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1.8.25

Fine vita.Marina Oppelli Malata di sclerosi multipla suicida in Svizzera. La morte è una soluzione?

Dopo il caso di Laura Santi  ne ho parlato precedentemente ecco un altra storia di una scelta di suicidio assistito / eutanasia. Scelte che ovviamente, egoistiche o meno , temporanee ( vedere articolo sotto ) o definitive , non si fanno certamente a cuor leggero . Infatti se    anche  l'Avvenire  giornale cattolico   (  vedere sotto l'articolo    )   ammette  che    c'è   : « la sofferenza di migliaia di cittadini italiani. Che non vogliono dover chiedere di morire perché non ce la fanno più. ».
Ecco  quindi   siamo tutti d'accordo  che   ci vuole  una legge  che altre  alle  curae  palliative  riconosca la possibilità  di decidere tramite  testamento  bologico  a prescindere  o meno  da  un trattamento di sostegno vitale  se  uno  vuole  o non vuole  le  cure palliative  o  vuole  o non vuole   vivere  in totale o parziale    dipendenza  dagli altri  o  da  macchine   . 

Avvenire    31\7\2025

 

Due anni esatti dopo la richiesta all’Azienda sanitaria universitaria giuliano-isontina (Asugi) di accedere al suicidio medicalmente assistito, respinta per tre volte, Martina Oppelli è morta somministrandosi il farmaco letale. A differenza della sua richiesta di poterlo fare in Italia, però, la 51enne triestina affetta da Sclerosi multipla da oltre vent’anni ha cessato di vivere in un centro specializzato in Svizzera Valutando più volte il suo caso – l’ultima il 1° luglio – l’Asugi aveva verificato che non sussiste una delle condizioni fissate e ripetutamente ribadite dalla Corte costituzionale per ottenere l’aiuto alla morte
volontaria: la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale, intesi non come sostegni alla vita quotidiana di una malata grave ma come presidi medici che sostituiscono funzioni vitali. Un punto fermo, per i giudici costituzionali, a garanzia di tutte le persone che si trovano in condizioni analoghe e che vanno protette da derive e scelte letali contro la loro vita, così come detta lo spirito complessivo del nostro ordinamento.A pronunciarsi contro la richiesta della donna triestina e a impedire che si suicidasse era stato anche il Tribunale di Trieste, che a fine marzo ha rigettato la sua richiesta per lo stesso motivo espresso dall’Azienda sanitaria. Due verdetti di autorità differenti – sanitaria e giudiziaria – che sono giunte alla stessa conclusione. Martina Oppelli però non ce la faceva più e ha deciso di suicidarsi ugualmente. Una scelta tragica, come ogni suicidio, davanti alla quale c’è spazio solo per il dolore e il rispetto. Lo stesso rispetto per tutti i pazienti nelle sue condizioni – e anche più gravi – che impone di riflettere sul fatto che la soluzione di morte volontaria per una malattia che si è fatta insostenibile è sempre drammatica, una sconfitta per tutti. E richiede che si evitino le consuete polemiche riflettendo piuttosto su cosa occorre fare perché situazioni come quella di Martina Oppelli si possano prevenire e la morte non diventi la via d’uscita ordinaria a casi simili. Che fare, dunque?Anzitutto ascoltare la voce dei vari malati come e per ultima la donna triestina: «Fate una legge che abbia un senso, una legge che tenga conto di ogni dolore possibile – dice rivolgendosi ai parlamentari nel suo messaggio di congedo diffuso dall’Associazione Coscioni –, che ci siano dei limiti, certo, delle verifiche, ma non potete fare attendere due, tre anni prima di prendere una decisione. In questi ultimi due anni il mio corpo si è disgregato, io non ho più forza, ma non ho più forza nemmeno di respirare delle volte, perfino i comandi vocali non mi capiscono più. Perché sono dovuta venire qui all'estero? Perché non ce la facevo più ad aspettare, non ce la facevo più. Per piacere fate una legge che abbia un senso e che non discrimini nessuna situazione plausibile. Scusate il disturbo».
E' vero , sempre secondo avvenire 
Ci sono anche storie identiche ma opposte nei loro approdi. E sono [  ? non  ci sono   dati  certi ] certamente la grande maggioranza (silenziosa). Come quella di Maria. Malata anche lei di sclerosi multipla in uno stato molto avanzato, Maria – nome di fantasia – ha recentemente portato la sua testimonianza nel corso dell’udienza alla Corte costituzionale per un caso di richiesta di eutanasia, poi dichiarato inammissibile: «La gente – aveva detto Maria – non vuole morire, mi pare assurdo che qualcuno dica il contrario. La mia vita deve rimanere inviolabile da terze persone, anche se io richiedessi in un momento di disperazione di essere uccisa. Secondo questa logica pericolosa, tutti i malati dovrebbero morire».



