione ovunque, ci fu un albero di pero, proprio sotto alle Torri Gemelle, che prese fuoco come tutti gli altri, ma che alla fine si salvò. Si salvò ed è arrivato sino a noi, e oggi è il simbolo più straordinario, mirabile, incredibile e miracoloso di quella tragedia e di tutto quello che c’è stato dopo, di tutto quello che c’è e che ci potrà essere dopo.
Vennero giù la Torre Sud e poi la Torre Nord, a pochi minuti l’una dall’altra. Vennero giù e trascinarono oltre alle vite umane anche migliaia di tonnellate di cemento, di acciaio, di cristallo, di arredi, di mobilia, di oggetti di ogni tipo. Un’immensa onda nera travolse New York, l’aria fu irrespirabile per settimane, ogni parvenza di vita umana rimase cancellata, eradicata, disintegrata, per decine di isolati.Ogni albero della zona, ogni singolo arbusto venne distrutto, mangiato senza pietà dalle fiamme. Rimase vivo solo un ramo, un solo ramo, un unico ramo di quell’albero di pero che stava proprio sotto alle Torri Gemelle. Era messo malissimo: carbonizzato nel tronco, nelle radici, in tutti gli altri rami sino alla punta. Ma ce n’era uno soltanto, che era rimasto vivo.Se ne accorsero, un mese dopo la tragedia, gli uomini dell’FDNY, il Fire Department of New York, i pompieri eroi dell’11 settembre. Se ne accorsero, che pulsava ancora un briciolo di vita, in mezzo a tutta quella morte, in mezzo a tutta quella puzza di bruciato, di marcio, di putrido, in mezzo alle fredde vestigia di quell’immane tragedia.Se ne accorsero e chiamarono dei botanici: presero visione del pero di Ground Zero e dissero che sì, che era ancora vivo, che non ci si poteva minimamente spiegare come, ma il pero era ancora vivo. Solo che bisognava portarlo via di lì, bisognava metterlo in salvo, bisognava trapiantarlo altrove, nella speranza che potesse guarire.Il pero che stava proprio sotto alle Torri Gemelle venne eradicato e poi ripiantato, nel novembre del 2001, al Van Cortland Park, nel Bronx. Fu questo il suo ‘ospedale’ per nove lunghissimi anni. Nove anni nei quali ci si è presi cura di lui, lo si è visto diventare più forte, giorno dopo giorno, lo si è visto riprendere vigore, riacquistare la corteccia, le foglie, il suo magnifico colore.Poi, la mattina del 22 dicembre del 2010, il pero che stava proprio sotto alle Torri Gemelle è tornato a casa sua, dov’era stato sin dalle sue origini. Proprio sotto al nuovissimo One Wtc. Lo hanno chiamato “Survivor Tree”, e il motivo è facilissimo da capire. Lo hanno chiamato così e quel pero scampato all’11 settembre (e non si saprà mai come) è diventato l’albero più famoso di New York, ma anche il simbolo della vita che riparte, della città che resiste, della pagina che andava comunque svoltata.Chissà che destino, si portava e si porta dentro, quell’albero di pero. Non doveva morire l’11 settembre, non voleva morire l’11 settembre di ventitré anni fa. Non volle morire neppure tredici anni fa, quando fu seriamente compromesso dall’uragano Irene.Oggi è circondato da un recinto, è diventato alto trenta metri dai dieci metri che era nel 2001, ha le radici che devono ancora attecchire perfettamente, ma lo sapete qual è l’aspetto più eccezionale? È che il “Survivor Tree” è l’unico albero della piazza a fare i fiori: dei fiori stupendi, bianchissimi, profumatissimi. Provateci, a passare di fronte a questo prodigio della natura, e a non commuovervi.Io penso che non ci riuscirete.Chiunque ha un cuore, non ci potrà riuscire. Quando passerete da questo luogo, andate di fronte al “Survivor Tree”: ogni singolo fiore di quel pero è una vita umana che ci dice di essere solamente passata dall’altra parte, e chissà che tutte, tutte insieme, non siano proprio ancora qui, dentro a quest’albero.A tenerci compagnia per l’eternità.

