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16.10.21

ì Cerro al Lambro, tristemente nota per la fabbrica delle armi chimiche del fascismo, ora è diventato «il paese delle cicogne».

"Le cicogne, grazie al loro istinto sottile, sanno sempre se qualcosa regge o sta per crollare".

Theodor Fontane

La nuova vita di una comunità a lungo colpita dagli effetti dell’inquinamento chimico è iniziata con l’arrivo di una coppia di cicogne che hanno nidificato sul campanile della chiesa. Dieci anni, e 28 pulli dopo, i due uccelli sono ancora lì e si trovano così bene che non migrano nemmeno più. Così Cerro al Lambro, tristemente nota per la fabbrica delle armi chimiche del fascismo, ora è diventato «il paese delle cicogne».
Ecco la storia riportata da  Mario Calabresi  per   la sua  rubrica  altrestorie    che trovate  qui   https://www.mariocalabresi.com/  





Sono passati esattamente dieci anni da quando apparvero per la prima volta: una coppia di cicogne bianche si posò sul campanile della chiesa. In pochi giorni costruirono il loro nido, trasportando rami sempre più grossi. Le cicogne furono più veloci degli uomini che avevano programmato di montare un’impalcatura per restaurare il campanile pericolante. Era la primavera del 2011; a maggio di quell’anno nacquero tre piccole cicogne e nessuno osò disturbare la nuova famiglia. Quando in autunno migrarono, il nido fu rimosso e cominciarono i lavori, ma quando stavano per concludersi, nella primavera successiva, la coppia tornò e lo ricostruì da capo e gli uomini si fermarono di nuovo. Prima dell’estate vennero alla luce altre due piccole cicogne. In autunno si ripeté la stessa storia dell’anno precedente: il nido fu rimosso per concludere i lavori di restauro della cupola. Le cicogne testarde e, probabilmente convinte di aver trovato un rifugio ideale, finito l’inverno ricostruirono da capo e per la terza volta il loro gigantesco nido.


Una veduta di Cerro al Lambro con in primo piano le cicogne sul campanile (© Stefano Luciano)


Da allora la coppia di cicogne non se n’è più andata, tanto che quando i piccoli partono per la migrazione non li seguono, ma restano a Cerro al Lambro, nella loro casa in cima al campanile. Ogni mattina volano nei campi e sul fiume per tornare al nido al tramonto. In questi dieci anni hanno messo al mondo ben 28 cicogne, durante il lockdown del 2020, che in questa parte della Lombardia fu durissimo, ne sono nate addirittura quattro, un vero record. Tanto che il comune, insieme alla Lipu, ha messo all’ingresso del paese un cartello che recita “Cerro al Lambro – Paese delle Cicogne”.

La cicogna dà da mangiare al suo piccolo pullo. Su Facebook trovate una pagina dedicata alle cicogne di Cerro al Lambro (© Stefano Luciano)


Ero venuto a Cerro, invitato dall’amministrazione comunale, per l’ultima presentazione del mio libro “Quello che non ti dicono”, perché in questo territorio si svolge una parte della storia che ho raccontato: la parabola dell’industria chimica Saronio, fondata nel 1926 e rimasta in attività fino alla fine degli anni Sessanta. Ma soprattutto del centro chimico militare costruito proprio qui per produrre le armi chimiche del fascismo.
Settantacinque anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale questo immenso spazio di 45mila metri quadrati contaminati, che contiene la fabbrica dei gas letali, si presenta abbandonato e mai bonificato. Mentre i fabbricati dove si mettevano a punto i gas cadono a pezzi, è ancora perfettamente in piedi un arco con l’aquila fascista, gemello di quello dei Fileni che Italo Balbo costruì in Libia nel 1937, per celebrare la conquista italiana, e che Gheddafi ha poi fatto distruggere.

L’arco con l’aquila fascista ancora perfettamente intatto nella fabbrica abbandonata (© Alessandro Brasile)


La vera eredità dei due stabilimenti, quello chimico e quello militare, è stata però chiarissima grazie alle analisi fatte sulla popolazione tra il 2000 e il 2006 dalla Asl Milano 2: si è scoperto che nei comuni di Melegnano e Cerro al Lambro i carcinomi alla vescica e leucemie erano due volte superiori alla media regionale e questo appare legato alle amine aromatiche e al benzene, materiale utilizzato dall’industria chimica Saronio per produrre i coloranti e che qui era presente nella falda acquifera ancora nei primi anni Duemila. Già un’analisi del 1977, fatta tra i lavoratori della Saronio a dieci anni dalla chiusura dello stabilimento, aveva scoperto che erano colpiti dal tumore alla vescica con un’incidenza tripla rispetto alla media nazionale.
Per questo ero venuto, per parlare di veleni, per raccontare una delle pagine più buie della storia italiana, per testimoniare una devastazione ambientale. E invece sono ripartito con una storia di rinascita negli occhi.
Infatti, pare che stia finalmente per partire la fase di analisi sullo stato di inquinamento del terreno e della falda che serve per poter procedere con la bonifica. A quel punto nel futuro dei bambini di Cerro e della sua frazione Riozzo, al posto della fabbrica dei veleni di Mussolini potrà, come sogna il nuovo sindaco Gianluca Di Cesare, nascere un grande bosco. E quella coppia di cicogne mi sembrano il segnale migliore, il simbolo perfetto di una nuova pagina di storia. Per questo ho voluto capire come fossero arrivate.