"Maria", la malata di sclerosi multipla che è comparsa davanti alla Corte costituzionale


Eppure, della sua voce di malata grave che chiede cure e non morte pochi si sono accorti. Perché? «Come si dice, fa più rumore un albero che cade rispetto a una foresta che cresce. Fa più notizia, e non solo – è la risposta di Maria –. Secondo me, le richieste di farla finita arrivano da persone lasciate sole, che non ricevono aiuto sufficiente. Io ho avuto la fortuna di aver incontrato le persone giuste, tra amici, sacerdoti, medici, e ovviamente mio marito. Ricordo ancora che la prima dottoressa che si era occupata di me mi aveva regalato due biglietti per un concerto, proprio per spronarmi a vivere pienamente la mia vita. È una cosa bella ma, in fondo, dovrebbe essere normale. Se incontriamo una persona sul cornicione del quinto piano la invitiamo a buttarsi o ci offriamo di aiutarla a risolvere i suoi problemi? Si evocano termini come misericordia, libertà, dignità, ma si tenta di far passare l’idea che esista una libertà di uccidersi. La dignità, quella vera, è nel poter continuare a vivere. Siamo nati per questo».
Ora    Sul caso di Martina Oppelli si era pronunciato Paolo Pesce, medico, bioeticista, collaboratore della Diocesi di Trieste e del vescovo Enrico Trevisi, che aveva spiegato come «la commissione dell’Asugi» chiamata a valutare il caso della malata triestina ha fatto «una scelta coraggiosa perché in passato, per un caso analogo, aveva riconosciuto che la sola necessità di assistenza continua per l’alimentazione, l’igiene personale, erano condizioni sufficienti per essere considerate trattamenti di sostegno vitale. La signora Oppelli, che ha già fatto apparizioni pubbliche, appare pienamente cosciente, è assistita per tutte le necessità della vita quotidiana, assume farmaci per il controllo dei sintomi legati alla malattia, ma non è, per quanto noto, legata né ad alimentazione né a idratazione, né a respirazione artificiale. Sta proprio qui il centro della questione, portato avanti dall’Associazione Coscioni. La Corte costituzionale nel 2019 aveva affermato che non è punibile chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma capace di prendere decisioni libere e consapevoli. La Corte non ha riconosciuto il diritto al suicidio assistito ma ha depenalizzato il reato di aiuto al suicidio nel caso ricorrano le suddette condizioni».Decisivo capire cosa sia un trattamento di sostegno vitale: secondo il medico triestino, «si tratta non di un semplice sostegno, ma di una vera e propria sostituzione di una funzione vitale che l’organismo è ormai del tutto incapace di assicurare autonomamente». La valutazione fatta propria anche da Asugi e Tribunale. Chiariti i termini della questione, e in attesa di capire se e come verranno recepiti in una legge nazionale, resta la sofferenza di migliaia di cittadini italiani. Che non vogliono dover chiedere di morire perché non ce la fanno più.

  concludo     rispondendo  : 1) A  chi mi dice   che  è Dio  che  decide    se  darci o toglierci la  vita  Dico  che  lui ci ha  dato  il libero arbitrio    cioè  scegliere  se   seguire  la  bibbia   e quindi   quello   che  tramite  suo figlio Gesu   e  i  suoi  profeti   ( apostoli )  e  rappresentanti  (  preti o  altri  esponeti religiosi  )  ci ha  lasciato scritto  . 2)  alla  domanda   del titolo   . Dipende  da  persona  a   persona   come riportasto anche  dall'articolo stesso . 

