da http://gazzettadimantova.gelocal.it/mantova/cronaca/2017/08/10
Forfait dei ragazzini per il servizio civile, la protesta di Luca
Lo sfogo di un tredicenne contro i coetanei: «Era così bello, ma in tanti hanno preferito la play station»
di Rossella Canadè
BORGO VIRGILIO. Perché i ragazzini sono più critici degli adulti, e quando fai a pezzi i loro sogni diventano i giudici più impietosi. Perché non accettano che non tutte le ciambelle riescano con il buco, come hanno imparato i grandi, che non devono cedere alla frustrazione di predicare nel deserto. Non si fa abbastanza per i ragazzi? Questa piccola storia dimostra il contrario, e a raccontarla, con la rabbia e l’incapacità di comprendere dei suoi tredici anni, è Luca, un ragazzino che frequenta le scuole medie a Borgo Virgilio. È incavolato nero, Luca, in questa estate bollente, proprio con i coetanei che hanno infranto il suo sogno di sentirsi utile e parte di una comunità. «In tanti si lamentano che d’estate nei paesi ci si annoia, e poi quando viene organizzato qualcosa per noi i ragazzi non vengono». Questa estate, per lui, ha il sapore amaro della delusione.
L’anno scorso, appena raggiunta l’età richiesta, ha partecipato al servizio civile volontario promosso dal suo Comune, un’iniziativa voluta e sponsorizzata dal sindaco Alessandro Beduschi e dall’assessore alla pubblica istruzione Elena Dall’Oca per impegnare i ragazzi durante l’estate in piccole mansioni di utilità pubblica, affiancati da operai esperti nelle vesti di coordinatori. Dalla pulizia e manutenzione delle scuole, dei giardini, fino alla riverniciatura di alcuni muri del paese. «Eravamo impegnati dal lunedì al venerdì per tre ore al giorno e abbiamo ridipinto tutti i muri imbrattati degli spogliatoi della nostra palestra. C’era anche il sindaco con il pennello, ci siamo divertiti un sacco e a settembre è stato bello vederli tutti puliti».
Luca, memore del divertimento dell’anno scorso, che aveva scacciato la noia di luglio in attesa delle vacanze, quest’anno si è iscritto di nuovo, convinto di mettere a frutto la sua esperienza e soprattutto di passare del tempo con i suoi coetanei in modo un po’ inusuale dal solito. Ma le cose non vanno come se le aspettava. «Nonostante l’anno scorso ci sia stata una grande partecipazione dei ragazzi, quest’anno già all’inizio ci siamo ritrovati solo in sette, con un calo nelle ultime settimane quando siamo rimasti in tre», racconta Luca, con un broncio troppo grande per i suoi tredici anni. «Il fatto che ci è dispiaciuto tanto, a me e agli altri due, è che li invitavamo a tornare a collaborare con noi, ma loro preferivano stare a casa davanti ai videogiochi. Avevano paura di far fatica e alcuni ci hanno detto che non sarebbero stati pagati, secondo noi incitati dai genitori». Uno, aggiunge Luca sconcertato, «come scusa mi ha detto che aveva paura di prendere un’insolazione!»
Una Caporetto che non ha permesso di terminare il progetto: «siamo riusciti a pulire un po’ i giardini Quarantini dai rifiuti, abbiamo pitturato dei muri sporcati con lo spray, ma non abbiamo imparato come fare le piccole riparazioni e la manutenzione alla bicicletta». Per un gruppo così ridotto all’osso sarebbe stato complicato mantenere in piedi il progetto. Arrabbiato e deluso, Luca, e stavolta non dagli adulti, ma dai suoi coetanei. Così tanto da decidere di raccontarlo, perché «vorrei che questi ragazzi si facessero un esame di coscienza».
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Reggio Emilia, l'appello del sindaco contro la paura: "Restiamo umani"Una lettera contro il disprezzo degli ultimi, dei più deboli e dei più fragili, di qualsiasi genere, nazionalità o etnia: l'appello del sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi a "restare umani" ha ricevuto 700 firme in sei giorni. E continuare a viaggiare in rete, ormai virale, contro l'odio (video a cura di Andrea Scutellà)
La lettera \ appelllo ha ottenuto fin adesso settecento firme contro la paura .La lettera del sindaco Vecchi apre una riflessione sui più deboli come fonte di paura. Raccolte in sei giorni 700 firme di docenti, medici, artisti, cittadini reggiani. (...)
Restiamo ancorati ai nostri valori, non facciamoci travolgere dalla paura per il diverso, non abbandoniamo i più deboli ma aiutiamoli perché, un giorno, i più deboli potremmo essere noi. È una risposta che ha avuto un riscontro imponente nella comunità reggiana.
Il documento, che circola sull’account di Google Drive
cittainclusiva@gmail.com, è arrivato anche nella redazione della Gazzetta di Reggio. Quello che inizialmente era un testo preparatorio verso un incontro nazionale dell’Anci a Reggio Emilia, di cui Vecchi è rappresentante per quanto riguarda il welfare, si è trasformato in un manifesto contro il razzismo, la paura, il populismo.
E così, su internet e su WhatsApp, è iniziata una catena di firme. Medici, docenti, artisti, scrittori, volontari, rappresentanti del mondo cooperativo e sociale, sportivi. Una lista arrivata a settecento persone ma che continua a crescere di ora in ora. Un’alzata di scudi, si legge nelle parole del sindaco, non solo verso i richiedenti asilo. Anzi. Loro sono il punto di partenza da cui si sta diffondendo un’intolleranza nei confronti di tutti i più deboli. Quelle persone che “vorremmo vedere un po’ più in là rispetto a casa nostra”.
