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19.12.24

Paradosso della tolleranza: il caso Tony Effe e la libertà di espressione le reazioni mediatiche dei colleghi

Rileggendo   l'articolo della lucarelli  sul  FQ  del    18\12\2024   da me  citato nel post precedente  per  chi  non avesse  voglia  di andare    a  rileggerselo o    di andare  a cercarselo  ecco  che lo  trova  sotto al  centro .
 Mi accorgo    che   C’è una cosa che proprio non riesco a togliermi dalla mente in queste ore.
Quando, a febbraio, Ghali e Dargen D’Amico erano stati pubblicamente liquidati, sbeffeggiati, persino “smentiti” pubblicamente da un terrificante comunicato stile Minculpop fatto leggere in diretta a Mara Venier su Telemeloni, non ricordo la fila di artisti pronti ad alzarsi in piedi per difendere due colleghi a cui era stato, di fatto, negato il diritto di esprimere un proprio punto di vista sul Servizio Pubblico



Forse parlare di genocidio o raccontare i veri numeri sui migranti non sono argomenti abbastanza comodi per prendere una posizione. 
Forse semplicemente non si sta difendendo la libertà di un “artista” di cantare canzoni di una violenza sessista ignobile da una (inesistente) censura, ma interessi di altra natura.
Ognuno ha il diritto di fare le battaglie che vuole, vere   o  false  , piccole  o  grandoi  ,  ma mi sarebbe piaciuto vedere un centesimo di quello spirito battagliero per Ghali e Dargen, per cause degne di questo nome.
IL   fatto  come giustamente fa  notare  nella  discussione    su  tale argomenti     da      cui    ho preso la  foto     e  parte  dello  scritto    sulla   bacheca  doi Lorenzo  tosa 

Solleva una riflessione importante sul modo in cui la libertà di espressione viene difesa (o meno) in contesti diversi, e su quali battaglie attirano solidarietà collettiva e quali no.
Bisogna ribadire che la coerenza è fondamentale quando si parla di diritti, libertà e giustizia. Se difendiamo la libertà di un artista o di un individuo in un caso, dobbiamo essere altrettanto pronti a farlo quando si tratta di temi più scomodi o di persone meno popolari. Il silenzio selettivo, soprattutto nel mondo dello spettacolo e della cultura, rischia di trasformarsi in complicità con un sistema che limita il dissenso e premia chi si allinea.
La questione di Ghali e Dargen D’Amico è emblematica: due artisti che hanno sollevato temi cruciali, come il genocidio o i numeri sui migranti, sono stati liquidati in modo autoritario senza che ci fosse una mobilitazione significativa in loro difesa. Questo dimostra quanto sia facile ignorare battaglie che non offrono un ritorno immediato in termini di visibilità o consenso.
La libertà di espressione non può essere una causa “a intermittenza”. Difenderla significa farlo sempre, anche quando richiede coraggio o va controcorrente. È giusto chiedersi: dove sono gli artisti, gli intellettuali e il pubblico quando si tratta di sostenere cause realmente significative?
cosi    pur e l'interessante  discussione    che  n'è  nata  

Soumaila Diawara peraltro anche il paragone tra i due casi mi sembra assurdo. Difendere la libertà di espressione non significa accettare testi violenti e sessisti. Non si tratta di censura in questo caso ma di una scelta giusta: non dare spazio e risonanza a canzoni intrise di violenza e sessismo con soldi pubblici.

Fabio Marino
Trent’anni fa si facevano gli stessi identici discorsi per Doom e GTA, due dei videogiochi più venduti della storia. Nello stesso periodo, comitati e associazioni di tutto il mondo si scagliavano contro Eminem, Snoop Dogg e altri rapper per i contenuti violenti e misogini dei testi delle loro canzoni. A distanza di trent’anni, chi ha giocato a GTA non è diventato un serial killer, Eminem e Snoop hanno fatturato miliardi e continuano a cantare quelle che vogliono, e la gente continua a indignarsi parlando di “decoro”.
Il messaggio che ne  scaturisce   solleva un tema cruciale: il ruolo della cultura e dell’arte nella diffusione di valori, soprattutto tra i giovani. È innegabile che testi come     testi riportati   dall'articolo  della  famosa  blogger   (  vedi   inizio post   )   trasmettano un’immagine distorta e dannosa dei rapporti interpersonali, in particolare per quanto riguarda la violenza contro le donne.
La musica, come ogni forma d’arte, ha un enorme potere di influenzare comportamenti e mentalità. Quando un artista sceglie di esprimersi con parole che normalizzano o addirittura glorificano la violenza, contribuisce a perpetuare una cultura tossica. Questo è particolarmente pericoloso quando si tratta di personaggi pubblici con una grande visibilità, soprattutto in contesti istituzionali o popolari come il Capodanno di Roma o il Festival di Sanremo, dove il pubblico comprende anche giovani e giovanissimi.
Sostenere che tali contenuti non debbano trovare spazio in eventi pubblici non significa censurare l’arte, ma promuovere una responsabilità sociale. Gli artisti e gli organizzatori di eventi hanno il dovere di riflettere sull’impatto delle loro scelte, soprattutto in un momento storico in cui la lotta contro la violenza di genere richiede un impegno collettivo e deciso.
È importante continuare a sensibilizzare su questi temi, chiedendo che vengano promossi esempi positivi e che si dia voce a messaggi che incoraggino il rispetto, l’uguaglianza e la dignità di ogni persona 

