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19.11.24

"Io, Babbo Natale dei bambini meno fortunati"




da Quotidiano.Net tramite  msn.it 

Guido Pacelli è un Babbo Natale davvero speciale. Conosciuto come l’aggiustagiocattoli, lavora tutto l’anno per rendere felici bambini e famiglie in difficoltà economiche. Nel laboratorio romano dell’associazione Salvamamme ripara giochi rotti o difettosi, dando loro una nuova vita. È così che trenini macchinine, bambole e casette, dopo un checkup di controllo, vengono regalati ai meno fortunati. "La mia avventura è iniziata dopo la pensione. Sono ormai tredici anni che opero come volontario all’interno di SalvaMamme. Devo questa opportunità a mia

figlia, Katia Pacelli, che dirige l’associazione e mi ha proposto di dare una mano. Inizialmente mi occupavo della parte tecnica e logistica. Riparavo computer e stampanti, poi mi chiesi come mai molti giocattoli che ritenevo ancora buoni venissero buttati. Non funzionano, mi risposero, sono rotti. Non mi arresi e li aggiustai, dando una seconda vita a quegli oggetti destinati alla spazzatura. A oggi ho riparato più di 20mila oggetti", racconta."I giochi che arrivano all’ente sono frutto di donazioni di famiglie o di negozi che regalano i pezzi invenduti per difetti di confezionamento o malfunzionamento. Per recuperarli a volte basta veramente poco. È sufficiente sostituire un filo o i contatti ossidati per vedere in funzione nuovamente quelli elettronici. Quasi l’80% viene salvato". L’associazione Salvamamme si occupa anche di garantire alle famiglie più fragili ciò di cui hanno bisogno, dai beni di prima necessità al vestiario e di creare una rete di supporto per le madri in difficoltà."La filosofia di Salvamamme risiede nella metafora del baratro – spiega la presidente, Grazia Passeri – C’è un baratro, devi saltare? Ti do la mano perché tu non cada. È nel mutuo soccorso che si trova la possibilità e la forza di andare avanti". L’associazione è impegnata anche contro la violenza di genere, con la distribuzione di una valigia di salvataggio."Un bagaglio d’emergenza pronto – racconta Pacelli – con beni di prima necessità, donato alla donna che scappa dal luogo della violenza. Spesso le vittime non possono tornare a casa per prendere ciò di cui hanno bisogno. Forniamo loro abiti e oggetti personali per le prime necessità". "Dal 2014 – argomenta Passeri – sono state consegnate migliaia di valigie contenenti biancheria intima, un paio di scarpe, pantofole, un maglione, pantaloni, prodotti per l’igiene e una trousse per i trucchi. Oggetti che servono a dare il senso di accoglienza e di dignità alla donna. Si aggiungono piccole borse per i bimbi, indumenti, latte in polvere e qualche giocattolo. Il giocattolo rappresenta una forma di certezza, un mondo dentro al quale il bimbo possa trovare rifugio".La valigia di salvataggio viene data proprio per evitare che la donna maltratta torni sul luogo del pericolo. Serve a impedire ogni forma di contatto con la propria casa e con il soggetto maltrattante. I capi all’interno del trolley vengono donati dalle aziende che aderiscono all’iniziativa. Inoltre, l’associazione ha all’attivo un Protocollo d’Intesa con la Polizia di Stato e prevede anche assistenza legale, supporto psicologico e una sistemazione temporanea per le donne costrette alla fuga.Guido Pacelli e l’associazione intervengono dunque direttamente e in prima linea in situazioni di crisi perché "vedere lo sguardo di un bambino che riceve un giocattolo e che sorride ti ripaga di tutte le fatiche che fai", racconta il Babbo Natale romano. Salvamamme e Guido Pacelli sono un punto di riferimento per la città di Roma e per tutte le persone fragili che stanno vivendo un momento di difficoltà, infatti sostiene ogni anno 3mila nuclei familiari e mille nuovi nati.

11.4.21

L'economia circolare della natura, così in Sardegna i pastori salvano i grifoni e risparmiano



da repubblica 10 APRILE 2021


Un tempo gli allevatori erano i peggiori nemici di questi avvoltoi in via di estinzione. Ora un progetto dell'ateneo di Sassari ha istituito i carnai aziendali. I grandi rapaci sono sfamati. E non si deve più pagare per lo smaltimento delle carcasse