Mi ricordo il post, il cui video citato in molti mieri post sul 11 settembre , contenuto in film collettivo 11′09"01 11 settembre - Wikipedia se volete vederlo o rivederlo lo trovate qui , di Sean Penn

Un anziano trascorre la sua vita da solo in un appartamento oscurato dalle Torri Gemelle. L'uomo vedovo sfoga la sua solitudine parlando con la sua defunta moglie come se fosse ancora viva e coltivando il suo vaso di fiori, appassito dalla mancanza di luce. Il crollo delle Torri permette finalmente alla luce di inondare l'appartamento e rivitalizza improvvisamente i fiori. L'anziano, felice per l'accaduto, cerca di mostrare il vaso alla moglie, ma la luce rivela l'illusione in cui viveva fino a quel momento. Tra le lacrime, si rammarica che sua moglie non sia lì per vedere finalmente il vaso rifiorire.


...


non ricordo l'autore di facebook

Un anno dopo la tragedia dell’11 settembre 2001, su un giornale americano apparve un piccolo biglietto.
Non era gridato né drammatico, ma semplice… e indimenticabile.
Diceva così:
“Potresti aver sentito parlare dell’amministratore delegato sopravvissuto perché quel giorno toccava a lui portare il figlio all’asilo.
Un altro uomo si è salvato perché era il suo turno di prendere le ciambelle.
Una donna è arrivata in ritardo perché la sveglia non ha suonato.
Qualcuno è rimasto imbottigliato nel traffico del New Jersey.
Un altro ha perso l’autobus.
Qualcuno si è macchiato la camicia di caffè ed è dovuto tornare a cambiarsi.
La macchina di uno non partiva.
Un altro ha risposto a una telefonata di troppo.
Un bambino ha impiegato più tempo a vestirsi.
E qualcuno, semplicemente, non riusciva a trovare un taxi.
Ma la storia che mi ha colpito di più è quella di un uomo sopravvissuto… perché indossava scarpe nuove.Gli provocarono una vescica, così si fermò in farmacia a comprare una benda.
E per questo è vivo.”
Da allora, ogni volta che resto bloccato nel traffico, perdo l’ascensore, devo tornare indietro a prendere le chiavi o rispondo a una chiamata all’ultimo momento… mi fermo a pensare:
Forse sono esattamente dove dovrei essere.Forse quel ritardo è una protezione che non conoscerò mai.Così, la prossima volta che la tua mattina sembra “storta”—i bambini sono lenti, non trovi le chiavi, o ti fermi a ogni semaforo rosso—non stressarti, non arrabbiarti.  Forse… solo forse… Dio ti sta proteggendo in silenzio, in modi che ancora non puoi vedere.

