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16.10.25

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione di Antonio Bianco puntata n LIII PER DIFENDERVI USATE CIÒ CHE AVETE, ANCHE LE CHIAVI

Le donne   e  non solo [  corsivo mio  ] che praticano arti marziali sono sicuramente avvantaggiate rispetto alle altre, nel malaugurato caso in cui si dovessero ritrovare costre!e a fare i conti con un potenziale aggressore. E tutte le altre? Le opzioni sono numerose, per fortuna, tanto più che imparare a difendersi non richiede necessariamente la pratica di arti marziali, ma piuttosto una combinazione di consapevolezza, tecniche di base e strategie di sicurezza. Per esempio, c’è la possibilità di seguire un corso di autodifesa dal vivo, durante il quale vengono insegnate tecniche di difesa e strategie per affrontare situazioni di pericolo. Ancora, è possibile esercitarsi con le tecniche di base: imparare [  sempre  corsivo mio  ] praticare  anche   una  forma  in  caso d'aggressione   verbale  \ psicologica una  forma di  difesa   o  di

 e altre  forme   non violente  a gridare, a correre, a usare oggetti comuni come armi di difesa, come per esempio una chiave di casa. Anche un ombrello può essere utile. È poi fondamentale imparare l’arte della consapevolezza: essere consci della situazione e dell’ambiente circostante può aiutare a prevenire la violenza e a ridurre il rischio di aggressione. Può risultare utile anche l’utilizzo di dispositivi di sicurezza: allarmi personali o spray al peperoncino possono essere un’opzione preziosa, per alcune donne. Importantissima è anche la formazione: partecipare a corsi o a workshop sulla sicurezza può aiutare a imparare come prevenire e rispondere al meglio a situazioni di pericolo. Sempre a proposito di corsi di autodifesa e sicurezza, attualmente molti sono disponibili online e possono essere seguiti da donne di tu!e le età e di tutti i livelli di esperienza. Molte organizzazioni locali offrono poi corsi di autodifesa e sicurezza per donne, senza dimenticare che è possibile praticare anche l’istruzione personale, dove alcune donne possono interagire in maniera individuale con un istruttore di autodifesa o sicurezza. Insomma, le soluzioni non mancano e sono declinabili in tempi e in modalità alla portata di tutti, a conferma di come la sicurezza sia una questione trasversale, indipendentemente dall’età, dallo stile di vita e dalla propria quotidianità.


In aggiunta    a quanto  dice   Bianco       affermo cosi  rispondo   a chi  mi  dice   perchè   condivido     sui social  video come  questi    o  post  in cui  manifestavo   giudizi favorevoli  su  la  serie   karate kid       sequel   dei      4  film  dei karate kid   


. Vero la violenza soprattutto quella gratuita non mai assolutamnte giustificabile a meno che non ti debba difendere e non hai altra scelta \ opzione . Infattti ecco cosa dice maestro Francesco Cuzzocrea a   https://www.citynow.it/ più precisamente   in  Arti marziali, una difesa non violenta per crescere come persona e cittadino   in cui si parla del progettto   di qualche  anno  fa   all’istituto scolastico “Cassiodoro-Don Bosco” di – Pellaro (RC)   : 

