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per non aumentare i prezzi »
Il Bar da Stella a Nuoro: « Dopo il Covid, un altro disastro »
Kety Sanna
Nuoro «Pensavamo che superato il Covid nulla si sarebbe
potuto più mettere di traverso». Il Bar da Stella, in via Dessanay, locale aperto da tempo
ma gestito da tre anni da Antonelo Carbone e Stella Carta,
ora rischia la chiusura. A determinarla la stangata avuta con
il caro energia. L’ultima bolletta, relativa ai mesi di giugno e
luglio, ha superato i 4700 euro.
«Un disastro. Impossibile sostenere queste spese» dicono
marito e moglie, lui 55enne,
lei più giovane di un anno, che
quotidianamente viaggiano
da
i titolari
del bar
da Stella, in via
Dessanay
a Nuoro
Ottana per mandare avanti
l’attività. «Siamo partiti pagando bollette che non superavano i 900 euro e ora i costi si sono quadruplicati. Le prime avvisaglie del rincaro energetico
le abbiamo avute qualche mese fa, quando siamo passati a
2mila e 200 euro. Ora, però, ci
siamo trovati a pagarne 2.800
in più». Quattro volte tanto i
costi per Stella Carta e Antonello Carbone che per limitarli
hanno iniziato a staccare due
frigoriferi. «Il fatto – dice la barista – è che per questo bimestre avevo una promozione
che ci permetteva di pagare 27
centesimi a chilowatt. Dal
prossimo, pagheremo 40 centesimi, dunque per noi sarà
sempre peggio».
E pensare di aumentare i
prezzi per i due titolari sarebbe fallimentare. «In un locale,
se si dovesse sollevare il costo del caffè o della birra dall’oggi
al domani, i clienti vanno via –
sottolineano –. Certo è che se
dovesse arrivare un’altra bolletta come l’ultima, saremo costretti a licenziare una dipendente, che lavora con noi a
tempo indeterminato, da due
anni. In un bar come questo,
dove al mese solo per le spese
fisse, senza contare il costo della merce, partono 7mila euro,
non è possibile affrontare stangate come queste – aggiungono i due baristi –. Motivo che ci
ha portato rateizzare la bolletta paghiamo mille e 400 euro
in quattro mesi, sapendo che
nel frattempo arriveranno le altre, e chissà se saremo in grado di farvi fronte». Stella e Antonello hanno iniziato a lavorare nel bar il 1 settembre 2019,
quando hanno deciso di acquistare la licenza dal precedente
titolare, che stanno ancora pagando. «Per noi è stato come
reinventarci. Io – dice la donna – lavoravo in un market,
mentre mio marito era un vigilante. Dopo 6 mesi che abbiamo aperto, siamo stati costretti a chiudere per il Covid. Ci ha
beccato in pieno. Per noi non
era previsto alcun tipo di aiuto, proprio perché avevamo
appena iniziato e non avevamo “uno storico”. Inoltre eravamo un’azienda a conduzione familiare. Siamo riusciti a
“strappare” 600 euro per due
mesi, e mille euro per il mese
di dicembre. Nonostante tutto abbiamo continuato a pagare l’affitto del locale: 1500 euro, e le bollette che sono continuate ad arrivare. È andata male – continuano – ma abbiamo
resistito, anche se ci abbiamo
rimesso tutti i risparmi. Ora
queste bollette sono state davvero il colpo di grazia. Se si continua di questo passo saremo
costretti a chiudere».
Il Bar da Sella si trova in un
punto strategico della città, a
pochi passi dall’area commerciale di via Don Bosco e a quella di via Dessanay. È un locale
che lavora bene, e tanto, in tutto l’arco della giornata. «Dalle
5 del mattino siamo già dietro
il banco, per poi chiudere alle
22. È un lavoro stressante che
in condizioni normali dà tante
soddisfazioni. Il fatturato è
buono anche perché garantiamo pasti caldi ai clienti. Ma, il
Covid prima, e la crisi poi, ci
hanno spezzato le gambe. E
proprio ora che ci stavamo rialzando – concludono marito e
moglie – è arrivata la stangata
delle bollette. Se nessuno interviene per noi è la fine
La prima reazione che è venuta al sottoscritto leggendo tale articolo ( eppure condivide , riporta storie simili , storie normali per gente speciale storie speciali per gente normale ) è stata
Ci siamo passati tutti, sottoscritto compreso che si laureato a 35 anni , ma nessuno si è mai guadagnato un articolo sul Corriere della Sera . dove sta la novità ?.