.......
L’11 settembre 2001, mentre il mondo cambiava per sempre, un eroe camminava su quattro zampe.Michael Hingson era al lavoro, al 78° piano della Torre Nord del World Trade Center. Cieco dalla nascita, non poteva vedere le fiamme che divoravano l’edificio, né i detriti che piovevano giù come piombo dal cielo. Ma sentiva…Sentiva la terra tremare sotto i piedi.Sentiva l’aria diventare pesante.Sentiva la paura, quella cruda, che ti stringe il cuore e paralizza il corpo.Accanto a lui c’era Roselle, la sua cagna guida.Si era appena svegliata da un pisolino. Nessun panico. Nessuna esitazione. Solo calma. Silenziosa, ferma, pronta.In mezzo al caos, quello sguardo tranquillo fu tutto ciò di cui Michael aveva bisogno per credere che ce l’avrebbero fatta.E così, con Roselle a guidarlo, iniziò la lunga discesa.1.463 gradini.Uno dopo l’altro.Tra urla, fumo, sangue, panico.Mentre il grattacielo tremava e ogni secondo sembrava
l’ultimo.Un collega si bloccò, con la disperazione negli occhi.“Non possiamo farcela,” sussurrò.Michael si voltò, stringendo forte il guinzaglio.“Se io e Roselle possiamo scendere, puoi farlo anche tu. Perché lei non si è mai fermata.”Passarono accanto a vigili del fuoco che salivano verso l’inferno, consapevoli che molti non sarebbero mai tornati.Ma Roselle non si fermò. Non esitò. Non indietreggiò mai.Pochi minuti dopo, raggiunsero l’atrio. E poi l’esterno.Un mondo completamente trasformato: buio, fumo, macerie.Per la prima volta, tutti erano ciechi.Ma Michael no. Lui ci era abituato. Sapeva muoversi dove gli occhi non servono, dove contano solo l’ascolto, l’istinto, il legame.Guidato da Roselle tra polvere e distruzione, arrivò a un punto in cui lei si fermò di colpo. Aveva sentito qualcosa.Una scalinata.Una via d’uscita.La salvezza.Quel giorno, Roselle salvò la vita del suo umano.Non con la forza. Non con il rumore.Ma con la calma, la fiducia e l’amore incondizionato che solo un cane può offrire.Eppure, ancora oggi, c’è chi si chiede se gli animali provino emozioni.Chi non riesce a vedere l’anima che si nasconde in quegli occhi silenziosi.Ma Michael sa. E Roselle sapeva.E questa storia lo urla, in mezzo a un mondo che troppo spesso non ascolta. #fblifestyle


con questo è tutto . Per tutti coloro vecchi o nuovi fossero interessati a vedere come ho trattato \ affrontato tale evento dal lontano 2004 ( cioè da quando ho messo su il blog prima in splinder e poi in blogger ) può consultare nelle etichette o nel motore di ricerca del mio nostro blog la voce 11 settembre o 11 settembre 2001

2.5.24

Dopo 55 anni identificata la “Jane Doe” di Midtown grazie al dna di una vittima del 9/11/2001: la ragazza era stata brutalmente uccisa ., e altre storie doi viaggi nel tempo

 repubblica  02 MAGGIO 2024 ALLE 09:46


di Massimo Basile

Patricia Kathleen McGlone aveva 16 anni ed era scomparsa nel 1969. Riconosciuta dopo 50 anni grazie ai test genetici su una vittima dell’11 settembre