Ecco  quindi che    i media  stanno facendo passare sto Tony Effe come un paladino di non si sa bene cosa! Gli stessi artisti ( e artiste  🙄😥😢) che alzano la voce sui diritti delle donne...  si schierano     a suo  favore  -A me sembra come   ho  detto nel  post  precedente   una    "  censura   "  \  veto      ridicolo  cioè  l' ennesima buffonata all' italiana dove l'errore più grande lo ha commesso il comune di Roma a chiamare sto tizio perché #portaggente
Infatti secondo

 Tony Effe non parteciperà al concerto di Capodanno a Roma. E la ragione è semplicissima: perché il sindaco di Roma Gualtieri ha deciso di non volerlo su un palco promosso, organizzato e patrocinato dal Comune di Roma.
Il motivo? Perché i testi sessisti, misogini, oltreché artisticamente discutibili (per usare un eufemismo) non sono stati considerati all’altezza di un palco e di una manifestazione all’insegna dei diritti e del rispetto delle donne.
Punto, fine.
Tony Effe può piacere o meno, ma qui la censura non c’entra letteralmente NULLA. Come non c’entrava quando Povia è stato escluso da un’altra amministrazione o come quando una libraia decide di non vendere il libro di Giorgia Meloni.
Tony Effe viene ascoltato ogni mese da 4 milioni e mezzo di persone, arriva ogni giorno al doppio e al triplo in radio, su Youtube, partecipa a Sanremo (che a sua volta ha tutto il diritto di non invitarlo), è libero di fare concerti ovunque in Italia senza alcun controllo in qualunque locale o spazio privato o pubblico in cui qualcuno lo voglia invitare.
Il Capodanno a Roma non è tra quelli. Capita, succede.
Com’è successo ad altri centinaia di cantanti o gruppi molto più interessanti, capaci e dai testi molto meno tossici di Tony Effe senza che nessuno abbia alzato un sopracciglio, perché privi di amicizie, protezioni, agente o casa discografica giusta.
Se il governo italiano ritira dal mercato tutti i dischi di Tony Effe, quella è censura.
Se lo Stato impedisce a qualunque emittente radiofonica nazionale di trasmettere le canzoni di Tony Effe, quella è censura.
Se il sindaco di Roma proibisce a qualunque locale, spazio o associazione sul suolo metropolitano di far suonare Tony Effe, quella è censura.
Se il Comune di Roma decide di non invitare (o ritirare l’invito) a Tony Effe al proprio concerto di Capodanno, quella non è censura.
Si chiama libera scelta.
La censura è una cosa serissima, oltreché gravissima.
Solo che qui, semplicemente, non c’entra nulla.

Ps
a me non piace Toni F   cosi come   il nuovo  rap    o  la  trap     ma   quello che  mi chiedo   prima lo invitano e poi gli impediscono di partecipare ? Non conoscevano i suoi testi? oppure   si  sono     accorti   della  figura  di   💩    che  avrebbero  fatto   se  avesse tenuto  il concerto   con quei  testi  ?  oppure  hanno ceduto per  opportunità politiche   alle  pressioni delle  associazioni  delle donne ?   e  con questo è tutto   , chiudo qui  tale  vicenda  gli è stato dato    fin  troppo  spazio 




5.11.24

non so chi è peggio tra trap e neomelodici ( ovviamente senza generalizzare ) "Frat'mio", "Lione", "Amo'": i post che esaltano gli omicidi, a Napoli, e le armi «facili» nelle mani dei ragazzi