La cicogna appollaiata su un’antenna TV (© Rossana Beghi)


«Era un sabato pomeriggio, il 2 aprile del 2011, e all’oratorio era in corso il torneo di calcio dei bambini. Ad un certo punto ho alzato gli occhi e con grande sorpresa ho visto quattro grandi uccelli. Ho detto a mio marito: “Guarda che strani aironi si sono posati sul campanile”. Dopo pochi minuti, tutti avevano gli occhi puntati verso l’alto e tutti pensavano fossero aironi strani e difettosi. Poi qualcuno ha detto che potevano essere cicogne, visto che avevano il becco arancione. A decretare che era così ci ha pensato Google. Per tutto il fine settimana le abbiamo viste volare con dei grandi rami nel becco. Io ho cominciato a fotografarle e da allora non ho mai smesso». Rossana Beghi, architetto, assessore all’ambiente ed ecologia di Cerro al Lambro, conserva intatto lo stupore di quel giorno, che in dieci anni si è trasformato in amore per quella coppia che da allora è diventata stanziale. «Fanno parte della famiglia, siamo abituati a vederle volare con rane, pesci o bisce nel becco e il loro grande nido è talmente solido e ben costruito che anche di fronte ad eventi atmosferici estremi, in cui sono volate tegole, vasi e cornicioni, non si è minimamente mosso». Intanto nell’ansa del Lambro sono tornati i cigni, gli aironi bianchi e gli aironi cenerini.

La coppia di cicogne nel nido durante una nevicata (© Rossana Beghi)


Questa storia che la coppia di cicogne di Cerro abbia smesso di migrare e abbia scelto di abitare tutto l’anno sul vecchio campanile mi incuriosisce parecchio, la persona a cui chiedere una spiegazione si chiama Francesco Coruzzi, è il responsabile della Lipu per il progetto di monitoraggio delle cicogne in Lombardia. «Le cicogne italiane sono diventate sedentarie perché il terreno delle campagne non ghiaccia più per mesi, le marcite e le rogge nemmeno, sono le conseguenze del cambiamento climatico. Così trovano cibo tutto l’anno, anche in pieno inverno».
Non mi spiego però perché le cicogne appena nate e quelle giovani continuino a fare la grande migrazione che le spinge a percorrere tutta l’Italia lungo la costa adriatica, per poi attraversare la Calabria, la Sicilia e percorrere il passaggio più breve verso l’africa passando dalla Tunisia. Il loro punto d’arrivo è l’Africa sub sahariana, per alcune addirittura il Sudafrica. «I giovani migrano perché seguono l’istinto, negli adulti invece subentra il fattore apprendimento che poi, nel tempo, prevale sull’istinto di migrare».
Coruzzi mi racconta che nelle migrazioni la cicogna vola solo di giorno, che può percorrere sessanta chilometri in un’ora, che parte ogni anno intorno a Ferragosto e torna l’anno successivo nel mese di aprile e che lo fa per 20-25 anni che è la vita media di una cicogna.

La cicogna fa ritorno al nido dai suoi pulli (© Rossana Beghi)


«La tradizione della cicogna che porta i bambini – mi spiega – ha un valore mitologico nel mondo nordico, in quello mediterraneo invece, a partire dall’antica Grecia, è simbolo di accudimento perché la cicogna migratrice tornava ogni anno nello stesso nido, tornava a casa. È quello che accade anche qui, ma non solo a Cerro, ma nella provincia di Milano a Rozzano, a Lacchiarella, Liscate e Zibido San Giacomo, tutti paesi a sud della linea dei fontanili, quella che segue il Naviglio grande e poi il Canale della Martesana, perché grazie alle vie d’acqua il terreno è diverso e le temperature più miti».
A Cerro e Riozzo però questa storia ha un significato più profondo, coincide con la speranza e la costruzione della rinascita, per questo ogni sera al tramonto tutti alzano gli occhi verso il campanile.