New York - La Jane Doe di Midtown ha finalmente un nome, a più di vent’anni dal ritrovamento dello scheletro, nascosto sotto un pavimento di un edificio a Manhattan: si chiamava Patricia Kathleen McGlone, era una ragazza di 16 anni scomparsa nel 1969 e di cui nessuno aveva saputo più niente. Il corpo, in posizione fetale, legato con un filo elettrico, era stato trovato nel 2003 dagli operai di una ditta di costruzione, che stavano demolendo un pavimento in vista dell’abbattimento di tutto l’edificio.Quello era stato il momento in cui era nata la storia di Jane Doe, l’equivalente di “signora Bianchi”, la sconosciuta vittima di un crimine. Per darle un’identità è stata decisiva la prova del dna su una delle vittime dell’attacco terroristico alle Torri gemelle, l’11 settembre del 2001. I dati genetici sono combaciati e il quadro investigativo si è chiuso. A risolvere parte di questo "cold case" durato 55 anni è stato il detective Ryan Glas, del dipartimento della polizia di New York.
È una storia comprensibile solo rimandando all’indietro il nastro. Ventuno anni fa gli operai stavano prendendo a martellate un pavimento di un vecchio edificio in demolizione, quando a un certo punto era rotolata la parte superiore di un cranio. I muratori avevano trovato il resto dello scheletro di quella che era apparsa subito una giovane donna. Il corpo era stato avvolto in un tappeto e immerso nel cemento. L’autopsia aveva stabilito che la ragazza era stata strangolata. Uniche indicazioni sulla possibile identità: un anello d’oro con incise le iniziali “PMCG”, una moneta da dieci centesimi del 1969 e un soldatino giocattolo di colore verde.
La vittima era stata soprannominata “Midtown Jane Doe”, la signora Bianchi di Midtown, la zona centrale di Manhattan, dove era l’edificio, nella zona di Hell’s Kitchen. Tra il 1964 e il ’69 la palazzina era un popolare nightclub chiamato Steve Paul’s The Scene, dove si erano esibiti molti gruppi rock, i Doors e Jimi Hendrix. Per quattordici anni quel corpo era rimasto senza nome, fino a quando il caso non era stato riaperto nel 2017, grazie ai progressi nella tecnica del dna. Jane Doe aveva ripreso il suo vero nome: Patricia McGlone. Era nata nell’aprile del 1953, ma poiché i suoi genitori erano morti e lei non aveva fratelli o sorelle, era stato necessario fare ricerche per trovare altri parenti, da cui prelevare il dna per la comparazione e la conferma definitiva.
Il figlio di un cugino della vittima aveva raccontato al detective Glas che la madre, ormai scomparsa, si era sottoposta a un tampone dna per accertare se i resti di una donna morta nel crollo delle Torri gemelle fosse stata la sorella. Il raffronto dei dati ha confermato l’identità di Patricia, studentessa in un istituto cattolico, descritta come una che scappava spesso da scuola e viveva sempre sul filo, fino a quando non aveva trovato chi aveva messo fine alla sua vita. La polizia non ha trovato denunce riguardo la sua scomparsa, avvenuta cinquantacinque anni fa. Come fosse finita nelle mani di uno, o più criminali, è qualcosa che probabilmente non sapremo mai.


