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5.7.24

«Sono una ballerina con la sindrome di Down. Mi prendevano in giro sui social, ma ora rappresenterò l'Italia ai Mondiali»

 lo so che  dovrei  smettere  di mitizzare  le persone     con handicap    ed  considerarle   come tutte le  altre persone   (  cosa  che  per  me lo sono  già  )   come suggerito  da  (  vedere il caso ...  ehm.... la storia  di Giulia Ghiretti,Campionessa paralimpica con un palmares di 27 medaglie internazionali, un record del mondo nei 50 farfalla in vasca corta e un titolo mondiale nei 100 metri rana e  ci cui  ho  parlato   nel  58  della    rubrica  diario    di  bordo )  . Ma  fin quando    in italia   l'handicap in particolare  la  sindrome di   down     e   simili ( autismo  , iper attività , ecc  )  sono visti con stereotipi  e  luoghi comuni   i  principali descritti   in : MI GIRANO LE RUOTE  (  sotto    a  sinistra    la  copertina  )  di Angela Gambirasio  - Voltalacarta   Narrativa non fictionASIN B0136H67NM cartaceo 11,90€ | Ibs   ., ebook 2,99€ | Amazon     

 Io sono handicappata: questa è l’unica cosa sulla quale tutti concordano. Beh, magari poi i normodotati mi definirebbero “disabile” o “diversamente abile” più che handicappata, ma le definizioni politicamente corrette non hanno mai cambiato la sostanza. Al di là di questo, io ho idee diverse dagli altri su come condurre una vita da una sedia a rotelle. Da sempre medici, giornalisti tuttologi e buona parte della società provano a spiegarmi come dovrei definirmi, comportarmi e vivere, insomma, quello che ci si aspetta da gente come me. Mi attribuiscono la sessualità di un angelo, pensano che stia chiusa in casa a lacrimare sulle mie sciagure o magari a pregare affinché qualcuno, lassù, ponga fine a una vita irrimediabilmente infelice. Beh… ho sempre deluso le aspettative altrui, soprattutto quelle schifose. Così ho deciso di raccontarvi la tragicomica realtà di una come me, che vive tra barriere architettoniche e mentali. Come faccio ad andare avanti pur non potendo camminare? Semplice: rotolo!


  confermati   da questa intervista  rilasciata  al  sito   culturalfemminile.com     dall'autrice   . 
 Ma    davanti a  tali  storie   come  questa  riportata  sotto   non riesco a   a considerare    ( e  è per  questo che  ho perso molte amicizie  con persone disabili o sono   in pessimi rapporti con loro  )  le loro vicende   con una  perifrasi   da  una storia  sbagliata   di De andrè   vioè :   storie   speciali  per  gente  normale   storie   normali per  gente   speciale 

 Ma  ora  ecco la  storia  di Giada  Canino  (  foto  sopra  a  sinistra  ) unione  articoli  di  https://www.ildigitale.it/ (  da  cui   ho preso anche  la  foto  ) la  prima  parte   e   la  seconda   , mi pare leggo.it ,  tramite   https://www.msn.com/it-it/salute/other   



Giada Canino, 18enne con sindrome di down di Calolziocorte in provincia di Lecco, è una campionessa italiana e regionale di danza paralimpica. La sua passione è da sempre ballare e sui suoi profili social è solita pubblicare video in cui si esibisce.È stata spesso presa di mira da molti bulli ed haters, i quali hanno scritto sotto ai video frasi come “sembri ubriaca” o “non sai ballare”, e altri insulti. Ma la 18enne non si è mai arresa e da poco è stata convocata dalla Federazione italiana, come riporta il “Corriere della Sera”: rappresenterà il nostro Paese ai Giochi mondiali invernali Special Olympics 2025, nella danza sportiva, più specificatamente nella categoria hip hop, che si svolgeranno dal 6 al 17 marzo.La Federazione ha convocato in totale altri otto ballerini che si sfideranno contro più di 1000 danzatori provenienti da 103 Paesi in tutto il mondo. Ecco cosa ha raccontato Giada dopo aver saputo della convocazione: “Quando è arrivata, quasi non riuscivo a crederci. Mi impegnerò al massimo, orgogliosa di rappresentare il mio Paese, ma il ringraziamento più grande va ai miei genitori per tutto quello che fanno per me”.
Dagli allenamenti alla convocazione per i Mondiali Invernali 2025
Giada Canino ha iniziato a ballare fin da piccola e ha iniziato a praticare hip hop a livello agonistico nel 2018. Tesserata per la società Rosy Dance di Villongo, in provincia di Bergamo, assieme a Giada sono stati convocati altri due ballerini e amici con cui si allena, Andrea Tomasoni e Stefano Brevi. Ecco il messaggio della convocazione per i Giochi mondiali invernali 2025 inviata dal comitato Special Olympics Italia, come riporta “LeccoToday”:

