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21.9.25

Paolo, 14 anni. E la società che non c’era di elisa lapenna

questo post di  Elisa  lapenna conferma la mia recensione precedente sul suo  blog  https://nessundatodisponibile.blog/

 Un ragazzo di 14 anni, Paolo, si è tolto la vita in una cittadina di provincia. Non era un nome famoso, non aveva follower da milioni, non ha lasciato dietro di sé manifesti o proclami. Ha lasciato solo un vuoto. E al suo funerale, tra parenti e pochi adulti, si è presentato un solo compagno di scuola. Uno soltanto. Questa non è cronaca nera. È il ritratto impietoso della nostra società. Bullismo: sempre più precoce, sempre più crudele Un tempo il bullismo era confinato alle superiori: “ragazzi grandi” che si accanivano su chi era diverso. Oggi invece la violenza comincia già alle elementari. Bambini di 8, 9, 10 anni che imparano troppo presto la legge del branco, che colpiscono il più fragile, il più sensibile, il più “fuori posto”. Ragazzi sempre più giovani usano le parole come coltelli e i social come amplificatori di crudeltà. Un soprannome derisorio diventa virale,un video di umiliazione fa il giro della chat di classe. La violenza non finisce più al suono della campanella: ti segue a casa, nello zaino e nel cellulare.
Docenti che non vedono (o non vogliono vedere) Molti insegnanti dicono: “Non abbiamo avuto segnalazioni”. Ma davvero un ragazzo che soffre deve essere lui a denunciare? Quanti silenzi si nascondono dietro le mura di un’aula? Quanti occhi bassi si spengono senza che nessuno li noti? Il problema è che spesso la scuola si difende dietro protocolli, sportelli d’ascolto e burocrazie, ma manca la cosa più semplice: guardare i ragazzi negli occhi, accorgersi dei segnali, non girarsi dall’altra parte. Un insegnante non è solo un trasmettitore di nozioni: è un adulto di riferimento. Eppure troppo spesso prevale la paura di “esporsi”, di “creare problemi”. Così si preferisce minimizzare, archiviare come “ragazzate”, lasciare che il tempo passi. Ma il tempo, in certi casi, uccide. Genitori distratti, troppo occupati, troppo stanchi E i genitori? Anche qui, la responsabilità è collettiva. Ci sono madri e padri che difendono i propri figli a prescindere, anche quando fanno del male: “È solo un bambino, non voleva”, “Sono cose che succedono”. Ma un insulto non è un gioco. Un pestaggio non è una bravata. Un’umiliazione non è una fase. Ci sono genitori che non educano, perché non hanno tempo, perché sono presi da mille problemi, perché scaricano la responsabilità su scuola e società. Ma la prima educazione comincia in casa: il rispetto, l’empatia, la capacità di chiedere scusa. Un ragazzo che cresce senza limiti, senza guida e senza esempi, diventa un adolescente che sperimenta il potere umiliando gli altri. E così si alimenta un ciclo di violenza che miete vittime silenziose.
Una società che parla ma non agisce Ogni volta che un caso come quello di Paolo arriva alle cronache, ci indigniamo per due giorni. Politici, giornalisti, opinionisti: tutti a parlare di bullismo. Poi la vita torna alla normalità, finché un altro adolescente non decide che vivere è troppo doloroso. È questa la nostra colpa più grande: l’abitudine al dolore. Ci siamo anestetizzati. Guardiamo la tragedia come fosse uno spettacolo, senza renderci conto che riguarda tutti noi. Appello Io ho un figlio di 13 anni. So cosa significa vederlo tornare a casa con il peso di parole che fanno male. So cosa significa preoccuparsi per la cattiveria di bande di ragazzini cresciuti senza una vera educazione. E tremo, perché la storia di Paolo potrebbe essere la storia di mio figlio. O di qualsiasi altro ragazzo. Per questo scrivo. Perché non possiamo più permetterci di restare fermi. Non basta indignarsi. Serve agire. Serve educare i nostri figli al rispetto. Serve che gli insegnanti abbiano il coraggio di intervenire. Serve che la società smetta di chiudere gli occhi. La morte di Paolo non è solo la sua tragedia. È la nostra sconfitta. E se non trasformiamo questa sconfitta in un cambiamento, allora siamo tutti complici. Perché un ragazzo di 14 anni non dovrebbe mai sentirsi solo al punto da scegliere la morte.

