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31.8.25

Ritorno - La parola della settimana [ Non bisognerebbe mai ritornare ma ..... ]

Era  da  un  po'  che  non elucubravo ma  a  volte i  pensieri assopiti    riaffiorano  . E  questo è uno  dei
da https://chatgpt.com/
casi   .Infatti avolte   basta  un  film   un    trafiletto     su  notizie      culturali   .Sono  servite   la lettura   qualche  giorno   fa    di  questa breve  notizia  
ANSA - di Massimo Sebastiani.Ritorno - La parola della settimana
Se partire è un po' morire, tornare cos'è? Per molti è una specie di morte, la fine della spensieratezza e dell'assenza di costrizioni: ma bisogna vedere da dove si ritorna: da Troia
come Ulisse e con parecchia fatica? Dal carcere? (come Al Pacino-Carlito Brigante). O dall'inferno? O ad un amore lasciato e forse rimpianto? Dal tornio al ritornello fino all'eterno ritorno di Nietzsche, tutte le implicazione di una parola che, di nuovo, esalta l'ambiguità del suo significato. Come sapeva anche Franco Battiato che rilegge Bruno Lauzi.  Ascolta il podcast: https://tinyurl.com/mtrbh946

 

da google

e la visione su mymovie, ieri di e la visione su mymovie, ieri di Un divano a Tunisi (Un divan à Tunis) film del 2019 diretto e sceneggiato da Manele Labidi Labbé. Si tratta del primo lungometraggio della regista franco-tunisina.
A farmi   chiedere   elubricamente  se   ritornare   o non  ritornare  ?  

da https://www.meta.ai/@comadayboy_10k/


 Dilemma eterno quello  del ritornare o non ritornare. È una domanda che vibra di nostalgia, di possibilità, di timore e di speranza. E nel contesto del  post su Blogger, dove la frase  del  titolo  “Non bisognerebbe ritornare ma…” sembra, come  dice    il mio  grillo  parlante,   aprire una riflessione più profonda, direi che stai toccando una corda molto umana.
Infatti  ecco  la  nostra  discussione  

--  Ecco qualche spunto che potresti sviluppare:

 Ritornare

  • Per ritrovare sé stessi: A volte il ritorno è l’unico modo per capire quanto siamo cambiati.

  • Per chiudere un cerchio: Tornare può significare dare un senso a ciò che è rimasto incompiuto.

  • Perché il cuore lo chiede: Non sempre la logica guida le nostre scelte.

 Non ritornare

  • Per non riaprire ferite: Alcuni luoghi o relazioni appartengono al passato.

  • Perché il cambiamento è necessario: Restare nel nuovo può essere un atto di coraggio.

  • Per non idealizzare: Ciò che ricordiamo non sempre corrisponde alla realtà.

-- Infatti  a  volte   , soprattutto  quando  ( e  dopo  )  che   ci si avvina  ai 50  ,  quando  s'incomincia  a rimpiangere il passato * e   a non  accettare   che    i  giorni passano** e     tu non ci  puoi fare  niente  allora     si     che  bisognerebbe  non  ritonare ***   come  mi hai  suggerito   tu  mio  caro grillo parlante   \  coscienza  . Ma  ....  come  dicevo   nel  titolo  Ci sono strade che ci chiamano anche quando pensavamo di averle dimenticate. Odori, voci, silenzi che si insinuano nei sogni e ci riportano là, dove
da  facebbok 

tutto è iniziato. Ritornare non è solo un movimento del corpo: è un atto di coraggio, un confronto con ciò che eravamo e con ciò che non siamo più. E allora, forse, non bisognerebbe ritornare. Ma chi può resistere al richiamo di un luogo che ci ha amato, o ferito, o cambiato? E poi  Il tema del ritorno  il nostos, come lo chiamavano i Greci è una delle trame più potenti della letteratura di ogni tempo.
 
--- Esatto  .ecco alcuni esempi emblematici che  io  ricordo e    che  trovano conferma  nel suggerimento di  Copilot  ( IA  di  bing\ msn.it  ) che potresti includere nella    tua   riflessione  \  elucubrazione  per arricchirlo di riferimenti letterari e dare profondità al concetto:

📚 Esempi di ritorno nella letteratura

🏛️ Odissea di Omero  Il ritorno per eccellenza: Ulisse impiega dieci anni per tornare a Itaca dopo la guerra di Troia. Il suo viaggio è pieno di ostacoli, ma il desiderio di rivedere la sua terra e la sua famiglia lo guida sempre. È il modello archetipico del ritorno come prova, nostalgia e riconquista dell’identità.

🕊️ La Divina Commedia di Dante  Anche se non è un ritorno fisico, Dante compie un viaggio nell’aldilà per ritrovare la “diritta via”. Il ritorno alla luce, alla grazia, alla comprensione del mondo è un ritorno spirituale e morale. Il tema dell’esilio e del desiderio di tornare a Firenze è sotteso in tutta l’opera.

🌍 Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati  Il protagonista, Giovanni Drogo, attende per tutta la vita un evento che non arriva mai. Il ritorno qui è negato, rimandato, e infine svuotato di senso. È un ritorno mancato, che parla della vanità dell’attesa e del tempo che consuma.

🧳 Il ritorno di Casanova di Arthur Schnitzler Casanova, ormai vecchio, torna a Venezia cercando di rivivere i fasti del passato. Ma il ritorno è amaro: il tempo ha cambiato tutto, e lui stesso non è più l’uomo che era. Un ritorno che diventa confronto con la decadenza e la memoria.

✝️ La Bibbia – Il figliol prodigo  Una parabola che incarna il ritorno come redenzione. Il figlio che abbandona la casa e sperpera tutto, torna umiliato e viene accolto con amore. Il ritorno qui è perdono, riconciliazione, rinascita.

--- Mi  hai tolto   la  parola  di bocca  .  Infatti  è  vero anche    dai miei ricordi scolastici   e  dai  tuoi    ho  trovato   la  mia   risposta  a  il  titolo  \  riflessione  del post    Non bisognerebbe ritornare, ma…
Ulisse lo ha fatto. Ha sfidato dèi, tempeste e seduzioni per rivedere Itaca, per stringere di nuovo le mani callose di Penelope, per sentire il profumo della sua terra. Il suo ritorno non è solo geografico: è il recupero di un’identità, di un nome, di un destino.
Dante è tornato dalla selva oscura, attraversando l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Il suo ritorno è interiore, è la riscoperta della “diritta via” perduta. Non torna a Firenze, ma torna a sé stesso, alla luce, alla verità.Ritornare, allora, non è sempre fuga o debolezza. È a volte il gesto più audace: riconoscere che ciò che siamo è intrecciato a ciò che siamo stati.

- Esatto  .  e quindi  cosa   hai  scelto    tra le  due opzioni cioè  ritornare o non ritornare ?