22.7.25

Laura Santi, morta con il suicidio assistito in casa a 50 anni: era malata di sclerosi multipla. Si è autosomministrata il farmaco

Ritorno a palare  dopo il post  sulla    vicenda   di     Archie Battersbee    bambino  di   12 anni   d'eutanasia  \  suicidio assistito  .   Il caso è quello   di Laura  Santi  consigliera generale dell’Associazione Luca Coscioni, nata nel 1975, era affetta da oltre 25 anni da una forma progressiva e avanzata di sclerosi multipla, che ha iniziato il suo decorso progressivo nel 2014, fino ad arrivare alla forma attuale: Laura è morta oggi - 22 luglio - a casa sua, nel capoluogo umbro dopo essersi auto-somministrata un farmaco letal . Uno dei pocho casi    a cui stato  permesso  di farlo  senza  dover  andare  in Svizzera  . Infatti se n’è andata a casa sua, Laura Santi, nel suo letto. A 50 anni, di cui metà trascorsi col corpo quasi completamente paralizzato (a parte il collo e tre dita della mano destra) da una rara e progressiva forma di sclerosi multipla.Qui tutto il suo calvario per poter ottenere il suicidio assistito . Lei se n’è andata perché così ha voluto lei, auto-somministrandosi il farmaco letale, e insieme liberatorio, attraverso il suicidio medicalmente assistito.È stata una sua precisa scelta, come sempre dovrebbe essere in un Paese degno di essere chiamato civile. Nel quale sua permesso seza che il tuo diritto scelta sia sottoposto ad un oddissea giuridica burocratica come la sua .


Il poter scegliere fra cure palliative o uetanasia \ suicidio assistito , se vivere attaccato alle macchine o porre fine al proprio calvario .Infatti leggo sulla bachgeca di Lorenzo Tosa che
Le sofferenze negli ultimi tempi erano diventate per lei “intollerabili”, come ha ricordato il marito, con lei fino all’ultimo istante.Laura Santi era una giornalista, una collega, una che con le parole ci sapeva fare. Le sue ultime, affidate all’associazione Luca Coscioni, sono da brividi. Il suo testamento.

"La vita è degna di essere vissuta, se uno lo vuole, anche fino a cent’anni e nelle condizioni più feroci, ma dobbiamo essere noi che viviamo questa sofferenza estrema a decidere e nessun altro. Io sto per morire. Non potete capire che senso di libertà dalle sofferenze, dall'inferno quotidiano che ormai sto vivendo. O forse lo potete capire. State tranquilli per me. Io mi porto di là sorrisi, credo che sia così. Mi porto di là un sacco di bellezza che mi avete regalato. E vi prego: ricordatemi".
Lo stiamo facendo in tanti. Lo faremo. Buon viaggio Laura. Ora sei libera.





Quello che, e qui concludo , non capisco è come la Chiesa e un certo Stato si debbano arroccare contro queste decisioni ! Ammazziamo milioni di persone con le guerre, senza far nulla, e poi, soprattutto la Chiesa ( e la capisco ) , trova immorale un'azione simile ! Ma a mio avviso L'immoralità è anche nel veder morire milioni di uomini, donne, bambini, e girare la testa da un'altra parte o lanciare apelli che poi cadono nel vuoto !


30.3.25

la paura sulla sentenza della corte costituzionale riuguardo il caso #cappato di #LorenzonMoscon affetto da triplegia spastica dalla nascita. « Sono malato e dico no al suicidio assistito, ho paura che lo Stato mi uccida. Io non voglio morire»

