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17.1.25

La controversia sulla decisione di non vendere il libro do vanacci a Castelfranco Veneto



Nei giorni scorsi, la libreria Ubik di Castelfranco Veneto, gestita da Clara Abatangelo (  foto  a  sinistra  )   è stata coinvolta in un episodio che ha sollevato  ancora  una  volta   ,  vedere   il caso  del 21016     quando  Una libreria di Catania dice no al libro del figlio di Riina , interrogativi sulla libertà di espressione in Italia. Ad  esso   va aggiunto  il   fatto   che la libraia ha ricevuto una lettera minatoria dopo aver rifiutato di vendere “Il mondo al contrario” di Roberto Vannacci, un libro che ha suscitato
polemiche per i suoi contenuti controversi. Questo evento ha scatenato un’ondata di solidarietà da parte di lettori e colleghi, ma ha anche attirato critiche e attacchi  da parte di chi sostiene che la libertà di espressione debba avere dei limiti.
Il libro di Vannacci, un ex generale dell’esercito italiano, è stato al centro di un acceso dibattito pubblico. Le sue affermazioni, considerate da molti come provocatorie e divisive, hanno portato a una reazione forte da parte di diverse associazioni e gruppi. La decisione di Abatangelo di non vendere il libro è stata interpretata da alcuni come un atto di censura, mentre altri la vedono come una scelta legittima di un’imprenditrice che non vuole promuovere contenuti che considera dannosi.  Dimenticandosi  che   la  libertà  è   

ovvero anche decidere di non vendere libri del genere chi lo vuole lo compera da un altra parte La lettera minatoria ricevuta dalla libraia ha ulteriormente amplificato la questione, portando alla luce il tema della sicurezza per chi opera nel settore della cultura.



La reazione della comunità è stata immediata e variegata. Molti lettori e scrittori hanno espresso la loro solidarietà a Clara Abatangelo, sottolineando l’importanza di difendere la libertà di scelta e di espressione. Eventi di sostegno sono stati organizzati presso la libreria, trasformando il luogo in un simbolo di resistenza contro la censura. Tuttavia, ci sono anche voci critiche che avvertono del rischio di normalizzare la violenza verbale e le minacce nei confronti di chi esprime opinioni impopolari. Questo episodio ha messo in evidenza le tensioni esistenti nella società italiana riguardo alla libertà di espressione e al rispetto delle opinioni altrui.
Infatti     ciò   che  dovrebbe    far  riflettere   è   oltre    ai   consueti  haters      c'è  il fatto     che  
, invece di solidarizzare con la libraia, in centinaia (“tra cui tantissime donne”, racconta) hanno cominciato a insultarla perché - tenetevi forte - “se l’è cercata”.
Io invece penso ,    come   il  video  sopra  riportato     ,  perchè  come  tu  sei  libero  di :   leggerlo ,  venderlo  ,  ecc , io sono   libero  di  fare  il contrario  a    te   leggerlo .. Inoltre    tale   decisione   non solo che sia una sua libera scelta, di quelle che ogni libraio compie ogni giorno, ma anche, in questi tempi balordi, un piccolo grande atto di resistenza \  guerrglia  contro  culturale  .
E le reazioni violentissime, le minacce, nei suoi confronti    sono lì a dimostrarlo.

21.12.24

il problema non è tony eff ma un altro visto che anche le paladine delle pseudo femministe che gridano alla censura dove non c'è insomma chi come dolce nera lo difendono invocando la censura o dicendo come Dolcenera: " Tony Effe mi fa sesso perché non pensa ciò che dice sulle donne. Le sue canzoni seguono la moda "

E' vero  che   dovrei non parlarne più   e  parlare  d'altro magari  di  cose  più importanti   perchè come ho  detto precedentemente  su queste pagine  gli è stato dato  troppo spazio    per  una  questione  poco  importante   \  di poco conto    rispetto   ai  veri  problemi    che ci  sono .  Ma   quet'analisi  di  Soumalia  Diawara   e l'intervento  (  evidentemente    se ne  approffitta  er  far parlare  di se      e farsi  pubblicità    gratuita  in vista  di    qualche  siuo  nuovo  lavoro  o  concerto  )    di  Dolce nera  

Negli ultimi giorni non si parla d’altro che di Tony Effe e delle sue canzoni! Io ne ho lette e sentite di tutti i colori, ma c’è una cosa che voglio dirvi  !
Vedete, il problema non è tanto perché Tony Effe sia stato o non sia stato invitato al concerto del capodanno di Roma, ma il vero problema è un altro. Tanto per darvi un'idea, questo è il testo di una delle sue canzoni più famose: «Lei la comando con un joystick / Non mi piace quando parla troppo / Le tappo
la bocca e me la f… Volano schiaffi da ogni parte (…) Sono Tony, non ti guardo nemmeno / Mi dici che sono un tipo violento/ Però vieni solo quando ti meno.»
Ecco, questo è uno dei cantanti più apprezzati degli ultimi tempi! Tony Effe viene ascoltato ogni mese
da ben 4 milioni di persone, su Youtube ne raggiunge anche il doppio. E allora mi dispiace dirlo, ma non è Tony Effe il problema! Perché se questi testi ottengono milioni e milioni di ascolti e di visualizzazioni, qualche domanda bisognerebbe iniziare a farsela!
Il vero problema di oggi si chiama ANAFFETTIVITÀ. Si chiama cinismo. Si chiama assenza di emozioni. L’incapacità di provare, comprendere, dar voce e riconoscere le proprie emozioni! Addirittura Jovanotti ha paragonato Tony Effe a Mozart. Ecco, è proprio questo il punto: in una società che chiama arte una banana appiccicata con del nastro adesivo al muro, non sono soltanto le idee e le emozioni che mancano, sono proprio i cervelli che hanno raggiunto il capolinea. Nella società del nulla, avanza il nulla… le canzoni sono imbevute di violenza e di frasi volgari per coprire il nulla che sono! Ed io che sono cresciuta ascoltando De Andre, Guccini, Cocciante, Battisti, mi domando: ma che diavolo è successo alle persone?
E aggiungo un’ultima cosa. Mentre il nulla avanza, l’incoerenza le fa da padrona. Si parla tanto di «femminismo» e poi tutte le cosiddette femministe di oggi hanno scelto di difendere queste canzoni. Gli artisti invece fanno a gara per esprimere solidarietà a Tony e si riempiono la bocca di parole come censura, perché nella società del nulla perfino le parole sono svuotate di senso, significato e valore. Che dire, forse Cattelan su una cosa almeno aveva ragione: siamo alla frutta. Letteralmente!

