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27.3.24

Pontedera, studente confessa di essere gay: i genitori lo cacciano da casa, lo ospita un prof


da  leggo.it    e   da  Il Tirreno  del  24\3\2024


«Figli gay qui non li vogliamo». Proprio quando aveva trovato il coraggio di confidarsi a cuore aperto con la famiglia, un ragazzo di 18 anni si è visto chiudere le porte in faccia da mamma e papà a causa del suo orientamento sessuale. La confessione avrebbe innescato una serie di incomprensioni tra il figlio e i genitori culminate nella richiesta di
lasciare la casa di 
Pisa dove viveva.
Ospitato dal prof
Rimasto senza una casa e senza soldi, il giovane la cui storia è raccontata oggi su Repubblica, ha vagato alla ricerca di un rifugio temporaneo, appoggiandosi alla generosità di conoscenti. La svolta è arrivata grazie al supporto ricevuto da uno sportello locale contro le discriminazioni e dall'incredibile solidarietà di alcuni professori della sua scuola. Uno di questi docenti, dimostrando un'empatia e un supporto concreti, ha offerto al ragazzo una stanza nella propria abitazione, consentendogli così di continuare gli studi fino al conseguimento della maturità. 
La frattura con la famiglia
«Mi hanno detto di andarmene perché tra i figli non andavo bene» ha raccontato il giovane agli operatori dello sportello Voice di Pontedera ripercorrendo la profonda frattura con la famiglia e le incomprensioni, in particolare con la mamma e la sorella. Una rottura che sia gli operatori sia l'insegnante hanno provato a risanare coinvolgendo gli assistenti socialiani, ma neanche questo sforzo ha portato ai risultati sperati.  
Il supporto
Emiliano Accardi, coordinatore di Voice, ha evidenziato l'importanza del gesto del docente che ha ospitato il ragazzo: «È stato un gesto non scontato e importante. Il nostro centro intanto continua a offrire il servizio psicologico. Abbiamo un gruppo di esperti, anche per gli aiuti legali e per questioni inerenti il lavoro». Questa storia non è un caso isolato, ma rappresenta una delle tante situazioni difficili affrontate da giovani che si trovano a navigare i pregiudizi legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere. Voice, insieme ad altre realtà associative, svolge un ruolo cruciale nell'offrire supporto e orientamento non solo ai giovani in difficoltà, ma anche alle loro famiglie. «Sono venuti alcuni genitori perché il loro figlio ha chiesto di avviare un percorso di transizione di genere e avevano bisogno di strumenti per capire come affrontare al meglio questa fase», aggiunge Accardi, sottolineando l'importanza di un impegno collettivo nella promozione dei diritti e nella sensibilizzazione culturale contro ogni forma di discriminazione.

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 Ha solo 18 anni ed è rimasto in città perché un suo insegnante si è offerto di ospitarlo fino alla Maturità