Mai poi leggendo meglio ( li trovate sotto ) sia l'intero articolo del corriere della sera sia l'articolo di fanpage s'accorge che essa non è come può sembrare ad una normale lettura un qualcosa di ridicolo , di banale . Ma è proprio una di quelle storie speciali per gente normale , normale per gente speciali
La speciale dedica di Giulia, laureata a Bari: «A chi ha mollato, a chi si è tolto la vita per l'università»
di Alessandro Vinci
La 23enne Giulia Grasso,
neodottoressa in Lettere Antiche, ha sofferto di ansia durante gli
studi: «Mi sono immedesimata in chi ha preferito dire basta. La colpa è
anche dei media e all'estero è diverso»
Più e più volte Giulia Grasso, 23 anni, ha pensato di gettare la spugna. L’ansia, le notti insonni, l’emozione a tradirla sul più bello. Alla fine però non ha mollato,
laureandosi mercoledì scorso in Lettere Antiche all’Università di Bari.
Memore delle difficoltà incontrate, tuttavia, ha voluto mettere nero su
bianco sulla sua tesi – «La censura nel cinema italiano da Totò e Carolina a Totò che visse due volte» – una dedica speciale:
«A chi non ce l’ha fatta, a chi ha mollato, a chi non si è sentito
all’altezza, a chi ha trovato solo porte chiuse, a chi non crede più in
se stesso, a chi ha pianto notti intere pensando a quell’esame, a chi
non è riuscito a respirare per l’ansia, a chi si è dato la colpa di ogni
fallimento, a chi ha preferito morire invece che fallire ancora. A me,
che alla fine ce l’ho fatta». Il post sui social Sì,
Giulia ce l’ha fatta. Ed è anche riuscita a dare ampio risalto al suo
messaggio. È stata infatti lei stessa a farlo diventare virale su Instagram, con oltre 2.700 «Mi piace» e centinaia di commenti (in continua crescita): «Nessuno parla mai di loro
– ha scritto in riferimento ai destinatari della dedica –. Perché
nessuno pensa mai a chi non ce la fa più, a chi si porta quell’esame
dietro per anni e non perché non studia, ma perché qualcuno ha deciso
che quella domanda sulla nota a piè di pagina di uno dei tre libri da
500 pagine a cui non ha saputo rispondere, vale la bocciatura». E
ancora, come un fiume in piena: «La mia tesi, la mia laurea, tutti i miei sacrifici, li ho dedicati a chi ha passato notti intere a piangere,
notti insonne a domandarsi: “ne vale davvero la pena?”, giornate a
studiare sui libri per poi sentirsi dire che non era abbastanza. Ma non è così».Nelle righe successive Giulia si è poi rivolta direttamente agli studenti in difficoltà: «Non siete l’opinione di uno sconosciuto
– si legge –. Non siete il voto che vi dà un docente che arriva stanco
alla fine dell’appello e vuole tornare a casa. Non siete la performance
che date all’ultimo appello di luglio, dopo aver atteso 10 ore il vostro
turno. Voi siete quel pezzo di focaccia barese che avete bramato per
così tanto. Siete quei fiori che i vostri cari vi danno in mano. Siete i
sorrisi dei vostri amici. Siete i vecchietti che vi fermano per strada
per farvi gli auguri. Siete il profumo di alloro che sentirete per
giorni. Siete la sensazione di libertà che provate quando vedete
l’ultimo esame convalidato sul libretto. Siete l’ultimo sguardo che date
a quel posto che per anni è stato il vostro incubo. Siete tante cose, ma non siete quel fallimento che vi fanno pensare di essere. Perché la colpa non è sempre dello studente. E un bravo docente sa anche questo».