                                                           Professor X

  Condivido     come  Soumalia  Diawara  che  lo ha     riportato   nella sua  bacheca  (  vedi  sopra )    pienamente il contenuto di questo post e la preoccupazione che solleva. I testi come quelli citati non sono solo offensivi, ma rappresentano un sintomo di una società che sembra aver perso il contatto con valori profondi, con l’arte vera e con il rispetto per gli altri.Non si tratta di moralismo o di nostalgia per il passato, ma di una riflessione sul tipo di messaggi che scegliamo di promuovere e normalizzare.
L’anaffettività, il cinismo e l’assenza di emozioni di cui si parla sono problemi reali, e i numeri che questi artisti raggiungono sono un segnale allarmante. Se milioni di persone si identificano o trovano intrattenimento in testi che celebrano violenza, misoginia e vuoto, dobbiamo chiederci cosa stiamo sbagliando come società e  come    educatori   ed  genitori    visto   il  largo seguito  che  essi hanno   fra  i  giovanissimi   adolescienti . Ma  quello  che  mi  lascia  più  perplesso, appunto    sono  i  genitori     che    gli accomagnano    passivamente    per  di  più ,  senza  spiegargli  neppure    perchè   sono  portatori  di  disvalori   .  Infatti non è solo una questione di musica, ma di cultura. Come siamo passati da artisti che raccontavano la complessità della vita, dell’amore e del dolore, in cui  la  volgarità  aveva  un  suo  significato    ed  era  contrapposta  ad  un certo tipo  di morale   e  di cultura   retrograda \  bacchettona ,     a chi svuota le parole di senso e riempie le canzoni di volgarità gratuita e  senza  scopo   ? La risposta, forse, è che stiamo vivendo in una società che ha smesso di coltivare il pensiero critico e il gusto per ciò che è autentico e significativo e  dove  la trasgressione  era  trasgressione    ,la  ribellione   era  ribellione  ,  mentre oggi   è  solo  conformismo  .Infatti  un tempo i testi sessisti riempivano le canzoni dei Beatles, dei Rolling Stones, dei Doors … ecc  nessuno ci faceva caso o  quasi   perché erano testi veicolati da musica meravigliosa e immortale, capace di far passare la frontiera a quei piccoli dettagli sessisti, misogini o addirittura violenti . Indovinate chi cantava  « ma tu ancheggia un po’ meno e, vedrai, la pelle intatta a casa porterai » o  « alzati  la gonna   lasciati andare  fami  un  po'  vedere  cosa  c'è  da  fare   »   ed  altre  chje ora  non mi  vengono  in  mente  
Infine, l’incoerenza che si nota in chi difende certi artisti in nome della libertà d’espressione è evidente. La libertà è un valore sacro, ma non dovrebbe mai essere una scusa per legittimare messaggi che degradano le persone e sviliscono il linguaggio. È ora di alzare il livello del dibattito e di pretendere di più, non solo dagli artisti, ma anche da noi stessi come pubblico.
Infatti  proprio  mentre   finivo  di copiare  il suo post     ho  letto     le  dichiarazioni    di  Dolcenera: “Tony Effe mi fa sesso perché non pensa ciò che dice sulle donne. Le sue canzoni seguono la moda” .  Allora    gli chiedo    : Cara #dolcenera è troppo facile dare la colpa alla moda o al contesto storico . Allorase va di moda uscire con le mutande a capello esci pure tu oppure ti astieni ? .


29.11.24

Diario di bordo n 89 anno II Spett.Liliana Segre ..... ., Ipocrisia culturale e letteraria italiana ., a babbo morto ed altre letture ., lasciare o restare per morire ? ed altro sul 25 novembre

 Iniziamo   questo  numero da  una  mia lettera  scritta    di getto    alla  Signora  Liliana Segre

in sottofondo    

Spett Liana segre 
Concordo  con lei   quando  dice  che  a    volte   soprattutto  se  manomesse  (  vedi il saggio  la  manomissione   delle  parole    di  G.Carofiglio )   le  parole  sono importanti  e  diventano clave , come  giustamente  ha  fatto  notare  nel  su  recente   intervento   ( corriere  della sera    del  29\11\2024  )  sull'abuso
presunto   della  parola  genocidio usata ormai  sempre più  per  descrivere  le atrocità che  Israele  ed  alcuni  suoi abitanti   i  cosidetti coloni  ,ha  compiuto e  sta    compiendo  . Ma   in realtà le  cose  son più complesse  e  come  giustamente    fa notare    in   suo  recente articolo    : <<  colpisce che alcuni tra i più infervorati nell’uso contundente della parola malata si trovino in ambienti solitamente dediti alla cura, talora maniacale, del politicamente corretto, del linguaggio sorvegliato che si fa carico di tutte le suscettibilità fin nelle nicchie più minute.  (...)   la cultura antifascista e antitotalitaria [  Sic  ] ha avvertito da sempre le implicazioni velenose delle operazioni di negazionismo, riduzionismo, relativizzazione, distorsione o banalizzazione dei genocidi. Di lì passano inesorabilmente le rivalutazioni delle peggiori dittature e le campagne nostalgiche. Da lì parte il sistematico abbassamento degli anticorpi che sorreggono la coscienza democratica dei cittadini. Inquieta che anche alcuni di coloro che meritoriamente si dedicano alla tutela e alla trasmissione della Memoria sembrino non capire che lasciar passare oggi l’abuso del termine genocidio significa produrre una crepa in un argine. E se crolla quell’argine, domani, potrà passare ben altro >>.
Quindi  non usiamo la parola antisemitismo al posto della più corretta antiisraeliana : "L’impennata delle manifestazioni di antisemitismo nel mondo, a livelli mai visti da decenni, dimostra l’effetto devastante delle tossine che sono tornate in circolo." . Si confonde  e  si  fanno tutt'uno   quelle  manifestazioni sono contro la scellerata politica estera di criminali di guerra quali il leader politico di Israele. Gallant etc. come ben chiarito anche dalla Corte Penale Internazionale su cui il vostro Leader osa discutere, così come nei confronti dell' ONU, il cui segretario generale, Antonio Guterres, è stato definito "persona non gradita". Avete scelto di cavalcare un'onda di crimini ingiustificati in nome di cosa? E la Comunità ebraica che posizioni ha preso?   Mi dispiace Sig.ra Segre,  anche  se   ha  la mia  piena  solidarieta   per  i  vergognosi  attacchi  antisemitici      che    ora  più che  mai sta  subendo  , ma si sbaglia perchè :  uno stato un altro popolo ovviamente  senza  generalizzare    che  si  comporta    in   quel  modo    verso un  altro popolo    ,  e   a  dirlo non sono  solo  i non ebrei  ma   sono anche alcuni esponenti  dellla  sua  stessa   religione ,  commette  appunto  un genocidio  . 