......

 nuova sardegna  30\4\2024

Il viaggio nei segreti dei nostri avi con l’albero genealogico sardo

di Luigi Soriga

La pagina Facebook fondata da due amiche di Capoterra: Elisa Melis e Valentina Vincis




Sassari Arrampicarsi indietro nei secoli, ramo dopo ramo, sull’albero del proprio passato. E provare a risalire sempre più indietro, partendo dal racconto di un nonno, per riesumare poi dentro le pagine impolverate che profumano di carta consuta, i misteri della propria famiglia. Insomma, scoprire quanti incroci, quante infinite casualità, quanti capricci del destino ci sono voluti per venire al mondo, ed essere l’ultima foglia.
Elisa Melis, 29 anni, ingegnera di Capoterra, è rimasta affascinata dalla genealogia, così per caso: «Mia nonna paterna ha avuto un’infanzia difficile. I genitori sono morti giovani, e non ha mai conosciuto i suoi nonni. Il filo della mia famiglia era spezzato, e io ho sempre avuto il desiderio di capire le mie origini. Così ho cominciato ad indagare, e ha provare quell’enorme emozione che la scoperta del proprio passato regala a ogni persona. Scartabellando gli archivi del cimitero ho individuato anche le tombe dei miei bisnonni: erano sepolti entrambi a Cagliari. E un giorno ho preso per mano mia nonna, che nel frattempo si era ammalata di demenza senile, e l’ho portata in quel cimitero. Lei, nonostante non fosse quasi mai lucida, quel giorno si è commossa, ha accarezzato e baciato la tomba di quei nonni che non aveva mai avuto la fortuna di abbracciare».
Elisa racconta questa esperienza alla sua amica Valentina Vincis, 29 anni, anche lei di Capoterra, laureata in medicina, anche lei con la fissa di riavvolgere il proprio nastro e navigare indietro tra le generazioni. È una folgorazione.
Il gruppo Fb Insieme decidono di creare qualcosa che in Sardegna non esisteva ancora. Così il 16 settembre 2018 fondano il gruppo Facebook “Albero Genealogico Sardegna”, e in un solo giorno collezionano 200 iscritti. Ora i membri sono arrivati a 1800, e ogni settimana il numero cresce di circa 60 nuove adesioni. «Il nostro intento – spiega Valentina – era quello di creare una comunità dove ciascuno potesse aiutare l’altro nella ricerca dei propri avi. Ed è sorprendente vedere quanto le persone siano collaborative tra loro. Basta che uno scriva un post, e subito c’è chi è pronto a dare una mano». Tipo: «La mia famiglia è di Sassari ma ho scoperto di avere un parente a Cagliari. Qualcuno potrebbe andare all’archivio storico di Cagliari e controllare questi dati?». E ancora: «La grafia di un documento scritto a mano è difficile da leggere. Qualcuno è in grado di decifrarla?».
Le scoperte Valentina, proprio aiutando una iscritta a ricostruire la sua storia, fa una scoperta inaspettata: «Lei è nata e vive tuttora in Emilia Romagna, ma facendo le ricerche i nostri rami si sono incrociati. Così, nel modo più casuale, ho ritrovato una parente che non sapevo di avere, perché i nostri bisnonni erano fratelli». Proprio due giorni fa, Elisa e Valentina, hanno pubblicato un post con il quale invitano i membri a condividere le scoperte più incredibili capitate nei loro viaggi a ritroso nel tempo.
Le curiosità Leggere gli oltre cento commenti fa capire quante sorprese possa riservare la genealogia. Ecco solo qualche esempio: «Mi è capitato matrimonio tra zia e nipote con dispensa, accusa di omicidio del neo sposo il giorno delle sue pubblicazioni di nozze, quadrisnonno con 5 mogli, le prime due erano sorelle di un altro mio trisnonno».
«Le notizie più interessanti trovate con i fogli matricolari, più di un parente partecipò alla prima guerra mondiale e uno di questi fu tra le vittime dell'affondamento del piroscafo Tripoli, per cui ricevette una onorificenza, ahimè da morto».
«Un fratellino di mia nonna morto subito dopo la nascita di cui non avevamo mai saputo nulla. Una bisnonna di mia nonna nobile. Un antenato che a fine '700 uccise un uomo a Gergei».
«Tra i miei antenati Onnis-Garau....un Garau era un inquisitore spagnolo approdato in Sardegna a Iglesias».
«Mio bisavolo aveva figli con altre donne ...».
«Ho scoperto che i miei bisnonni materni erano cugini di primo grado...»
«Dopo anni scopro che tre zii sono morti a Cagliari a causa dei bombardamenti del 43...nessuno in famiglia ne sapeva nulla...».
E questi sono solo dei piccoli esempi di quanti incastri occorrano per comporre il puzzle dell’umanità. Ma bisogna avere la pazienza di mettere la propria storia in rewind.