Carissimi, siamo veramente felici di comunicarvi la convocazione dell’atleta Giada Canino, appartenente al team Rosy Dance in qualità di atleta titolare nella disciplina della danza sportiva per i prossimi Giochi Mondiali Invernali di Torino. Siamo certi che un così grande evento segnerà il coronamento del percorso svolto in questi anni dall’atleta e sarà fonte di grande soddisfazione per la sua famiglia e per tutto il suo team.

La danza, una passione che le scorre nel sangue fin da quando è piccola. Così decide di riprendersi mentre balla alcune coreografie e di pubblicarle, poi, su TikTok. Ma la reazione degli utenti non è quella che aveva immaginato. Molte persone hanno iniziato a giudicarla per il modo in cui danzava, ma lei non si è mai arresa e ha continuato a portare avanti il suo sogno. E adesso rappresenterà l'Italia nella danza sportiva, categoria hip hop, ai mondiali invernali Special Olympics 2025. Questa è la rivincita di Giada Canino, una ragazza di Lecco di 18 anni con la sindrome di Down, che ha raccontato la sua storia al Corriere della Sera: «Sui social mi hanno presa in giro per come ballavo, vomitandomi addosso una valanga di insulti. Dicevano che sembravo ubriaca. Ora rappresenterò l’Italia ai Giochi mondiali invernali Special Olympics 2025, nella danza sportiva, categoria hip hop. E lo farò con grande orgoglio».
La storia di Giada
Ha scoperto la sua passione per la danza da piccola, quando ha iniziato a imitare le Veline in tv. Da quel momento ha iniziato a prendere lezioni di danza, arrivando a prendere lezioni a livello agonistico. Degli allenamenti che sono riusciti a farla diventare campionessa regionale e italiana di danza paraolimpiaca. Poi ha aperto un profilo di TikTok, che adesso conta più di 23mila follower. Una notorietà che l'ha portata a essere presente in un filmato insieme ai giocatori del Milan (la sua squadra del cuore) e a esserci anche al Memoriale della Shoah con il ministro Piantedosi, la senatrice Liliana Segre e il capo della polizia Pisani, durante l’evento organizzato dall’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori. Insomma, Giada con il suo
I Giochi mondiali Special Olympics 2025
I Giochi mondiali Special Olympics si terranno il prossimo anno, dal 6 al 17 marzo a Torino. Per prepararsi a inizio settembre parteciperà agli allenamenti con la squadra Nazionale, ai quali parteciperà insieme ad altri due ballerini della squadra paralimpica della Rosy Dance di VillongoStefano Brevi e Andrea Tomasoni. «Sono miei amici, sarà meraviglioso condividere questa esperienza con loro - ha  dichiarato la ballerina - quando è arrivata la convocazione della Federazione quasi non riuscivamo a crederci». 

17.6.19

Avellino, famiglia adotta bimbo down: "Così Vincenzo ha cambiato la nostra vita" e L'ultimo desiderio esaudito di Vincenzo in malato grave: dalla Germania a Palermo per sentire ancora una volta il mare



Come potete   vedere  non racconto \  riporto   \  condivido  storie  tristi    e  brutte  . Eccovi  due  storie    speciali per  gente normale  \ normale  per  gente   normale parafrasi di una famosa  canzone 

Una storia    che  dimostra    che indica come  l'infelicità  puo' essere    felicità     e di come  :  l'impresa eccezionale, dammi retta\È essere normale (   un   altra parafrasi \ citazione musicale ) 

  tratte dal quotidiano   la  repubblica


la   prima 

Il piccolo è stato abbandonato alla nascita dalla madre. La nuova famiglia: "Noi speciali? No, non ci siamo girati dall'altra parte"