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La tragicomica la fuga di scrittori dalla  rassegna    «Più libri, più liberi», in programma a Roma dimostra   di come stia  scadendo    sempre  più la  nostra  cultura  . La pietra dello scandalo è   stata l’invito al filosofo Leonardo Caffo, sotto processo a Milano per maltrattamenti e  lesioni sulla sua ex compagna, in una  giornata  dedicata  a Giulia  cecchetin    e   alle  done  vittime di femminicidio e  violenza    di genere  . Si è si sta  verificando    quello che diceva Nanni  Moretti    anni fa     

Non è  bastato il suo ritiro, né l’appello alla presunzione di innocenza della direttrice  della kermesse Chiara Valerio, << a fermare  una disdetta vissuta >> secondo il giornale IL DUBBIO << dai più fanatici
come un’obbedienza alla purezza.  IL garantismo non c’entra – ha sentenziato uno dei vati del oralconformismo d’élite, Paolo Di Paolo – l’invito a Caffo era  inopportuno . Facendo intendere che
prima di scegliere gli ospiti, la direzione  avrebbe dovuto vagliare denunce, sospetti
e pettegolezzi sul loro privato. Ma  il più «dritto» di tutti è stato l’idolo delle  masse, il fumettista Zero Calcare. Il  quale ha annullato il suo dibattito con  questa motivazione su Instagram: «Mi è  sembrato evidentemente inopportuno  invitare a una fiera dedicata a Giulia  Cecchettin un uomo (confesso che non
sapevo manco chi 🤔 fosse) accusato  di violenza ai danni della sua compagna ». Ma non ha annullato il firmacopie a cui si sottopone  per ore, per la gioia  di pazienti file di fan  acquirenti. >> . Una prova di
quanti zeri e quanta ipocrisa si siano incrostati nelle condotte della cultura  di questo povero Paese ormai sempre allo sbando . 



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Ed   proprio  per    un  caso  che   fra  i  libri       da me  letti in  questo periodo   c'è ......   "A Babbo morto" è un libro di Zerocalcare che racconta la storia di Babbo Natale che muore e viene sostituito da un improbabile Figlio Natale Il libro è a metà tra favola cinica illustrata e fumetto, magistralmente colorato da Alberto Madrigal.
Natale… i regali, il cenone, i parenti… ma ci avete mai pensato alle condizioni di lavoro dei folletti

nella fabbrica di Babbo Natale? Zerocalcare sì, e vi racconta per la prima volta la scabrosa verità dietro al business della consegna dei regali. Bonus! Le anziane rider della Befana scioperano insieme ai minatori sardi (le cui miniere di carbone vengono chiuse perché nelle calze i bambini preferiscono trovare gli orsetti gommosi), per ottenere migliori condizioni di lavoro!Quando finirete di leggerlo vi ripeterete ad alta voce che Babbo Natale non esiste per sentirvi meno tristi !  Quind cari  :  Genitori  ‹‹  se  proprio    dovete fare  figli  ,  almeno dite  loro  la  verità  >>


Gli altri due libri sono due Noir
 Storico quello di Jacopo De Michelis con il suo nuovo thriller La montagna nel lago (Giunti editore) fresco finalista del Premio Scerbanenco, ambientato proprio in quel 1992, è andato invece a scavare nella vita precedente di Junio Valerio Borghese, prima che teorizzasse un colpo di Stato, quando era ancora il capo della X Mas, unità militare autonoma (anche se il Principe aveva aderito alla Repubblica di Salò), che si ritrovò ad avere una sorta di quartier generale, se non altro per la residenza dello stesso
Borghese a San Paolo, sull’isoletta del lago d’Iseo.
Il centro del racconto, però, è a Montisola, poco distante. Muore Emilio Ercoli, un industriale che ce l’ha fatta: subito dopo la seconda guerra mondiale ha costruito in fretta e con successo un impero sulle reti da pesca. Il suo retificio fattura parecchio e riesce a espandersi anche lontano dal lago d’Iseo. Viene accusato dell’omicidio l’ex amico diventato nel frattempo acerrimo nemico Nevio Rota. Così il figlio di Rota, Pietro, dopo una decina d’anni di lontananza (deliberatamente scelta) torna al paesello. È andato a Milano a cercare fortuna infatti, con il sogno di diventare giornalista. Ma alla fine si ritrova a scrivere per un settimanale scandalistico. Non proprio quello che avrebbe voluto. Addio sogni di gloria dentro una Milano in cui resistono i vizi e gli agi, nonostante gli arresti eccellenti, della città da bere (copyright dell’epoca del reflusso).


Ma siamo nel 1992 e piano piano il sistema dei partiti così come l’avevamo conosciuto sta crollando. La Prima Repubblica sta esalando i suoi ultimi respiri.
Il giornalista così si trasforma presto in investigatore e cerca di venire a capo dell’omicidio del rivale del padre, più che altro per cercare di scagionarlo dalle pesanti accuse.
E qui il thriller diventa anche storico, perché ci riporta proprio a quel 1944, quando la guerra stava ormai per concludersi, con la sconfitta ormai segnata di fascisti, repubblichini e degli ultimi irriducibili del regime e non solo. Tra gli irriducibili anche il principe Borghese che aveva fatto di Montisola e San Paolo un feudo personale e che dialogava senza problemi con i gerarchi nazisti, nonostante la diffidenza invece che gli ufficiali del Terzo Reich avevano nei confronti dei fascisti.
In questo libro i fantasmi del passato e i suoi orrori tornano a farsi vivi e soprattutto si agitano su un delitto che per la chiacchierata vittima – non è spoiler: uno che si sapeva muovere saltando da una parte all’altra della barricata, arrivando anche ad approvigionarsi al mercato nero – fotografa in quel 1944 quanto fossero pericolose e molto grigie diverse zone di un Paese lacerato. Anzi, dilaniato.
Un po’ come accade nell’Italia  oggi    dopo il  1989\1992  ,    uno  degli eventi spartiacquee   della  sua  storia   la prima  repubblica  ,   in cui si ritrova a indagare Pietro. I due livelli temporali, 1944 e 1992, squarciano il velo su altrettanti snodi cruciali della storia d’Italia, anche raccontandola (con la forma del romanzo, non necessariamente storico) e passando per il vissuto dei protagonisti.
Tra l’altro, anche qui non è spoiler, alla fine di quel 1992 tutta questa crime story che sarà risolta (andate a scoprire, leggendo questo libro, chi è l’assassino) diventa una trama perfetta da film. E nel 1992 siamo esattamente ai tempi di Twin Peaks, la perfezione di mistero e suspense firmata da David Lynch per la tv. Il produttore cinematografico nel libro di De Michelis – di fronte al dispiegarsi della storia – dice che l’attore che potrebbe interpretare il giovane reporter Pietro Rota potrebbe essere Kyle MacLachlan (il detective DaleCooper protagonista di Twin Peaks). Ma alla fine chi ha ucciso allora Laura Palmer ?