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SardiniaPost Magazine

“Dall’Africa alla Sardegna in 70mila anni. Il mio DNA vi racconta il viaggio”



Un viaggio di 70mila anni dall’Africa Orientale alla Sardegna. E’ lo straordinario reportage che apre il nuovo numero di SardiniaPost Magazine da oggi in edicola. 

Foto di Valentino Congia. Trucco realizzato da Magda Pintus. Il costume il Quartucciu è stato messo a disposizione dalla signora Rina Daga


L’autrice, Daniela Pani, attraverso un test del DNA realizzato in un laboratorio di Houston, ha ricostruito il suo “albero genealogico remoto”. A partire dalla “paleo-nonna” africana che viveva ai piedi dei Monti Semien, dove nasce il leggendario Nilo Azzurro. Un viaggio che racconta la colonizzazione del mondo da parte dell’umanità. E che ci spiega, attraverso il racconto del DNA di uno di noi, la storia di tutti.
Siamo partiti dall’Africa e abbiamo vissuto là per decine di migliaia di anni. Fino a quando gli effetti climatici delle glaciazioni hanno aperto corridoi verdi nel deserto – quello che oggi chiamiamo deserto del Sahara – che ci hanno consentito di spostarci verso Nord, raggiungere l’Asia e poi proseguire il nostro cammino verso ogni angolo della Terra.
La cronaca nera ci ha fatto sapere che il DNA è come un’impronta digitale, ma non ci ha detto che le “impronte digitali” del DNA – tutte diverse tra loro – hanno dei tratti caratteristici che accomunano ancora oggi le persone che vivono in un certo territorio. E’ questa localizzazione a consentire di mettere in relazione il DNA di un individuo con quello delle persone che vivono nel mondo e di ricostruire il percorso dei suoi avi.
Daniela Pani ci racconta che una sua “paleo-nonna”, una nipote di quella africana, 40mila anni fa viveva nell’attuale Medio Oriente dove incontrò l’uomo di Neanderthal. E ci spiega che quell’incontro fu molto intenso. Tanto che, nel suo DNA (come in quello della maggior parte di noi) è ancora individuabile una certa percentuale del DNA di quel tipo umano che poi si estinse. Passarono ancora molti anni (circa 20mila) e le nipotine di quella “paleo-nonna” asiatica raggiunsero il Sud della Francia, l’attuale Costa Azzurra e finalmente, circa 6mila anni prima di Cristo, si decisero a raggiungere quell’isola che, un giorno, sarebbe stata chiamata Sardegna.
Un reportage scientifico che si legge come un racconto. Una storia assieme molto complessa e molto semplice che ci dice che apparteniamo tutti a una sola razza, la razza umana. Per sintetizzarlo (e per rendere un omaggio affettuoso e scherzoso alle nostre nonne africane) con l’aiuto di un po’ di trucco, l’autrice ne ha preso simbolicamente le sembianze. E ha indossato, sulla pelle scura, un tipico costume tradizionale sardo. Un’idea nata – come spiega l’editoriale che apre questo numero – all’inizio dello scorso gennaio con Pinuccio Sciola che, ascoltando tra i primi il racconto di questo test del DNA, restò molto colpito dalla perfetta coincidenza tra quel lunghissimo viaggio e quello che tutti i giorni viene affrontato da migliaia di bambini, di donne e di uomini che partono dall’Africa per raggiungere l’Europa.
Daniela Pani, esploratrice geografica e speleologa, ricercatrice per la National Geographics, nel raccontare il suo DNA racconta anche quello della maggior parte dei Sardi (formiamo infatti uno di quei gruppi che, messi in relazione tra loro, consentono di ricostruire le tappe del percorso dell’umanità) e ci fa scoprire che, proprio come la sua “paleo-nonna” asiatica, anche quella che per prima mese piede in Sardegna trovò qualcuno che c’era già prima di lei.
Passò qualche altri millennio, imparammo a organizzarci sempre meglio. A costruire villaggi. Cominciammo a mettere enormi pietre una sopra l’altra. Costruimmo i nuraghi. Ma questa, rispetto al viaggio che raccontiamo, è quasi storia di oggi.

11.9.23

diario di brdo n°9 bis anno I . 11 settembre 1973 e 11 settembre 2001 ., lettera dell'ex ct della nazionale femminile michela bertolini ., aiuto tra poveri ., dottoressa incinta aiuta a partorire un paziente incinta

la data dell11 settembre può essere riassunta cosi . ricordado due grandi avvenimenti storici sujccessi prorio in tale data . anche se distanti fra loro 28 anni .


  tesi coinfermata    dal  corto   di Ken Loach   facente parte   di 11 settembre 2001 (11'09"01 - September 11) è un film del 2002, composto da undici episodi diretti da 11 registi differenti (Samira Makhmalbaf, Claude Lelouch, Yusuf Shahin, Danis Tanović, Idrissa Ouédraogo, Ken Loach, Alejandro González Iñárritu, Amos Gitai, Mira Nair, Sean Penn e Shōhei Imamura).Il film, una coproduzione internazionale tra Regno Unito, Francia, Egitto, Giappone, Messico, USA e Iran, è ispirato agli attentati dell'11 settembre 2001. Ogni episodio è della durata di 11 minuti, 9 secondi e un fotogramma.



scusate  se  ogni anno per  tale  data  lo ripopongo   , ma  è uno  dei tanti  film  insieme a  quello  di Sean Penn  film    che rappresenta    in maniera  efficace   e  con pocchissima ( quasi niente  )  retorica  filo  atlantica  ,   se  lo  avete  già    visto e non  volte  rivederlo  , poete  pure   andare  avanti nerlla lettura  di questo n   del diario  ,