di PIERLUIGI MELILLO




Avellino. 
In un mondo in cui si innalzano muri e si chiudono i porti agli ultimi disperati, la loro storia apre il cuore alla speranza. Lui, è Maurizio Mauro, 53 anni, impiegato, che quasi per uno strano scherzo del destino dall'isola di Capri si ritrova nel cuore dell'Irpinia, ad Avellino, con la moglie Assunta, anche lei 50enne. Una vita normale. Hanno due figli grandi, una famiglia come tante che diventa speciale perché all'improvviso scopre Vincenzo, bimbo down di pochi mesi, abbandonato alla nascita dalla madre in una clinica avellinese. Che fare? Maurizio in quei giorni lavorava nella stessa struttura sanitaria, vede quel bimbo, solo e dimenticato. Ha già preciso in mente il suo progetto di amore e solidarietà.
"Dovremmo tutti recuperare - dice - il valore e la volontà di non girare mai il volto ai bisogni del proprio prossimo. Sono chiamate, sono segni veri, di una vita piena da vivere con amore, verso il prossimo". Allora Maurizio ne parla con la moglie. E scatta la scintilla. “Siamo credenti, Dio ci chiama per aiutare il prossimo”, racconta il super papà, che vede nella diversità di un bimbo di pochi mesi un motivo in più per non girarsi dall'altra parte e fare qualcosa per aiutare a disegnare un futuro migliore per chi sembra condannato a una vita infelice. “Noi una famiglia speciale? No, non credo”, quasi si giustifica Maurizio che aveva già due figli grandi quando ha incontrato il piccolo Vincenzo, sette anni fa, nel nido della clinica “Malzoni”, eccellenza della neonatologia nella sanità avellinese.
“I medici e le infermiere non gli facevano mancare nulla, ma quel bimbo aveva bisogno di altro, di una famiglia vera”, racconta Maurizio, che decise di avviare le procedure per l'affido di minori abbandonati. Ci sono voluti tre anni, ma alla fine la battaglia è stata vinta, con coraggio e determinazione. Ed è arrivata l'adozione per il piccolo Vincenzo, un bambino che ha sempre bisogno di attenzioni speciali. “Non dimenticherò mai quella telefonata. Stavamo uscendo di casa quando squillò il telefono. Rispondemmo: ci chiedevano se volevamo in affido quel neonato. Se fossi uscito esattamente minuto prima non avremmo avuto nella nostra vita il dono più grande: il nostro Vincenzo. Certo - spiega Mauro -, non lo abbiamo generato. Ma ogni figlio è un dono di Dio e ogni figlio è figlio di Dio”. Non se la sono sentita di cambiargli il nome, gli hanno lasciato quello scelto dalla madre naturale, che poi è sparita nel nulla: così Vincenzo è entrato a far parte della sua nuova famiglia in maniera automatica, senza particolari problemi. Ha trovato due fratelli ormai ventenni, Matteo e Martina, che lo adorano e lo seguono costantemente.
“Credo che ogni famiglia – racconta Assunta Russo, la moglie di Maurizio - dovrebbe avere una “diversità” nel proprio nucleo. Servirebbe a dare un senso in più alle cose vere, autentiche della propria vita”. Maurizio e Assunta sono membri del Progetto Affido da circa otto anni, con cui sono entrati in contatto tramite la Pastorale Familiare della diocesi di Avellino. L'incontro con Vincenzo è stato casuale. Ma il percorso è stato poi consapevole e coraggioso. Lo presero in affido all'inizio per un anno. Poi, in tribunale seppero che nessuno voleva adottarlo, così visto che avevano già maturato l’idea di tenerlo con loro, partì la procedura per l'adozione. "E siamo riusciti nel nostro obiettivo", conferma Maurizio. La loro storia ricorda quella di Luca Trapanese, il single napoletano che ha scelto di adottare Alba, la bimba down che nessuno voleva. Maurizio lancia un messaggio ai tanti genitori senza figli: “Consiglio a chi voglia adottare un bimbo con problemi di non partire con idea preconcetta ma di maturare con tempo e consapevolezza i sentimenti veri e giusti”

  la  seconda
la  cui lettura  avviene   sulle note  di   Questi posti davanti al mare - Fossati De André De Gregori