 -- Ancora     non lo so  . Forse non è una scelta, ma una necessità che ci coglie all’improvviso. Come Ulisse, torniamo per riconoscerci. Come Dante, torniamo per salvarci. E anche se il tempo ha cambiato i luoghi, le persone, e noi stessi, il ritorno resta un atto di memoria, di amore, di verità.Non bisognerebbe ritornare, ma… a volte è l’unico modo per andare davvero avanti. proprio   come   nel  film    e serie tv   visti   mi pare  anche  recensite sui social e  sul blog  ed    alcuni spezzoni usati  come  citazioni     nel  blog . Infatti    Il tema del ritorno è centrale  come  già dicevamo anche nel cinema e nelle serie TV,  spesso come metafora di crescita, nostalgia, redenzione o resa dei conti. Ecco alcuni esempi presi  al mio archivio memorico e  da  internet  ( IA  compresa  )   potenti che potresti citare nel tuo post:

 Film sul ritorno

🏠 Big Fish (2003)

Un figlio torna dal padre morente per cercare di capire chi fosse davvero. Il ritorno qui è un viaggio nella memoria, tra mito e realtà.

🧳 Into the Wild (2007)

Un giovane abbandona tutto per cercare sé stesso nella natura. Il ritorno è negato, ma il desiderio di riconciliazione con la famiglia emerge nel finale.

🕰️ Ritorno al futuro (1985)

Un ritorno letterale nel tempo: Marty McFly viaggia nel passato per sistemare il presente. Il ritorno qui è anche una riflessione su identità e destino.

🏡 Manchester by the Sea (2016)

Un uomo ritorna nella sua città natale dopo la morte del fratello. Il ritorno è doloroso, ma necessario per affrontare il lutto e il passato.

📺 Serie TV sul ritorno

🌌 Dark (Netflix)

Il ritorno nel tempo è al centro della trama. Ogni personaggio affronta il passato per cercare di cambiare il futuro. Il ritorno è circolare, inquietante, filosofico.

🧠 Tutto chiede salvezza (Netflix)

Il protagonista ritorna alla vita dopo un ricovero psichiatrico. Il ritorno qui è interiore, verso una nuova consapevolezza di sé e degli altri.

🏫 L’attimo fuggente (film, ma spesso citato come riferimento educativo)

Il ritorno alla libertà di pensiero, alla poesia, alla voce interiore. Un classico che ispira ancora oggi.

🛫 The Leftovers

Dopo una misteriosa sparizione di massa, chi resta cerca di “ritornare” a una normalità impossibile. Il ritorno è spirituale, emotivo, esistenziale.


 --Grazie 
---figurati 

concludo    con questra  poesia   dell'amica   poetessa   Donna Altri Tempi 

 La vita mi ha insegnato
che le persone sono ponti o muri
radici che ti ancorano alla terra
o spine che si infilano nella carne.
Mi ha detto di riconoscere chi cura
chi ripara con mani gentili
chi resta quando tutto trema
e di allontanarmi da chi spegne la luce
nelle stanze più belle del mio essere.
Mi ha sussurrato che non c’è vergogna nell’andarsene
che il coraggio più grande
è lasciare ciò che ti soffoca
per tornare a respirare.
La vita mi ha insegnato
che bisogna provare tutto
anche il freddo dell’abisso
anche l’errore che brucia
Perché solo inciampando
si impara a camminare
e solo perdendosi
si scopre il sapore del ritorno.
Mi ha spiegato che giudicare
è violentare lo spazio altrui
un atto che ferisce sempre prima te stesso.
E che la compassione, invece
è un dono che non pesa mai.
La vita mi ha insegnato
che i viaggi sono specchi:
ogni luogo che visiti
è un frammento di te che non conoscevi.
Mi ha detto che la solitudine
è una maestra silenziosa
un rifugio che ti costringe a guardarti
a distinguere ciò che è vero
da ciò che hai costruito per gli altri.
E che nei momenti di silenzio più profondo
si trova la voce che avevi dimenticato.
La vita mi ha insegnato
che la gentilezza è un filo invisibile
che tiene stretto l’Amore.
Che Amare è un atto rivoluzionario
un salto nel vuoto che a volte eleva
e a volte ferisce
ma che è il solo modo per restare accesi.
Mi ha svelato che la poesia non salva il mondo
ma salva chi la tocca:
chi la scrive, chi la legge
chi si lascia attraversare dalle sue ferite.
E che gli esclusi
quelli dimenticati
gli invisibili
sono i custodi di un cuore segreto
un’anima che aspetta solo
di essere vista.
La vita mi ha insegnato
che i dettagli sono mappe di verità.
Il bordo scheggiato di un bicchiere
il suono delle foglie al mattino
il gioco di luci che filtra tra le persiane:
tutto parla, tutto vive.
Mi ha detto che ciò che gli altri non vedono
è dove si nasconde il miracolo.
E ora so che la vita non si misura
in successi o fallimenti
ma in quante volte hai scelto di lottare
di disobbedire e ciò che non sentivi tuo
di guardare i dettagli e trovarci l’immenso.
So che ogni ferita può diventare una porta
che ogni addio è un seme
che la perdita non è mai la fine
ma una soglia verso qualcosa di nuovo.
Perché alla fine, la vita mi ha insegnato questo:
che non siamo qui per vincere
ma per sentire.
Per abbracciare la bellezza fragile di ogni giorno
e lasciare che la luce
anche nei suoi spigoli più duri
ci sciolga il buio di dosso
e ci renda finalmente, vivi
e ci renda finalmente, liberi.
-Cinzia

con questo è tutto   vi  lascio  alla  Colonna  sonora  

 canzoni    citate  nel  post
  • Nostalgia  canaglia - Albano e  Romina ⋇
  • Non bisognerebbe  - Francesco Guccini ***
  • un altro giorno è  andato - Francesco Guccini **
    canzoni suggeritemi  da   copilot 
  • “Back to Black” – Amy Winehouse Il ritorno qui è doloroso, legato a una relazione tossica e alla dipendenza emotiva.
  • “Home” – Michael Bublé Una canzone che parla del desiderio di tornare a casa, alla semplicità e all’amore.
  • “Take Me Home, Country Roads” – John Denver Un classico che celebra il ritorno alle radici, alla terra natale, con un tono dolce e nostalgico.
  • “The Scientist” – Coldplay “Nobody said it was easy / No one ever said it would be this hard / Oh take me back to the start” — un ritorno al punto di partenza, per ricominciare.
    “Fix You” – Coldplay “Lights will guide you home” — una frase che racchiude il concetto di ritorno come guarigione e speranza.
    “Coming Home” – Diddy ft. Skylar Grey Parla di redenzione e del desiderio di tornare a casa, con un tono positivo e liberatorio.

4.3.23

Tutti contro la serie tv su Lidia Poët, dopo i critici ed i familiari dell’avvocata anche l’autrice del libro attacca: «Immagine distorta» eppure ha avuto un grosso successo di pubblico

 Leggendo le  critiche   e le  stroncature    sulla ,  per me    discreta  (  ho visto   cose  peggiori    che non ti lasciano niente   ed  sono effimere  )     serie  tv  di netflix   linda poet    in particolare      quest  articolo  di   Open mi  sono detto     : <<  ma  insomma non è piaciuta nessuno . In Italia la fantasia e l'immaginazione sui fatti i le persone storiche sembra bandita.