Medico   \  poliziesco  il secondo
di  Silvia  Marreddu   autrice sarda, esordiente, ha presentato al  suo primo romanzo,
L’Attesa, un thriller ambientato tra la Sardegna, precisamente a Olbia, e Bologna. La trama narra Josephine Orrù, una maestra vicina ai quarant’anni, si rivolge al polo sanitario all’avanguardia Fiat Lux di Olbia, dopo il rifiuto di un’ovodonazione da parte della sorella Michelle, affermata data analyst del Tecnopolo di Bologna. Decisa ad andare avanti, Josephine incorre in una complicanza durante un trattamento. Michelle torna in Sardegna per starle vicino, ma percepiscenell’ospedale un’oscura ambiguità e si scontra subito con il dottor Manca che ha in cura Josephine. Michelle ama il mare e ne conosce le insidie; deve addentrarsi in quelle acque per strappare la maschera al Fiat Lux, correndo un rischio che può esserle fatale. In questo avvincente romanzo Olbia appare luminosa e nel suo golfo incombe il Fiat Lux che come il mare, potente e infido, tradirà la promessa di una terra ospitale e accogliente


Una storia ricca di retroscena che rendono la narrazione avvincente e piena di tensioni.Un esordio  discreto  ma  niente  male    , anche se  ancora  un  po'acerbo   Ma  promettente . Sembra   Cosi  vero  e  autobiografico .  



concludo    con  un bellissimo racconto  e   su  una  riflessione   sul 25     novembre2024  appena  passato   perchè tali  giornata  \  settimana  essa non sia   solo una giornata  d'ipocrisia  o  di strumentalizzazione   ideologica   \  politica  






6.8.23

come perdere la gioventu - Alinetu Pipe Daniele Carbini

 Noto che i giovani, quelli veri, vengono sminuiti, fatti a pezzi, ridicolizzati, tacciati di ogni cosa, sentendoci dei gran fighi che la sanno lunga.I giovani, quelli veri, che ogni tanto provano con il loro linguaggio a comunicare con noi, con i finti giovani, quelli che a cinquant'anni sono spesso ridicole macchiette dal fare ardimentoso e invece suscitano un poco di compassione... e non è proprio un'emozione di entusiasmo.I giovani, quelli veri, che ogni tanto provano a comunicare con i vecchi, che non ne vogliono sapere di riconoscersi come tali e vogliono sempre le redini del potere, delle poltrone, visto che secondo loro figli e nipoti non sono abbastanza capaci.I giovani, quelli veri, che ci urlano rabbia e disprezzo, che se ne stanno nel loro mondo e di fatto non ci cagano di striscio.I giovani, quelli veri, che non si preoccupano minimamente del nostro mondo, che non vanno a votare, che sono stati esclusi e per ovvia ragione ci hanno escluso da tutto.Noi li facciamo a pezzi ogni volta che ci riducono in ridicolo e vergogna. Allora troviamo subito la verità delle loro mosse. Greta è malata e l'ultima è una stupida influencer che fa l'attrice, non soffre per davvero di malessere per un pianeta che stiamo distruggendo.Ci sentiamo tanto fighi ad annullarli.Peccato che serva solo a noi, per noi, i finti giovani e i vecchi.Peccato che siamo talmente ciechi e sordi che non ci rendiamo conto che ai giovani veri le nostre invettive di disprezzo non li sfiora nemmeno. Pacifica noi e le nostre truppe di lacchè striscianti.Sminuire i giovani, quelli veri, è polverizzare il futuro.Cosa è una società senza futuro?I giovani, quelli veri, li perderemo per sempre.

