La svolta dell’azienda agricola di Marzia Giovanatto a Rive d’Arcano. La coltivazione ha buone prospettive di crescita
di Giuseppe Ragogna
Si rompe la monotonia delle solite coltivazioni: mais e soia, soia e mais, perché si è sempre fatto così. Scricchiola l’immobilismo che finora si è aggrappato alle storie di padri, nonni e bisnonni, protagonisti di un’agricoltura di sussistenza: un po’ di terreno, che doveva rendere quel che poteva, e un paio di mucche in stalla. Perché continuare imperterriti a fare le stesse cose in un mondo di rapidi cambiamenti? La domanda coinvolge anche la vita nei campi. Perché rischiare di farsi strangolare dai grandi gruppi industriali che dettano condizioni capestro anche in campagna, riducendo i margini di guadagno delle piccole aziende? Perché non dare spazio a innovazione e creatività?
Queste domande hanno tormentato per un po’ di tempo Marzia Giovanatto, imprenditrice friulana che si è trovata a gestire una quindicina di ettari di terreno dell’azienda di famiglia. Alla fine del ragionamento ha prevalso la logica dell’innovazione. Così, in Friuli, è scoccata l’ora del nocciolo. A Rive d’Arcano, paese di poco più di duemila anime, ai piedi delle colline lungo la strada che congiunge San Daniele e Fagagna, si sta allargando la presenza delle piante eleganti, raccolte in ceppaia quasi per farsi compagnia, con il tronco sottile e slanciato, che producono una “tempesta” di nocciole. I piccoli frutti corazzati alimentano un mercato molto promettente. D’estate, poi, l’estensione di queste piantagioni esalta il verde intenso delle larghe foglie seghettate. È il segno dell’arricchimento di una diversità di colture, che modifica la struttura di paesaggi rurali quasi tutti eguali.
Da sinistra, Renzo Tella, Stefano Zuliani (accovacciato in centro) e Marzia Giovanatto tra i noccioli di Rive d’Arcano (Udine)
La volontà di innovare. L’azienda di Marzia Giovanatto rischiava di restare una delle tante ruote di un meccanismo che produce per conto terzi mais per granaglie, foraggio e materie prime per impianti di biomassa. Perché non metterci la propria personalità nel lavoro? La risposta dell’imprenditrice costituisce l’incipit di una storia alla ricerca di nuove prospettive. L’incontro con Renzo Tella, consulente di impianti agricoli, ora suo braccio destro, è stato decisivo. Che cosa fare dei terreni a disposizione? Dapprima è nata l’idea di un allevamento di bufale: ad Aviano ce n’è uno in espansione.
«Ci siamo messi alla ricerca di qualche esperienza. Dopo la visita a una stalla di Viterbo – racconta Giovanatto – abbiamo scartato quel progetto appena abbozzato. Avrebbe provocato un impatto non indifferente nella zona, tra l’altro non avevamo professionalità nel settore del bestiame. Ma proprio lì, a Viterbo, ci siamo trovati coinvolti nella grande festa per la raccolta delle nocciole. Così è scattata la scintilla di una coltivazione tutta nostra: cinque ettari sperimentali, ai quali ne seguiranno altri». Il mercato mondiale delle nocciole è in mano alla Turchia, che è il Paese leader (oltre il 70 per cento). Ma l’Italia, che controlla un buon 15 per cento, se la cava molto bene: Lazio (proprio il Viterbese è l’area a maggior diffusione), Campania e Piemonte sono le principali aree di produzione, con qualità di tutto rispetto.
E ora anche il Friuli mette fuori la testa per raccogliere soddisfazioni da una domanda che è in crescita esponenziale, sostenuta soprattutto dall’industria dolciaria. Quanto rende la coltivazione di nocciole? Alcune valutazioni sono possibili con qualche conto a spanne, che ovviamente è soggetto alle oscillazioni del mercato: un ettaro può garantire, a pieno regime, 35-40 quintali di nocciole per un prezzo medio che si aggira attorno ai 300-350 euro al quintale. I numeri sono influenzati dalle varietà scelte. Va anche rilevato che c’è un formidabile uso della meccanizzazione in tutte le fasi operative, con abbassamento dei costi di manodopera, fino alla raccolta tra i filari, che è prevista tra la fine di settembre e ottobre. La pianta è resistente, poco esigente e generosa, non ha bisogno di tanto lavoro. Richiede cure minime ed entra in produzione dopo il terzo anno di vita. Non solo. E’ anche longeva: può superare il traguardo dei 70-80 anni.
Il marchio legato al territorio. La decisione di diversificare l’attività agricola non è stata lasciata al caso, ma inserita in un business plan, come previsto per ogni attività imprenditoriale. I terreni di Rive d’Arcano sono stati monitorati attraverso analisi tecniche compiute da un agronomo di Viterbo. Alcune zone del Friuli potrebbero essere adatte come terre di noccioli, anche in pianura, d’altronde le piante crescono allo stato spontaneo e selvatico in collina. Non a caso l’azienda agricola di Rive d’Arcano ha scelto come marchio La Nobile Friulana, con la scritta accompagnata dal simbolo delle nocciole: il marrone del frutto che contrasta con il verde intenso delle foglie.