Mentre il potere politico mediatico \ culturale riscrive la storia vedi #10febbraio #25aprile e nessuno o quasi s'indigna o si lamenta >> Ma poi il commento sagace , che condivido , di

Gianpaolo Pio
Grande successo di pubblico, le atmosfere vittoriane stile London, Whitechapel, tutto proibito e peccaminoso, Sherlock Holmes, assenzio oppio e sesso. Ci sta, come sempre tutto, anche l'indignazione di parenti e serpenti. Sembra come per Elly Schlein, il voto popolare ribalta il voto di partito e tutti a strapparsi vesti e capelli. Potere al popolo.


 



28.9.22

intervista a Benedetta Pallavidino autrice di le Tourbillon de la vie - il cinema di Valeria Bruni tedeschi ' edito da Bietti Edizioni nella collana digitale Fotogrammi .


Benedetta Pallavidino ha scritto  le  Tourbillon   de la vie  - il cinema    di Valeria Bruni tedeschi   edito da Bietti Edizioni nella collana digitale Fotogrammi . Unn  piccolo ma grande libro interessantissimo sulla carriera di Valeria Bruni Tedeschi come regista, inoltre, all’interno c’è una bellissima intervista alla stessa Valeria… Ora  Conoscendo Benedetta, profondissima conoscitrice del cinema, è inutile aggiungere altro se non: correte a comprarlo a questo link: https://amzn.eu/d/cneJUou
soprattuto   se  non conoscete questa  regista  Non ve ne pentirete! Un'ottima lettura, soprattutto se come me siete appassionati di cinema e del cinema di Valeria Bruni Tedeschi !  😉😀.
 Infatti, proprio per questo che ho deciso di farle un'intervista/chiaccherata che andasse al di là del suo ultimo lavoro

come riesci a conciliare l'insegnamento sulle presentazioni e l'attività letteraria ed organizzativa incontri letterari  ?

La verità è che se non lo facessi, sentirei di star mettendo da parte ciò che amo di più. La cultura e il suo grande valore, oltre che potere, è ciò in cui credo fermamente, sia come docente che come critico. Provare a fare e diffondere cultura è per me un piacere irrinunciabile, perciò provo a fare dei calendari - mentali soprattutto - che tengano tutto insieme. Vorrei, comunque, avere più tempo per scrivere

come mai pubblichi libri dedicati solo ai registi o attori e non generale sul cinema italiano ?

Non c'è una vera ragione. Quando affronti un singolo personaggio ti concentri su di lui e lo analizzi a 360 gradi, ma parlando di lui e del suo lavoro arrivi comunque a fare osservazioni più ampie sul cinema. Mi è successo con  [  altre     suoi  saggi  . N.t ] Lanthimos e anche con Cronenberg. Ho, in ogni caso, dei nuovi progetti che mi frullano in testa e che mi permetterebbero di focalizzarmi anche su altro.

come si ci sente a d essere un eccellenza ?


Da bambina, quale personaggio della fantasia e della letteratura hai amato in modo particolare ?
Sarò banale: Jo March di 'Piccole donne', indipendente, libera e scrittrice. Però volevo anche somigliare a Romy Schneider, che non è di fantasia. Quando ho scoperto quanto fosse stata sfortunata, ho deciso che sarebbe solo stata il mio 'primo grande amore'.
ed oggi ?
C'è un personaggio di finzione in cui mi ritrovo molto: Frances Ha, protagonista dell'omonimo film di Noah Baumbach. Una quasi trentenne americana che in sé incarna il sentire di tutta la mia generazione, tra sogni e fallimenti, cadute, corse e qualche piccolo successo.

 in post  su facebook non ricordo quale purtroppo avevi scritto che le produzioni netflix e prime video dovrebbero essere escluse dagli oscar come mai questo astio visto che sei un amante ,  oltre a lavorarci ,del cinema e della tv ? 
Non credo di averlo mai detto. Io non demonizzo le piattaforme, preferisco ovviamente la sala e la visione collettiva, ma le piattaforme hanno i loro pregi. Ad esempio veicolano la diffusione di prodotti indipendenti che altrimenti non avrebbero lunga vita. Credo, però, e questa potrebbe essere una critica, che la tendenza generale sia quella di produrre e distribuire opere di qualità discutibile che impigriscono lo sguardo dello spettatore invece di educarlo ad una percezione variegata.
 
il cinema italiano negli ultimi 40 anni è sempre più mediocre o senza infamia e senza lode conconcordi ? 


Restano i grandi autori ancora viventi (Bellocchio, Avati, Taviani ecc.) a cui si accostano altri nomi interessati (Garrone, Sorrentino, D'Innocenzo ecc) ma il cinema che per lo più viene prodotto non vuole scommettere e osare e i primi colpevoli sono i produttori. Le idee, il talento, l'innovazione ci sarebbero, il problema è che raramente si punta coraggiosamente su di essi.

secondo te i reboot , i prequel , sequel , i remarque rovinano i cinema o sono fonte d'arricchimento ?
Dipende che obiettivo ha l'operazione: cito tre casi in cui ci sono stati esiti più che eccellenti: 'Psycho', 'Funny Games' e 'Suspiria' . Sono casi a sé, in cui c'è un lavoro sul linguaggio, sulla filosofia dell'immagine e sulla narrazione. Se il remake o reboot deve essere solo un'operazione di marketing, allora è un fallimento quasi certo. Lo stesso discorso per sequela, prequel e spin off, si cavalca l'onda, certo, ma deve esserci anche la qualità e, perché no, la sperimentazione.

concludo con un ultima domanda cos ne pensi di film che vengo trasformate in serie tv   per prime e netflix è un bene o un male ?

Niente è un male se ci sono dei chiari intenti, una profondità e un ragionamento di fondo coerente con la trasposizione. Non ci sono film o serie necessari, ci sono adattamenti più o meno riusciti, più o meno aderenti al testo (filmico) di partenza, più o meno autoreferenziali e metalinguistici.

30.9.21

l'amore vince sulla malattia , . PER CHI VIVE UN MOMENTO PARTICOLARE DELLA PROPRIA VITA, E HA SMESSO DI CREDERE NELL'AMORE, la vita è tutta un film , dopo uno shock anafilattico ha ripreso in mano la sua vita CHI LAVORA CON PASSIONE, A OGNI ETÀ,

da    https://storiedeglialtri.it/  di Carmelo  Abate (  carmeloabbate@storiedeglialtri.it  oppure   https://www.facebook.com/carmeloabbate1971 )    : <<   persone semplici, pure, nel cuore e nei sentimenti. Mi fanno pensare a mia madre e a mio padre, che purtroppo non c’è più. A tutte quelle persone umili che ogni giorno, nel loro piccolo, hanno tenuto la barra dritta e hanno contribuito a rendere grande il paese in cui viviamo >> Ogni storia racconta un pezzo di vita degli altri, ma finisce per toccare corde sensibili dentro ognuno di noi. Emozioni che ci fanno sentire meno soli, e più vicini a persone che non conosciamo.