Le arti marziali non solo come strumento non violento di autodifesa, ma anche come filosofia interiore e civile. [... ] « Con l’approdo delle arti marziali al cinema c’è stata una distorsione dell’originaria non violenza. Sono una difesa personale da applicare come estrema ratio, ma anche nel caso di necessario utilizzo, la filosofia orientale impone il limite morale dello stretto indispensabile per rendere inoffensivo un aggressore che va salvaguardato nella sua integrità fisica» è l’incipit del commento del sensei Cuzzocrea, anima della scuola nazionale di arti marziali giapponesi “Seigokan Goju Ryu Karate” e docente di difesa personale della Polizia di Stato sull’insegnamento psico-pratico portato avanti insieme ai suoi allievi Casciano, Aloi, Spinelli, Fedele e Puntillo, grazie anche al direttore della scuola pellarese Marcianò, alla professoressa Serini, al presidente del Consiglio d’istituto Caserta, del consigliere d’istituto Pellicanò e del consigliere di classe Pellabruni.
«Le arti marziali non sono solo autodifesa, ma anche non violenza e tolleranza universale, rispetto dell’altro, dell’ambiente e delle leggi che regolano la società civile. Dunque, il loro aspetto filosofico va tenuto in considerazione perché evolve anche la psiche oltre che il corpo.
Ciò è fondamentale davanti a nuove generazioni sempre più orientate verso un vuoto materialismo privo di valori e ideali» è un altro passaggio del maestro su questa positiva sinergia fra società sportiva ed istituto scolastico.
«Inoltre, le arti marziali infondono nel praticante la salvaguardia dalle aggressioni, limitando al massimo danni fisici attraverso tecniche volte ad immobilizzare l’aggressore nelle quali la forza individuale appare irrilevante. In tal modo un soggetto debole con giuste conoscenze tecniche riesce a sfuggirgli o a sopraffarlo rendendolo innocuo. In uno scenario di crescente violenza, ciò consente a figure deboli di potersi difendere» afferma ancora il sensei che ha alle spalle svariati analoghi progetti.
«Ovviamente non sottovalutiamo l’aspetto tecnico ed agonistico e siamo ben felici di diffondere questa disciplina . [...]  . 
 con questo è tutto  

22.6.25

La ragazza di Scampia sul tetto del mondo, il judo simbolo di riscattoLa campionessa mondiale Susi Scutto viene dalla palestra di Gianni Maddaloni, faro di educazione e legalità nel rione napoletano




La ragazza di Scampia sul tetto del mondo, il judo simbolo di riscattoLa campionessa mondiale Susi Scutto viene dalla palestra di Gianni Maddaloni, faro di educazione e legalità nel rione napoletano

Assunta Scutto campionessa del mondo sul tatami di Budapest (Foto Ansa)


Una ragazza di Scampia sul tetto del mondo: quell’oro di Scampia che non è solo il titolo di un film e neppure il colore di tante medaglie conquistate dagli atleti nati e cresciuti nel vivaio dello Star judo club ma brilla nel presidio di sport e legalità creato dal maestro Gianni Maddaloni nel cuore del quartiere napoletano sulla scia di un altro oro, quello olimpico conquistato da suo figlio Pino a Sidney nel 2000.
C’è la lunga storia del club napoletano di trincea alle radici del titolo di Assunta Scutto, classe 2002, oggi in forza al gruppo sportivo delle Fiamme Gialle, conquistato qualche giorno fa a Budapest nei 48 chili (e seguito dopo qualche giorno da quello della bresciana Alice Bellandi, già campionessa olimpica, nei 78 chili). Una marcia implacabile verso il podio, con la rivincita sulla francese che gliel’aveva negato alle Olimpiadi di Parigi e la finale con la judoka kazaka risolta con un ippon (il ko del judo) a una manciata di secondi dalla fine. Non è la prima medaglia iridata di Susi Scutto che nel suo palmares ne ha già quattro assoluti, due bronzi nel 2022 e 2023 e un argento lo scorso anno ad Abu Dhabi. L’oro nella categoria junior, invece, l’aveva conquistato proprio in Sardegna, ad Olbia, nel 2021, seguita ancora dal suo maestro prima del passaggio alle Fiamme Gialle.


Assunta Scutto campionessa mondiale junior sul tatami di Olbia nel 2021 (Foto Fijlkam)


Sul tatami c’è arrivata, come tanti piccoli judoka, a cinque anni sulla scia di un cugino più grande e non ne è più scesa. Una delle foto della pagina di European judo union, la mostra bambina col suo judogi e lo slogan, “non smettere di credere in quella bambina che ha osato sognare”.
L’impresa di Maddaloni
Cadere e rialzarsi sempre, la prima regola del judo che si impara da piccoli e non si scorda più. Ma a Scampia cadere e rialzarsi va oltre il judo. L’impresa di Gianni Maddaloni è una di quelle belle storie che sa talvolta raccontare lo sport. E soprattutto lo sport più povero, quello dove non si diventa ricchi neppure da campioni del mondo. Raccontata in un libro per ragazzi di Giuseppe Garlando, “‘O mae”, nel film “L’Oro di Scampia” di Marco Pontecorvo con Giuseppe Fiorello (tratta da un libro di Maddaloni) e nella più recente serie tv “Clan, scegli il tuo destino”, andata in onda sulla Rai che vede come protagonista lo stesso Gianni Maddaloni.