                                                   Elisa Lapenna

19.9.25

NESSUN DATO DISPONIBILE Pensieri che nessuno ha chiesto ma forse qualcuno capirà. blog di Elisa Lapenna

 navigando    in  internet   ho  trovato   questo blog  Nessun Dato Disponibile – Pensieri che nessuno ha chiesto, ma forse qualcuno capirà. Ed  gli  ho  chiesto di  fare  scambio  di   url  cioè     condivisione  \ recensione  reciproca  degli url   .  Ho iniziato   io   . 

Ecco la  ma recensione   E   subito  ho  individuato   un potenziale   compagno   di  strada  . lieto    di  condividere   post     da un blog   in  cui nel caos  si nasconde un fascino inaspettato, un ordine non convenzionale che vale la pena scoprire.>> un   blog   appena  aperto è già promettente  dove  si  non si cercaerità assolute, ma dubbi sapientemente narrati. dove discute con piglio anticonvenzionale, si filosofeggia senza pretese accademiche e si gioca con l’intelligenza con passione, incoscienza e quel pizzico di rischio che rende tutto più autentico.Se sei  ma  anche   no un’anima inquieta, un curioso irriducibile, un ironico instancabile o semplicemente un esploratore annoiato della realtà, sei nel posto giusto.


Ed    uno  degli articoli  che  più mi hanno colpito per  obbiettività  nel presentare   un  tema     cosi  delicato 

Articoli, Attualità e Società
Madrid marcia contro la gestazione per altri: riflessioni e domande aperte
9 settembre 2025Ely