. PER CHI  VIVE UN MOMENTO PARTICOLARE DELLA PROPRIA VITA, E HA SMESSO DI CREDERE NELL'AMORE
Lei è Maria. Nasce a Napoli nel 1951. Cresce in una famiglia umile, ha nove fratelli che cura come figli, appena può lascia la scuola e trova lavoro in fabbrica. Ha 16 anni, cammina per strada, incrocia gli occhi di un ragazzo che la fissa con insistenza. Piacere, mi chiamo Salvatore, scusami, ma non riuscivo a smettere di
guardarti. Maria sorride, gli stringe la mano, non la lascia più. Si sposano, in pochi anni nascono Luisa e Giuseppe. Maria si occupa dei figli e della casa, Salvatore è tutto il suo mondo. Si punzecchiano, bisticciano, poi fanno pace a passo di valzer. Maria cammina per strada vestita di tutto punto, gli uomini la guardano, Salvatore digrigna i denti, lei gli schiocca un bel bacio. Passa il tempo, i figli crescono, Maria e Salvatore riscoprono la gioia di stare insieme, viaggiano spesso, loro due, soli, mano nella mano sulle note di Celentano. È il 2009, Maria ha 58 anni, è in vacanza con la famiglia, d’improvviso si mette a urlare, dalla bocca le escono improperi e insulti. Salvatore è attonito. Amore calmati, che succede? Maria non sa, non riesce a spiegarsi, ha paura. Lui la stringe a sé. Stai tranquilla, va tutto bene. I giorni passano, Maria ha continui sbalzi d’umore, i medici fanno tante ipotesi, l’ultima è la più brutta. Alzheimer in fase avanzata. Maria si aggrappa al marito. Adesso cosa succede, che cosa ne sarà di me, di noi? Salvatore la tiene tra le sue braccia finché non si calma. Passano gli anni, Maria non riconosce più i figli, neanche i nipoti, vuole solo il marito, lo chiama, lo cerca, sempre, ovunque. Salvatore cucina i suoi piatti preferiti, impara a metterle lo smalto, fa venire il parrucchiere ogni settimana, e quando Maria ha lo sguardo lontano, le sussurra all’orecchio. Amore mio, ricordi quanto ci piaceva ballare? Maria gli fa una carezza. Come sei bello! La sua vita è tutta in quegli istanti, nei sorrisi, negli sguardi, nel ti amo sussurrato fino all’ultimo giorno della sua vita. Sono passati due anni, Salvatore ancora le parla. Ogni notte, prima di addormentarsi, la vede, corre tra le sue braccia, digrigna i denti. Maria lo guarda, gli fa il verso, e ride, ride.

guardarti. Maria sorride, gli stringe la mano, non la lascia più. Si sposano, in pochi anni nascono Luisa e Giuseppe. Maria si occupa dei figli e della casa, Salvatore è tutto il suo mondo. Si punzecchiano, bisticciano, poi fanno pace a passo di valzer. Maria cammina per strada vestita di tutto punto, gli uomini la guardano, Salvatore digrigna i denti, lei gli schiocca un bel bacio. Passa il tempo, i figli crescono, Maria e Salvatore riscoprono la gioia di stare insieme, viaggiano spesso, loro due, soli, mano nella mano sulle note di Celentano. È il 2009, Maria ha 58 anni, è in vacanza con la famiglia, d’improvviso si mette a urlare, dalla bocca le escono improperi e insulti. Salvatore è attonito. Amore calmati, che succede? Maria non sa, non riesce a spiegarsi, ha paura. Lui la stringe a sé. Stai tranquilla, va tutto bene. I giorni passano, Maria ha continui sbalzi d’umore, i medici fanno tante ipotesi, l’ultima è la più brutta. Alzheimer in fase avanzata. Maria si aggrappa al marito. Adesso cosa succede, che cosa ne sarà di me, di noi? Salvatore la tiene tra le sue braccia finché non si calma. Passano gli anni, Maria non riconosce più i figli, neanche i nipoti, vuole solo il marito, lo chiama, lo cerca, sempre, ovunque. Salvatore cucina i suoi piatti preferiti, impara a metterle lo smalto, fa venire il parrucchiere ogni settimana, e quando Maria ha lo sguardo lontano, le sussurra all’orecchio. Amore mio, ricordi quanto ci piaceva ballare? Maria gli fa una carezza. Come sei bello! La sua vita è tutta in quegli istanti, nei sorrisi, negli sguardi, nel ti amo sussurrato fino all’ultimo giorno della sua vita. Sono passati due anni, Salvatore ancora le parla. Ogni notte, prima di addormentarsi, la vede, corre tra le sue braccia, digrigna i denti. Maria lo guarda, gli fa il verso, e ride, ride.
PER CHI NON SMETTE MAI DI CREDERE NEI SOGNI
Loro sono Robin e Judith. Vivono a Francoforte, in Germania. Robin lavora come ingegnere, Judith in una radio. Sono appassionati di cinema, divorano film e serie tv. È il 2014. Robin e Judith si concedono una vacanza a Praga, camminano per la città finché trovano il punto esatto in cui è stata girata una scena di Mission Impossible. Robin fa per scattare una foto, poi si blocca. Tesoro, e se ti facessi una proposta indecente? Judith sgrana gli occhi, Robin scoppia a ridere. Tranquilla, intendevo che sarebbe divertente ritrarci nello stesso posto e nella stessa posa degli-------------
 
PER CHI CREDE CHE UN PICCOLO GESTO PUÒ CAMBIARE IL MONDO

Leah stringe i pungi, è arrabbiata da morire. Corre a casa, prende un foglio, scrive una frase a caratteri cubitali. Si piazza lungo la strada. I passanti la osservano. Ragazzina, che cosa stai facendo? Leah indica il foglio. Non si vede? Sto scioperando per il clima e l'ambiente
Leah. Vive a Kampala, in Uganda. È una bambina intelligente, curiosa. Mano nella mano con il nonno, passeggia nei boschi, ammira gli alberi, si diverte ad abbracciare i tronchi per annusarne la corteccia. Sono belli, forti, indistruttibili. Cresce, ha 14 anni, esce di casa per andare a scuola. Vede un automobilista gettare qualcosa dal finestrino. Leah gli urla dietro, poi si guarda intorno. La strada è piena zeppa di rifiuti. Come ha fatto a non accorgersene prima? Raccoglie le cartacce, le butta, ma al ritorno da scuola ne trova altre. Leah stringe i pungi, è arrabbiata da morire. Corre a casa, prende un foglio, scrive una frase a caratteri cubitali e torna indietro. Si piazza lungo la strada, in piedi, immobile. I passanti la osservano. Ragazzina, che cosa stai facendo? Leah indica il foglio. Non si vede? Sto scioperando per il clima e l’ambiente. Tutti i giorni Leah salta la scuola, gira la città, sosta agli angoli delle vie, mostra a tutti il suo cartello, parla, spiega le sue ragioni a chiunque voglia ascoltare. I genitori provano a farla ragionare. Tesoro, è molto bello quello che stai facendo, ma come la metti con lo studio? Vuoi farti bocciare? Leah li guarda indignata. Cos’è più importante, salvare il pianeta o andare a scuola? Mamma e papà sono spiazzati. I mesi passano, che piova o ci sia il sole, Leah continua a camminare con il suo cartello giallo e il suo messaggio bene in vista. Un giorno si trova a ripercorrere i vecchi sentieri che faceva con il nonno. Si guarda intorno, e ha una stretta al cuore. Che fine hanno fatto i miei bellissimi alberi? Leah piange dalla rabbia, grida, urla, poi corre in un negozio, compra dei semi e comincia a scavare. Quanti erano? Cento, duecento, mille? Costi quel che costi li ripianterà tutti. Scava come una pazza, ce l’ha a morte con il mondo intero. Dei rumori la riportano alla realtà. Leah alza gli occhi. Davanti a lei c’è un gruppetto di persone. Leah riconosce qualcuno dei volti incrociati per strada. Le sorridono. Siamo qui per darti una mano.
Scopri le altre donne che hanno superato limiti e barriere.
PER CHI SA CHE UN SORRISO VALE PIÙ DI TANTE MEDICINE