Gianni Maddaloni con Susi Scutto (Foto instagram)

«Dopo la vittoria alle olimpiadi di mio figlio Pino nel 2000 mi è stato offerto di prendere in gestione diverse palestre altrove, anche in bei quartieri residenziali ma ho scelto di restare qua a Scampia nel mio territorio per mostrare ai ragazzi che anche se nasci qui non hai il destino segnato», ha raccontato in una delle tante interviste Maddaloni che a Scampia ci è nato e cresciuto e ha trovato nel judo e in un buon maestro quel punto di riferimento che oggi offre a tanti bambini e bambine. Sono una sessantina quelli che frequentano i corsi gratis e diversi sono i giovani detenuti messi alla prova che sul tatami – grazie alla collaborazione con il Ministero di Grazia e Giustizia – fanno anche un percorso di recupero. Un progetto che coinvolge anche le famiglie. Qua si combatte la povertà sociale ed educativa e anche gli stereotipi che dipingono Scampia come un luogo senza speranza.
Presidio sociale di legalità e fucina di campioni (sono innumerevoli gli atleti di interesse nazionale), la palestra di Maddaloni va avanti superando ostacoli. Nel 2023 ha incredibilmente rischiato lo sfratto, nel 2024 mentre a Parigi si combatteva sul tatami, a Scampia si piangeva per il crollo alle Vele.
I campioni nati qua vincono in giro per il mondo e ogni tanto tornano a casa, anche per un saluto. Anche ora che è sul tetto del mondo Susi Scutto, ha raccontato il maestro, torna appena può come tanti compagni e compagne di tatami diventati punti di riferimento per tutti quei bambini e bambine che osano sognare. Cadendo e rialzandosi

24.10.24

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco pe r giallo settimanale VI puntata mandate messaggi chiari se volete dire no dite NO .

Il post d'oggi è anche una esperienza  personale  .  si evitano  molte incomprensioni e  che si cada  nel  pratricare  lo stalking  come  stava   per  caitare  a me   con  S.P ( trovate  qui   sul blog  alcuni  post   molto  utili essendo una esperta  di  femminicidio e  violenza  di genere  )   una  mia ex  compagna di strada . 

Per una donna, ma  non solo  [ corsivo    mio   ] difesa personale non significa solo saper colpire con calci e pugni. Deve essere una   filoso!a di vita, un atteggiamento da tenere sempre, in famiglia, sul lavoro, nella vita quotidiana, con i propri amici e con i propri nemici. Difesa personale significa essere in grado di reagire con fermezza a soprusi e ingiustizie che gli altri cercano di compiere, superando talvolta il limite della moralità o della legalità.Ci sono persone fortunate che possiedono questa forza di caratterefin dalla nascita, altre meno fortunate che saranno per sempre destinate a ricoprire il ruolo di vittima con il marito, il capo e, nella peggiore delle ipotesi, con uno stupratore.Ecco perché è fondamentale che impariate a dire “no” agli atteggiamenti che avete sempre sopportato a fatica, a quelle situazioni ambigue che vi mettono a disagio. Dite “no” se qualcuno cerca di imporvi la propria volontà o le proprie idee con l’arroganza, la prepotenza, la violenza.Ricordatevi che un “no” deve essere deciso, sicuro, indiscutibile, e “no” deve restare: cambiate idea solo se avete un validissimo motivo e non fatelo troppo in fretta.Se un uomo sconosciuto si offre di portarvi la borsa della spesa e gli rispondete “no”, è perché il vostro istinto non si fida di lui. Se insiste e diventate possibiliste lo spingerete a perseverare. Se accettate, state segnalando in modo inequivocabile che il vostro “no” dopo solo un paio di insistenze può trasformarsi in “sì”. A questo punto gli avete comunicato che il vostro carattere è facilmente addomesticabile, e potrebbe sentirsi incoraggiato a spingersi oltre, visto che dite“no” intendendo dire “sì”. Proprio su questo equivoco si sono basate le tesi difensive di molti avvocati incaricati di difendere in Tribunale individui accusati di aggressione a scopo di violenza sessuale. È vero che può succedere a volte di apparire scortesi, ma sarà sempre meglio che dare l’impressione di esssere una donna facilmente malleabile. I leoni, nella savana, colpiscono sempre la gazzella più debole, anche se a noi le gazzelle sembrano uguali. 