Il 6 settembre 2025, le strade di Madrid si sono riempite di donne vestite di rosso, con cuffie bianche che ricordano quelle del Racconto dell’ancella. Nessun slogan urlato, nessuna bandiera sventolata: solo silenzio, rigore e un messaggio chiaro scritto su volantini distribuiti lungo il percorso: “Le donne non si usano, no ai ventri in affitto”.
L’evento, organizzato da oltre 30 associazioni femministe, tra cui la Federazione Donne, l’Associazione Donne Giuriste Themis e Apramp, ha visto centinaia di partecipanti attraversare il cuore della città, da Plaza del Callao, lungo Gran Vía e Paseo del Prado, fino al Congresso dei Deputati, concludendo alla Puerta del Sol. La manifestazione voleva denunciare la gestazione per altri come forma di sfruttamento e mercificazione del corpo femminile, richiamando l’attenzione sulla necessità di leggi e protezioni adeguate.
La gestazione per altri è una pratica complessa: una donna porta avanti una gravidanza per conto di altri, rinunciando ai diritti sul bambino. Può essere altruistica o commerciale e la sua regolamentazione varia molto da paese a paese. Ma il dibattito non riguarda solo la legalità: tocca etica, libertà, diritti e il concetto stesso di cosa sia naturale o giusto.
Chi vede la GPA come opportunità sottolinea vantaggi concreti. Permette a persone e coppie impossibilitate a concepire o portare avanti una gravidanza di avere un figlio biologico, favorendo inclusione e nuove forme di famiglia, comprese le coppie LGBT+ e le donne single. In contesti regolamentati, può rappresentare anche un beneficio economico per la gestante. In un futuro ideale, con supporto psicologico e leggi chiare, la pratica potrebbe diventare sicura e consensuale, senza vittime di sfruttamento.
Dall’altra parte, le criticità sono altrettanto evidenti. Il rischio di sfruttamento economico o psicologico non è teorico: molte donne in situazioni vulnerabili potrebbero sentirsi costrette o spinte da necessità economiche a vendere una parte di sé. Ci sono questioni legali complesse sui diritti della madre e del bambino, e i legami naturali creati dalla gravidanza non si annullano facilmente con un contratto. Dal punto di vista etico, la GPA solleva interrogativi scomodi: il corpo della donna può essere ridotto a uno strumento per altri? La libertà di scelta è mai davvero libera quando esistono disparità economiche così evidenti?
I punti di vista sul tema sono variegati. Molte femministe denunciano il rischio di trasformare i corpi femminili in merce e la violenza che questo porta con sé. Chi difende una visione più liberale mette al centro la libertà di scelta personale. Chi guarda con approccio bioetico prova a bilanciare i diritti della donna con quelli del bambino. E forse, in futuro, società più attente e regole più chiare potrebbero ridurre rischi e conflitti, con l’aiuto della psicologia e della tecnologia.
Oggi la GPA è regolamentata in alcuni paesi: negli Stati Uniti, ad esempio, diversi stati permettono la pratica con contratti legali e tutele per gestante e genitori committenti;
in Canada e in alcune nazioni europee è consentita in forma altruistica, mentre in altri contesti, come l’Ucraina prima del conflitto, era legale con alcune restrizioni.
Al contrario, in Italia e in molti paesi europei la gestazione per altri è vietata, considerata una pratica non legittima e sanzionata penalmente. In alcuni paesi, invece, il dibattito è aperto: legislatori e bioeticisti stanno valutando normative che permettano la GPA in forma sicura, regolamentata e consensuale, soprattutto per garantire diritti, protezione e trasparenza, in vista di scenari futuri in cui tecnologia e medicina potrebbero rendere più gestibile questa scelta.
Il futuro della GPA resta pieno di domande aperte. Potrà diventare un reale vantaggio senza sfruttamento? Come evolveranno le leggi internazionali per proteggere tutti i soggetti coinvolti? È possibile separare completamente l’aspetto biologico da quello affettivo nella gravidanza? E quando la tecnologia permetterà uteri artificiali, quale sarà il ruolo del corpo femminile?
La manifestazione di Madrid non è solo un corteo, ma uno specchio del nostro tempo. Ci invita a guardare, riflettere e interrogarsi sul valore dei corpi, dei diritti e delle scelte. La gestazione per altri non è un dibattito astratto: è un nodo intricato di etica, biologia, desiderio e società. E forse le risposte arriveranno solo quando saremo pronti a riconoscere la complessità di ciò che consideriamo naturale, giusto o libero.

" Ma osservare i fatti non basta: resta il pesto delle domande che ci portiamo dentro. "

Dopo aver osservato la manifestazione di Madrid, mi rimane in testa una domanda che non trova risposta facile: perché alcune pratiche, come la gestazione per altri, ci disturbano così profondamente? Forse perché toccano il cuore di ciò che la cultura, la religione e l’evoluzione hanno sempre cercato di proteggerci dal modificare: il legame tra corpo, vita e nascita. In ogni religione, in ogni mito, c’è un’idea di sacralità della maternità. Ma cosa succede quando il progresso scientifico ci permette di separare il “come” dal “perché”, di trasformare la gravidanza in un contratto o in un progetto?
C’è una parte di me che teme la mercificazione del corpo, l’idea che qualcosa di così biologicamente e psicologicamente intenso possa diventare un servizio. Eppure, c’è anche un’altra parte che vede possibilità: nuove famiglie, inclusione, libertà di scelta. È una contraddizione che pesa come una pietra, perché il cuore non è mai razionale: oscilla tra paura e desiderio, tra rabbia e meraviglia.
Mi chiedo se le nostre paure siano radicate nella religione, nelle tradizioni, o semplicemente nell’istinto. L’evoluzione ci ha plasmati con schemi antichi, ma la tecnologia li mette alla prova. Forse stiamo entrando in un’era in cui il corpo e la mente possono scegliere in modi che mai avremmo immaginato, e forse non siamo ancora pronti a gestire il peso di questa libertà.
E il futuro? Lo immagino sospeso tra uteri artificiali, intelligenza artificiale che monitora gravidanza e desideri sempre più personalizzabili. Un mondo in cui i confini tra naturale e artificiale si sfumano, e dove la maternità potrebbe diventare scelta etica, economica o tecnologica, più che biologica. Resta da vedere se riusciremo a mantenere un equilibrio tra libertà, amore, responsabilità e dignità.
In fondo, guardando le donne di Madrid marciare silenziose, ho capito che il vero nodo non è solo legale o scientifico. È dentro di noi, nelle paure, nei desideri e nelle nostre convinzioni più profonde. E forse l’unico modo per capire davvero la GPA, e ciò che porta con sé, è accettare il dubbio, il disordine e il caos che genera.