«Tenga presente - precisa Marzia Giovanatto - che il legame con il nostro territorio è forte, perché siamo convinti che la migliore risposta alla globalizzazione, che alimenta crisi di identità di ogni genere, sia la riscoperta dei territori. Questa è la nostra piccola sfida ai prodotti distribuiti dalle grandi catene commerciali, che ci invadono spesso senza garanzie certificate». Il principio è richiamato in ogni confezione messa in vendita: il valore della terra d’origine. «Si trattava di partire con il piede giusto. Abbiamo preferito puntare su due varietà particolari di nocciolo – spiega Renzo Tella – che tenessero conto delle caratteristiche dei campi, del microclima della zona e della qualità del prodotto.
Così sono state scelte la Tonda di Giffoni e la Gentile Romana. Entrambe garantiscono buone rese, intensità di sapore, croccantezza e fragranza. Abbiamo fatto crescere le piantine nel nostro vivaio, attraverso polloni di ceppaie certificate; in tal modo potenziamo i nostri impianti e aiutiamo chi vuole aderire al nostro progetto». L’idea di Giovanatto e Tella è un cantiere aperto. L’obiettivo è di creare una filiera completa di prodotti: dalla coltivazione alla vendita. Il risultato è l’auspicata nascita di una cooperativa: «Le condizioni ci sono. Pian piano altri si stanno aggregando, da Rive d’Arcano a Manzano, fino a Rovigo».
L’unione fa la forza. La coalizione dei piccoli potrebbe costituire una “sacra alleanza” per resistere alle incursioni dei grandi gruppi dell’industria dolciaria: «Noi abbiamo rifiutato le offerte di un rappresentante della Ferrero, perché le condizioni economiche erano decisamente basse». L’azienda di Rive d’Arcano ha evitato così di diventare una semplice catena di montaggio gestita da altri. È in trattative invece per la cessione di una parte del raccolto annuo a un’impresa friulana di gubane: soltanto una piccola parte - ci tengono a precisare - perchè la quantità più rilevante di nocciole sarà gestita in proprio.
Della nocciola non si scarta niente. Vale il detto del maiale: nulla da buttare, in un’ottica di trasformazione del prodotto. Intanto, tutte le varietà di frutta secca stanno conquistando i mercati, perché sono entrate nelle abitudini alimentari. In pratica, rappresentano degli eccellenti integratori naturali. Le nocciole devono essere tostate in appositi essiccatoi ad aria calda per ridurne il contenuto di acqua. «Noi non abbiamo ancora maturato l’esperienza in questo campo - spiega Renzo Tella - anche perché i nostri numeri sono ancora piccoli. Questo particolare processo industriale lo abbiamo affidato a un’azienda di Viterbo, dove i trattamenti sono all’avanguardia».
Le idee sono chiare per il futuro: nuovo laboratorio a Travesio, mentre altre operazioni (un po’ più in là nel tempo) saranno eseguite a Cimolais, dov’è stato individuato un piccolo sito nella zona industriale, d’altra parte i contributi regionali per le aree svantaggiate di montagna costituiscono un volano per nuove attività. Poi ci sono gli altri utilizzi delle nocciole. La farina pura al cento per cento è molto richiesta da pasticcerie e pastifici, e una parte miscelata con quella di mais (il cui giusto equilibrio resta un segreto aziendale) viene raccolta in appositi sacchetti e venduta per Polente furlane cun nolutes: «La morte sua è la polenta accompagnata con formaggio e insaccati». Le ultime novità riguardano i grissini con farina di mais e granaglie di nocciola e il Noccio-sprint, una crema con aggiunta di miele. Ed eccoci quindi al riferimento al maiale: tutto si tiene, perché anche i gusci producono reddito: sono infatti venduti per la combustione, tipo pellet, in un’ottica economica green.
Da qualche tempo, al progetto si è aggiunto anche Stefano Zuliani, ventitreenne di Castelnovo del Friuli, con diploma di grafica in tasca. Si è inserito nel team con l’obiettivo di far crescere l’immagine aziendale. Il suo ruolo è di metterci anche una buona dose di friulanità negli ingredienti delle pubbliche relazioni. «Nei casi aziendali come questo, che vivono dentro un’agricoltura di nicchia – spiega Zuliani – è fondamentale il legame con il territorio, anche
perché il mercato è locale». Il futuro è nel web, senza però dimenticare le tradizioni delle nostre comunità. Le radici sono il valore aggiunto che alimenta la filosofia di un’azienda che cerca in tutti i modi di sfruttare le buone potenzialità future.