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11.1.22

Beatrice Rigoni «Sono la rugbista migliore, ma non lo sa nessuno»

 

  • Oggi 
  • di Massimo Laganà

  • «CIMERITEREMMO PIÙ ATTENZIONE, PER TUTTI I SACRIFICI CHE FACCIAMO», SPIEGA L’AZZURRA BEATRICE RIGONI. «VOGLIO DIVIDERE IL PREMIO CON LE MIE COMPAGNE. SE HO VINTO, IL MERITO È ANCHE LORO»

    In principio, nello sport, l’importante era partecipare. Ben presto, tuttavia, prevalse l’idea che fosse molto meglio vincere. Ai giorni nostri si è imposta infine un’altra necessità. D’accordo battere gli avversari. Perfetto diventare il numero uno. Ma a cosa serve, se i media non ne parlano? Se l’è chiesto, teneramente, Anna Pedrina, madre della padovana Beatrice Rigoni, entrata nel Best XV di World Rugby 2021, la selezione delle 15 giocatrici più forti del pianeta, ruolo per ruolo. La signora, farmacista a tempo

    perso e tifosa della figlia perdutamente, ci ha scritto una dolcissima mail, per lamentare il relativo silenzio stampa sull’impresa della sua ragazza. E noi siamo qui, pronti a rimediare. Beatrice, ti chiediamo scusa a nome di un Paese calciofilo e ancora un pizzico sessista. Quest’anno sei stata il miglior centro del mondo. Nessuna rugbista italiana ha mai ottenuto un trionfo simile, come sottolinea ad abundantiam la tua mamma. Quanto ti rode, da uno a quindici, che i giornali non ne abbiano parlato abbastanza? «Diciamo dodici, dai! È il mio numero di maglia, legato alla posizione che ho, in mezzo al campo», scherza Rigoni, con apprezzabile ironia. «La passione e le vittorie sono il nostro carburante. Siamo a posto così. Però un po’ di attenzione in più ce la meriteremmo. Se non altro per tutti i sacrifici che facciamo».

    Sei una sorta di “dieci” calcistico, la cifra che appartiene ai grandi del pallone? «Niente confronti, grazie.

    Tra l’altro, non amo particolarmente il football. Preferisco il basket della Nba. Piuttosto ci tengo a sottolineare che il premio va condiviso con mie compagne. La nostra Nazionale ha raggiunto traguardi notevoli. Siamo arrivate seconde al Torneo delle Sei Nazioni. E ci siamo guadagnate la qualificazione per la fase finale della Coppa del Mondo. L’anno prossimo vivremo una grande avventura in Nuova Zelanda, la patria del rugby. Sono emozionatissima».




    Siete meglio degli uomini, verrebbe da dire... «E diciamolo pure», interrompe con un sorriso malizioso Beatrice. «È un dato di fatto. Intendiamoci, non c’è alcuna rivalità con i nostri colleghi azzurri. Anzi, siamo in ottimi rapporti. Nella mia concezione dello sport non esistono differenze di genere. Se vedo una partita, tifo Italia. Non guardo se in campo ci sono uomini o donne. Purtroppo c’è una mentalità da sconfiggere». In effetti, all’alba del 2022, c’è ancora qualcuno che distingue le discipline adatte ai maschietti da quelle consone alle femminucce. «Per fortuna mamma e papà non “ragionano” così. Sono i miei primi tifosi e assistono sempre alle partite, perfino se non gioco, magari per un infortunio. Ho iniziato a 6 anni. Seguivo le orme dei miei fratelli, che hanno smesso presto. Fino alla terza media sono

    stata in team misti, assieme ai ragazzi. Poi l’approdo in una squadra femminile, il Petrarca Padova. E infine il Valsugana, il mio attuale club, dove mi trovo benissimo. Ho vinto tre scudetti e ho il campo a un quarto d’ora da casa!». Per le ragazze del calcio è imminente lo sbarco nel professionismo. Voi come siete messe? «Questa meta per noi è lontana. Per fortuna la federazione ha concesso 15 borse di studio e io sono tra le beneficiarie. Nel mio futuro c’è la farmacia di mamma. Sono iscritta alla facoltà di Ferrara. Mi manca qualche esame». Esiste addirittura una vita sentimentale o manca il tempo? «No comment! Ho due allenamenti quotidiani, le giornate sono molto piene tra campo e studio....». A tal proposito. Capisco che sei giovane, ma fino a quando pensi di giocare? «Ho un obiettivo: arrivare a cento presenze in Nazionale. Ne ho 49. Sono a metà strada».