DALLA NOSTRA INVIATA CRISTINA NADOTTI

Badde Orca (Bosa) - Le grandi ali spiegate e immobili, portato dal vento, il primo grifone plana sull’altura che sovrasta il mare non appena l’auto del pastore si avvicina al carnaio. Ben presto sono in cinque a volare in cerchio sopra il quadrato di terreno delimitato dal recinto elettrificato, in attesa che una carcassa sia lasciata a loro disposizione. Oggi però, Salvatore Porcu non ha niente per i grifoni, è venuto soltanto a mostrarci con orgoglio l’area che, per primo in Sardegna e in Italia, ha messo a disposizione per il progetto Life di salvaguardia dei grifoni avviato dall’Università di Sassari.
Il suo terreno a Badde Orca, tra Montresta e Bosa, sulla costa occidentale della Sardegna, è in un punto perfetto: i grifoni trovano poco lontano da qui, nelle gole e nelle falesie a picco sul mare, le rocce ideali per fare il nido e le correnti ascensionali che vi si formano li aiutano come un ascensore a librarsi fin qui, sprecando meno energia possibile.
“Quando mi muore una pecora o una vacca – spiega Porcu –, una volta che il veterinario dà l’autorizzazione invece di portarla all’inceneritore la metto qui. Per me è un risparmio, perché lo smaltimento costa. Adesso poi si sta pensando di farne un’attività per i turisti, potremmo portarli ai carnai a vedere il pasto dei grifoni”. Anche senza osservarli all’opera come macchine perfette di smaltimento, capaci in dieci di spolpare perfettamente una carcassa in un’ora, i grifoni in volo su questo altopiano da cui la vista spazia sul mare e sulla foce del fiume Temo sono uno spettacolo.


La Sardegna, come gran parte dell’Italia, ha rischiato di perderlo: un tempo i grifoni si trovavano in tutta l’isola, ma negli anni ’80 ne rimanevano soltanto circa 60, concentrati vicino ad Alghero e Bosa. La loro sopravvivenza è stata minacciata dai pastori, che spargevano bocconi per eliminare i possibili predatori delle greggi come volpi, cani inselvatichiti e corvi reali, dai cacciatori che li uccidevano per imbalsamarli e dalle regole per lo smaltimento degli animali morti imposte dalla diffusione di malattie come la mucca pazza.
"Sul loro conto c’era anche una percezione sbagliata - spiega Alfonso Campus, dell'associazione L'altra Bosa, che collabora con l'università per il monitoraggio dei nidi - i grifoni (Gyps fulvus) non sono animali pericolosi per gli allevamenti, perché a differenza di altri rapaci, come l’aquila e il falco, non possiedono artigli affilati per afferrare e uccidere le prede. Questi avvoltoi non cacciano, possono nutrirsi soltanto di animali morti e costituiscono in natura uno straordinario strumento di smaltimento, visto che nel loro stomaco anche agenti infettivi come quelli del morbo della mucca pazza vengono neutralizzati".
Il veterinario e i carnai Sopra il dottor Marco Muzzeddu  
che a Monte Minerva segue il reinserimento in natura
di due grifoni giunti dallo zoo di Dresda
Per salvarli era indispensabile contrastare l’uso dei bocconi avvelenati e fornire loro cibo. Su queste due azioni si è concentrato all’inizio il progetto Life under griffon Wings, che ha avuto una prima fase di successo dal 2015 al 2020 ed è stato adesso rifinanziato. La collaborazione con i pastori è stato il primo passo. “Allestire il carnaio è semplice – spiega Fiammetta Berlinguer, professoressa associata del dipartimento di medicina veterinaria dell’Università di Sassari – basta un recinto elettrificato, per non fare avvicinare altri animali, e un palo sul quale piazziamo una fototrappola per monitorare i grifoni”.
Serviva poi rendere consapevoli i pastori dei danni provocati dai bocconi avvelenati e, grazie alla collaborazione con il Corpo forestale e l’addestramento di cani capaci di fiutare il veleno, si è fatta azione di dissuasione e di informazione. Una volta messi al sicuro i grifoni rimasti, il progetto ha poi previsto il ripopolamento, prima con animali arrivati dalla Spagna e adesso con alcuni esemplari da zoo olandesi e tedeschi. La popolazione di grifoni in Sardegna è passata così dai 95-100 individui del 2015 ai 272 registrati nel corso dell’ultimo censimento nel 2020, con un basso tasso di mortalità e l’aumento degli indici riproduttivi.
A Monte Minerva, poco lontano dalla zona del carnaio, la voliera allestita dal centro di Recupero fauna dell’Agenzia Forestas ospita gli ultimi due grifoni arrivati dallo zoo di Dresda. Il veterinario del Centro, Marco Muzzeddu, si sta occupando del loro reinserimento: “Sono animali cresciuti in gabbia – spiega - perciò abbiamo dovuto abituarli alla competizione e alle regole del gruppo quando si ciba della carcassa. Per questo gli abbiamo affiancato adulti irrecuperabili perché potessero osservarne i comportamenti”. La voliera si affaccia sull’altipiano, i due giovani grifoni tedeschi scrutano lo spazio aperto di fronte a loro come scolari impazienti di uscire dall’aula: presto potranno spiegare le enormi ali e unirsi al pasto offerto dai pastori insieme alla colonia.


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...