4.7.23

no al bavaglio del politicamente corretto

   colonna     sonora    

la  tua  libertà  - francesco  Guccini *


Non è facile definire la libertà. Si tratta della possibilità di votare? Di seguire le nostre inclinazioni? Di fare ciò che vogliamo? Un primo passo per definire questa parola è, senza dubbio, partire dal pensiero: siamo liberi solo se possiamo ragionare liberamente. Ma  ultimamente   la  : <<[...] La tua libertà\Se vuoi, la puoi trovare\E un uomo saggio\Regole farà\Una prigione fatta di parole;\I carcerieri\Di una società\Ti impediranno di cercare il sole;\La tua libertà\Se vuoi, la puoi avere [...]   La tua libertà  \Cercala, che si è smarrita . \Cercala, che si è smarrita >>*
Ora   Secondo Ortega y Gasset ( Madrid, 9 maggio 1883 – Madrid, 18 ottobre 1955 filosofo e sociologo spagnolo  )  per esempio, ogni società realmente libera dovrebbe accettare anche “idee estreme alle quali riferirsi nella disputa”. Tutto dunque è concesso. ?  secondo  alcuni  me  compreso  ( vedere  faq  ed  manifesto blog  ed appendice  social   ) Tutto ha cittadinanza ed è solo nello scontro intellettuale - quello vero, non quello dei talk show e dei maistream  - che una tesi può vincere sull’altra.Ma  purtroppo da un po’ di anni a questa parte, però, viviamo una sorta di censura collettiva. Infatti   La storia  sia   che  venga  usata  in maniera  faziosa    e strumentale  ( la  rilettura     faziosa     ed  ideologica    degli ultimi 170  anni     della  storia  nazionale  soprattutto   dal 1920   in poi  )      fa paura nella  sua  realtà  e, non potendo cancellare   fisicamnte  il passato, si eliminano o si propone    di farlo  i monumenti che lo ricordano. La  stessa  cosa    per  le  forme   del pensiero non  conforme  .  Infatti   Il pensiero fa paura e - non potendo (almeno apparentemente) entrare nella testa degli altri - si vietano parole, e dunque riflessioni, tabù. E non  almeno non solo  per un buonismo peloso. Ma perché ci si immagina una società diversa. Una cultura diversa. Uomini e donne diverse, come spiega Valerio Savioli nel suo L'Uomo Residuo. Cancel culture, "politicamente corretto", morte dell'Europa (Il Cerchio): "L'obiettivo dello scontro in corso è chiaro: rendere l'uomo solo innescando scontri tra generi, popoli e generazioni che portino alla distruzione di ogni corpo intermediario tra l'individuo e il Potere, privandolo del diritto alla dignità di contestare ciò. Il risultato sarà un uomo privo della  propria   identità culturale, religiosa e sessuale. Un essere vivente che vivrà per affogare in bisogni artificiali e scambierà questo effimero momento per libertà. Triste e desolante è il destino di ciò che rimane dell'Uomo, o meglio dell'Uomo Residuo".
Siamo uomini a metà. Restiamo ancorati a ciò che c'è di buono e di giusto, mentre ci scontriamo contro l'onda progressista. Vogliamo essere coraggiosi mentre abbiamo paura di tutto. Ambiamo, più di tutto, ad essere sicuri. "La paura è diventata la lente attraverso la quale si osserva il presente, questa predisposizione tende costantemente a calcolare il quantitativo di rischio in rapporto a ogni singola decisioni". Vogliamo essere certi che tutto vada bene. Che sulla nostra strada non incontreremo pericoli. E forse crediamo anche che sia meglio non uscire di casa, come durante la pandemia di Covid-19. "Che succede se mi infetto?", si chiedeva un terrorizzato Giuseppe Conte. È la cultura, sottolinea Savioli, del safetism. Dell'esser sicuri a tutti i costi. Questo termine "compare per la prima volta nell'opera The Coddling of the American Mind di Greg Lukianoff e Jonathan Haidt. Il termine safetism viene usato per denotare una cultura morale in cui gli individui non sono disposti a concedere compromessi rispetto ad altre pratiche morali. Per intenderci, la sicurezza diviene quindi la prerogativa principale. Una ragione essenziale. Le principali minacce alla sicurezza percepite si circoscrivono entro le tematiche di razzismo, sessismo - sul cui contesto si applica generosamente il suffisso 'fobia', concetto di per sé non comprensibile, proprio perché la fobia è considerata dalla stessa psichiatria un disturbo psichico che consiste in una paura angosciosa dettata da determinate situazioni   incrementate     da  una politica  malpancista    che ha  strumentalizzato (  e continua  )    e  sfruttato  m\  alimentato la pancia   della  gente     davanti      al distanziamento sociale indotto dalle politiche di contenimento per la pandemia".È per questo che - se non segui il pensiero dominante  \ comune (che rende l'uomo comune)   anzichè  parlare   con il cuore  e con la mente   ed  fare  autocritica  





ed  provi ad  usare    il  tuo  spirito critico   \  libero arbitrio    - ti viene appiccicata l'etichetta di omofobo, di zenofobo, e ovviamente anche di retrogrado. E poco importa che tu non lo sia. Il tuo pensiero viene giudicato tale solo perché va controcorrente. E si ostina a farlo. La marea politicamente corretta sale. Armiamoci di libri  per salvarci. Per comprendere ciò che sta accadendo attorno a noi. Per discernere la realtà. Per essere uomini. Veri. Completi. Per riprenderci la nostra integrità ed la nostra  libertà decidendo   cosa  è  giusto  o sbagliato  ed  non siano  gli altri   a imporcelo .

26.11.22

[ settimo giorno senza mondiale ] le proteste di questo mondiale sembrano più conformiste che altro manca una diplomazia del pallone

 È passata  ed  ancora   sto resistendo  una settimana  dall'inizio dei mondiali ed  ancora  non ho seguito  nessuna partita nonostante   sia  convalescente   per via  dell'herpes   e  quindi sia sempre  al pc o con la tv  accesa  . Ma  da  quello  che  leggo da   più parti   , soprattutto  repubblica   d'oggi ( ne trovate  l'articolo sotto )    e  da quel  che  ricordo  della storia  del calcio    , è mancato     un vero  gesto  (  quelli avvenuti  sono solo  poco incisivi , a senso unico  ,   al limite del conformismo   e del politicamente  corretto   )  almeno  per ora  . Infatti ancora  non si  è visto   un gesto  coraggioso    che  so  un  coming  out  di un giocatore   un bacio omo  da parte del pubblico  in diretta o  censurato per  fifa    dalle  telecamere  della FIFA  .  