    6.9.17

    Colin, che protesta contro Trump: Nessuna squadra mi vuole più

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    Colin Kaepernick, il giocatore di football americano che un anno fa rimase seduto durante l’inno nazionale statunitense, ora, a pochi giorni dall’inizio del nuovo campionato di NFL, è senza squadra. Negli Stati Uniti l’inno nazionale è suonato prima di ogni partita (di NFL ma non solo) ed è un momento particolarmente sentito. Quando decise di non alzarsi per onorare l’inno, Kaepernick spiegò: «Non starò in piedi per dimostrare il mio orgoglio per la bandiera di un paese che opprime i neri e le minoranze etniche. Per me è più importante del football, e sarebbe egoista guardare dall’altra parte. Ci sono cadaveri per le strade, e persone che la fanno franca». La cosa fece molto parlare, nello sport ma non solo, e intervenne anche l’allora presidente Barack Obama per sostenere Kaepernick: ma ora che si sono calmate un po’ le acque sembra che nessuna squadra voglia avere a che fare con lui.
    49ers Chargers Football

    Colin Kaepernick, il giocatore di football americano che un anno fa rimase seduto durante l’inno nazionale statunitense, ora, a pochi giorni dall’inizio del nuovo campionato di NFL, è senza squadra. Negli Stati Uniti l’inno nazionale è suonato prima di ogni partita (di NFL ma non solo) ed è un momento particolarmente sentito. Quando decise di non alzarsi per onorare l’inno, Kaepernick spiegò: «Non starò in piedi per dimostrare il mio orgoglio per la bandiera di un paese che opprime i neri e le minoranze etniche. Per me è più importante del football, e sarebbe egoista guardare dall’altra parte. Ci sono cadaveri per le strade, e persone che la fanno franca». La cosa fece molto parlare, nello sport ma non solo, e intervenne anche l’allora presidente Barack Obama per sostenere Kaepernick: ma ora che si sono calmate un po’ le acque sembra che nessuna squadra voglia avere a che fare con lui.
    Dopo Kaepernick, alcuni altri giocatori e giocatrici, di football ma non solo, hanno fatto la stessa cosa: molti per protestare contro il trattamento e la condizione dei neri negli Stati Uniti; qualcuno, come la calciatrice Megan Rapinoe, per i diritti delle persone LGBT. Kaepernick – che qualcuno criticò addirittura perché “non abbastanza nero” e perché troppo ricco per poter davvero parlare dei problemi dei neri – è però rimasto quello a cui si associa quella protesta. Nel marzo del 2017, quando è finita la stagione del football americano, è scaduto anche il suo contratto con la sua precedente squadra, i San Francisco 49ers. La nuova stagione inizierà il 7 settembre e Kaepernick per adesso non ne ha trovata un’altra. Molti ritengono che la cosa abbia a che fare quasi unicamente con la sua protesta, per quello che ha rappresentato, per il simbolo che per qualcuno è diventato.Kaepernick gioca da quarterback e la sua stagione migliore la fece tra il 2012 e il 2013, quando, anche grazie al suo determinante contributo, i 49ers arrivarono al Super Bowl (la finale) in cui furono battuti dai Baltimore Ravens. Gli esperti, i commentatori e i numeri dicono che Kaepernick non ha più giocato ai livelli di quei mesi, ma continua a essere considerato un buon quarterback, e nemmeno troppo vecchio: ha 29 anni, e Peyton Manning, uno dei più forti quarterback di sempre, si è ritirato a 40 anni.

    Colin Kaepernick (Mike Ehrmann/Getty Images)

    Ken Belson ha scritto sul New York Times che la protesta di Kaepernick sembra essersi ora trasformata in una protesa sul fatto che, per via di quella protesta, nessuna squadra di NFL sembra volerlo. A inizio settimana diverse centinaia di persone hanno per esempio partecipato a una manifestazione a Manhattan, dove c’è la sede della NFL, per chiedere che finisse quello che sembra essere una sorta di boicottaggio.


    It's amazing to see the strength, courage, and understanding our youth have! I am energized by their character and hopeful for the future!


    Così come successo un anno fa, anche in questo caso c’è chi ha protestato contro le proteste, sostenendo che sia falso che le squadre si stiano rifiutando di far firmare un contratto a Kaepernick per evitarsi eventuali problemi o che sia stata proprio la NFL a suggerire in qualche modo alle squadre di non prendere Kaepernick, come punizione per il polverone dell’anno scorso.
    Nell’NFL ci sono 32 squadre e fino a pochi mesi fa Kaepernick giocava in una delle più forti. Come
    da https://www.instagram.com/p/BYOj3nMjA3Z/
    ha scritto il New York Times è strano che squadre che avevano davvero bisogno di un buon quarterback – per esempio Baltimora o Seattle – abbiano messo sotto contratto «quarterback con poca o nessuna esperienza» a quei livelli e c’è addirittura una squadra, i Miami Dolphins, che hanno preferito prendere Jay Cutler, che ha 34 anni e aveva deciso di ritrarsi, invece di puntare su un giocatore come Kaepernick forte e con ancora diversi anni di carriera davanti.

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