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3.6.23

· Ed i boss ordinarono “fate a pezzi la straniera”.... Pochi conoscono la ragazza nella foto: lei è Rossella Casini, toscana di Firenze ed oggi è il suo compleanno. È stata uccisa dalla ‘ndrangheta che diede l’ordine di “farla a pezzi”.

ringrazio l'amica Maria Patanè per  avermi      fatto  ricordare  questa  storia  










·

Ed i boss ordinarono “fate a pezzi la straniera”....
Pochi conoscono la ragazza nella foto: lei è Rossella Casini, toscana di Firenze ed oggi è il suo compleanno. È stata uccisa dalla ‘ndrangheta che diede l’ordine di “farla a pezzi”.
Di Rosella Casini non si conosce con certezza né il giorno né l’anno della morte.
Era una ragazza di soli 25 anni che si innamorò senza saperlo, a Firenze, di un giovane studente calabrese, Francesco Frisina che era un rampollo della ‘ndrangheta. Dopo qualche mese Frisina convinse Rossella a trascorrere l’estate a casa dei suoi genitori, per farle conoscere la Calabria. Rossella accettò.
Quello che accadde fu incredibile: durante quella “vacanza” fu ucciso il padre di Frisina, Domenico, da due killer della ‘ndrangheta. Quello fu il momento in cui la vita di Rossella cambiò radicalmente. Si rese conto di aver assistito ad un omicidio di mafia, ma era così innamorata che rimase a Palmi, per stare accanto al fidanzato e dargli sostegno. Qualche mese dopo, anche il fidanzato fu ferito alla testa. Rossella decise di portare il “suo” amore in un ospedale di Firenze, per dargli le migliori cure e toglierlo da quel contesto mafioso. Non solo, quando il fidanzato uscì dal pericolo di vita, Rossella lo convinse a collaborare con la Giustizia.
La famiglia Frisina scoprì il “pentimento” del ragazzo e diede la colpa a Rossella. A quel punto Rossella venne rapita e uccisa, ma il suo corpo mai ritrovato e i processi si conclusero con le assoluzioni di tutti per insufficienza di prove. Nonostante le parole di un pentito di ‘ndrangheta che riferì le parole dei boss “fate a pezzi la straniera”. La straniera era lei, Rossella Casini. La cui unica “colpa” fu quella di innamorarsi di un rampollo di ‘ndrangheta e convincerlo, con amore, a cambiare la propria vita.
Benedetto RandazzoFederico Sollazzo



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Giuseppe Scano
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Roberta BrocciaMadre Terra e amici di ❤
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Inno italiano detto "Inno di Mameli" ma il vero titolo è: Canto degli Italiani.
Due curiosità:
In origine, nella prima versione dell’inno, era presente un’ulteriore strofa interamente dedicata alle donne italiane: "Tessete o fanciulle / bandiere e coccarde / fan l’alme gagliarde / l’invito d’amor". Venne eliminata dallo stesso Mameli.
Nella versione originaria dell’inno, il primo verso della prima strofa recitava «Evviva l’Italia», ma Michele Novaro lo modificò in «Fratelli d’Italia».
Spiegazione di alcuni versi:
Balilla, non ha niente a che vedere con il termine usato durante il Fascismo ma si riferisce al soprannome del bambino che con il lancio di una pietra nel 1746 diede inizio alla rivolta di Genova contro gli Austro-Piemontesi.
I Vespri: Nel 1282 i siciliani si ribellarono ai Francesi invasori una sera, all'ora del vespro (tramonto). La rivolta si è poi chiamata la rivolta dei "Vespri Siciliani".
Le spade vendute: i soldati mercenari (che combattono solo per chi li paga) si piegano come giunchi (erbe dei prati) e l'aquila, simbolo dell'Austria, perde ormai le penne.
Il sangue polacco: L'Austria, alleata con la Russia (il cosacco), ha bevuto il sangue polacco, ha diviso e smembrato la Polonia. Ma quel sangue bevuto avvelena il cuore degli oppressori.
Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
Uniamoci, amiamoci,
l’Unione, e l’amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
Dall’Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d’ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
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Giuseppe Scano
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Daniela TuscanoColorPorpora
Preferiti · 9 h ·

Il papa e l'evento più rivoluzionari del Novecento.