Ex tossicodipendenti, ex alcolisti, senzatetto, dipendenti dal gioco d’azzardo, persone afflitte da patologie psichiatriche. In una parola, i diversi. Ecco perché, visto il numero e la qualità delle firme in calce alla lettera del sindaco, abbiamo deciso di pubblicarne integralmente il testo. Riportare invece tutti i firmatari, per quanto ci sarebbe piaciuto, per questioni di spazio non ci è stato possibile. I circa settecento nomi arrivati fino ad ora, però, da oggi si potranno trovare sulla versione online del nostro giornale.
"Quale spazio avranno nei prossimi anni, a Reggio Emilia e altrove, le persone fragili, tutte le persone fragili? La battaglia per estendere i diritti vale ancora la pena di essere combattuta? Come ci poniamo verso chi soffre, verso chi paga il prezzo delle diseguaglianze?
La questione è molto meno accademica di quanto non appaia e molto concreta proprio oggi, nel momento in cui il confronto su alcune centinaia di profughi sta rapidamente evolvendo, nell'analisi che emerge anche nella nostra terra: prende le mosse dall’argomento delle migrazioni e approda a valutazioni su dove collocare “i malati di mente” (citazione testuale).
Qua e là sulla rete non si risparmiano minori deceduti – come a Luzzara recentemente – singoli e famiglie in difficoltà economiche, mentre c'è chi vorrebbe che i servizi sanitari si rifiutassero di curare persone la cui documentazione non sia “perfettamente in regola”. I deboli e gli ultimi, dunque, come fonte di paura.
Ciò interroga ognuno di noi e la comunità, la nostra identità, e richiede lo sforzo di un dialogo laico e sincero, su che tipo di società immaginiamo e per quale futuro lavoriamo. Sta bene a tutti, come da alcuni viene propagandato orgogliosamente in questi contesti, il concetto secondo il quale “d’ora in poi chi ce la fa da solo bene, chiunque resti indietro deve essere escluso?”.
Non stupisce il fatto che un dibattito prima di tutto europeo e nazionale sia atterrato in chiave locale. È un’epoca di inquietudini profonde e di incertezze, da ascoltare con attenzione per provare a trovare le giuste soluzioni. Davanti alla constatazione che qui le cose funzionano meglio che altrove, che non vengono segnalati casi di malaffare o malagestione, si può e si deve peraltro avere il coraggio di testimoniare una situazione spesso taciuta o ignorata.
Esiste a Reggio un sistema che ha curato e dato risposta – servizi pubblici e terzo settore, volontariato e associazionismo, secondo le autonome competenze – ai bisogni dei più fragili e delle loro famiglie, di migliaia di persone.
Esperienze e realtà che hanno operato non solo verso gli stranieri (anzi, a scanso di strumentalizzazioni, in percentuale sono una netta minoranza), ma verso tantissimi altri: hanno intrapreso percorsi con ex tossicodipendenti ed ex alcolisti, adulti con problemi psicologici, donne fatte oggetto di persecuzioni o di tratta, vittime delle ludopatie, anziani in difficoltà, scoperto le potenzialità di persone con abilità diverse; aiutato poveri, ex carcerati, lavorato nell'ambito della cura educativa dei minori e delle fragilità familiari e genitoriali.
Ogni donna o uomo nella propria vita può attraversare momenti difficili, ha un parente o un amico che cade, che necessita di una mano. Basterebbe prestare un po’ di attenzione per scoprire quante storie di riscatto e di realizzazione si sono concretizzate, partendo da una condizione di debolezza.
Una rete ampissima s’è rimboccata le maniche, lontano dai riflettori, in modo solidale e serio, rispettoso delle norme e della dignità umana. E, anche davanti alla crisi economica, la nostra città e la nostra provincia hanno continuato a investire sul welfare, sulle persone: su tutte le persone “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, per citare l’art.3 della Costituzione.
Guardiamoci dentro e diciamoci la verità: è stato un errore? Noi pensiamo che non lo sia stato, e vogliamo continuare a restare umani. Se si può raggiungere un grado sempre più elevato di giustizia per la comunità è lavorando uniti in questa direzione, non uno per uno. Una società con più diseguaglianze è sempre una società con anche meno sicurezza.
Le comunità democratiche non de
vono smarrire il primato della razionalità che unitamente al senso di umanità è ciò che può accompagnarci a comprendere e affrontare fenomeni complessi, respingendo la deriva dell’odio e della paura e riscoprendo la strada della fiducia nella convivenza civile.
La retorica, nell’era contemporanea, sta tutta nel campo di quelli che raccontano di avere la soluzione di ogni problema “con un colpo di bacchetta magica”, e poi non si impegnano mai su nessun fronte. Tutti gli altri si sforzano di realizzare nel quotidiano una piccola cosa, e la sommatoria di queste azioni finirà per cambiare la storia della nostra generazione e il corso del nostro futuro.
Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia
una riposta a quesgtas canzone un misto di : complottismo , bufale , becero nazionalismo e populismo , identità chiusa , sovranisno . Va bene essere contro corrente ed essere libero ed contro lil nuovo ordine morale . Ma qui lo si fa con beceri luoghi comuni ed chiusure