PANICO? CONTATE DA CINQUE A ZERO


  Siete sopraffatti dalla paura e sentite che state per andare nel panico? Fermatevi e provate questa tecnica: iniziate a contare da cinque a zero, o da dieci a zero se vi serve più tempo. Intanto immaginate di scendere una scala, un numero per gradino. Poi pensate a qualcosa di bello che vi rende calmi, un paesaggio, una spiaggia, un bosco, visualizzatelo e focalizzate. Nel frattempo il panico non ci sarà più. 



Per    approfondire 

19.10.24

I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco per il settimanale giallo . tecniche di autodifesa puntata V di SE PENSATE DI ESSERE SEGUITI FERMATEVI CON UNA SCUSA


Quando vi avvicinate a casa non aspettate a cercare le chiavi quando vi trovate davanti al portone, ma preparatele in anticipo. Fate lo stesso quando andate a prendere la vostra auto, in modo da non perdere tempo prezioso per mettervi al sicuro da un’eventuale aggressione. Se davvero vogliamo sentirci al sicuro, è fondamentale saper riconoscere le condizioni di pericolo che possono presentarsi nel quotidiano e che potrebbero sfociare in un’aggressione a scopo di violenza fisica o sessuale. Le
statistiche dicono che i luoghi maggiormente a rischio sono il portone di casa, i parcheggi deserti o quelli sotterranei, le strade senza illuminazione e i parchi pubblici. In questi casi sarà il vostro istinto a comunicarvi che c’è qualcosa che non funziona o che non vi convince, mandandovi un segnale di allerta che vi farà prestare maggiore attenzione a quanto accade accanto a voi. Pensiamo al nostro comportamento, per esempio, quando guidiamo un’automobile. Su un’autostrada deserta in un giorno di sole la nostra guida sarà in totale relax, ma se la stessa autostrada è avvolta da una nebbia fittissima, allagata per un violento t e m p o r a l e , trafficata per auto e camion in un’ora di punta, i nostri sensi saranno t o t a l m e n t e concentrati sulla strada, sulle condizioni dell’asfalto e sul comportamento degli altri automobilisti. Questa concentrazione estrema può arrivare a rendere impossibile dialogare con qualcuno seduto al nostro fianco o ascoltare la musica. Questo non significa che ogni volta che ci si siede alla guida della propria auto si debba essere sotto tensione, ma soltanto che il nostro atteggiamento cambia in presenza di situazioni che possono comportare pericolo di incidente. Così deve essere anche se il pericolo che sentiamo o che identifichiamo è quello di una situazione di possibile aggressione. Se avete l’impressione che un uomo vi stia seguendo, cambiate strada, fermatevi di fronte a una vetrina illuminata o fingete di parlare al cellulare. In questo modo avrete la possibilità di capire se sta davvero seguendo voi e se la condizione di allarme è giustificata. Attenzione e prevenzione sono due armi potentissime . Usatele.



conquesto è  tutto   caroi  amici  vicini e  lontani   alla   prossima  puntata  

17.11.23

Taekwondo, quando lo sport vince sul sistema educativo che si arrende al mercato di Emiliano Morrone ., E siamo tutti Sinner di Daniela Tuscano