«Mi sono immedesimata in chi ha detto basta»
Se la 23enne è arrivata a maturare queste riflessioni, è anzitutto perché lei stessa ha incontrato determinate difficoltà: «Da persona molto ansiosa quale sono ho sempre vissuto in maniera terribile l'avvicinamento a ogni esame – racconta al Corriere –.
Anche io, quindi, mi sono spesso chiesta "Ma chi te lo fa fare?". Anche
a me è capitato di essere bocciata solo perché l'emozione dell'esame
aveva improvvisamente cancellato tutto quello che avevo studiato. Al
momento di scrivere la dedica mi sono quindi immedesimata in chi ha preferito dire basta». A contribuire a questa particolare sensibilità, anche la sua esperienza Erasmus a Zara (Croazia): «Lì mi sono resa conto che le cose non devono per forza andare così
– spiega –. L'ho visto nel rispetto che i professori portano nei
confronti degli studenti. Nello sviluppo di rapporti che in Italia non
ci sono. Poi certo, non faccio di tutta l'erba un fascio: qui per
esempio mi sono trovata molto bene con il mio relatore Federico Zecca,
ma dovrebbe trattarsi della regola, non dell'eccezione».
La pressione del confronto
A giudizio di Giulia, a contribuire al problema è anche il mondo dei media:
«Sui giornali capita spesso di leggere di studenti che si laureano più
volte e/o in tempi record – osserva –. Questo tipo di confronto crea
molta pressione, perché ognuno ha i suoi tempi e le sue difficoltà.
Penso per esempio a chi ha ridotte disponibilità economiche ed è
costretto a lavorare per permettersi gli studi». Pensieri evidentemente
condivisi anche da numerosissimi utenti del web: «Sono stati
gentilissimi, mi sento davvero grata per tutti i commenti ricevuti – dice –. Qualcuno mi ha perfino scritto raccontandomi la sua storia».
Futuro in Inghilterra?
Nel futuro della neolaureata potrebbe esserci ancora l'estero: «Ho il pallino della scrittura e mi piacerebbe diventare una giornalista o un'insegnante.
Sto già scegliendo la magistrale, ma non essendomi trovata bene in
Italia sto valutando l'opzione di studiare nuovamente fuori. Per via
della lingua mi piacerebbe trasferirmi in Inghilterra,
ma la Brexit e il costo delle università locali sono ostacoli non da
poco. Si vedrà». Forte di aver perseverato fino in fondo, non c'è sfida
che ora senta di non poter affrontare.
“Dedico la mia laurea a chi si è suicidato per l’università”: la scelta di Giulia nel giorno di festa Giulia Grasso, 23 anni, si è laureata in Lettere Antiche all’Università di Bari. La studentessa ha dedicato la sua testi ai colleghi universitari di tutta Italia: “A chi non ce l’ha fatta e si è tolto la vita per gli esami. Non siete il fallimento che vi fanno credere di essere”
A cura di Gabriella Mazzeo
Una dedica per tutti coloro che non ce l'hanno fatta, ma anche per tutti gli studenti che ancora stanno cercando la loro strada. Giulia Grasso, 23 anni, si è laureata nella giornata di mercoledì scorso in Lettere Antiche all'Università di Bari. Memore delle difficoltà incontrate sul suo cammino, ha voluto mettere nero su bianco una dedica speciale. "A chi non ce l'ha fatta, a chi ha mollato, a chi non si è sentito all'altezza e a chi ha trovato solo porte chiuse – ha scritto Giulia sui social network -. A chi non crede più in se stesso, a chi ha pianto notti intere pensando un esame e a chi si è dato la colpa di ogni fallimento".
Il messaggio della 23enne è diventato virale su Instagram con oltre 2.700 "Mi Piace" e centinaia di commenti. Nella sua dedica, Giulia fa riferimento anche alle decine di studenti che si sono tolti la vita a causa del libretto universitario. "Siete tante cose – ha scritto – ma non siete quel fallimento che vi fanno credere di essere. Nessuno pensa mai a chi non ce la fa più e si porta l'esame dietro per anni non perché non studia, ma perché qualcuno ha deciso che quella domanda sulla nota in fondo alla pagina vale la bocciatura". "Non siete l'opinione di uno sconosciuto – ha continuato la neolaureata – né il voto che vi dà un docente stanco alla fine dell'appello o la performance dell'ultimo esame di luglio. Siete quei fiori che i vostri cari vi danno, i sorrisi dei vostri amici, i vecchietti che vi fermano per strada per farvi gli auguri e il profumo di alloro che sentirete per giorni. Siete la sensazione di libertà che si prova quando viene convalidato anche l'ultimo esame sul libretto.