Lui è Salvatore. Nasce nel 1993 a Massa Lubrense, in Campania, tra il profumo di limoni e di salsedine. Trascorre un’infanzia spensierata, resa unica dall’amore di una famiglia verace. Ha 15 anni, conosce Alessia, un angelo dagli occhi verdi che gli ruba il cuore. Salvatore stringe la sua mano e va incontro alla vita. Si diverte a cucinare torte e paste fresche con la nonna, si iscrive alla scuola alberghiera, vuole diventare chef
È il 2014. Salvatore ha 21 anni, non si sente bene. Fa tanti esami, soffre di un grave deficit del sistema immunitario. Il medico è chiaro. Dimenticati di stare dietro ai fornelli, è troppo rischioso. Salvatore ascolta incredulo, poi crolla, si disfa in mille pezzi. Lacrime, paura, serate intere a piangere sulle panchine di fronte a Capri. Alessia lo abbraccia, lo stringe forte. Amore, tu puoi farcela, puoi cambiare vita, io sono con te, non ti lascio. Salvatore non scommetterebbe un soldo bucato su se stesso, ma si fida del suo angelo. Si iscrive a Economia, sgobba, suda, sputa sangue. Alessia è al suo fianco, sempre. Salvatore si laurea, prende un master, trova lavoro per piccole aziende locali, ottieni i primi risultati, ma la sua maledetta salute lo riporta giù. Soffre, non molla. Alessia lo sorregge nei momenti di difficoltà. Forza amore, andiamo, cambiamo vita, ricominciamo, noi due, insieme possiamo farcela. Si trasferiscono a Milano, una città grande che mette paura, soggezione. Salvatore e Alessia diventano grandi all’improvviso, stretti l’uno nelle braccia
dell’altra. Passano giorni interi a piangere in una umile cameretta, a cercare calore negli sguardi degli sconosciuti. Si sorreggono, non mollano, vanno avanti. Dopo sei anni di incertezze, arrivano le prime gioie. Firmano il mutuo, comprano la macchina, trovano un lavoro stabile e tanti amici. Oggi sono ancora lì, con gli occhi pieni di sogni, determinati e pronti a lottare. Se c’è una cosa che Salvatore ha imparato, è che l’amore è la medicina più forte. Devo tutto a te angelo mio, cuore mio, prego che il signore ti ripaghi per tutto il bene che mi hai fatto, e per la forza che continui a darmi.

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PER CHI VUOLE VIVERE LA MAGIA DEL CINEMA


attori. Judith è entusiasta. Se proprio dobbiamo, allora facciamo le cose per bene. Girano per negozi, recuperano un abito da sera, due cappotti neri, si vestono, si truccano, poi tornano sul ponte e scattano la foto. Robin è soddisfatto. Sono identico a Tom Cruise! Tornati dalla vacanza appendono la foto in salotto, la ammirano in silenzio, poi si guardano negli occhi. Stai pensando anche tu la stessa cosa? Fanno una lista dei loro film preferiti, scovano le location, pianificano le vacanze e, ciack, si gira! Volano negli Stati Uniti. Cappellino, barbetta, sguardo
crucciato, e Robin si trasforma in Forrest Gump. Raggiungono la Nuova Zelanda armati di bastoni e mantelli, solo per scoprire che la montagna di Lo Hobbit è stata ricreata al computer. Ballano a mille gradi sottozero come in La La Land, aspettano delle ore per sedersi sulla stessa panchina di Colpa delle stelle, passeggiano per il lago di Como con l’armatura ricavata da vecchie pentole. E Games of Thrones? Judith è irremovibile. Dobbiamo farlo, per forza! Impiegano giorni per realizzare l’abito di Khaleesy, una volta sul posto, si dannano per trovare la giusta angolazione, e quando finalmente è tutto pronto, ecco l’immancabile passante che sbuca dal nulla. Tutto da rifare, e risate a non finire. Ogni anno le vacanze di Robin e Judith si trasformano in una maratona cinematografica. Una volta a casa, si siedono sul divano con bibita e popcorn, riguardano le scene, sognano, ridono. È meglio di un film. Strano, folle, ma in fondo, perché no?

ambiente


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PER CHI HA IL CORAGGIO DI ALZARSI IN PIEDI E DIRE BASTA

Lei è Eunice. Nasce a Tryon, negli Stati Uniti, nel 1933. Il padre si barcamena tra mille lavori, la madre è una predicatrice religiosa. Eunice ha 6 anni, va in chiesa, ascolta il suono dell’organo, rimane stregata. Mamma, posso provare a suonarlo? Muove le mani, riproduce la canzone appena sentita. La madre è sbalordita. Figlia
mia, tutto questo da dove salta fuori? Eunice prende lezioni di pianoforte, suona Mozart, Bach, Beethoven, sogna grandi palcoscenici. Ha 10 anni, sta per esibirsi davanti alle persone più importanti della città. Ha il cuore a mille, cerca mamma e papà tra il pubblico, li saluta, poi assiste a una scena strana. I suoi genitori sono costretti a cedere il posto a una coppia di bianchi. Eunice salta in piedi, punta il dito. Non suonerò più una nota se la mia mamma e il mio papà non restano dove sono. Cala il silenzio, e l’imbarazzo. Eunice non si piega, viene accontentata. Il concerto è un grande successo, ma lei non è felice. Si sente umiliata. Giura a se stessa che diventerà la prima pianista nera di musica classica. Cresce, tenta l’ammissione in una scuola prestigiosa, gli insegnanti si congratulano. Hai talento, ma questo non è il tuo posto. Eunice piange di rabbia. Odia la sua pelle scura, è stanca di ricevere oltraggi, si fa chiamare Nina Simone e si esibisce nei nightclub. Un discografico le offre un contratto, Nina non ha niente da perdere. Suona con musicisti famosi, diventa una pianista e cantante di successo. Ma dentro di lei c’è sempre quel senso di vuoto. È il 1963. Nina ascolta una notizia sconvolgente. Quattro bambine nere sono state uccise in un attentato mentre erano a catechismo. Nina stringe il pugno, forte, fino a sanguinare. Prova rabbia, dolore, ma anche qualcosa di nuovo. Pesta le dita sul pianoforte, urla. Poi si guarda allo specchio, e sorride. Compone canzoni di protesta, canta contro il razzismo, inneggia all’uguaglianza. Riceve critiche, insulti e minacce. I suoi dischi tornano indietro spezzati in due, la carriera di Nina Simone cola a picco. Ma la piccola Eunice resta in piedi, con il dito puntato.