FOCUS.IT
Cos’è il Concilio Vaticano II indetto da Giovanni XXIII? - Focus.it
Sessant’anni fa moriva papa Giovanni XXIII, per tutti era “il papa buono”, ma con i suoi modi pacati, riuscì a trasformare la Chiesa, rendendola più moderna, grazie al Concilio Vaticano II.

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Giuseppe Scano
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Maria Patanè
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La fase iniziale del corteggiamento narcisistico è chiamata idealizzazione o lovebombing. Il narcisista patologico appare dai primi istanti come l’uomo perfetto…
Altro...
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Giuseppe Scano
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Maria Patanè
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Ed i boss ordinarono “fate a pezzi la straniera”....
Pochi conoscono la ragazza nella foto: lei è Rossella Casini, toscana di Firenze ed oggi è il suo compleanno. È stata uccisa dalla ‘ndrangheta che diede l’ordine di “farla a pezzi”.
Di Rosella Casini non si conosce con certezza né il giorno né l’anno della morte.
Era una ragazza di soli 25 anni che si innamorò senza saperlo, a Firenze, di un giovane studente calabrese, Francesco Frisina che era un rampollo della ‘ndrangheta. Dopo qualche mese Frisina convinse Rossella a trascorrere l’estate a casa dei suoi genitori, per farle conoscere la Calabria. Rossella accettò.
Quello che accadde fu incredibile: durante quella “vacanza” fu ucciso il padre di Frisina, Domenico, da due killer della ‘ndrangheta. Quello fu il momento in cui la vita di Rossella cambiò radicalmente. Si rese conto di aver assistito ad un omicidio di mafia, ma era così innamorata che rimase a Palmi, per stare accanto al fidanzato e dargli sostegno. Qualche mese dopo, anche il fidanzato fu ferito alla testa. Rossella decise di portare il “suo” amore in un ospedale di Firenze, per dargli le migliori cure e toglierlo da quel contesto mafioso. Non solo, quando il fidanzato uscì dal pericolo di vita, Rossella lo convinse a collaborare con la Giustizia.
La famiglia Frisina scoprì il “pentimento” del ragazzo e diede la colpa a Rossella. A quel punto Rossella venne rapita e uccisa, ma il suo corpo mai ritrovato e i processi si conclusero con le assoluzioni di tutti per insufficienza di prove. Nonostante le parole di un pentito di ‘ndrangheta che riferì le parole dei boss “fate a pezzi la straniera”. La straniera era lei, Rossella Casini. La cui unica “colpa” fu quella di innamorarsi di un rampollo di ‘ndrangheta e convincerlo, con amore, a cambiare la propria vita.
Benedetto Randazzo

18.11.21

cosa passa per la testa di un femminicida di ®© ❤ Madre Terra e amici di ❤ Roberta Broccia

Le  donne    in questo  caso    riesco  ad  esprimere   meglio    le loro  emozioni      davanti  a  simili fatti  .  Ecco quindi  che ammutolito  riporto   il post  ( eccetto il titolo     che  è  mio )     di  un mio utente    Facebook     


Era di origini sarde Elisa Mulas, la madre uccisa a Sassuolo assieme ai suoi due bambini e sua madre e null'altro sono riuscito a trovare su di lei nei maggiori mezzi di informazione.
Di lei si sa che si era separata una prima volta da un marito con cui aveva avuto una ragazzina oggi 11enne, un marito poi che era stato denunciato per violenza domestica.
Poi l'incontro col nuovo compagno di origini tunisine, da cui erano nati due figli, uno di 5 e l'altro di 3.
La domanda che ci facciamo tutti è cosa può spingere un uomo a commettere quattro delitti uno dietro l'altro, contro una donna che era anche mamma, contro due anime innocenti senza colpa, sangue del suo
sangue, circuiti con due ovetti kinder per riuscire ad entrare in casa, e contro un altra donna, sua suocera madre di lei e anche nonna ...
In molti oramai lo ripetono da troppo tempo, c'è questa visione malata da parte di molti uomini sul possesso di una donna, come se fosse un animale da batteria, un soggetto da utilizzare solo per i propri bisogni e soddisfacimenti, come se dentro quel corpo non battesse una intelligenza, un' anima, un cuore di mamma, pieno d'amore per i suoi figli.
Nonostante le denunce era rimasta sola, le istituzioni come sempre aspettano l'ineluttabile prima di muoversi, appunto quando i fatti criminali si compiono.
Era sarda, e ben pochi in Sardegna hanno detto qualcosa per lei, nemmeno a livello politico, nessuna preghiera per lei e i suoi angeli, che con un gesto eroico e improbabile ha cercato di sottrarre a quelle furia cieca e omicida...niente da aggiungere..
  