Eccovi   un approfondimento sul taekwondo in Italia, che supplisce al sistema educativo indebolito dal mercato e, soprattutto nel sud  ed  in particolare   in  Calabria, è un'arma pedagogica potente contro la cultura, imposta, della prevaricazione e del brutto.  Un  articolo  di Emiliano Morrone   da  https://www.corrieredellacalabria.it/  17/11/2023 – 6:33

Taekwondo, quando lo sport vince sul sistema educativo che si arrende al mercato
Può essere visto come un luogo sicuro di crescita ed emancipazione, oltre che una disciplina sportiva, un’arte marziale
                                   EMILIANOI MORRONE  

COSENZA Il calcio e i calci, i soldi e i soldati. È un gioco di parole per inquadrare il contrasto fra due sport, il pallone e il taekwondo, che in Italia vivono fasi diverse. All’Olimpico di Roma, stasera la Nazionale maschile di Luciano Spalletti sfiderà la Macedonia del Nord per acciuffare la qualificazione all’Europeo 2024. La partita è piuttosto delicata per gli Azzurri, che dovranno vincerla e poi battere l’Ucraina, lunedì prossimo allo stadio BayArena di Leverkusen, in Germania. Guidata dal direttore tecnico Claudio Nolano, la nazionale italiana di taekwondo è tornata dall’Open di Svezia con ottimi risultati, che la caricano per le Olimpiadi di Parigi, in programma nell’estate ventura.
Antonio Caratozzolo e Gaia Carvelli
Zeno Mancina-Gaia Corigliano e Jessica Talarico
Biagio Cariati

Nonostante l’enorme giro di affari, il calcio nostrano fatica ad affermarsi come una volta. Invece, il taekwondo italiano, molto meno remunerativo, continua a dare soddisfazioni nette, per quanto sia (a torto) bollato come sport minore e perciò tenuto ai margini dell’informazione di settore, pressoché sconosciuto dalla tv generalista. Significa che la spinta agonistica, accompagnata dall’orgoglio di rappresentare l’Italia, può essere più forte della prospettiva del lusso personale. Vuol dire, dunque, che non sempre «i soldi muovono il mondo», al contrario di quanto, nel luglio 2016, osservò don Giuseppe Milo, parroco di Agerola, a proposito della cessione alla Juve dell’allora calciatore del Napoli Gonzalo Higuaín. Dalla ripartizione per l’anno corrente del fondo statale destinato alle Federazioni sportive nazionali, emerge che la Figc (Calcio) ha avuto 36.229.054 euro, mentre la Fita (Taekwondo) ha ricevuto 4.103.851 euro, un importo nove volte inferiore.
Si obietterà che, stando al rapporto federale del 2023, in Italia il calcio genera un impatto socio-economico di oltre quattro miliardi e mezzo, che la Figc conta quasi un milione e 50mila tesserati e la Fita ne ha, invece, circa 30mila. Sarebbe un’argomentazione prevedibile, basata sui soliti criteri economicistici che, peraltro, giustificano le decisioni pubbliche in materia di sanità, di istruzione e altri servizi essenziali. Si vedano, al riguardo, i giganteschi e irrazionali bacini d’utenza contemplati nel regolamento ministeriale sugli standard ospedalieri, che penalizza le realtà periferiche e isolate. Ancora, si consideri il dimensionamento scolastico avviato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che condanna interi territori all’ignoranza. È un sistema oligarchico, avvertiva il filosofo Luigi Lombardi Vallauri nelle sue lezioni sull’individualismo possessivo; come se la ricchezza materiale fosse l’unica meta da raggiungere, come se non esistessero beni primari quali la salute, la solidarietà e la conoscenza, che anche lo sport è chiamato a perseguire. A cominciare dagli anni Settanta, Jean Baudrillard sostenne che «non c’è più finzione né realta», poiché «l’iperrealtà le abolisce entrambe».
Il filosofo francese rilevò l’onnipresenza, nella società contemporanea, di simboli e narrazioni virtuali quali sostituti delle realtà descritte e strumenti imposti per interpretarle. Il mito del libero mercato è stato disseminato proprio tramite simboli e narrazioni, dalla pubblicità alla tecnicizzazione del discorso politico, alla sottile rappresentazione fallica del potere del denaro. È un’illusione collettiva che impedisce il dubbio, il confronto e la dialettica, che imbriglia, confina e reprime la capacità di giudizio. È la «grande livella», per usare un’efficace espressione del filosofo Andrea Tagliapietra. Ne è una riprova il fideismo 2.0 sulla capacità di equilibramento economico della «mano invisibile», di Adam Smith: la liberalizzazione del mercato dell’energia, propagandata d’ufficio con toni trionfalistici, non ha affatto ridotto i prezzi per i consumatori, ma ha favorito speculazioni ed extraprofitti, non tassati, delle società fornitrici. Nel contesto suonano come sentito auspicio le dichiarazioni del ministro dello Sport, Andrea Abodi, il quale, riguardo all’ultima assegnazione dei fondi alle Federazioni sportive nazionali, ha detto che «le risorse finanziarie pubbliche devono produrre sempre più impatto sociale, sostenere progetti anche infrastrutturali per migliorare i luoghi di sport, generare sviluppo soprattutto dove vi è maggiore necessità» e «contribuire ad allargare la base sportiva, migliorando la qualità della vita delle persone e delle comunità, riconoscendo il merito e producendo efficienza nella gestione, a beneficio dell’intero sistema». Andrebbe dunque ripreso – ben oltre l’approfondimento giornalistico – il discorso dei luoghi dell’Italia in cui «vi è maggiore necessità» di sviluppo; atteso che, se si guarda al calcio, nel Sud e nelle Isole si trova il 19,8 per cento dei campi da gioco, nel Nord il 50,5 per cento e nel Centro il 29,7 per cento, sicché nel Mezzogiorno potrebbe non attecchire il messaggio intramontabile, di Francesco De Gregori, «Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore». Qui non si intende affatto demonizzare il calcio, ma riflettere su taluni aspetti ancora trascurati, comprese le condizioni dei ragazzi che lo praticano nel Meridione.
Angelo Cito – pressidente Fita

