Péur non condividendo il tono retorico : << Pochi si ricordano di un eroe.>> dell'articolo sotto riportato sulla muova sardegna del 16\9\2013 , dico che bisogna ricordare , e ben venga la dedica , se pur tardiva dl sindaco del suo paese natale ( Bonorva ) di intitolargli il Palasport appena ristrutturato
La sua città ha dimenticato
la terza vittima in divisa delle Br
di Antonello Palmas
SASSARI Pochi si ricordano di un eroe. Perché nei suoi luoghi di origine da 38 anni nessuno sembra avere interesse a farlo e il suo nome resta chiuso nelle polverose raccolte di giornali degli anni di piombo, quando morire per lo Stato era troppo facile. Pochi sanno chi era Antonio Niedda, un agente della polizia stradale di Padova, ucciso nella città veneta il 4 settembre 1975 dalle Brigate Rosse, all’età di 44 anni. Niedda era nato a Bonorva nel 1931, ma ben presto si era trasferito a Sassari, e si sentiva sassarese, anche se per lavoro si era dovuto trasferire nel Veneto, dove aveva messo su famiglia. Eppure né Sassari né Bonorva hanno mai sentito il dovere di dedicargli una via, una piazza. Né di ricordarlo in qualche modo. Così la Sardegna non sa che un suo figlio ha dato la vita per tutti. Altrove non è così: a Padova ogni 4 settembre il sacrificio di Niedda viene ricordato con una cerimonia: anche all’ultima vi hanno partecipato un centinaio di persone, gente che lo ha conosciuto e ne ha apprezzato l’umanità, autorità, colleghi. Ad Albano Laziale, luogo che non ha nulla a che fare con i suoi trascorsi, gli hanno intitolato la sede della Polizia di Stato. Sempre a Padova tra un mese gli sarà intitolato un grosso centro sportivo, perché Niedda era un atleta che faceva parte delle Fiamme Oro. Il presidente Ciampi conferì alla sua memoria la Medaglia d'Oro al valor civile. Nella sua terra, niente. Sino a pochi giorni fa. A una richiesta dei parenti ha infatti risposto il sindaco di Bonorva, Gianmario Senes: non ci sono nuove strade a disposizione, così l’amministrazione ha deciso che a breve intitolerà a Niedda il nuovo palasport. Niedda era stato designato al servizio antirapina dal comando della polizia stradale. Aveva terminato dei controlli al casello autostradale di Padova Est e con un collega si era diretto a Ponte di Brenta, una zona di Padova. In via delle Ceramiche aveva notato la presenza di una Fiat 128 bianca ferma con due persone a bordo. Decisero di controllare i documenti e lui si accorse che la patente di uno di loro, il 25 enne Carlo Picchiura, era contraffatta; l’altro, Pietro Despali, era senza documenti. Mentre il collega si dirigeva verso il mezzo della polstrada, Picchiura scese dalla macchina e aprì il fuoco. Niedda, raggiunto da cinque proiettili, stramazzò a terra, l’altro agente si salvò per miracolo: la pistola si inceppò, il terrorista (che risulterà appartenere alle Br) tentò la fuga ma venne arrestato. Per la famiglia (Niedda lasciò la moglie, Francesca Ciscato, e due figli di 8 e 11 anni, Salvatore e Francesco) fu un dramma, anche tra i parenti sassaresi furono momenti terribili e ancora li ricordano come un incubo nonostante siano passati tanti anni. Anche perché tutti erano affezionati a zio Antonio, persona di grande bontà. Si trattava della terza vittima del terrorismo tra le forze dell’ordine. Ai suoi funerali a Padova ci fu una folla di 5.000 persone, addirittura anche una rappresentanza della comunità nomade della zona: si scoprì solo così che Niedda aiutava personalmente i bambini rom portandogli regali nei campi. Le cronache dell’epoca dicono di quando risuonarono le note del “Silenzio” e la vedova scoppiò in lacrime tra la commozione generale. Vennero fatte delle collette per consentire ai ragazzi di studiare. E da allora ogni anno Niedda viene ricordato, in particolare con manifestazioni organizzate dall’Anps, l’associazione dipendenti della polizia di Stato. Sassari invece ha perso la memoria su quel gesto eroico. Un fatto di cui i parenti veneti non si capacitano e che crea dispiacere. È stata proprio una nipote, Salvina Mura, figlia anc’essa di un poliziotto, a contattare il Comune di Sassari per aprire il problema. «Nel novembre del 2011 _ dice _ ho consegnato un dossier, con gli articoli di giornale che ricordavano il sacrificio di mo zio. Mi dissero che si sarebbe dovuta riunire la commissione toponomastica, e che ci avrebbero fatto sapere. Nel novembre 2012 sollecitai una risposta, ma furono piuttosto vaghi, parlando di tempi non brevi ma confermando l’intenzione di muoversi per intitolare una strada. Poi più niente. Ho contattato anche il Comune di Bonorva, più di recente: ho scoperto che nemmeno sapevano chi fosse Niedda, mi dissero che noi parenti abbiamo ragione. L’altro giorno mi hanno richiamata annunciandomi la decisione di inttitolare il palasport».Finalmente un sorriso. Pochi giorni fa, a fine agosto, frattanto, è morto Carlo Picchiura: aveva contratto la Sla. «Non si è mai pentito _ dice Salvina _ e non ha mai sentito il bisogno di chiedere il perdono alla famiglia»