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Dopo lo shock anafilattico, Silvia si è affidata a un nutrizionista, e ha intrapreso un percorso psicologico che l’ha aiutata a riprendere in mano la sua vita.


Lei è Silvia. Vive a Firenze. Ha 20 anni. Si sveglia, fa per alzarsi, ma il corpo è rigido, non risponde ai comandi. Silvia si spaventa, urla. Mamma, papà, aiuto! La portano in ospedale, il medico non ci gira intorno. Signorina, lei ha la sclerosi multipla, tra dieci anni sarà in sedia a rotelle. Silvia ingoia lacrime amare, la sua vita viene sopraffatta dalle terapie e dal dolore. Nasconde a tutti la verità, ne parla solo con Roberto, il fidanzato, ma non pronuncia mai il nome della malattia. La Signora, così la chiama. Rinuncia agli amici, al lavoro, si sente un peso per tutti. Un solo desiderio la tiene in piedi, diventare madre. I medici la sconsigliano, lei tira dritto. Si aggrappa a Roberto e dopo anni di tentativi nasce la piccola Chiara. Negli occhi della sua bambina, Silvia cerca la forza di reagire, non la trova. Passano tre anni. È sera, Silvia fa la solita iniezione prima di andare a dormire, il suo corpo ha una reazione violenta, sussulta, si muove a scatti, poi d’improvviso tutto diventa buio. Silvia riapre gli occhi e si trova davanti a una scena assurda, impossibile. Il suo corpo è steso a terra, e lei lo sta osservando dall’esterno. Non prova nulla, anzi, finalmente il dolore è sparito, si sente libera, in pace. Silvia cerca la Signora. Portami via con te, basta, sono stanca. Si sente sempre più leggera, finché un pensiero le attraversa la mente. Tra qualche ora Chiara si sveglierà, cercherà la sua mamma, e piangerà tanto. Silvia si agita, gira gli occhi nella stanza. Bambina mia, figlia mia, dove sei? Qualcosa la tira verso l’alto, ma lei si oppone con tutta se stessa. Deve andare dalla sua piccola, adesso, subito. C’è una luce accecante, poi i suoi polmoni si riempiono d’aria. Silvia apre gli occhi, si guarda intorno. È tornata, è viva. Oggi Silvia ha 53 anni, da quel giorno la sua mente e il suo corpo si sono ripuliti. Ha smesso di piangersi addosso e ha ricominciato a vivere. Ha capito che il vero nemico era dentro di lei, e nel momento in cui l’ha affrontato, è tornata libera. Non è guarita, ma non è più una malata.

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. PER CHI LAVORA CON PASSIONE, A OGNI ETÀ

Linda, la figlia di Margaret, ha scritto un libro in cui racconta la storia della sua instancabile mamma.
Lei è Margaret. Nasce a Monaghan, in Irlanda del Nord. Perde la mamma quando è molto piccola, cresce con le sorelle e il papà in una casa dal tetto di paglia. Ha 5 anni, si ferma Home
Lei è Margaret. Nasce a Monaghan, in Irlanda del Nord. Perde la mamma quando è molto piccola, cresce con le sorelle e il papà in una casa dal tetto di paglia. Ha 5 anni, si ferma davanti allo specchio, guarda i suoi capelli, prende le forbici e zac, li taglia tutti. Le sorelle inorridiscono, lei sorride soddisfatta. Voglio fare la parrucchiera. Cresce, fa chilometri in bicicletta per raggiungere il salone della città. Lava i pavimenti, intanto guarda, osserva ogni gesto, impara. È il 1952. Margaret si trasferisce a Chorley, in Inghilterra. Vuole aprire il primo negozio tutto suo, ma il paese ne ha già uno, e non cercano personale. Margaret si morde le labbra, lavora come infermiera, taglia i capelli gratis alle pazienti. Durante un ballo conosce Frank, è amore a prima vista. Si sposano, poco dopo arriva la prima figlia. È il 1956. Margaret mette la sua bambina nella culla, poi sente dei rumori, guarda dalla finestra, urla. Quel benedetto salone sta finalmente chiudendo i battenti. Margaret corre in soggiorno, sistema il tavolo, uno specchio, tira fuori gli attrezzi del mestiere e appende un cartello in giardino. Capelli da Margaret. Aspetta per ore, finché dalla porta fa capolino la prima cliente. Margaret estrae le forbici. È il momento più bello della sua davanti allo specchio, guarda i suoi capelli, prende le forbici e zac, li taglia tutti. Le sorelle inorridiscono, lei sorride soddisfatta. Voglio fare la parrucchiera. Cresce, fa chilometri in bicicletta per raggiungere il salone della città. Lava i pavimenti, intanto guarda, osserva ogni gesto, impara. È il 1952. Margaret si trasferisce a Chorley, in Inghilterra. Vuole aprire il primo negozio tutto suo, ma il paese ne ha già uno, e non cercano personale. Margaret si morde le labbra, lavora come infermiera, taglia i capelli gratis alle pazienti. Durante un ballo conosce Frank, è amore a prima vista. Si sposano, poco dopo arriva la prima figlia. È il 1956. Margaret mette la sua bambina nella culla, poi sente dei rumori, guarda dalla finestra, urla. Quel benedetto salone sta finalmente chiudendo i battenti. Margaret corre in soggiorno, sistema il tavolo, uno specchio, tira fuori gli attrezzi del mestiere e appende un cartello in giardino. Capelli da Margaret. Aspetta per ore, finché dalla porta fa capolino la prima cliente. Margaret estrae le forbici. È il momento più bello della sua vita. I giorni passano, il salotto di casa è un via vai di persone, il marito si lamenta. Mica si può vivere così! Margaret promette che smetterà appena la figlia inizierà la scuola. Il primo giorno di Elementari, il marito le ricorda la promessa. Margaret annuisce. Lo so, lo so, oggi stesso annuncio la chiusura. Frank la guarda storto. Non ci provare, sei troppo brava, piuttosto concedimi di farti da assistente. Tra una piega e uno shampoo, il tempo scorre in fretta. È il 2021. Margaret annuncia con orgoglio di aver raggiunto i 65 anni di attività. Le clienti scoppiano in lacrime, sono disperate. Maggie cara, non avrai intenzione di andare in pensione, vero? Margaret sgrana gli occhi. In pensione? Ma non scherziamo! Ho 91 anni, non sono mica morta.