19.1.16

I social media e l’amplificazione del reale



 da http://www.sanpotitonews.it/i-social-media-e-lamplificazione-del-reale/admin il 19 gennaio 2016 in Politica


da Guendalina a Sandulli, la politica si fa in anonimo, come dire, “mi vergogno di ciò che dico e di ciò che penso e non posso prestare la mia faccia ai miei pensieri”
La tecnologia e la comunicazione hanno cambiato profondamente la vita quotidiana di tutti noi. L’altro giorno parlando della situazione sampotitese un amico sosteneva che oggi la politica si fa tutti i giorni, anche perché i social media fanno talmente parte del nostro quotidiano, che qualunque affermazione o frase o citazione fatta nel mondo reale o in quello virtuale ha un poderoso impatto anche nell’altro, con effetti sia positivi, sia negativi.
È una frase che mi ha fatto molto riflettere, considerando anche i numeri straordinari di lettori che abbiamo raggiunto col nostro giornale; questa non vuole essere un’autocelebrazione, ma se i nostri contatti unici sono più di centomila, continuando a crescere, e i sampotitesi in tutto il mondo saranno non più di 3500/4000, considerando terze e quarte generazioni, vuol dire che il web riesce a trasportarti in dimensioni che vanno molto aldilà di quello che noi riusciamo a percepire.
Credo allo stesso modo che sia importantissimo confrontarsi costantemente con quello che succede in Italia, nel mondo, e nelle altre realtà, piccole o grandi che siano. Non dobbiamo mai commettere l’errore di pensare che quello che succede lontano dal nostro paesino non possa coinvolgerci, perché siamo distanti km e km; non possiamo ignorare quello che è successo e continua ad accadere, ad esempio, nel Mediterraneo in questi anni, con le traversate dei profughi, perché anche la nostra comunità viene coinvolta dagli eventi e non potrebbe essere diversamente poiché il mondo è sempre più globale; oppure ignorare le stragi di tipo terroristico che la cultura occidentale, non solo attraverso le vittime, sta subendo in questo periodo, né il grande tentativo che Papa Francesco sta provando a compiere nel riformare, nella struttura e nell’anima, la chiesa cattolica.
Tutto ciò, come sopra detto, non può non avere riflessi nel nostro piccolo, a San Potito.
La redazione sta tentando, con risultati che il pubblico poi dirà, di capire come sta cambiando la nostra società, come vivono oggi i nostri compaesani, chi sono i nuovi sampotitesi, qual è la situazione dei commercianti, proprio per discutere su come vivere al meglio la nostra comunità. Le nostre posizioni non sempre vengono condivise, menomale direi, ma il nostro scopo è quello di creare una dialettica perché ci sia nel nostro piccolo paese un confronto vivo, affinché la nostra continui ad essere una comunità e non un dormitorio. Ben vengano i confronti anzi da tempo stiamo cercando ed invitando altre persone a scrivere sul giornale in modo che la discussione resti sempre accesa, per poter allargare il nostro campo di azione e di vedute.
Naturalmente, riceviamo dai nostri avversari politici, che dimostrano spesso di non saper andare oltre la loro piccola visione del mondo, attacchi e repliche. Voglio risponderne a due in particolare.
Per primo al consigliere di maggioranza Gerardo Cataldo che sulla pagina diario elettorale per esporre le sue vedute politiche e per screditare il nostro lavoro, ricorre alla metafora di un sogno; nel suo delirio onirico è facile capire come sia più vicino a Salvini che a De Gasperi.
Poi a Guendalina, altro fake inventato da chissà chi, che nella pagina sempre fake di Alfonso Sandulli ci accusa, come giornale, di aver intentato una crociata contro il nostro parroco Don Antonio; aldilà delle mie personali credenze religiose credo che Don Antonio non abbia bisogno di avvocati difensori, ha tanto da dire e tanto da dare a questo paese e credo possa favorire un confronto sereno fra le parti come domenica, ad esempio, ha mostrato di fare il suo capo spirituale Papa Francesco.