la corte costituzionale ha detto che a legge n. 16/2025 della Regione Toscana, che regola l'accesso al suicidio medicalmente assistito èUna voi valida dal punto di vista costituzionale. La Corte Costituzionale ha confermato che essa è in linea con i principi costituzionali, in particolare rifacendosi alle sentenze n. 242/2019 e n. 135/2024, che avevano già definito i criteri per escludere la punibilità dell'aiuto al suicidio in casi specifici.Una vittoria per Marco cappato ( e per chi si batte la non punibilità
Lorenzon  Moscon 
di chi accompagna una persona che sceglie di morire come li pare ) . In fatti riguardano stavolta una paziente oncologica e un malato diLorenzon Moscom  Parkinson, accompagnati tre anni fa in Svizzera a morire da Marco Cappato, tesoriere dell'associazione Luca Coscioni. All'esame della Corte l'articolo 580 del codice penale nella parte in cui prevede «la punibilità della condotta» di chi aiuta al suicidio medicalmente assistito una persona affetta da una patologia irreversibile, ma non tenuta in vita attraverso trattamenti di sostegno vitali come nel caso di Elena, paziente oncologica di 70 anni, e Romano, 82enne affetto da Parkinson. Non essendo tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale classicamente intesi, non hanno provato ad accedere al suicidio assistito in Italia in quanto non avevano uno dei requisiti previsti dalla sentenza della Corte costituzionale del 2019 sul caso Cappato-Dj Fabo. Entrambi avevano chiesto aiuto a Marco Cappato per andare in Svizzera e ricorrere lì al suicidio medicalmente assistito. Ad agosto e a novembre 2022, al rientro in Italia, Cappato si autodenunciò a Milano. Il caso che approda alla Corte Costituzionale nasce proprio da quell'autodenuncia di disobbedienza civile. Una vicenda per cui a settembre 2023, la Procura di Milano aveva chiesto l'archiviazione per Cappato. Ma il gip, nel giugno 2024, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 580 del codice penale. Ed il riusultato lo conosciamo . Tra i partecipanti all'udienza pubblica, quattro malati gravi hanno chiesto di poter partecipare per esporre alla Consulta la loro posizione sul fine vita sull’articolo 580 del Codice penale. Tra le voci contrarie c’è quella di Lorenzo Moscon, 31 anni, affetto da triplegia spastica dalla nascita.
Nel 2019 la Corte Costituzionale aveva chiarito che l’aiuto al suicidio non costituisce reato solo se si verificano contemporaneamente quattro condizioni specifiche: il malato deve essere affetto da una patologia incurabile, capace di intendere e volere, sottoposto a sofferenze fisiche o psicologiche insostenibili e mantenuto in vita grazie a trattamenti di supporto vitale. Proprio quest’ultimo requisito – la dipendenza da cure salvavita – è oggi al centro del dibattito.
Lorenzo Moscon contro il fine vita  Quindi  .
Docente con laurea magistrale e attivista per la dignità del vivere, Lorenzo Moscon ha chiesto di essere ascoltato in aula per «far sentire anche una voce diversa da quella di Cappato», come ha dichiarato a La Verità. Secondo lui, il requisito del sostegno vitale deve restare: «Chi aiuta qualcuno a suicidarsi dovrebbe essere punito ma, se proprio si depenalizza l’aiuto al suicidio, almeno il fatto di ricevere un sostegno vitale deve restare una delle condizioni per potervi accedere».
Moscon teme che si stia aprendo la strada a decisioni prese da altri al posto del paziente, soprattutto quando non più cosciente: «Si stanno compiendo passi che potrebbero portare qualcuno – che sia il giudice, i medici, o entrambi – a esercitare uno ius vitae necisque che nessuno ha mai acquisito». A sostegno della sua preoccupazione, cita testimonianze di pazienti coscienti in stato non responsivo: «Ero terrorizzato perché sentivo i medici parlare di eutanasia e non potevo fare nulla». «L’estensione del suicidio assistito è un pendio scivoloso – aggiunge – che porta a coinvolgere categorie sempre più ampie. A un certo punto, temo che lo Stato o i medici decidano al nostro posto». E ricorda che «la libertà di vivere è la condizione necessaria per esercitare ogni altra libertà».
Già nel 2017, in una lettera pubblicata da Avvenire, Moscon aveva chiesto al Parlamento di non cedere alla logica eutanasica: «Ogni persona ha una dignità, una preziosità infinita che si fonda sulla capacità di amare, distinguere il bene dal male e apprezzare l’arte». Secondo lui, la richiesta di eutanasia nasce da solitudine e dolore, e trova risposta solo in relazioni autentiche e cure palliative applicate davvero, come prevede la legge 38/2010. Il suo messaggio è chiaro: «Io ho il desiderio di vivere una vita piena. E chi è amato – ve lo assicuro – non vuole morire».
Alcuni si chiederanno ma in italia c'è forse un obbligo di legge per il suicidio assistito ch bisogno c'è di gersti come quello di Cappato e della sentenza della corte costi.tuzionale ?
No in Italia non c'è una legge e solo accompagnare all'estero una persona che ha aveva fatto tale scelta era reato , poi messo indiscussione da diverse sentenze della coerte cvostituzionale . La legge deve farla il parlamento al di fuori di schieramenti di parte in questo caso odiosi con l'ausilio di esperti psicologi , medici specialisti in questo campo con l'aiuto delle varie esperienze di vita molto dolorose di pazienti vigili o aiutati con grandi sacrifici dai congiunti che soffrono anche loro per malattie dove non esiste un futuro di guarigione o vita decente.
Infatti per me una persona con  tali  problemi   può  scegliere  di   vivere   come  vuole  anche sopportando le pessime condizioni di vita che un amaro destino può averti dato ma, altrettanto, lascia a chi vuol morire per  non soffrire    il diritto di farlo ...Non mi spiego la posizione  e  la  paura   di Lorenzo Moscon in quanto La scelta del suicidio assistito (  condivisibile  o   meno, chi siamo noi per  giudicare  saranno pure fatti suoi se  uno\a  persoina  scegliere   il  suicidio  assistito   o l'eutanasia   oppure vuole  vivere consapevole delle sofferenze - ogni uno nella propria libertà e facoltà mentale deve poter decidere  ) deve essere manifestata per iscritto dal paziente in grado di esprimersi, con "atto notarile" o dichiarazione equivalente autenticata. Nel caso del "paziente cosciente" in stato non responsivo, o chiunque altro, che NON ha manifestato la sua volontà in modo chiaro e documentato non può essere sottoposto a eutanasia da NESSUNO. Se così non fosse, sarebbe reale OMICIDIO.