Siete l'ultimo sguardo che date a quel posto che per anni è stato il vostro incubo. La colpa non sempre è dello studente e un bravo docente sa anche questo". La neolaureata ha poi sottolineato di aver incontrato molte difficoltà sul suo cammino. Ha raccontato al quotidiano Corriere della Sera di essere molto ansiosa e di aver vissuto in maniera terribile l'avvicinarsi di ogni esame. "Mi sono spesso chiesta perché lo stessi facendo. Anche a me è capitato di studiare ed essere bocciata solo perché l'emozione aveva improvvisamente cancellato tutto quello che sapevo – ha dichiarato -. Quando ho scritto la dedica mi sono immedesimata in chi ha detto basta. Sui giornali capita spesso di leggere di studenti che si laureano in tempi record o che iniziano a lavorare giovanissimi. Questo tipo di confronto crea pressioni perché nella vita reale ognuno ha i suoi tempi e le sue difficoltà". Dopo la laurea, Giulia Grasso ha intenzione di raggiungere l'Inghilterra. "Sto scegliendo la magistrale, ma non essendomi trovata bene in Italia sto valutando l'opzione di studiare fuori. Mi piacerebbe trasferirmi in Inghilterra ma la Brexit e il costo delle università sono ostacoli non da poco".
#Livorno. Chiude la libreria che rifiutò di vendere il libro di Schettino. il negozio di via Marradi chiude i battenti e i proprietari affiggono alle vetrine i ringraziamenti ai propri clienti
di Maria Giorgia Corolini
La libreria Marradi
LIVORNO. A farla salire alla ribalta delle cronache nazionali, passando da piccola libreria di provincia a conduzione familiare a simbolo del riscatto di migliaia e migliaia di cittadini nei confronti di un sistema che manda i disonesti in cattedra all'università e gli permette di pubblicare libri e promuoverli nei salotti tv, era stato un semplicissimo cartello scritto a mano: “In questa libreria non vediamo il libro di Francesco Schettino”.
Chissà se la bella e sorridente venticinquenne Cristiana Ricci, all'epoca titolare della libreria Marradi, avrebbe potuto immaginare tutto il clamore che seguì all'articolo del nostro giornale, e che in pochi giorni la fece rimbalzare, insieme al cartello bianco e al suo negozio, su tutte le testate nazionali, senza distinzione di sorta. Per giorni non si parlò d'altro e non vi fu un solo livornese che non prese parte alla diatriba che vide opporsi sostenitori della libertà di espressione del codardo comandante a sostenitori della giovane libraia ribelle, che insieme alla sua famiglia e ai suoi libri entrò di diritto nel cuore di tutti. Ecco perché, a un anno di distanza, saranno in tanti a dispiacersi della chiusura della libreria Marradi: a dare l'annuncio gli stessi proprietari, che nella giornata di giovedì 28 gennaio hanno affisso alle vetrine due cartelli scritti a mano con cui avvertire e ringraziare tutti i clienti, uno ad uno, nome per nome.“Non chiudiamo per problemi economici, anche se la crisi non scherza: mia figlia Cristiana ha avuto un'occasione di lavoro irrinunciabile e per mio marito, che nella scorsa primavera si è intestato il negozio, gestirlo da solo è diventato difficile. Avremmo bisogno di una commessa, ma assumere una persona, ad oggi, è davvero impossibile” spiega la professoressa Maria Rosaria Sponzilli, che tra una lezione e uno scrutinio ha aiutato in questi mesi il marito Giovanni Ricci nell'attività commerciale
Avevo bisogno di un po' di indipendenza e col nuovo lavoro ho trovato una mia strada- spiega Cristiana, che non nasconde il dispiacere- questi 5 anni mi hanno davvero arricchito, è stata un'esperienza bellissima che porterò sempre con me”. Alla Libreria Marradi, infatti, non si vendevano soltanto libri: come raccontano gli stessi proprietari, il negozio era diventato un luogo d'incontro e di amicizia, di scambio e di confidenza. Ecco perché la notizia è rimbalzata in fretta e ha colto molti di sorpresa, anche tra i clienti più affezionati: non appena hanno saputo che la loro libreria preferita stava per chiudere i battenti, in molti si sono precipitati a comprare qualcosa, o anche solo a salutare.