7.6.12

SFATIAMO IL MITO dei ricercatori validissimi costretti ad emigrare. esistono anche gli imbeccilli

  storia  tratta  da  http://www.agoravox.it  per  mezzo   della stessa  autrice   che  è anche propietaria del sito  http://www.inpuntadicapezzolo.it/

La storia di Gigione, il ricercatore scarsone



Si parla sempre di ricercatori validissimi costretti ad emigrare. Delle loro difficoltà, in un Paese che non li comprende. Ma esiste un numero considerevole di storie ben diverse. Storie di scarsoni, non raccomandati, che ottengono riconoscimento (e successo) grazie alla retorica dello "stato che umilia la ricerca" e dell'incapacità di giornalisti e persone comuni di rendersi conto del loro reale (scarso) valore. La statistica ha il compito di quantificare numericamente i casi, i media quello di raccontare entrambi i tipi di storie. Perché assolutamente non bisogna trasmettere alla gente comune un'immagine idealizzata della realtà. Ecco la storia di Gigione (nome di fantasia): non bravo, non raccomandato, emigrato e poi rientrato in Italia grazie alle offerte di gente comune affascinata dalla sua retorica ma non in grado di valutare le sue reali capacità. Il racconto, per ovvie ragioni, non può essere eccessivamente dettagliato.
Aveva scritto una lettera piena di seducenti parole a un personaggio sulla cresta dell'onda, Gigione. Nessun aggancio, nessuna raccomandazione: soltanto la storia giusta - e la retorica giusta - al momento giusto... ed è subito raccolta fondi: Gigione deve tornare in Italia. Era andato all'estero perché in Italia non c'era trippa per lui: altri molto più bravi (alcuni dei quali "figli di", ma tutti indiscutibilmente più bravi di lui) avevano la precedenza. Ma alla fine il qualunquismo ha pagato: Gigione è di nuovo in Italia. Ed è di nuovo in Italia perché si occupa di un'area di ricerca che tocca l'immaginario comune e perché ha saputo scegliere le parole giuste per raccontare un sogno affascinante agli occhi della gente, sebbene non supportato da reali capacità.
Ora Gigione insegna in un'università 
italiana e fa danni con la sua mediocrità. Le persone valide del suo settore lo sfottono un po', ma si guardano bene dal far sentire tutti insieme la loro voce e chiedere provvedimenti: "Tanto in giro c'è di peggio"... Ma quel che è certo è che Gigione è un esempio paradigmatico di cosa possa produrre un certo qualunquismo da strilloni applicato alla critica sociale. Ci sono alcuni, tra i ricercatori che sono tornati in Italia, che sarebbe stato molto meglio se fossero rimasti all'estero. Ma tanto la gente non sa, non può valutare e confonde i cialtroni con gli eroi. È la stessa gente che ritiene che Allevi sia un compositore di musica classica contemporanea, o Bocelli un grande cantante lirico.

I fondi per la ricerca sono importantissimi, ma sarebbe ora di dire basta alla solita retorica dei "cervelli in fuga". La retorica piace a certi baroni, che sono la parte marcia dell'Università italiana e non vogliono altro che più fondi per incrementare il loro potere. Vigliacchi sono tutti coloro che nel mondo universitario si sottomettono a questo sistema e che accettano che le regole non siano rispettate. Non farebbe male, al mondo universitario, l'abbandono di qualsiasi filosofia morale utilitarista in favore del kantiano imperativo categorico. Anche la più innocente delle bugie è sbagliata, punto. Anche il più innocente piccolo imbroglio è sbagliato, punto. Anche la più innocente azione pragmatica di politica accademica dettata dal buon senso è sbagliata, punto. Così come è sbagliata ogni forma di diplomazia o di "tatto" e anche la più insignificante eccezione al rigore autonomo dell'individuo compiuta in considerazione della realtà dei fatti di un contesto sociale. Per intenderci: "C'è Mario?", "No, non c'è" (quando invece c'è). Peccato mortale. Risposta giusta: "C'è ma non desidera parlarti". Rigore, rigore, rigore. E formalismo etico radicale. Solo così l'Italia che vale avrà l'autorevolezza e la dignità morale per sbugiardare e ridicolizzare i Beppe Grillo e i Gigione (ma anche i Di Pietro) di turno.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...