8.11.23

Indi Gregory, sconfitta per i genitori: da domani possibile stop ai trattamenti.

ho  letto    poco  fa  su https://www.thesocialpost.it/ che   è   


Di poche ore fa era la notizia del provvedimento d’urgenza preso dal console italiano a Manchester che dichiarava il caso Gregory di competenza del giudice italiano, autorizzando il trasferimento al Bambin Gesù. Adesso, la notizia che taglia le gambe ai genitori della piccola: non è stato concesso alla coppia di portare a casa la piccola, e da un ospedale o un ospite il trasferimento non è possibile. Da domani alle 15 sarà possibile lo stop ai trattamenti vitali.



Indi Gregory, i giudici dicono no al ritorno a casa e quindi all’espatrio
La piccola Indi non potrà rientrare nella sua casa per il fine vita, perché estubazione e cure palliative, a casa, sarebbero impossibili e “contrarie al migliore interesse di Indi”.


Quindi    a  mio    avviso  dovrebbe  essere permesso  ai genitori    di Indi gregory   di  poter  decidere  sulla  propria  figlia    come  dev'essere lasciato morire   chi  : lo  chiede  (  vedere  il caso  di Sibilla Barbieri     ne  ho parlato in :<< Il messaggio  delle  ultime   volontà   di  sibilla barbieri attrice romana morta in svizzera con il suicidio assistito perchè in italia gli è stato negato : «Grave discriminazione a cui lo Stato deve porre rimedio"   con  civiltà  e  dignità    tramite    testamenti  biologico     se  fa  in tempo   o       che   lo abbia  chiesto    solo  oralmente   perchè  non ne  ha  avuto   il tempo    .  In casi come  questi   così personali ed  privati    lo  stato ed la religione   dovrebbero  lasciare  decidere   se   scegliere  di vivere sotto     accanimento   terapeutico  o dipendenza  macchine   oppure   porre  fine  alle  proprie   sofferenze  \  agonie 
  
Decisione  insensibile   quella  dello  stato inglese   .  Infatti     ---  sempre  secondo   social  post  --- 
Come spiega Christian Concern, organizzazione attiva nel Regno Unito che assiste i genitori della piccola, è stato nominato curatore della piccola il direttore del Bambin Gesù, Antonio Perno: “L’ordinanza è stata comunicata dal nuovo tutore al managing director del Queen’s Medical Center di Nottingham per facilitare una collaborazione costruttiva tra le autorità sanitarie italiane e inglesi al fine di evitare questioni legali su conflitti di giurisdizione”. Dice CC, ma senza previo trasferimento a domicilio nulla sarà possibile


29.9.19

non credo che chi chiede il suicidio assistito o si uccida per gravi malattie ed soprattutto ci aiuta come cappato sia un Assassino