10.1.21

nuove forme di libertà Göteborg Film Festival, il distanziamento sociale è estremo: un solo spettatore su un'isola deserta e Beatrice Zott, la 19enne che accudisce le capre di Agitu Gudeta: «Altro che social e vestiti griffati, con la natura ritrovo me stessa»

Leggi anche  
Per  la  prima storia  

per    la  seconda  
 https://goteborgfilmfestival.se/en/ sito del festival  

da    https://www.open.online/ 7 GENNAIO 2021 - 08:48
                                      di Fabio Giuffrida



Beatrice Zott, la 19enne che accudisce le capre di Agitu Gudeta: «Altro che social e vestiti griffati, con la natura ritrovo me stessa» – L’intervista: «Altro che social e vestiti griffati, con la natura ritrovo me stessa» – L’intervista








Per dedicarsi alla sua passione, la ragazza ha lasciato la scuola e sacrificato i suoi fine settimana, specialmente in estate. «Non mi importa più di niente, vado in giro così, con i capelli spettinati, libera, finalmente sono me stessa»
Beatrice Zott ha 19 anni. È lei che si occuperà delle capre di Agitu Gudeta, imprenditrice etiope barbaramente uccisa da un collaboratore nella sua casa a Frassilongo, in Trentino. Un’occupazione insolita per una ragazza così giovane che – confida a Open – passa «tutta la mattina e tutta la sera a lavorare»: «Prima stavo sempre sui social, ero la classica persona a cui piaceva vestirsi bene. Ora, invece, non mi importa più niente, vado in giro così, con i capelli spettinati, libera. Ho ritrovato me stessa e, passando molte ore da sola, ho più tempo per conoscermi meglio». Certo, un profilo Instagram e uno Facebook ce l’ha – «sono comunque una ragazza di 19 anni» – ma ci trascorre «pochissimo» tempo. La natura e gli animali hanno la «priorità assoluta».
«Devo preoccuparmi di loro che non hanno più un padrone»




Due volte al giorno – racconta – si sposta dal suo paesino a quello di Agitu Gudeta, sale fin lassù dove prepara «cinque balle di fieno», ovvero i pasti per gli animali per tutta la giornata. Macina chilometri e chilometri non solo per dar loro da mangiare ma anche per «tenerle pulite e soprattutto per gestire le caprette gravide che rischiano di partorire tutte negli stessi giorni». Quando le hanno chiesto di prendersi cura degli animali, a cui Agitu Gudeta era particolarmente attacca, non ci ha pensato un attimo: «La richiesta mi è arrivata dal sindaco di Frassilongo (che a Open ha assicurato massimo impegno nel prendersi cura degli animali, ndr) a cui ho detto subito di sì. Non potevo fare altrimenti, devo preoccuparmi di queste caprette che non hanno un padrone. Poi io per Agitu avevo un grande rispetto. L’ho conosciuta quattro anni fa ed era diventata anche un’amica di mia madre».
«Ho interrotto gli studi, andavo al liceo artistico»


BEATRICE ZOTT | In foto la 19enne con le capre

Per Beatrice Zott quello di accudire gli animali non è affatto un lavoro nuovo o improvvisato. Nonostante la giovane età, infatti, ha già fatto esperienza in Svizzera, Valle d’Aosta e l’anno scorso nelle valli trentine dove ha gestito un grande gregge. Papà e nonno sono pastori, è cresciuta «a natura ed animali». Certo, questo le è costato l’interruzione degli studi. «Fino a due anni fa andavo al liceo artistico, poi ho lasciato per dedicarmi a questo. Non tornerei indietro, non sono pentita perché questo lavoro mi dà libertà. Certo, non c’è sabato e domenica, specialmente in estate quando si lavora tanto
e, dunque, devo rinunciare alle uscite. Ma, credetemi, sono felice».
L’eredità che lascia Agitu Gudeta
Le caprette di Agitu Gudeta, dunque, sono in buone mani. L’imprenditrice etiope è stata uccisa da un suo collaboratore che l’avrebbe presa a martellate per uno stipendio che lui riteneva non essere stato pagato. Il colpo alla testa le è stato fatale. Per lei – che era fuggita dall’Etiopia a causa di violenze e persecuzioni e che, in Italia, si era integrata fin da subito – non c’è stato niente da fare. Il suo sogno – ed è questo ciò che lascia in eredità – era quello di allargare la sua azienda di allevamento, la “Capra felice”, magari con la costruzione di un agriturismo. Aveva già aperto due punti vendita in cui vendeva formaggi e prodotti cosmetici a base di latte di capra. Ma il suo desiderio, quello più intimo, era che le caprette che lei adorava venissero trattate bene, che fossero felici. Ed è questo il compito affidato ora a Beatrice Zott.

La  seconda   invece  

Sono aperte le candidature per accaparrarsi l'unico biglietto disponibile per partecipare alla più importante rassegna cinematografica di Scandinavia: siete pronti a finire (da soli, esiliati in un faro, a 5 stelle però) su un'isola in mezzo al mar ?

da  https://www.repubblica.it/spettacoli/cinema   e   del 07 GENNAIO 2021

                               di  
 Clarissa Cancelli  e  Valeria Rusconi

Guardare sessanta film per sette giorni consecutivi su un'isola deserta. È l'esperimento sociale di distanziamento estremo, chiamato The Isolated Cinema, ideato dal Göteborg Film Festival, il più grande evento cinematografico in Scandinavia, ora in versione online a causa del Covid-19. Un appassionato o un'appassionata di cinema potrà trascorrere una settimana, in totale isolamento, in un lussuoso boutique hotel sull'isolotto di Pater Noster, al largo della costa occidentale della Svezia. Senza cellulare, senza computer né libri. A fare compagnia al prescelto saranno solo le sessanta pellicole (numero decisamente ridotto a causa della pandemia) selezionate dal festival. L'obiettivo è esaminare l'impatto dell'isolamento sull'uomo e il ruolo che può avere la visione di un film in solitudine. C'è tempo fino al 17 gennaio per fare domanda.




 

Il Göteborg Film Festival, con la sua storia ormai più che quarantennale (è attivo dal 1979), trampolino di lancio per i nuovi lungometraggi nati nel grembo di ghiaccio della penisola scandinava con destinazione resto del mondo grazie a un concorso e un premio tutto suo, il Dragon Award Best Nordic Film, non si lascia abbattere dalle circostanze infauste e sfida la pandemia autoesiliandosi. Proprio così: in tempi in cui è fondamentale cambiare le proprie, vecchie (ahimè) abitudini adottando un comportamento giudizioso che preveda il minor numero di contatti con altri esseri umani stando alla larga da ambienti affollati, il Festival di Göteborg fa uno sgambetto al virus e segue alla lettera le norme imposte dal coronavirus. Che, per una volta almeno, riescono a trasfigurare un contenitore culturale in un'opera d'arte nell'opera d'arte. Povera, quasi brutalista e quindi estremamente affascinante nella sua essenzialità.