Dalla Germania alla Sicilia per riportare a casa Vincenzo, un malato grave ricoverato in un ospedale. La Croce Rossa di Susa ha risposto all’appello della famiglia e ha organizzato il trasporto del paziente in Italia. “Aveva chiesto di lasciare un finestrino aperto quando siamo arrivati in Sicilia perché voleva sentire l’odore del mare - racconta in un video realizzato dalla Croce Rossa Italiana Salvatore Intorre, volontario della Croce Rossa di Susa -. Quando siamo arrivati a Palermo la mattina presto è stato emozionante perché ci siamo fermati al bar come aveva chiesto Vincenzo per tutto il viaggio e abbiamo preso la brioche come voleva lui ”.
Sono stati i famigliari di Vincenzo a contattare per primi la Croce Rossa di Susa. “Avevamo deciso di tornare a Palermo perché ci dicevano tutti che la situazione era grave ma c’era una piccola speranza di poter fare la chemio, mentre in Germania ci dicevano che non si poteva più fare - racconta la cognata Sabrina Filippone - Così ci siamo informati per il viaggio, in aereo non poteva salire e anche la macchina era sconsigliata. Quando la croce rossa ci ha detto che si poteva fare ci siamo sentiti confortati”Ringraziamo Fabio Giammetta e tutti quelli della Croce Rossa che hanno riportato a Palermo mio nipote”, commenta lo zio Bartolomeo Leto. Era stato Fabio Giammetta a ricevere la chiamata della mamma quando la famiglia stava cercando di organizzare il viaggio. 



“Vederlo così speranzoso di tornare a casa ci ha dato forza nel viaggio - raccontano i volontari - Si crea empatia con i pazienti ma in questo caso è stato ancora più forte”. I volontari hanno percorso oltre 2000 chilometri con Vincenzo per riportarlo per l’ultima volta nella sua Sicilia. “Me lo aveva detto che quello sarebbe stato il suo ultimo viaggio”, racconta la moglie Rosanna Filippone. Vincenzo, nonostante le cure, non ce l’ha fatta e quello con i volontari di Susa è stato davvero il suo ultimo viaggio nella sua terra dove voleva tornare a tutti i costi. Il viaggio della croce rossa era stato organizzato a fine marzo, la famiglia di Vincenzo ha trovato soltanto in questi giorni, a distanza di qualche mese, la forza di raccontarlo per ringraziare tutti i volontari.

7.3.16

Tre cromosomi di © Daniela Tuscano

Con quel cognome, uno letterato ci nasce. Se poi il turbine creativo ti porta ad approdare laggiù, in un evo mitico e affabulato, dove trovi un certo PPP, allora è fatta. Di cromosomi in più non ne hai uno, bensì due: la scrittura e Pasolini. Gianluca Spaziani, 23 anni, palermitano, ha conseguito la laurea in lettere con una tesi dal titolo "La riscrittura del tragico antico in Pasolini. Per una lettura 'corsara' di Medea". E allora, forse, i cromosomi in più diventano tre. Perché scegliendo Pier Paolo, e "quel" Pier Paolo, con "quell'"aggettivo, e, non bastasse, nel giorno del suo compleanno, sei decisamente contro il sistema. Contro le regole. Contro le previsioni. La vita te la inventi. La mordi. La scrivi. E la penna si fa pugnale d'amore. 


Ma la godi, anche. Gianluca sogna il teatro, adora Beppe Fiorello e ha la stessa grazia nativa d'una primula, la stessa logica inattesa d'un mattino sereno, naturalmente spavaldo. Come Ninetto. Come quel Sud "ultima Africa" della Trilogia della Vita. E in questo, per questo, per se stesso, piace da matti a Pier Paolo. Uso il presente perché so che il Corsaro l'ha seguito, negli anni di studio e nei pensieri solitari. Ed era lì, accanto a lui, l'altro giorno, di fronte alla commissione. Sembra si sia tolto gli occhiali, alla fine, e con lo sguardo l'abbia baciato.


© Daniela Tuscano

23.7.14

rottura di un tabù e di un luogo comune anche i down si sposano la stria di Mauro& Marta i primi in Italia

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http://www.videomedica.org/videomedica/?p=11610
Consapevolezza senza pietismo per combattere la paura dell’handicap. Un messaggio importante ed ironico da parte di chi l’handicap lo vive dalla nascita. – intervista a DAVID “ZANZA” ANZALONE attore, autore, regista e, come recita la sua carta d’identità alla voce professione “Handicappato”


E'  proprio  vero  che in Italia  ( eccetto qualche malpancista )   è più  avanti  la  gente delle istituzioni Finalmente   si rompe  un tabù ed  una convenzione   consolidata  cioè che  per  sposarsi  si debba per  forza  di cose  essere  sani  . ma  purtroppo..... c'è  retrogusto amaro a  tutta  la  vicenda  ma  qualcuno gli aiuta  
Ma iniziamo  dal   lato bello  preso da  diverse pagine del web  ( non ricordo i  siti , ma come  già detto  nel  manifesti   e  faq  del  blog  ,  ripeto    se qualcuno\a   degli aventi diritto  o i loro rappresentanti legali  si  faccia avanti   e il post  sarà modificato  con le  aggiunte  o la cancellazione