nello scrivere il post precedente m 'ero  dimenticato    di mettere nelle risposte agli haters odiatori  che non sono un assassino  . Ma solo  uno che  vuole  morire  con dignità . Infatti  ti   se  mi  dovesse  (  faccio gli scongiuri 🤞🤘👎  )  capitare  una cosa  del genere   chiederò ed  lascerò scritto ✍ o  un vocale  il mio fine vita   in cui  non solo  :   come  ho  lasciato  nel modulo  per la  nuova  carta  d'identità  voglio  (  avendo  già  sofferto  abbastanza    ed   vedendo  grazie  ad  un trapianto  )   che  i miei  organi  e le  mie cellule  staminali siano  donati   a  chi   ne  ha  bisogno o  alla    ricerca   per   sconfiggere o ridurre   malattie  fin   ora  incurabili  o  curabili con difficoltà  , ma  che mi siano  dati  o  ma  on sono  troppo forte per  farlo   il suicidio assistito   o interruzione  delle cure  inutili  ma  di  lasciare    eventualmente    quelle  palliative  Se invece  dovesse  capitare, ancora  scongiuri ed  cosa  che non auguro  ci si debba trovare  ne a me stesso  ne ad  altri\e   ,  per  me    sarebbe molto difficile     come   la stessa situazione in cui  si  trovato Roberto Recchioni quando  ha  dovuto  dare  la  morte  al suo gatto (   perchè  cari  lettori\lettrici    gli animali sono come noi esseri umani e  soffrono come  noi  ) , chiederò  se non dovessi  trovare  coraggio   di farlo  a qualcun altro   qualora  ci fosse  una sua  richiesta  di fine  vita  .  Infatti    da Laico credente   chiedo le stesse  cose  ,  pur  non  essendo (  speriamo  di  non   esserlo mai   )  nelle  sue    condizioni  o  di quei    malati incurabili  o che  vogliono morire  con dignità ,   di Gianfranco Bastianello  ( foto  sotto al  centro   )   e  di cui  riporto    sotto    una sua intervista  a  repubblica  del   27 Settembre 2019
Malato di Sla scrive al Papa: "La morte può essere l'unica scelta. Dio non può permettere di vivere oltre il sopportabile"

Sentenza sul fine vita, la testimonianza di un malato: “Da cattolico voglio libertà di scelta”

Gianfranco Bastianello, veneziano, 63 anni, è malato di distrofia muscolare da quando ne aveva 14. Ha scritto una lettera aperta a Papa Francesco per dirgli che "l’eutanasia o il suicidio assistito non sono soluzioni di comodo”


VENEZIA. "Certe volte c'è un'unica via d'uscita. Andarsene". Gianfranco Bastianello ha 63 anni, è malato di distrofia muscolare da quando ne aveva 14 e da 10 è costretto a muoversi con una carrozzina. Da cattolico praticante ha scritto una lettera aperta a papa Francesco per dirgli, come si direbbe all'amico più caro di cui non si condividono le idee, che "l'eutanasia e il suicidio assistito non sono soluzioni di comodo, o sbrigative. Te lo assicuro". La lettera, pubblicata dalla Nuova Venezia, è partita da Cavallino, comune della costa veneziana dove Bastianello abita. Pensionato dopo aver lavorato all'hotel Danieli di Venezia, è impegnato nella Uildm e nell'assistenza ai malati gravi.

Bastianello, perché ha deciso di scrivere una lettera aperta al Papa?
"Sono cattolico, mi interrogo. Ma soprattutto volevo portare la mia esperienza personale, cercare di trasmettere lo stato in cui sono costretti a vivere alcuni malati gravi dopo che il Papa aveva parlato dell'eutanasia come di una scelta sbrigativa. Ho la distrofia muscolare da quando ero bambino, ogni mattina un pezzetto in più del mio corpo non risponde ai comandi, devo farci i conti tutti i giorni".

Parla di esperienza personale, c'è la sua biografia. Ma quanto conta l'impegno nell'assistenza ai malati gravi?
"Con un gruppo di volontari prestiamo assistenza alle persone con gravi disabilità, costrette a letto, spesso in stato vegetativo. Sia chiaro, io mi batto per la vita, e per un'assistenza dignitosa per chi è malato di distrofia muscolare, di Sla, o di altre gravi malattie neurodegenerative. Ricordo con orgoglio la battaglia che feci anni fa, incatenandomi davanti a Palazzo Balbi, sede della Regione a Venezia, per garantire l'assistenza notturna che veniva negata a un malato di Sla. Dico però che deve esserci la libertà delle persone".

Cosa intende quando parla di libertà delle persone?
"Parlo della libertà delle scelte delle persone. Chi decide di rimanere in vita lo deve fare, e gli devono essere garantite tutte le cure e il sostegno necessario, cosa che oggi non avviene, come sanno bene le famiglie. Ma chi decide di andarsene, deve essere lasciato libero".