Una rassegna cinematografica che, da evento in cui gli assembramenti rappresentavano una consuetudine gioiosa poiché mezzo necessario per compiere appieno il rito della collettività, di unione tra tanti sconosciuti davanti a uno schermo – ovvero cinema – diventa unica. Unica intesa proprio come 'uno'. Solitaria. Non più 160mila visitatori ma un solo spettatore, con a disposizione un biglietto di andata (e di ritorno, state tranquilli) per la remota isola svedese di nome Hamneskär. Più che una vera e propria isola, però, si tratta di un cumulo di scogli, circondati da macchie sparute di vegetazione strinata dal vento e dalle intemperie, con un faro nel mezzo riconvertito in hotel. Un hotel che, come va di moda oggi, viene definito 'boutique', cioè di lusso, un 5 stelle caldo e accogliente per combattere il gelo.

L'isola di Hamneskär circondata dai flutti
 

Un luogo necessario per rendere tutto più allettante e permettere al fortunato, unico spettatore del Göteborg Film Festival che verrà (è programmato da venerdì 29 gennaio a lunedì 8 febbraio, in versione online-streaming tramite abbonamento, mentre lo spettatore rimarrà sull'isola per sette giorni), di vedere, lontano dal rumore e dai problemi del mondo, la selezione in concorso. Anche se a causa della pandemia il festival ha dovuto ridurre drasticamente la sua programmazione, passando da una media di 450 titoli ad appena 60, l'Italia può gioire: tra i film è infatti presente anche Molecoleil documentario di Andrea Segre girato a Venezia durante il primo lockdown. Il titolo dell'iniziativa, che per assonanza ricorda una delle più interessanti nel nostro paese, Il cinema ritrovato di Bologna, è Il cinema isolato, e può definirsi – oltre le definizioni canoniche – anche un esperimento sociale: siamo davvero pronti a guardare scorrerci davanti agli occhi delle storie, vere, fantastiche, sognanti, felici o drammatiche introiettando ogni singola emozione custodendola – anzi, obbligatoriamente, tenendola – solo per noi stessi? L'intento (dichiarato) del festival, infatti, non è solo quello di promuovere la settima arte ma di esaminare l'impatto dell'isolamento sull'uomo e il ruolo che la visione di un film in solitudine ha su di esso.

Venezia 77 - Il doc 'Molecole' sulla Venezia in lockdown preapre la Mostra

In passato, il Göteborg Film Festival aveva già portato agli 'estremi' l'idea più scontata di fruizione del cinema. Un altro peculiare progetto era stato quello che aveva in cartellone titoli esclusivamente a tema religioso da far proiettare in luoghi sacri, a ogni latitudine di culto: in una chiesa, in una moschea o in una sinagoga. E se agli spettatori di sesso maschile, poi, fosse stato richiesto di guardare alcuni specifici lungometraggi seduti non su calde e comode poltroncine di velluto rosso ma distesi con le gambe spalancate su un lettino di ferro, di quelli usati dai ginecologi durante le loro visite? Anche questo è stato uno dei molti esperimenti della rassegna nordica.
Parallelamente a questa iniziativa, il festival organizzerà due altre esclusive proiezioni 'per uno' in due iconici luoghi di Göteborg: lo Scandinavium, una delle arene più note in Svezia dove si svolge il campionato mondiale di hockey su ghiaccio, e il Draken Cinema, la sala dove solitamente vengono presentate le anteprime. Ad Hamneskär, e in particolare nel faro-hotel di Pater Noster (si chiama proprio così, 'Padre Nostro', ecco, non allarmatevi ulteriormente), una sola cosa è certa: non sono ammessi i cellulari – e dunque ogni contatto con l'Oltremare – e neppure i libri, altra 'finestra' verso l'esterno. Chi verrà scelto per questa impresa affascinante ma non così emotivamente semplice da sostenere dovrà accettare di abbandonare tutto, ma siamo sicuri per trovare molto.

Hamneskär, situata al largo della costa occidentale svedese, può essere raggiunta esclusivamente in gommone (o in elicottero, se il tempo è buono. Se...) dal paesino da 1.400 abitanti circa di Marstrand, frazione del comune di Kungälv, nella contea di Västra Götaland, o da Göteborg, la seconda città più popolosa della Svezia dopo Stoccolma e la quinta del Nord Europa.

Una sala dell'hotel Pater Noster 

Una volta là, a parte lo schermo allestito all'interno del resort Pater Noster, potrete fare i conti solo con i vostri demoni (o angeli). Certo, l'hotel 5 stelle, a vederlo sulla carta, fa spuntare subito un sorriso: l’agenzia di design svedese Stylt ha infatti trasformato la casa del maestro del faro del XIX secolo dell’isola rocciosa – per la precisione si tratta di una struttura in ferro dipinta di uno sgargiante rosso costruita nel 1868, automatizzata nel 1964 e poi caduta definitivamente in disuso nel decennio tra il 1977 e il 1987 – in un alloggio da sogno. Quella luce che un tempo illuminava l’orizzonte per guidare i marinai attraverso le nere, pericolose acque nordiche ora profuma di legno e folklore, grazie anche ai dettagli rustici originali, ai cimeli marittimi d'epoca, ai mobili tradizionali nordici e alle tonalità ispirate alle acque circostanti. Con le sue sole nove camere doppie per un massimo di 18 ospiti (ma voi sarete soli, ve lo ricordiamo!) e una zona notte realizzata all'esterno, sugli scogli e sotto la volta celeste limpidissima, disponibile ai turisti a un costo di circa 435 dollari a notte inclusi i pasti principali, Pater Noster più che un hotel sembra davvero il set di un film.

Volete dormire sugli scogli, a bordo mare? Il Pater Noster ve lo propone 

Stiamo tutti guardando il cinema in isolamento, ora, e questo cambia il nostro rapporto con esso; abbiamo visto nuovi tipi di lungometraggi in questo periodo che hanno assunto un significato diverso a causa della pandemia”, ha dichiarato Jonas Holmberg, il giovane critico cinematografico svedese e direttore artistico, dall'aprile 2014, della rassegna. “Una scena in cui le persone abbracciano uno sconosciuto, ad esempio, sembra molto diversa in un momento in cui non ci si può abbracciare”, ha continuato Holmberg.

Il direttore della rassegna Jonas Holmberg foto: Göteborg Film Festival

Il direttore ha dunque tracciato il profilo, anzi, i requisiti assolutamente necessari, che deve possedere il candidato – che verrà scelto dopo un colloquio diretto realizzato in videocollegamento – di questa esperienza cultural-sociologica: Essere amanti del cinema, accettare di registrare un video-blog giornaliero ed essere emotivamente e psicologicamente in grado di trascorrere una settimana in questo tipo di isolamento. Con l'esplosione degli schermi e le immagini in movimento che possono essere viste ovunque e in ogni tipologia di situazione, vogliamo proporre una riflessione non solo sul cinema e su chi lo fa ma anche su come lo fruiamo in questa nuova epoca”, ha aggiunto Holmberg. Fiero sponsor dell'annuncio (guardate la clip sopra, in questo articolo) che promuove l'iniziativa di cine-isolamento: “Niente telefono. Niente amici. Niente famiglia. Nessuno. Solo tu. E 60 film in anteprima”. E se, come diceva Wim Wenders, “i grandi film cominciano quando usciamo dal cinema”, l'isola che risuona tra i venti come una 'preghiera del Signore' è lì per dimostrarlo.

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