L’amore non ha sesso, non ha età e nessun confine. La storia che nelle ultime ore sta appassionando tutta Italia ha come protagonisti Mauro e Marta, 40 anni lui, 30 anni lei, affetti dalla sindrome di Down che domenica 6 luglio nella chiesa di San Bonaventura al Palatino, a Roma, hanno coronato il loro sogno d’amore e si sono finalmente sposati ( scopri qui la proposta di matrimonio a una ragazza malata di tumore).A darne la notizia è stata L’AIPD Nazionale che si occupa persone affette da questa patologia aiutandole a vivere serenamente, conducendo una vita completamente normale e, tra le altre cose, segue i ragazzi nell’avventura della vita di coppia e della convivenza, aiutandole ad arrivare al fatidico “Sì”. Quello di Mauro e Marta è il primo caso assoluto di matrimonio tra persone Down in Italia all’interno dell’Associazione Italiana Persone Down, “ma non resterà l’unico: l’amore è democratico e sono molte le coppie che negli anni si sono formate” – ha dichiarato Anna Contardi, coordinatrice nazionale dell’AIPD, al Corriere della Sera ( guarda qui la foto degli sposi con un ciclone alle spalle ). “Da noi l’indipendenza è una conquista recente. Questi ragazzi e le loro famiglie hanno cominciato soltanto da poco a sperimentare percorsi di autonomia” sottolineando con orgoglio il risultato ottenuto dai due giovani e del cammino di felicità che hanno iniziato a percorrere insieme.Insieme da 10 anni, conviventi da tempo Mauro e Marta hanno fatto il grande passo sposandosi stabilendo in Italia il primato di coppia down sposata che fa parte dell'Associazione Italiana Persone Down. I due lavorano e hanno vissuto insieme a Casa Petunia, una casa famiglia a bassa assistenza per le persone affette dalla sindrome di Down.Le foto delle loro nozze hanno conquistato il web che si è congratulato con la coppia e ha augurato loro tanta felicità. PROGETTO DI VITA – Marta e Mauro, lei receptionist per Adecco lui impiegato all’Asl, si sono scambiati le fedi nuziali  dopo 10 anni di fidanzamento e dopo 4 anni di convivenza passati nella casa famiglia Petunia, progetto della Fondazione Italiana verso il Futuro: “Ci siamo conosciuti ad una festa di compleanno: prima è nata un’amicizia, poi lui si è dichiarato…” confessa Marta, “La cosa che più ci trasporta è la fiducia. Ci sappiamo sopportare, e se litighiamo troviamo un punto d’incontro. Da quando l’ho conosciuta ho avuto subito la voglia di creare il mio nucleo familiare” spiega Mauro.La coppia, prima ancora di decidere per il grande passo, aveva già raccontato la propria storia a XLove, programma di Italia 1 spin-off de Le Iene. Sul tema suggerisce  http://www.giornalettismo.com/  (  mi sembra  di ricordare  )  anche l’ottimo Hotel 6 Stelle, docu-fiction di Rai3 prodotta da Magnolia cui l’AIPD ha collaborato.Questa coppia felice, come tante se ne vedono il giorno del matrimonio, ha però segnato la storia del nostro paese.


20140714 74104 10492155 10152539348029841 4407641787110 478x289 Mauro e Marta sposi: sono i primi in Italia… ecco perché





le foto sono prese da http://www.direttanews.it/2014/07/14/







il lato brutto della cosa è  che  Mauro e Marta non avevano programmato di vivere la loro nuova vita a “Casa Petunia”.