                                     da  repubblica   d'oggi  

La partita più triste di sempre fu anche la più breve, quindici secondi tra il fischio di apertura e il triplice finale. Si disputò il 21 novembre 1973, Estadio Nacional di Santiago, fra Cile e Urss. In palio la qualificazione al Mondiale 1974, andata a Mosca 0 a 0. I sovietici si rifiutarono di disputare il ritorno nello stadio dove erano stati incarcerati i militanti fedeli al presidente socialista Allende, caduto nel golpe del generale Pinochet. La Fifa, ricorda Gregorio Mena Barrales, uno dei detenuti, finse di non vedere i 7 mila prigionieri e diede l’ok al match. L’Urss non si presentò, il capitano del Cile “Chamaco” Valdés Muñoz segnò a porta vuota, 15 mila spettatori applaudirono grotteschi. L’Urss però, nota Heather Dichter, curatrice del monumentale saggio Soccer Diplomacy: International Relations and Football since 1914 (University Press of Kentucky), pur eliminata, vinse il dribbling politico e accusò il presidente Nixon e il diplomatico Kissinger di sponsorizzare i dittatori. Quando, dunque, alla partita d’apertura in Qatar, l’emiro Tamim bin Hamad al-Thani ha accolto in tribuna il principe saudita Mohammad bin Salman la diplomazia del pallone esercitava, in diretta tv, solo un nuovo capitolo della saga nata oltre un secolo fa. I pessimi rapporti Doha-Riad facevano temere, dal 2017, lampi di guerra panaraba sul Golfo (il Qatar ospita il comando Usa Centcom, Medio Oriente e Asia centromeridionale), tutto raffreddato invece, nell’aria condizionata dello stadio al Bayt, un prato nel deserto. Ora che il Qatar è eliminato, i tifosi locali terranno per i sauditi? Secondo l’enfatica rete tv di casa Al Jazeera sì, anzi l’intera comunità islamica si mobiliterà «dai caffè curdi di Erbil, ai pub di Istanbul, agli stadi di Gaza». In realtà, se i tifosi del Qatar sembrano freddi, la torcida verrà da lontano: all’Inter Club di Lakkidi, stato indiano di Kerala, le chat chiamano gli amici residenti a Doha perché vadano allo stadio con le bandiere saudite. Qualcosa del genere si è visto dopo la vittoria dell’Arabia sull’Argentina: i colori dei due Paesi uniti in una festa inattesa. Le presenze del Segretario di Stato to Blinken, degli uomini forti di Egitto e Turchia, al Sisi ed Erdogan, del presidente algerino Tebboune, hanno lanciato il summit del pallone che, con le proteste di Iran e Germania, svuota l’invito del presidente Macron: “Non politicizziamo lo sport!”. In realtà, a inventare il cocktail Sport-Politica-Diplomazia, dosi uguali e shakerare, son stati proprio i francesi, dalle Olimpiadi di De Coubertin ai club di calcio che, dopo la Grande Guerra, girarono l’Europa in tour di propaganda del governo parigino. I sauditi sognano ora il Mondiale 2030, magari in team con Grecia e Egitto, e la carismatica principessa Haifa al Saud, discendente per via paterna della dinastia Abdulaziz bin Abdul Rahman Al Saud, ha invitato per un giro del Paese un imbarazzato Messi, ennesimo sponsor per il cartello monstre sport-turismo-economia da lanciare via calcio-golf-Formula 1 (Tiger Woods avrebbe detto no a centinaia di milioni). E CR7 ha ricevuto un’offerta per giocare nel Newcastle arabo. I casi di studio son tanti, il Caudillo spagnolo Francisco Franco, reietto dopo la guerra civile 1936, usò i cinque trionfi in Coppa Campioni del Real, 1955-60, per riguadagnare prestigio all’estero. «Noi antifranchisti — ricordava lo scrittore spagnolo Jorge Semprun — ci infiltravamo da Parigi, nei caffè di Madrid la polizia ci chiedeva il risultato del Real, scena muta e dritti in galera…». Nel 1955, piena Guerra Fredda, quando la popolazione islandese contesta la base aerea USA di Keflavik, il presidente Eisenhower invia la Nazionale americana in amichevole a Reykjavík, e tutto si aggiusta. La Calcio-Diplomazia ha però una condizione indispensabile, conclude lo storico Peter Beck, «che le squadre facciano buon risultato, Esempio classico la Germania Ovest 1954, che batte la mitica Ungheria 3-2». Contestatissima, in odore di doping, la squadra intera finisce in ospedale, per “itterizia” si disse allora. La Germania ritornò nella diplomazia globale e il geniale regista Fassbinder usò la concitata radiocronaca nel film Il Matrimonio di Maria Braun, usando quei gol per datare la vera fine della guerra a Berlino. 
                                                   
                                                      Gianni Riotta


Infatti l'articolo di Riotta trova conferma oltre che negli eventi da lui citati dal fatto che la Coppa del mondo non è soltanto una manifestazione sportiva, ma è anche un evento con importanti condizionamenti e riflessi politici e diplomatici. Infatti Celebri sono le strumentalizzazioni propagandistiche delle vittorie mondiali della nazionale italiana negli anni Trenta e argentina nel 1978 effettuate da dittatori come Mussolini e Videla. Altri episodi, come i festeggiamenti in Iran per la qualificazione ai Mondiali del 1998, che portarono migliaia di donne a scendere in piazza violando convenzioni e divieti, o l’appello effettuato da Didier Drogba a deporre le armi e organizzare libere elezioni in una Costa d’Avorio lacerata dalla guerra civile, in occasione della qualificazione della propria nazionale a Germania 2006, Questi ed altri fatti sono riportati dal volume LA DIPLOMAZIA DEL PALLONE Storia politica dei Mondiali di calcio (1930-2022) di Riccardo Brizzi- Nicola Sbetti  in cui si ripercorre la storia della Coppa del mondo di calcio, dalla prima edizione del 1930 in Uruguay sino a Qatar 2022, mostrando come questa manifestazione sportiva abbia acquisito un crescente protagonismo sul terreno mediale, economico e soprattutto politico, che l’ha trasformata in un vero e proprio mega-evento globale.
Un libro   che  credo che  regalerò per  natale  all'amico con cui  ho  intavolato quel breve  discorso   riportato  su  queste  pagine    nel post  precedente

E  anche oggi   il mio dovere  l'ho fatto  

18.10.22

un altra vittima della dittatura del politicamente corretto Francesco Baccini accusato di sessimo: la sua risposta è al veleno. «Allora cancelliamo Vasco e De Andrè» Il cantante genovese è stato accusato di sessismo per la canzone Le donne di Modena, scritta oltre 30 anni fa

Anche se questa vignetta e  l'articolo   La dittatura del politicamente corretto non esiste, si tratta solo di marketing di Fumettologica  che  la  contiene   hanno ragione  

 Una vignetta di Zerocalcare da “La dittatura immaginaria”, pubblicata su Internazionale del 14/20 maggio 2021


il politicamente  corretto    sta  diventando una dittatura  omologante  .   Eccone  un esempio 

  https://www.leggo.it/spettacoli/  del 17\10\2022


La scure del politicamente corretto si è abbattuta anche su Francesco Baccini e su una delle sue canzoni più popolari, Le donne di Modena. A scoprire che il testo della sua canzone fosse accusato di sessismo, è stato lo stesso cantante a Sondrio, una volta salito sul palco del Premio letterario «Notte dei poeti», quando durante la consegna della targa, una ragazza del pubblico ha detto la sua opinione. Il j'accuse della ragazza, riguarderebbe il passaggio della canzone: « tutte fanno da mangiare, sanno cucinare, odiano stirare, e san far l’amore », cantata dal genovese ben 32 anni fa.
Baccini risponde