Ancora, i decisori pubblici dovrebbero riconoscere «il merito», anche in ambito sportivo. Domenica scorsa, il taekwondoka Simone Alessio ha conquistato la medaglia d’oro allo Swedish Open, nella categoria -80 chilogrammi. Due volte campione del mondo e numero uno del World Kyorugi Ranking nella propria fascia di peso, l’atleta calabrese ha confermato la sua superiorità tecnica e, come aveva anticipato al Corriere della Calabria, punta al primo gradino del podio alle Olimpiadi di Parigi. Anche Vito dell’Aquila, già campione olimpico nel 2020 e quinto nella classifica mondiale dei -58 chili, ha ottenuto la medaglia d’oro in Svezia. Nello stesso torneo, del tipo G1 per i punteggi in palio, la nazionale italiana di taekwondo ha brillato pure con il bronzo di Natalia D’Angelo nella -67 chilogrammi e quello di Giada Al Halwani nella -57 chili, cui si aggiunge il terzo posto di Hadi Tiranvolipour, rifugiato iraniano sostenuto dalla Fita, presieduta da Angelo Cito, che sta lavorando molto sul versante tecnico, pedagogico e comunicativo. Non è facile contrastare i pregiudizi radicati e radicali. Ma il taekwondoka Biagio Cariati, ragazzo dal volto limpido che vive in un paesino di mille abitanti alle pendici della Sila Grande, è impermeabile ai problemi sovrastrutturali. Sei giorni su sette, infatti, si allena in palestra per più di 20 ore settimanali, compreso il potenziamento muscolare, ed è pronto a partire per Ancona, dove il 18 e il 19 novembre si svolgeranno i Campionati italiani di taekwondo, categoria Senior, che comprende gli atleti dai 17 ai 35 anni.
Composto, maturo e concentrato, Biagio segue con tanto scrupolo le indicazioni dei maestri dell’associazione “Taekwondo in Fiore”: Jessica Talarico, vicepresidente del Comitato calabrese della Fita, e Zeno Mancina, che di recente è stato convocato dalla Nazionale in qualità di tecnico. Biagio è stato per due volte campione italiano e nel suo curriculum compaiono anche due medaglie d’argento e una di bronzo, oltre alla partecipazione, come junior, agli Europei di Sarajevo del 2021. Insieme a Biagio – e del suo stesso gruppo – partiranno Raffaella Giovinazzi, al debutto ai Campionati italiani senior, e Antonio Caratozzolo e Gaia Carvelli, entrambi, poi, nella squadra calabrese di combattimento. Ad Ancona la Calabria porterà in tutto una decina di atleti, provenienti anche da altre associazioni sportive, segno, aveva rimarcato Alessio, che nella regione il taekwondo sta facendo grandi passi in avanti come nel resto dell’Italia. E forse in Calabria vi è una motivazione più profonda, che sembra essere una risposta individuale e collettiva alla carenza di infrastrutture, all’aggressione dei territori e dei centri urbani, oppressi da violenze a danno dell’ambiente, brutture edilizie, disparità sociali e fatti di degrado civile, disorganizzazione pubblica e condizionamento dei poteri politici e dell’antistato. Allora il taekwondo può essere visto come un luogo sicuro di crescita ed emancipazione, oltre che una disciplina sportiva, un’arte marziale. E può supplire, come dimostra l’esperienza, al sistema educativo tradizionale, in cui il governo dell’istruzione non è più affidato ai maestri e in cui, non di rado, le «passioni tristi» dell’universo giovanile – indagate dagli psichiatri Miguel Bensayag e Gérard Schmit – sono perfino assecondate con sufficienza o indifferenza, al punto che nei minori tendono a evaporare la ricerca dell’identità e degli obiettivi personali. «Ero più che abituato alle gare importanti. Ma – ci ha chiarito Mancina – entrato con la divisa della Nazionale nel palasport dell’Europeo di Belgrado, ho capito che lì c’era altro, c’era il meglio del taekwondo, c’era il senso della mia vita».