19.12.13

Commovente Reazione di un Leopardo quando Scopre il Cucciolo della sua Preda [Video] la legge sula giungla a volte viene sospesa


La natura   è  strana  ed imprevedibile di solito vige la legge  del homo homini lupus cioè lo stato di natura descritto  dal  filosofo   Thomas Hobbes ( 1588-1679 )   ma  a volte  ci sono   storie  ed  eventi  come questo  che trovate sotto  . A prima vista la  storia  che   m'accingono a riportare qua  sotto,che conferma del mio  essere antispecista ,   sembra uscita  dalla storia   di Tom & Jerry e  l'anatroccolo (  non sono riuscito a trovare  il video  del cartone ma  solo la  copertina del fumetto   che trovate  al  lato  )   anche se per poco  perchè poi alla  fine  quando  muore  troppo  piccolo  per poter  vivere   senza la madre  , lo mangia  riprendendo  il suo  istinto naturale  

La storia  con le rispettive  foto  e  video  e presa  da  http://www.leggilo.net/


Lui è un predatore – un killer elegante e furtivo. Si avventa sulla sua preda e la uccide con un colpo di zampa. Poi, all’improvviso, qualcosa si muove tra la pelliccia dell’animale morto, e la legge della giungla viene riscritta. Vede strisciare fuori dalla sua vittima un minuscolo neonato – un babbuino che ha solo un giorno. In quel momento, il giovane leopardo dimentica di essere un cacciatore, e accudisce il piccolo babbuino come se fosse il suo cucciolo.
All’odore del sangue, un branco di iene si riunisce per banchettare. Legadema, come è stato chiamato
il leopardo dalla troupe che ha fatto il video, porta con attenzione il baby babbuino su un albero, si dimentica della sua preda, ora è prioritario proteggere il cucciolo. Lì, coccola il neonato e cerca di dargli calore durante la lunga notte africana. “E’ stato come se la natura avesse ribaltato completamente la situazione“, spiega Dereck Joubert, un regista che ha seguito Legadema per tre anni e mezzo nel suo habitat naturale, il Delta del Botswana, tra le pianure alluvionali verdeggianti note come Africa’s Garden of Eden.
“Lei aveva ucciso la madre, ma poi abbiamo visto il piccolo babbuino appena nato sul terreno, continua a raccontare Dereck. – Stava strisciando e abbiamo pensato che stavamo per assistere alla sua uccisione, invece il neonato si è diretto verso il giovane leopardo. Legadema si è fermata per un attimo, a quanto pare non sapendo cosa fare. Poi delicatamente lo ha preso in bocca tenendolo per la collottola e lo ha portato su un albero per tenerlo al sicuro“. I babbuini sono acerrimi nemici del leopardo, e una delle loro principali fonti di cibo, ma Legadema – la parola locale che sta per “la luce dal cielo” – con la piccola scimmietta non è stata predatrice, ha prevalso il suo istinto materno. 
La troupe ha vegliato tutta la notte. ”Diverse volte, il baby babbuino è caduto dall’albero, – afferma Joubert.  - Ogni volta, Legadema correva giù per prenderlo prima che arrivassero le iene e lo riportava al sicuro sull’albero. Il babbuino avrà chiaramente visto Legadema come una madre surrogata. Per diverse ore non si è mossa da lui. Legadema era come un gatto in cerca del proprio gattino, piuttosto che un predatore con la sua preda. Era attratto dal cucciolo curioso, faceva la parte della madre, e si è dimenticata che era una cacciatrice. E’ stato davvero straordinario e molto commovente da vedere….“.





 video parziale  per il video totale  vedere   l'url a fine post  

Tragicamente, quando è arrivato il mattino, la squadra si è accorta che il piccolo babbuino non dava segni di vita. ”Pensiamo che era semplicemente troppo piccolo per sopravvivere alla notte senza la madre naturale e il sostentamento che gli avrebbe dovuto fornire“, afferma Joubert. ”Quando è sorto il sole, Legadema si è resa conto che il baby babbuino era morto e gli è rimasta vicino ancora per un po’“.  Dereck Joubert ha osservato questa scena durante le riprese per un documentario sulla fauna selvatica, ‘Eye Of The Leopard‘ -L’Occhio del Leopardo, che segue Legadema dalla nascita all’età
adulta. ”Ci siamo imbattuti in un leopardo con il suo cucciolo che aveva circa una decina di giorni e abbiamo pensato di documentare la sua crescita fino all’età adulta dopo aver deciso di chiamarla Legadema, – spiega. – Stavamo riprendendo il leopardo quando questo piccolo cucciolo adorabile ha tirato fuori la testa dalla tana. Forse era la prima volta che si stava avventurando nel mondo esterno, ci ha immediatamente conquistati, cadeva in continuazione come se fosse ubriaca“.
Sul finire del loro progetto, la troupe che stava facendo il documentario ha lasciato che Legadema seguisse le sue orme in natura – ma di tanto in tanto vanno ancora a cercarla. Joubert aggiunge: “ appena saputo che lei avrà presto un cucciolo di cui prendersi cura, proprio come quella minuscola creatura che aveva accudito con tanto amore“.

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