Commossi i tre proprietari, che ai clienti e al quartiere hanno dedicato questa bella lettera: “Grazie a tutte e tutti, agli amici, ai conoscenti e ai clienti che sono diventati amici. Grazie a chi è entrato nella nostra libreria anche solo una volta. Con voi abbiamo parlato, riflettuto, criticato, abbiamo raccolto le vostre confidenze e voi le nostre. Ci siamo confrontati sulle letture e sugli autori scambiandoci e condividendo emozioni. Alcune volte, durante gli ordini scolastici, vi siete arrabbiati ma altre divertiti a provare con noi i nuovi giochi di legno, chi a lanciare freccette o a fare una partita a calcetto. Vi è dispiaciuto quando la “bimba” è andata a lavorare altrove ma avete apprezzato l'operato del “libraio spettinato” e aspettato i consigli dalla prof. Abbiamo scoperto persone meravigliose per le quali anche il solo fare una fotocopia era l'occasione per fermarsi e parlare della loro e della nostra vita e mostrarci il loro affetto. Nonostante tutto ciò è arrivato per noi il momento di chiudere, ora siamo tanto più ricchi certo non economicamente...ma nel nostro cuore! Grazie. E continuate a leggere!”.cco perché, a un anno di distanza, saranno in tanti a dispiacersi della chiusura della libreria Marradi: a dare l'annuncio gli stessi proprietari, che nella giornata di giovedì 28 gennaio hanno affisso alle vetrine due cartelli scritti a mano con cui avvertire e ringraziare tutti i clienti, uno ad uno, nome per nome.
Livorno, succede alla "Libreria Marradi". La titolare: non ci vogliamo rendere complici della giustificazione di un uomo che ha causato la morte di trentadue persone per una manovra azzardata
Non chiudiamo per problemi economici, anche se la crisi non scherza: mia figlia Cristiana ha avuto un'occasione di lavoro irrinunciabile e per mio marito, che nella scorsa primavera si è intestato il negozio, gestirlo da solo è diventato difficile. Avremmo bisogno di una commessa, ma assumere una persona, ad oggi, è davvero impossibile” spiega la professoressa Maria Rosaria Sponzilli, che tra una lezione e uno scrutinio ha aiutato in questi mesi il marito Giovanni Ricci nell'attività commerciale.“Avevo bisogno di un po' di indipendenza e col nuovo lavoro ho trovato una mia strada- spiega Cristiana, che non nasconde il dispiacere- questi 5 anni mi hanno davvero arricchito, è stata un'esperienza bellissima che porterò sempre con me”. Alla Libreria Marradi, infatti, non si vendevano soltanto libri: come raccontano gli stessi proprietari, il negozio era diventato un luogo d'incontro e di amicizia, di scambio e di confidenza. Ecco perché la notizia è rimbalzata in fretta e ha colto molti di sorpresa, anche tra i clienti più affezionati: non appena hanno saputo che la loro libreria preferita stava per chiudere i battenti, in molti si sono precipitati a comprare qualcosa, o anche solo a salutare.