E tu cosa ne pensi?

Come ti senti riguardo alla GPA, considerando che in Italia è vietata ma in altri paesi è regolamentata o in discussione?
Credi che il punto di vista maschile e femminile sulla gestazione per altri possa differire? Se sì, in che modo?
Se la scienza e la tecnologia permettessero una GPA sicura, trasparente e consensuale, cambieresti la tua opinione su questa pratica?
Quanto pensi che la cultura, la religione o le tradizioni influenzino il nostro giudizio su ciò che è naturale o giusto?
Se dovessi dare un consiglio ai legislatori di un paese che sta considerando di legalizzare la GPA, quale sarebbe e perché?

12.9.25

CHI URLA DI PIÙ NON HA PIÙ VERITÀ DA DIRE. E ALLORA, CHI DAVVERO RICORDA? di Elisa laPenna ( https://nessundatodisponibile.blog/ )


l'11  settembre      cosi  come   tutte le  giornate  \  settimane      particolari  (  27 gennnaio  ,  10  febbraio  ,   25  aprile  ,  2  giugno  ,  ecc    mi  scuso  se   ne  ho  dimenticato  qualcuna  )       sono alla base  della riflessione       che  condivido  in pieno  dell'ottima    Elisa  laPenna  ( https://nessundatodisponibile.blog/

Ogni anno ci ripetono che “ricordare è fondamentale”. Ma ricordare cosa, esattamente?
Le immagini che ci hanno cucinato in loop fino a stordirci? Le verità preconfezionate vendute come dogmi? O la rabbia che, ben nutrita, torna sempre utile a qualcuno?
Io penso che ricordare serva solo se diventa diffidenza. Diffidenza verso chi ti offre una versione unica, comoda, semplificata. Perché la verità non è un trofeo da esibire: è vissuto, carne e ossa, paura e silenzio. E quella non si spettacolarizza, si custodisce.E se la memoria servisse più a chi racconta che a chi ricorda?
che ragiona su quyanto scritto da
La memoria non necessariamente aiuta a trovare i colpevoli o i responsabili, ma spesso serve a tenere ben saldi stati emotivi come rabbia e frustrazione.
Ricordare, in questo caso, dovrebbe essere un monito alla diffidenza nei confronti di chi ci propone una verità assolutistica.
La verità è un qualcosa che è già successo o che continua a succedere. È solo chi la sperimenta può conoscerla. E questo è un fatto e non può essere messo in discussione.
Ai media non interessa la verità, ma solo la spettacolarizzazione degli eventi. Sfama coloro che hanno bisogno dei particolari per sfogare una rabbia che fino a quel momento non hanno voluto considerare.
Il modo più efficace per essere in pace è agire secondo coscienza e fare del bene. Appena possibile, tutte le volte che è possibile.
Non importa come e quando finiremo. Se faremo del bene, questa sarà l'unica cosa che conta.

Destinazioni lontanissime da raggiungere a velocità moderate: viaggiare in scooter è un’esperienza unica, diversa da tutte le altre

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