Anche questo è martirio. Soprattutto questo. Khaled Asaad [foto sotto al centro ] è morto per quelle pietre, per quella memoria litica che stava lì, a immortalare non solo l’umana vicenda, ma la peribilità degli dèi.
Khaled è stato torturato
per mesi da Is/Daesh nel solito silenzio complice e criminale di Turchia
e Occidente, poi decapitato, appeso a una colonna – uno dei tanti
simboli da lui protetti e amati – a 82 anni. La sua testa l’hanno posta
al basamento con ancora indosso gli occhiali. Di questi neonazisti in
versione mediorientale tutto si può dire, tutto si può e si deve
maledire – e stroncarli, stroncarli senza esitazione – ma non che siano
stupidi. Anch’essi usano una loro simbologia, e gli occhiali lasciati
sul capo dell’insigne studioso non sono solo un’irrisione, ma il
manifesto odio l’uomo colto, che osa
dubitare: pure degli dèi, quegli
dèi succedutisi, come accennavamo prima, nel macigno dei secoli, lettura
per umani, evoluti o perduti con essi. E tuttavia sempre presenti, a
suggellare un tempo che, comunque, fluisce; un prima e un dopo sono
esistiti ed esisteranno ancora. La sterile fissità degli assassini,
avida, consumistica – non desideravano impossessarsi dei reperti per
distruggerli bensì per rivenderli al mercato nero a ricchi collezionisti
occidentali e quindi investire il ricavato in armi: che tutti i
sedicenti amanti delle antichità sappiano – è il marchio avvilente del
loro declino ateo; la negazione dell’evoluzione, anche della percezione
di Dio, il rifiuto della propria natura profonda, proteica e
multicosmica. Periranno, assieme a chi li ha tollerati e finanziati, e
continua a farlo. Entrambi sorgono dalla decrepitezza d’una banconota. E
da tarli antichi, come gli aguzzini di Ekin Van [foto in alto a destra ], naturalmente curda,
naturalmente trucidata da turchi sodali di Daesh – turchi, membri della
Nato -, d’una turpitudine così banale da non trovar di meglio che
spogliarlo, quel corpo, perché va sempre bene, perché una donna nuda è
sempre indecente e lasciva e umiliata. Si perpetra, anch’esso nel suo
fissismo senza storia, il martello della misoginia, che non sa parlare,
ma solo ringhiare e sbranare. Demoliscono e distruggono antichissimi
monasteri cristiani, senza escludere gli umani: di tutti i perseguitati,
i seguaci di Cristo sono i più ignorati dall’Occidente, che li accoglie
con un’alzata di spalle, che non li riconosce nemmeno; cristiani in
Oriente, come si trattasse d’una vicenda eccentrica, distorta.
Invece
essi nascono laggiù. La nostra coscienza s’è dispersa in quelle pietre
che non hanno nulla di mistico nel senso di certo ayurveda riveduto e
corretto. Il misticismo cristiano è aridità di deserto, roccia di
comunione. Non è distacco dal mondo, ma è mondo, un mondo lacero e
sofferente, accettato e sfrangiato. Spiritualmente siamo tutti semiti,
diceva Pio XI, ma lo Spirito, che soffia dove vuole, si è allontanato
dai nostri angoli…
No. Non ci fa mai mancare il suo soffio, il suo ruah. Ma non sappiamo più riconoscerlo.
© Daniela Tuscano
© Daniela Tuscano