La libreria Marradi chiude e ringrazia i clienti
Il titolare Giovanni Ricci: "E' un dispiacere chiudere, ma mia figlia ha trovato un altro lavoro e da solo non ce la faccio". Quando Cristiana rifiutò di vendere il libro di Schettino (video Dario Marzi)
La libraia di Livorno: ''Volevo solo che non mi chiedessero il libro di Schettino''
Cristiana Ricci è la titolare della libreria Marradi di Livorno. Ha affisso un foglio con scritto ''In questa libreria non vendiamo il libro di Schettino''. La foto del cartello ha spopolato su Facebook, raccogliendo tantissima approvazione e qualche commento critico di chi le dice di averlo fatto solo per pubblicità. ''Il mio unico intento era mettere in chiaro che io quel libro non lo vendo, per rispetto delle vittime. Sono contenta che in tanti la pensino come me''. Video Daniele Marzi / Giulia Mancini
Ora è un grande dispiacere apprendere la notizia che un'altra attività , specie culturale ,ci lascia . Ma
Aldo Lazzaretti Speriamo che la nostra libraia abbia fatto tesoro della brutta esperienza di rifiutare, anzi peggio, censurare le richieste dei lettori. Un editore, un imprenditore non possono credere alla "balla" dei costi di una commessa che avrebbe potuto con un po' formazione e di passione rilevare la libreria. Spero nuovamente in un escamotage pubblicitario per mantenere ancora in piedi una libreria per Livorno. Suvvia livornesi che avete figli in cerca di una professione, guardate le statistiche delle vendite librarie, i libri tornano a tirare forte ed il 2016 sarà un anno fantastico. Forza livornesi una nuova vitalità, "libreria editrice" come lo era Belforte. Andrà bene, parola di editore!
Lecce, il panettiere costretto a chiudere per la crisi regala pane e focacce in piazza
Alfredo Fiorentino aveva aperto l'attività sette mesi fa. Costetto a chiudere dopo aver lanciato appelli alle istituzioni, ha deciso di dare un pasto agli indigenti di CHIARA SPAGNOLO
.
Alfredo Fiorentino ha provato ad avviare un'attività tutta sua. Sognava di fare il panettiere, ma la crisi lo ha stritolato e ora del suo sogno restano solo 25mila euro di debiti e l'insegna Baudaffi, che ha esposto in piazza Mazzini per gridare a una Lecce gremita di turisti la sua rabbia. Accanto a lui gli amici a cui ha teso la mano nell'ultimo mese: tante persone in difficoltà per le quali ha sfornato gratuitamente pane, focacce, pucce pur sapendo di essere ormai prossimo alla chiusura. La storia di Alfredo - 32 anni e un passato di cuoco in ristoranti e stabilimenti balneari - è emblematica di un momento storico difficile, in cui il coraggio di mettersi in proprio non basta. La panetteria in via Liguria, alle spalle del tribunale, l'ha aperta sette mesi fa grazie a un finanziamento da 10mila euro, appena sufficiente per prendere in affitto un locale e iniziare a pagare a rate l'attrezzatura. All'inizio c'era tanta voglia di fare, energia nell'alzare la serranda quando era ancora buio, nell'impastare e sfornare. Poi, con il passare dei mesi, la realtà si è palesata: gli affari non sono andati bene e per continuare a pagare i fornitori il giovane si è indebitato con gli amici e con le banche, finché ogni porta gli è stata chiusa in faccia.
.
Giovedì le attrezzature sono state portate via dal locale - "ho sprecato tutti i soldi che avevo già versato" - e lunedì 1° giugno le chiavi saranno restituite al proprietario. La protesta in piazza Mazzini è più che altro simbolica: "Vorrei sollecitare l'attenzione dell'opinione pubblica sulle difficoltà che incontra chi, come me, non ha le spalle coperte e vorrebbe farcela solo con la forza del lavoro". A sostenerlo tanti amici, persone indigenti, alle quali ha dato buste di pane da portare a casa quando non avevano i soldi per comprarlo e sfamare i loro figli. Tutti gli vogliono bene e lo stimano per quello che.. ha fatto. Nessuno di loro, però, può aiutarlo e Alfredo lo sa. Il suo rimpianto è di non avercela fatta, nonostante gli sforzi. E di non poter coronare il suo sogno d'amore, a causa della mancanza di un minimo stipendio che gli consenta di mantenere una famiglia: "Anche la mia fidanzata non lavora. Sposarsi è impossibile, così come pensare di mettere al mondo un figlio, anche se è la cosa che vorrei di più al mondo".
ma fino a quando visto l'aumento dei commenti xenofobici \ razzisti , bufale prese sul serio e rilancie come verità assolute , propaganda malpancista , destra che usa i crimini degli immigrati come news principali . .
eri vado a ritirare , la ricarica della mia stampante , ed il negoziante mi chiede con fattura ( 38 € ) o senza fattura ( 30 € ) . Io inconsciamente rispondo senza fattura .