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Bertolini e l’Italia femminile: «Un c.t. uomo è ritorno al patriarcato, che autogol la lettera delle calciatrici»

di Gaia Piccardi
La c.t. Milena Bertolini, all’addio dopo il pessimo Mondiale, rilevata da Andrea Soncin: «Che autogol la lettera delle ragazze dopo la sconfitta. Sara Gama? Ha reagito male a non avere il posto garantito»  [....]  corriere  della sera    11\9\2023  




Ora capisco le paure dell'ex allenatrice dellla naziuonale italiana calcio femminile , soprattutto dopo il comportamento vergognoso da maschio arrappato dell'alenatore di quella spagnola . Ma allo stesso tempo sono un po' 🙄🤔🙂😁🤨❔✍🏼. E'   vero ed innegabile che il patriarcato o il sessismo /maschilismo come lo si voglia chiamare esiste ed talvolta è opprimente ed aberrante or non dire vergognoso da fare schifo ed a volte da vergognarmi me stesso . Ma qui mi sembra ridicola ed esagerata tale lettera . Come se un uomo non fosse in grado di allenare le donne e viceversa . Si è forse dimenticato che la prima squadra di calcio femminile in Italia fu allenata da un uomo ?!

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Il Filosofo
24 maggio· 

Lei è Lucia, 51 anni e una vita sempre ai limiti. Un primo matrimonio sbagliato, il secondo uomo che incontra ancora di più. Lucia perde tutto, anche i suoi bimbi: Raffaella, 3 anni, affidata a una comunità, Salem, in Tunisia con la madre del suo ex.
Lucia è per strada, senza più nulla, costretta a vivere da clochard, senza nulla da mangiare, senza un posto per dormire. Terribile, terrificante, soprattutto per una donna. Una sera è con altri disgraziati come lei seduta in una panchina di un parco. Irrompe la polizia, la massacrano di
botte, non stavamo facendo niente di male, ricorda Lucia. Nemmeno fare la pipì era scontato. Ci sono i bar, ma se non hai l’euro per il caffè, allora niente servizi.
Lucia stringe i denti, resiste. Vuole uscire da quell'incubo, non le piace vivere di elemosine. Comincia con piccole pulizie la notte. Un panificio, una palestra. Risparmia dei soldi, mollichina per mollichina. È gentile, non ha nulla ma il suo garbo piace a tutti. Dopo tre anni, trova un lavoro un pò più stabile, prende in affitto una casa. Fa domanda al tribunale, il giudice la guarda. Signora, può riprendere con sè sua figlia. Lucia è con la sua bambina, finalmente c'è anche Salem.
Lucia potrebbe vivere la sua vita, ma non riesce più. Dormire in un letto le dà emozione, i suoi figli di più, ma non riesce a dimenticare il suo passato, i suoi compagni di strada. Lucia riprende il coraggio a due mani, e due ali. Diventa un angelo, fonda a Varedo, in Brianza, l'associazione "Angeli della strada" per dare una mano a chi si trova nella situazione in cui prina era lei. Forma una squadra di ragazzi, recuperano merce che non serve più nelle cantine, aiutando i proprietari a liberarle, poi la domenica ad Assago, al mercatinio dell'usato, rivendono tutto, con i fondi raccolti comprano per chi non ha nulla cibo, prodotti di igiene, assorbenti. Pagano bollette o affitti di chi, quel mese, non è riuscito a saldare un debito.
Lei, piccola donna è una forza della natura, incontenibile. Conosce tutti, si fidano di lei come di una sorella.
Inutile girarci su, sono sempre i poveri ad aiutare i poveri. Lucia Troilo è un esempio per tutti. Fa quello che dovrebbero fare molti politici che, invece, pensano alle armi e alla guerra ❤


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La dottoressa Amanda Hess era incinta di 9 mesi ed era in ospedale per farsi indurre il travaglio. Stava indossando il camice quando ha sentito che una madre in un'altra stanza aveva bisogno di un parto d'emergenza perché il suo bambino era in difficoltà, ma il suo medico non era disponibile. Nonostante la sua situazione, la dottoressa Hess si è infilata un altro camice, ha messo i guanti e ha fatto nascere il bambino della donna.
Ha poi partorito il suo bambino un'ora dopo. ❤️

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...