Stavo per  schiacciare  sul  tasto pubblica  quando   mi sono ricordato     di questo breve    ma intenso  post    di    Daniela   Tuscano   
 

#janniksinner è un nome che, per ragioni personali, mi è molto caro. Lui, il campione, prescinde dalla disciplina. È uno che ti piace e basta, sia da tennista sia da boxeur o ciclista. Piace per la sua stringata precisione, perché non perdona ma senza cattiveria, o forse è la sua destrezza a essere cattiva. Perché è giovane e sbaraglia. Un fascio di nervi, limpido come un lago alpino. Perché non gigioneggia, anche quando lo fa. È il primo a non crederci, sempre distante da sé stesso, un italiano asburgico, la biondezza ironica ed esplicita, come quel suo cognome, Sinner, peccatore. Reo confesso di bravura.
E siamo davvero tutti Sinner quando lui stringe l'esile forte pugno, e ci prende in pugno, e non ci molla più. Vince con orgoglio, il nostro.

26.12.19

Siracusa, per un errore dei giudici vince una medaglia che non merita e la consegna alla seconda classificata


Babbo natale  ( Gesù bambino   come  volevano     che  lo chiamassi  le   mie  nonne   ) avrà preso nota dell’ennesima bella storia andata in scena in questi giorni: in questo caso il teatro è stato la Sicilia.
Il Protagonista un ragazzino di 10 anni che si è aggiudicato l'oro in una competizione regionale di karate. Accortosi dell'errore della giuria ha messo la medaglia al collo di Carlotta Bartolo, 11 anni, che era arrivata seconda. Egli    per un errore nel calcolo dei punti, Giorgio Torrisi, 10 anni, era stato giudicato e premiato come vincitore di un torneo di karate, ma poi quando insieme ai suoi genitori ha scoperto di essere arrivato secondo, ha scelto di consegnare la medaglia d’oro a chi davvero l’aveva meritata: Carlotta Bartolo, appunto   di 11 anni. Una  bella  riasposta  a chi ice  che  certi valori sono morti  , certo    stanno scomparendo  , ma  ancora   ed   questo è uno    dei casi  in questione  resistono   e  sono  ancora   vivi 