Non c'è contrasto tra questa posizione sul fine vita e l'essere cattolico?
"Non è una questione di religione, ma di buon senso. Si parla di sacralità della vita, ma che cosa c'è di sacro nel corpo di una persona che si trova in uno stato di coma vegetativo permanente? Non voglio essere irrispettoso, ma ripeto: se uno vuole andarsene deve essere lasciato libero di farlo. Qual è il senso di tenerlo in vita, di tenerlo, come si dice, attaccato alle macchine? Io non lo vedo, mi sembra piuttosto un atto di violenza. Lasciateci andare".

Spera che la sua testimonianza possa incidere nel dibattito?
"Sono disilluso, anche un po' stanco. Ma non mollo. Il dibattito c'è da anni, non porta da nessuna parte. La Cei ha parlato di una sconfitta. Mi chiedo quanti di coloro che parlano abbiano un'esperienza diretta con il fine vita, quanto conoscano la fatica delle famiglie. L'unica speranza è arrivata dalla Corte Costituzionale ma temo che, tra qualche giorno, non ne parlerà più nessuno".
                                       


23.4.17

L'elzeviro del filosofo impertinente

Io sono stato un obiettore di coscienza e lo sono ancora. Quando in Italia il servizio di leva era obbligatorio scelsi subito di avvalermi del servizio civile. Ho sempre ripudiato l'uso delle armi e non volevo sottrarmi a prestare un servizio utile per il mio Paese. Detto ciò non capisco quei medici che si dichiarano obiettori pur lavorando negli ospedali pubblici. Lo trovo inconcepibile. Se il tuo credo o i tuoi ideali non ti permettono determinati atti non vai a lavorare in una struttura pubblica dove transitano quotidianamente milioni di persone con diverse problematiche di salute. Non puoi farlo se poi le tue convinzioni ostacolano la cura effettiva del paziente o il rispetto delle credenze altrui. Io da obiettore di coscienza non vado mica a lavorare in un'armeria né tanto meno ho mai desiderato arruolarmi in un corpo armato! Bisogna essere sempre coerenti con se stessi e con gli altri. Se sei medico e sei contrario all'aborto non presti il tuo lavoro al pronto soccorso, ma ti fai spostare dove il tuo credo non sarà un problema né per te né per il credo di qualcun altro. Il rispetto deve essere reciproco ma non si può filosofeggiare con la vita o la morte dei propri pazienti. Esistono tante strutture religiose dove poter fare il medico nel pieno rispetto delle proprie convinzioni, e con l'appoggio morale di pazienti e personale lavorativo della struttura. Consentire ai medici di appellarsi all'obiezione di coscienza è una vera imprudenza. Le leggi di uno Stato laico devono essere rispettate, e non conta se come singoli individui siamo favorevoli all'interruzione di gravidanza o contrari, o se non accettiamo la legge sul fine vita oppure se crediamo in Gesù, Ganesh o a nessuna divinità. A mio parere l'obiezione di coscienza deve essere disciplinata da una legge che limita i danni ai pazienti. Davanti al malato non si dovrebbe mai anteporre la propria convinzione personale. Ribadisco che la professione medica è un lavoro molto importante perché ai medici affidiamo la nostra vita e la nostra speranza di guarigione. Come scriveva Oliver Sacks: "La storia individuale del malato e l'intera vita del malato non devono mai passare in secondo ordine". L'obiezione di coscienza possiamo esercitarla quando ci riguarda in prima persona, e non invece imponendola ai nostri simili. Tutto ciò che è frutto di sopraffazione non è mai coscienzioso. L'obiezione di coscienza è un diritto del medico ma non di certo della struttura ospedaliera in cui esercita. Se io ripudio le armi non impedisco certamente ad altri di utilizzarle per difenderci come avviene ad esempio con la polizia, i carabinieri, ecc. Non dimentichiamo che l'obiezione di coscienza di alcuni medici talvolta uccide. Le nostre convinzioni devono essere rispettate ma non imposte altrimenti ogni persona, in virtù dello stesso principio, potrà appellarsi alla propria coscienza per non fare più determinate pratiche lavorative e cadremo nell'anarchia più assoluta. Patch Adams ha affermato che: "Divenni un esploratore dei continenti dell'esperienza e del divertimento facendo ricerca nel laboratorio dell'umanità". I medici devono frequentare di più questi laboratori di umanità per imparare anche dal sofferente. Più contagi di umanità e meno imposizioni fra dottori e pazienti. In questo scambio libero e fecondo di umanità ogni singolo soggetto troverà beneficio per la propria coscienza.

(Criap)


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