E su twitter, il cantautore, tornando all'episodio, condivida una sua riflessione seguita alla contestazione della ragazza, scrivendo: «Se ” le donne di Modena “ ha un testo sessista saremo costretti a cancellare De andré, Jannacci, Dalla, Vecchioni, Vasco Rossi … direi che e’ L’ ora di finirla con questo politically correct , si va avanti in retromarcia ….», lo sfogo amaro di Baccini.
Prima di essere premiato, ho eseguito alcuni brani del mio repertorio e nell’introdurre ‘Le donne di Modena’ ho fatto una battuta dicendo che oggi forse avrei qualche problema a pubblicare un pezzo del genere perché potrei essere accusato di sessismo» racconta Baccini sulle pagine del Quotidiano Nazionale.
«C’era, ovviamente, dell’ironia nelle mie parole, ma, quando l’accusa è materializzata nell’aria per davvero, ho invitato la ragazza a salire sul palco e spiegarmi le sue motivazioni. Avrà avuto vent’anni e scandendo le parole come un automa mi ha detto di sentirsi offesa in quanto donna - detto ancora il cantante - Ho cercato di spiegarle che in realtà il testo mette alla berlina il gallismo italiano, ma niente da fare; come parlare col muro.

11.7.22

l'ennessima imbecillitta conformistica del politicamente corretto Basta grembiulini azzurri e rosa, dall’anno prossimo «sarà consentito solo l’uso del colore giallo»

 DI  COSA  STIAMO PARLANDO 

Pistoia, alla materna tutti con il grembiule giallo per la parità di genere. Pillon: «No ideologia sui bambini»

Basta grembiulini azzurri e rosa,dall’anno prossimo «sarà consentito solo l’uso del colore giallo», scrive il preside. Polemico il leghista Pillon

Un grembiule per combattere gli stereotipi di genere. Dal prossimo anno i bimbi della scuola materna dell’istituto comprensivo Salutati-Cavalcanti di Buggiano (Pistoia) indosseranno un grembiule giallo senza distinzione tra alunni maschi e femmine.  [....]   segue su Pistoia, alla materna tutti con il grembiule giallo per la parità di genere. Pillon: «No ideologia sui bambini» - CorriereFiorentino.it


la   lotta per «educare al rispetto, per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione»  ovvero  La parità, così come l’uguaglianza di diritti e doveri, non si oppone alla differenza e alle differenze, ma alla diseguaglianza, alla disparità e alle discriminazioni»   si puo  fare  ed  sostenere  anche senza pagliacciate  simili  . cosi  anzi  che  valorizzare  le   diversità   si   omologano  . uguaglianza  si ma ella  diversità  non appiattimento nel  conformismo omologante
 

12.6.22

uguaglianza a tutti i costi ed il politicamente corretto obbligato uccidono la diversità oltre che creare - rafforzare il conformismo le polemiche il caso di Michela Marzano

qualche giorno fa su Repubblica, , Michela Marzano ci ha rivelato che essere donna è uno stato d’animo che non coincide necessariamente con il sesso biologico. Per lei esistono, insomma, anche donne con il pene e chi non la pensa così non appartiene alla vasta parte del mondo femminista gender critical che rivendica la realtà del sesso, ma alla “comunità Terf”. Dice proprio così: comunità Terf.


da
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Forse Marzano, e di conseguenza Repubblica, non sa che Terf è un insulto misogino bandito dalla stampa più autorevole come il New York Times, il Washington Post e il Corriere della Sera.
Perché, dunque, usarlo? Perché non menzionare i casi di violenza sessuale e perfino di gravidanze in cella che si stanno moltiplicando nei Paesi in cui basta dichiararsi donna per essere ammessi in un carcere femminile?
O il grottesco fenomeno delle donne stupratori? O le case rifugio per le donne vittime di violenza costrette a chiudere (è accaduto in Canada) perché non accettano individui con i genitali maschili?
Soprattutto, qualcuno a Repubblica si potrebbe concentrare sui tanti problemi che affliggono le donne? Dalla parità salariale ai femminicidi che continuano ad avvenire nel nostro Paese tra l’indifferenza generale. Qualcuno si è chiesto come andrebbe ad impattare un’indistinta massa di persone non binarie sulle statistiche che rivelano le disparità tra uomo e donna nell’occupazione, nelle carriere apicali, nella quantità di lavoro domestico, nei congedi parentali, nell’attenzione alle malattie femminili come l’endometriosi?
Viviamo in un mondo che è già costruito dall’uomo per l’uomo, In un mondo non binario la donna sparirebbe del tutto. Infatti non si sa più definirla.
Cos’è una donna si chiedono i laburisti? E’ un essere umano adulto di sesso femminile, diciamo noi. E no, non ha il pene.
Non sono femminista anche se nl condivido alcune cose ed la terragni mi sembra troppo retrograda . Ma qui ha ragione un conto è il genere un altro è il sesso . Se da un lato è vero che stato d’animo di una persona che non coincide necessariamente con il sesso biologico è altrettanto vero che esiste anche chi sta bene ed s'accetta per quello ch'è uomo o donna . Infatti non riesco a biasimare chi come Tiziana Myrina Luise afferrma : << Quando il delirio esce dalle bolle social e investe il grande pubblico, certe assurdità si mostrano per quelle che sono. La cosa interessa direttamente anche le donne e gli uomini etero. Repubblica fa Propaganda woke per guadagnare lettori/ici. >>
Michela Marzano riprende su La Repubblica il dibattito in corso nel partito laburista britannico -e in
tutta la sinistra liberal occidentale: ormai c'è solo quella- sul tema surreale "chi una donna?", a fronte del quale perfino da quel  che  ricordo dei  miei studi e delle mie letture  il patriarca Sigmund Freud, che dalle donne -le isteriche- aveva tratto il più della sua scienza e del suo linguaggio, si era mostrato più giusto e rispettoso.
La questione che agita il Labour e  tutte le  sinistre liberal   riguarda le cosiddette donne trans, ovvero persone nate uomini che hanno deciso di adattare cosmeticamente il proprio corpo alla propria percezione di sé come appartenenti a un sesso diverso da quello di nascita, condizione denominata disforia di genere e che dal 2018 l'OMS definisce come "disturbo della salute sessuale": quelle persone sono donne oppure no?
La prima cosa che va osservata del didascalico articolo di Marzano secondo  la  terragni   è <<  il ricorso disinvolto all'epiteto misogino TERF (Trans Excludent Radical Feminist) che lei usa come una definizione e invece è un insulto (Terf is a slur) ormai bandito o quasi anche da gran parte della stampa mainstream (New York Times, The Economist, Corriere della Sera) proprio perché riconosciuto come marchio d'infamia: c'è speranza che prima o poi ci arrivino anche Marzano e La Repubblica?  >>  Infatti  ,  di solito    scrive  articoli interessanti  , nel    dell'ultimo articolo  testo della   Marzano ci sono anche disinformazione e omissioni .
Quella   più  evidente  , per  chi  come me   s'interessa  da  poco di questi argomenti  o  profano  su d'essi per via  cronologica   è il  fatto  che stranamente fino al passato recente le donne trans  erano appunto
uomini  che avevano intrapreso un percorso psicologico, farmacologico e chirurgico -e infine anagrafico- per arrivare a definirsi tali. Non risulta che queste persone, dette transessuali, siano mai state escluse da gruppi o iniziative femministe -anche se poche sembravano interessate a farne parte-. Oggi invece la definizione di donne trans comprende anche uomini che mantengono del tutto intatto il proprio corpo maschile, genitali compresi -le famose donne con il pene- e che si definiscono donne per semplice autodichiarazione, rivendicando di poter frequentare ogni spazio riservato al sesso femminile.  Dagli spazi fisici (spogliatoi, case rifugio, reparti ospedalieri e carcerari, ecc ,  vale la pena di ricordare a Marzano, che elegantemente omette, che i casi di violenza sessuale e di gravidanze in cella si stanno moltiplicando  ) a quelli simbolici: quote lavorative, politiche, statistiche e così via: avrà anche lei sentito parlare del grottesco fenomeno delle donne stupratori, ma non ne fa parola Questo è il cosiddetto transgender o  almeno   il  lato  negativo d'esso. Tali  problemi   
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sono analizzati meglio di tutti da Robert Wintemute (vedere qui ) professore di diritto esperto in diritti umani al King's College di Londra che nel 2006 partecipò alla stesura dei famosi principi di Yogyakarta (Marzano ne ha sentito parlare?), principi che hanno orientato tutte le successive politiche trans e che non menzionano una sola volta la parola donna.
Oggi Wintemute è pentito. Dice che i diritti delle donne non sono stati considerati durante la riunione, e che avrebbe dovuto contestare alcuni aspetti dei principi. Ammette di "non aver considerato" che "donne trans ancora in possesso dei loro genitali maschili avrebbero cercato di accedere a spazi per sole donne: nessuno pensava che i maschi con i genitali intatti potessero accedere agli spazi delle donne". Wintemute dice di aver dato per scontato che la maggior parte delle donne trans avrebbe voluto sottoporsi alla chirurgia, come avveniva in quel tempo.
Wintemute, che è gay, dice: "Un fattore chiave nel mio cambiamento di opinione è stato ascoltare le donne". A quanto pare Michela Marzano non le ascolta.