Infatti   , oltre  il  video  ,  ecco   la cronaca  di  https://palermo.repubblica.it/cronaca/2019/12/25/  da  cui   è tratta la prima foto


“Mamma questa medaglia non la merito, perché non l’ho vinta. Devo consegnarla al vero vincitore”. Quando la lealtà sportiva e i valori morali rappresentano la vera vittoria, allora accadono storie come quella che ha visto protagonista Giorgio Torrisi, 10 anni, cintura nera di karatè e, dopo ciò che è accaduto, anche di lealtà.Per un errore nel calcolo dei punti è stato giudicato e premiato come vincitore di un torneo, ma quando ha scoperto di non aver realmente conquistato l’ambita medaglia d’oro ha scelto di consegnarla a Carlotta Bartolo, 11 anni, arrivata seconda.
Giorgio Torrisi e Carlotta Bartolo   da https://www.pachinonews.it/



La competizione, la settima edizione dell’International Edukarate, si è svolta al PalaCannizzaro di Acicastello e ha visto sfidarsi 350 bambini provenienti da tutta la Sicilia. Giorgio Torrisi, di Catania, è stato giudicato il primo nella sua categoria. Immediatamente dopo la premiazione, i genitori stessi, Antonio Torrisi e Chiara De Melio, hanno intuito che c’era qualcosa che non quadrava nei punteggi. “Mio figlio è abituato a vincere - ha raccontato Chiara, la mamma - ma anche a perdere con umiltà, perché è questo che insegno ai miei figli. Ho spiegato a Giorgio che c'è stato un errore e ha voluto consegnare la medaglia a chi l'ha meritata al suo posto. L'onestà è la prima cosa nella vita”.
Scene rare e ben lontane da quelle a cui spesso si assiste nelle tribune delle gare di calcio giovanili, in cui genitori eccessivamente esigenti pretendono solo vittorie sul campo. A discapito del decoro, della forma e dell’educazione dei figli. Così Giorgio ha scelto che la sua più grande vittoria sarebbe stata quella di consegnare la medaglia a Carlotta. E la missione è stata compiuta e la medaglia ha trovato il suo legittimo proprietario: tutta la famiglia Torrisi è sbarcata nella palestra dell’ “Accademia Bartolo” a Pachino, in provincia di Siracusa, per incontrare Carlotta e i suoi genitori.
“La nostra prima vittoria è questa - ha dichiarato Giuseppe Bartolo, padre di Carlotta e maestro di karatè -, trasmettere ai nostri atleti e figli i valori della lealtà”. Carlotta ha ottenuto la sua meritata medaglia, ma il vero vincitore morale della competizione, manco a dirlo, è stato Giorgio. Il gesto è stato anche notato - e lodato - dall’organizzatore dell’evento, Salvo Filippello, pedagogista componente della commissione nazionale Csain e coordinatore regionale. “Un esempio virtuoso - ha commentato Filippello - come ente promuoviamo i valori sociali ed educativi, al di la di quelli agonistici. Vuol dire che abbiamo seminato bene. Il nostro obiettivo è creare grandi uomini, più che grandi campioni”. Filippello ha messo in piedi anche una “karate-therapy”, che serve ad incanalare energie ed istinti dei più piccoli nell’ambiente sano dello sport. “Lavoriamo anche in ambienti difficili - ha spiegato il responsabile siciliano di Csain - e con questa attività facciamo in modo che i ragazzini più iperattivi possano lavorare sull’autocontrollo”.

Procuratrice Ancona, 'non tutti i casi di violenza sono uguali'

© Provided by ANSA (ANSA) - ANCONA, 04 DIC - "Questa storia lascia l'amaro in bocca, non si possono trattare tutti i casi di violen...