Poi però uscendo leggo un cartello appeso su banco : << senza fattura \ scontrino , la merce non si cambia >> . Allora per paura che non possa cambiare la ricarica e per un eventuale (? ) controllo della finanza , ho chiesto lo scontrino . Allora lui , ma allora devo farti 38 . Io avevo i soldi contati . e non ho insistito , perchè credevo che scontrino e fattura fossero due cose differenti . Invee come mi ha detto poi lui sono la stessa cosa perchè sempre il 22 % d'iva c'è
non ricordo se dalla nuova sardegna o l'unione sarda di qualche girno fa ho letto e da qui il titolo sarcastico questa news
Oristano, il pane è del giorno prima Costa la metà e la crisi spinge l'acquisto
Acquistare
il pane vecchio a metà prezzo. Sono sempre più numerosi i panifici e i
negozi che offrono l'opportunità di acquistare il pane "duro"
In
Francia circa un anno fa è stato aperto un negozio specializzato in
panini avanzati. A Oristano la richiesta è crescente. I costi variano,
ma mediamente dai 3 euro per il pane fresco si scende a 1 euro e 50 per
focacce, coccoi e rosette rimaste invendute. E anche nei panifici le
rimanenze sono in aumento. A bussare nei panifici sono soprattutto
persone anziane, ma non mancano i giovani. Arrivano anche dai paesi
vicini.
da uno scazzo di una mia amica sulla sua bacheca di facebook
Non c'è lavoro, la gente non sa come arrivare a fine mese...mamme disperate perché "mandare un figlio a scuola oggi costa troppo"...però i soldi per piscina-palestra-zumba-sabato notte a cena fuori-scarpe all'ultima moda-parrucchiera Aaaaalmeno due volte al mese-cellulare super fassssshion....quelli si che ci sono....e cosa fai...te ne privi?...Che paese stupido è questo... Questo film aveva ragione
Infatti : 1 ) Le guerre non le fanno solo i fabbricanti d'armi o i commessi viaggiatori che le vendono,ma anche le persone come voi,le famiglie come voi che vogliono vogliono vogliono...e non si accontentano mai.Le ville,le macchine,le moto,le feste,il cavallo,gli anellini,i braccialetti,le pellicce e tutti i cazzi che ve ce fregano costano molto.Per procurarseli qualcuno bisogna depredare.Ecco perchè si fanno le guerre. >> ( dal discorso soprta riportato del film "Finchè c'è guerra c'è speranza" )., 2) Una favola dei CHEROKEE una delle tante tribu popolo nativo americano del Nord America tratta insime al foto che trovate sotto da http://blog.libero.it/cochise/7814999.html dell'utente http://spazio.libero.it/frank.dakota/
Nonno, perchè gli uomini combattono?"
Il vecchio, gli occhi rivolti al sole calante, al giorno che stava perdendo la sua battaglia con la notte, parlò con voce calma.
" Ogni uomo, prima o poi, è chiamato a farlo. Per ogni uomo c'è sempre una battaglia che aspetta di essere combattuta, da vincere o da perdere. Perchè lo scontro più feroce è quello che avviene fra i due lupi."
" Quali lupi, nonno?"
" Quelli che ogni uomo porta dentro di sé."
Il bambino nn riusciva a capire. Attese che il nonno rompesse l'attimo di silenzio che aveva lasciato cadere fra loro, forse per accendere la sua curiosità. Infine, il vecchio che aveva dentro di sé la saggezza del tempo riprese con il suo tono calmo.
" Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo e vive di odio, gelosia, invidia, risentimento, falso orgoglio, bugie, egoismo."
Il vecchio fece di nuovo una pausa, questa volta per dargli modo di capire quello che aveva appena detto.
" E l'altro?"
" L'altro è il lupo buono. Vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede."
Il bambino rimase a pensare un istante a quello che il nonno gli aveva appena raccontato. Poi diede voce alla sua curiosità ed al suo pensiero.
" E quale lupo vince?"
Il vecchio Cherokee si girò a guardarlo e rispose con occhi puliti.
" Quello che nutri di più."