Prima della lettura della storia che trovate sotto, credevo d'essere l'unico o "d'essere malato" in quanto da piccolino giocavo con le bambine ed usavo le loro babole ., ed spesso anche al giorno d'oggi uso ombrelli e qualche vlolta mi è successo di usare un maglione o un giubotto che in teoria dovrebbe essere da donna .

"Mia figlia voleva le scarpe di Spiderman e le ha rubate al fratello": così una bambina ha superato le differenze di genere
Parte da un tweet, e da un giro al centro commerciale, una polemica contro la catena di negozi Target. Ma i casi in cui il marketing segue le distinzioni di genere sono moltissimi. Eppure a volte basta la sensibilità di una piccola di due anni per cancellare tuttoè una bambina di due anni negli Stati Uniti che - con la sua sensibilità - ha dato a tutti una lezione sull'insensatezza delle distinzioni di genere applicate alla moda e al marketing, e sul perché non dovrebbero esistere. È una storia che inizia con un giro al centro commerciale insieme al padre e al fratello e si conclude con un video che diventa simbolo del superamento delle imposizioni della società. Un finale esemplare, per la sua semplicità.
"Hey Target, ho comprato a mio figlio di quattro anni le scarpe di Spiderman, e ora anche mia figlia di due anni le vuole. Ma tu non vendi scarpe di Spiderman che si adattino a bambine di due anni. Anche quando le cerco, l'unico risultato che trovo sono le scarpe per ragazzi". È il post di Qasim Rashid, che su Twitter si è rivolto a Target, la seconda catena di discount più grande degli Stati Uniti.
Il post di Qasim ha riportato alla luce il dibattito sul gender e sulle differenze con cui vengono cresciuti i bambini fin dalla tenera età. E, a giudicare dai commenti, sono molti i negozi che si basano ancora su queste nette diversificazioni. "Ho una figlia che ha cercato una maglia che non fosse rosa, non avesse brillantini e non avesse scritte di ispirazione femminile. Né Target né OldNavy l'avevano!" scrive una follower di Qasim. Un altro utente aggiunge: "È triste, e questo è colpa dei negozi e dei produttori di abbigliamento che fanno sezioni diverse per ragazzi e ragazze. Mettete insieme i vestiti e lasciate che i bambini scelgano quello che vogliono!".
Proteste come queste non sono passate inosservate da alcuni protagonisti del mondo della moda. John Lewis, proprietario degli omonimi grandi magazzini, a settembre ha lanciato una nuova linea di abbigliamento per bambini fino a 14 anni. Grande novità, l’eliminazione delle etichette “Boys” e “Girls” per permettere ai piccoli acquirenti di scegliere liberamente cosa indossare. “Ci teniamo a dare il nostro contributo all’abbattimento degli stereotipi. Del resto, il criterio d’acquisto non deve essere legato al genere, ma a ciò che piace” ha spiegato Caroline Bettis, responsabile di questo settore del marchio inglese.
Una svolta a cui ha contribuito il gruppo LGBT “Let clothes be clothes” (Lasciate che i vestiti siano vestiti) che da anni si batte per eliminare le differenze di genere nella moda. A John Lewis si sono aggiunti altre griffe, come Zara, H&M e Agent Provocateur, che ha lanciato sul mercato la linea di costumi unisex “Les girls les boys”.