  di  cosa  stiamo  parlando  




Dice: «Gli zingari». Dove hai preso la pistola? «Dagli zingari». E sarà pure vero. E se è vero, certo non lo ha scoperto guardando Gomorra, anzi forse è stato uno come lui a spiegarlo a quelli di Gomorra come fanno i ragazzini a procurarsi una pistola. Anche sporca, che ha già sparato e magari chissà se non pure
ucciso.Dettagli.
Ai ragazzini protagonisti di questo crimine senza clan né boss che sta facendo piangere Napoli, ragazzini che vivono nei social con le loro pose caricaturali da trapper sfigati, basta solo avercelo il ferro, estensione mortale di un coraggio che non hanno, perché nemmeno a botte sanno fare, alzano le mani soltanto se sono in gruppo contro uno. Altrimenti fanno tre passi indietro, come Francesco Pio Valda sul lungomare di Mergellina, o si mettono al riparo in macchina, come il diciassettenne che l’altra sera ha ucciso Santo Romano. E quando si sentono al sicuro sparano. E uccidono chi capita. Uno che sta lontano per i fatti suoi, uno che è a due metri ma non ha alcuna intenzione di litigare.
Tutto per poter tornare poi nello schermo del loro smartphone e scattare selfie con aria da dannati e pose sempre quelle. E postare frasi di addio, perché lo sanno che il futuro sarà in cella, a ragazzine che li dimenticheranno in cinque minuti, e raccogliere la solidarietà degli amici, perché chi uccide e si farà il carcere è uno tosto, e merita rispetto. E allora ecco quei post pieni di ftrat’ mio, lione, amo’. Sì anche amo’: come se lo dicono le ragazze se lo dicono anche i ragazzi. Ma virilmente, loro.
È questo il mondo di chi ha ucciso Santo, di quel Francesco Pio Valda che uccise in via Caracciolo Francesco Pio Maimone, di quello che uccise Giogiò Cutolo .
Ora la Procura minorile ha deciso che mai più i social saranno terra di nessuno, dove esaltare il crimine e onorare i criminali. Dopo il fermo del diciassettenne che ha ucciso Santo, il pm ha aperto un fascicolo delegando la polizia giudiziaria a individuare gli autori dei post in cui è possibile configurare violazioni al codice penale. E dove gli autori saranno minorenni, l’indagine riguarderà anche i loro genitori,responsabili dell’attività social dei figli.
È un provvedimento per molti versi rivoluzionario, e servirà ora trovare le tecnologie adatte per bloccare i post sui quali le piattaforme non interverranno autonomamente Su questo tema il procuratore minorile Maria de Luzenberger è netta: «C’è una generazione che è cresciuta violenta, anche in Rete. Giovanissimi che non fanno parte della camorra ma hanno una cultura camorristica».
Eppure non è questa — o non è solo questa — la peggiore emergenza sociale di Napoli. È l’accesso alle armi, la facilità con la quale certi ragazzini riescono a entrare in possesso di una pistola che diverrà compagna delle loro uscite serali e che prima o poi troveranno il modo di usare.
La mamma di Giogiò, Daniela Di Maggio, davanti alla bara del figlio disse che esistono due Napoli: una che ha le armi e spara e una che può solo augurarsi di non trovarsi mai sulla traiettoria dei proiettili. È triste e non è una visione ottimistica né progressista. Ma è vera. E tutto quello che i carabinieri e la questura hanno fatto — controlli, sequestri, appelli sui social, manifesti — è certamente servito, ma non basta più.
Dal 2021 al 2023 solo i carabinieri hanno sequestrato seicento armi da fuoco, e il comandante provinciale, il generale Enrico Scandone,ci ha messo più volte la faccia girando video-appelli rivolti ai giovani. Eppure Santo è stato ucciso, Giogiò è stato ucciso, Francesco Pio è stato ucciso. Pure Emanuele Tufano è stato ucciso, pure se lì la dinamica è stata diversa, ma aveva comunque 15 anni. E allora finché non ci sarà una indagine capace di prosciugare il sistema di circolazione delle armi al quale si rivolgono i minorenni, qualcuno di loro ucciderà ancora. E poi,quando lo prenderanno, dirà: «La pistola? l’ho comprata dagli zingari». E farà spallucce.

  
Infatti  in rete   ci  si divide      su  dichi è la responsabilità   .  Ecco uno stralcio di uan discussione  a cui ho partecipato    nei commenti   all?articolo  di  msn ,it  da cui è tratta  news  

user-4y76d0hm34
solo a napoli?? a parte le colpe dei genitori e del buonismo che ci ha portati al baratro

giuseppe scano
non solo ma anche lo stato     che non  offee   e  se  lo fa  u,n privato lo  blocca e rende  inutile  con  un asfissiante  burocrazia  ,   i centri  educativi     tipo oratori   o altro per  togliere  i  giovani dalla strada e  dall'illegalità. Ma  purtroppo  non sono solo pistole  vedi il caso di quella  ragazzina  doi  12  anni   del nord italia    che  ha  accoltellato  per  un  litigio    una compagna   di scuola . 

Andrea Picci
E sono questi gli eroi delle sinistre.
  • Giuseppe  Scano 
    ma perchè devi buttare in politica il disagio gioanile non ha partito ed ideologia politica . e ci coinvolge tutti nessuno escluso
 per  approfondire   l'argomento  neomelodici.  e  camorra  , ecc 

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...