Be', una femminista che non sa ascoltare le donne non si è mai vista. Ora accusatemi pure d'essere omofobo e transfobico , retrogrado , ecc .    o d'essere    fra quelli   che  
[...] 
 Per la maggior parte di noi, esiste una continuità tra il sesso e il genere. Chi nasce femmina è donna. Chi nasce maschio è uomo. E se una persona, invece, nasce femmina ma è uomo, oppure nasce maschio ma è donna? Cosa vogliamo fare? Impedire loro di essere ciò che sono? Costringere queste persone a vivere una vita inautentica? Per molto tempo, è quello che si è fatto; disinteressandosi al loro dolore, nonostante sia talvolta così grande da spingere alcune di loro al suicidio.
Oggi, però, non è più possibile trincerarsi dietro l'idea secondo la quale alla base delle molteplici differenze che attraversano l'umanità ci sarebbe sempre e solo la differenza sessuale: quella differenza iscritta nel corpo; quella differenza che porta una femminista come Sylviane Agacinski a sostenere che la specificità della donna risiede sempre e comunque nella sua "capacità produttiva".
Oggi, forse, è giunto il momento che la sinistra faccia un esame di coscienza e si riappropri delle parole della scrittrice statunitense Audre Lorde la quale, già alla fine degli anni Settanta, aveva capito che la complessità della realtà e le contraddizioni dell'esistenza necessitavano una lettura non semplicistica dell'identità di genere: "Stare insieme alle donne non era abbastanza, eravamo diverse. Staremo insieme alle donne gay non era abbastanza, eravamo diverse. Stare insieme alle donne nere non era abbastanza, eravamo diverse. Ognuna di noi aveva i suoi bisogni e i suoi obiettivi e tante diverse alleanze. C'è voluto un bel po' di tempo prima che ci rendessimo conto che il nostro posto era proprio la casa della differenza".


  Dall'articolo  ( qui per il  testo integrale ) incrimìnato di Michela  Marzano  


  Ma  non è mia  intenzione    discriminare   i transgender  o i  transessuali  perchè come   gli etero  o gli altri appratenti  al mondo LGBT   perchè  spesso  la  ricerca  del loro io  è fatto di sofferenza   ed  emarginazione  come   non  mi piace   discriminare  l' altro sesso  le  donne  . Ed  è per  questo  che critico   le

   TERF è l'acronimo di trans-exclusionary radical feminist (femminista radicale trans-escludente).Registrato per la prima volta nel 2008[1], il termine originariamente si applicava alla minoranza di femministe che assumevano posizioni che altre femministe consideravano transfobiche, come il rifiuto dell'affermazione che le donne trans siano donne, l'esclusione delle donne trans dagli spazi femminili e l'opposizione a leggi sui diritti delle persone transgender[2]. Da allora il significato si è ampliato per riferirsi in modo più ampio a persone con visioni trans-esclusive che potrebbero non avere alcun coinvolgimento con il femminismo radicale[3][4].Coloro a cui si fa riferimento con la parola TERF in genere rifiutano il termine o lo considerano un insulto; alcuni si identificano come gender critical[5]. I critici della parola TERF dicono che è stata usata in modo troppo ampio, negli insulti e insieme alla retorica violenta.[6][7][8][9] In ambito accademico non c'è consenso sul fatto che TERF costituisca o meno un insulto.[8][10][11] [12][13] 

da   https://it.wikipedia.org/wiki/TERF

 non so che   altro  aggiungere  .  con questo  è  tutto  

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...