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Mauro e Marta non avevano programmato di vivere la loro nuova vita a “Casa Petunia”. La sua indisponibilità è diventata un problema perché fino a ora non sono riusciti a trovare un appartamento in affitto. “Molti proprietari - sottolinea l'Associazione persone Down - si rifiutano di affittare quando sanno che nella casa vivranno persone con disabilità”. La conferma viene dai genitori di Marta: “Non chiediamo un servizio gratuito da parte delle istituzioni – hanno dichiarato – ma ci piacerebbe che i nostri figli potessero trovare un'abitazione che abbia costi sostenibili per i loro stipendi e per il loro stile di vita”.Non esiste solo il “dopo di noi” (cioè il problema dell'organizzazione della vita dei disabili dopo la scomparsa dei genitori), ma esiste anche un “durante noi”, la possibilità di avere le stesse opportunità delle persone “normali”. Non è un problema da poco. In Italia, il 60 per cento delle persone Down ha superato i 18 anni di età e molte di loro, con qualche sostegno, sarebbero in grado di condurre una vita autonoma, in una casa.
Ma solo in pochissime realtà (a Pisa e a Venezia, per esempio) le Asl o gli istituti per le case popolari hanno reso disponibili delle abitazioni consentendo l'avvio di esperienze di preparazione alla vita indipendente. Casi isolati. “Il tema dell'abitare – commenta Anna Contardi, coordinatrice nazionale dell'Aipd – ci interroga con urgenza e possiamo affrontarlo solo con creatività, individuando soluzioni con e per le persone Down, integrando professionisti e volontariato, valorizzando tutte le risorse possibili. Ci piacerebbe che qualche ente uscisse allo scoperto”.
Tanto più che in questi tempi di tagli al welfare, quando le risorse sono sempre più esigue, investire sull'autonomia significa dover ricorrere con meno intensità alle struttura assistenziali nel “dopo di noi” e, quindi, determinare risparmi notevoli per la collettività. Il lieto fine della storia di Mauro e Marta ci riguarda tutti.

ma  

A lanciare l'appello è stata Anna Contardi, la presidente dell'Aipd: “Il mercato pubblico e quello degli enti – ha detto – si attivino, per evitare di dover ricorrere ai privati. I quali in questi casi nutrono sempre molti dubbi perché recidere un contratto di affitto fatto a persone che presentano disabilità risulta più complesso. La storia di Mauro e Marta – ha continuato .- non è una storia eccezionale. E potrebbe spianare la strada a tante persone che un giorno si troveranno nella loro stessa situazione”.

L'Aipd propone una soluzione di buon senso: che gli enti proprietari di un patrimonio immobiliare ricavino dagli stabili in disuso soluzioni di 'sperimentazione abitativa'. Pieno il sostegno della trasmissione Baobab che ha messo a disposizione la propria mail (baobab@rai.it) per chiunque voglia offrire un contratto d'affitto ai due giovani.Ad aggravare il problema di Mauro e Marta, una delle tante conseguenze dei tagli al welfare. Infatti la casa-famiglia dove nel 2012 avevano cominciato a convivere, dopo un fidanzamento durato otto anni, non può garantire più il servizio. Non c'è quindi una soluzione-ponte in attesa dell'arrivo di un contratto d'affitto, a parte il ritorno nelle case di famiglia. Dove, ovviamente, sarebbero accolti a braccia aperte. Ma sono gli stessi genitori a sostenerli nel loro percorso di autonomia. “Ci piacerebbe – ha dichiarato la madre di Marta - che i nostri figli potessero trovare un'abitazione che abbia costi sostenibili per i loro stipendi e per il loro stile di vita”.

29.12.13

LA FORZA DI ANDREA Zoccheddu, PRIMO DOWN CINTURA NERA DI JUDO IN SARDEGNA

  musica  in sottofondo e  consigliata  Sa prus bella - di Claudia  Aru  " bentesei "

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a chi dice  che i down  sono  dei parassiti  o prova per loro , causa  le loro problematiche  senta  questa   storia   e  il fatto che  << [...] Molti bambini con la condizione arrivano a prendere il diploma di scuola superiore e sono in grado di compiere un lavoro retribuito.. L'istruzione e le cure adeguate hanno dimostrato essere in grado di migliorare la qualità della vita in modo significativo. [.... ] da http://it.wikipedia.org/wiki/Sindrome_di_Down  >> e   come il caso d'andrea nello sport  




Si chiama Andrea Zoccheddu ha 25 anni ed è il primo down ad aver conseguito la cintura nera di Judo in Sardegna.

Unione  sarda del 29\12\2013  14:32


Sedici anni di sport e passione per le arti marziali e hanno portato Andrea Zoccheddu cagliaritano di 25 anni a conseguire, primo down in Sardegna la cintura nera di Judo.
Risultato reso possibile dalla capacità tecnica di Andrea che ha utilizzato soprattutto la sua mossa vincente consistente nel caricare sul dorso l'avversario che poi viene scaraventato a terra.
Andre si allena con lo Judo Club Cagliari nella palestra del cral regione in via Veneto, una bella realtà aperta non solo ai dipendenti regionali che ha nell'integrazione uno dei suoi principi fondanti.
Intanto Andrea continua ad allenarsi e ad affianre la tecnica con l'obbiettivo di raggiungere il secondo dan

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