PONTEDERA. Ha confessato la sua omossesualità e la sua famiglia l’ha cacciato di casa. Gli hanno sbattuto la porta in faccia. «Niente figli gay, vattene», hanno detto. Ha solo 18 anni, fra pochi mesi dovrà sostenere l’esame di maturità. È rimasto in città perché un suo insegnante si è offerto di ospitarlo fino al diploma. «Da quando ho fatto coming out come
transgender durante una riunione di lavoro mi è arrivata la lettera di licenziamento. Qualche giorno dopo, nonostante l’azienda stia continuando ad assumere. Nessun collega dice niente», si sfoga un altro ragazzo. «Nostro figlio non vuole indossare il grembiulino blu, vuole quello rosa. Siamo in difficoltà. Non sappiamo come comportarci», raccontano due genitori. Queste sono solo alcune delle voci che rivelano l’omotransfobia nascosta nei luoghi di lavoro, nelle pareti domestiche e anche in altri contesti come la scuola.
Sos diritti
Storie di disagio, esclusione, mobbing, silenzi. Dove la discriminazione sommerge la vita reale delle persone, giovanissime e meno giovani, nelle loro relazioni familiari e di vicinato, negli ambienti che frequentano o dai quali vengono allontanate o precluse. Un micro-mondo in cui l’orientamento sessuale o l’identità di genere diventa, a prescindere dalle capacità del lavoratore, dalla necessità dell’istruzione, dal bisogno di affetto, un ostacolo, spesso un bersaglio. E questi episodi succedono. Chi ne è vittima si sente isolato e se ne vergogna. Chi invece vorrebbe essergli di appoggio è confuso, non sa come muoversi e come comportarsi.
Team di aiuto
Ecco perché avere a Pontedera un centro di riferimento che accoglie i ragazzi in difficoltà, rifiutati dalle famiglie, allontanati dai datori di lavoro o dagli amici perché gay, trans, lesbiche, è importante. Per le persone Lgbt+ ma pure per i loro genitori, i colleghi, i compagni di banco e i loro insegnanti, la porta del centro Voice è sempre aperta. Nato nell’ottobre 2022, il progetto, che ha il parternariato del Comune e dell’Unione Valdera, promosso da Arci Valdera, è finanziato dall’Unar, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali ed è gestito da avvocati, psicologi, assistenti sociali, educatori e mediatori linguistici. Una squadra di esperti che, al Poliedro, in piazza Berlinguer, offre ascolto, informazione, sostegno legale e psicologico e si batte contro il bullismo, le minacce, le criticità che sorgono dalle discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere. «In questi mesi – dice il coordinatore del servizio Emiliano Accardi – abbiamo accolto e appoggiato 24 persone che sono arrivati da noi, a volte sotto l’anonimato, altre direttamente, con dubbi e incertezze durante un percorso legato alla transessualità, alla loro identità di genere. Abbiamo sostenuto tre famiglie alle prese con problemi e dubbi, dopo che il figlio aveva dichiarato la propria omosessualità. Altrettanti i casi di consulenza lavorativa, una decina per quella legale e otto per quella psicologica». Ci sono ferite lunghe da sanare, rifiuti che non si dimenticano ma che si può cercare di superare e nodi complicati da sciogliere. «Fra questi, quello che capita più di frequente è la questione che riguarda in che modo spiegare di essere gay. Una ragazzina – continua Accardi – è stata intercettata tramite chat, poi sostenuta e messa in contatto con i servizi sociali perché voleva suicidarsi. Era in depressione, né lei né la madre erano riuscite a parlare con il padre perché avevano paura della sua reazione».cardi
Sistema di protezione
Allo sportello invece, uno dei pochi in Toscana e l’unico in provincia di Pisa, che riceve le segnalazioni anche da tutta la zona del Valdarno, gli obiettivi che si vogliono perseguire sono quelli legati alla valorizzazione delle differenze, al rispetto e alla prevenzione di gravi situazioni. «Ci impegniamo – aggiunge Maria Grazia Rossi dell’Arci Valdera, con delega alle pari opportunità e alle politiche di genere – per tutelare la libertà di espressione e per creare una società dove c’è spazio per tutti. Il centro vuol dar voce, proprio come dice il nome, alle vittime di odio e intolleranza. L’idea è quella di lavorare in rete con il territorio perché spesso le problematiche sono proprio culturali. Nel senso che la discriminazione passa dalla non conoscenza. Quando però riusciamo a coinvolgere con i laboratori che proponiamo nelle scuole, tanto per fare un esempio, le classi e gli amici scatta un sistema di difesa, vicinanza e protezione spontaneo che rispecchia nel micro cosmo quello che potrebbe riproporsi nella quotidianità».

21.4.19

Ho detto a mia madre che incontro degli escort. Così la sua reazione ha cambiato il nostro rapporto


per  approfondire





Anche loro devono vivere la loro sessualità non capisco questi stupidi tabù . E già per loro la vita è difficile , se poi gli togliamo \ proibiamo anche questo :-( . la storia di uomo disabile e gay che vive in sedia a rotelle, e trova consolazione alla sua situazione nel fare sesso
Prima di negare la sessualità ai disabili leggete questa storia tratta da https://www.huffingtonpost.it/ 20/04/2019 12:06

Questo post è apparso per la prima volta su The Huffington Post US ed è poi stato tradotto dall'inglese da Milena Sanfilippo.






Da uomo disabile e gay che vive in sedia a rotelle, e ama fare sesso con altri uomini, ho dovuto affrontare la fase del coming out più volte e in modi diversi.Mi sono dichiarato gay a sedici anni. All'epoca, faticavo ad accettare la condizione di disabile su una sedia a rotelle e temevo che rivelando la mia sessualità, avrei aggiunto soltanto un ulteriore peso alla mia vita.Dopo aver cercato un termine che mi si adattasse in modo più autentico, mi sono dichiarato queer a ventisette anni. La parola gay non mi faceva sentire più a mio agio. A causa della disabilità, non sono muscoloso, "maschio" e non vanto nessuna di quelle caratteristiche che spesso sono associate culturalmente a quella parola. Il termine "queer" mi faceva sentire al sicuro. Significava che non dovevo conformarmi a un concetto che rimanda a immagini e idee ben precise e che la mia disabilità non avrebbe potuto soddisfare.A trent'anni, mi sono dichiarato uno "storpio queer." È stato durante la fase "Fanculo! Sono disabile e se non riuscite ad accettarlo, fuori dalle palle." Sapevo cosa pensava la gente del rapporto tra disabili e sesso, e volevo prendere quei pregiudizi, sovvertirli e mettermeli addosso come una medaglia al valore. Se avessi rivendicato la parola "storpio", pronunciandola per primo, magari la discriminazione e il pregiudizio che affrontavo ogni giorno non mi avrebbero fatto più tanto male, giusto?Per tutta la vita, ho dovuto rivelare le mie identità differenti agli infermieri a domicilio che mi aiutavano nelle attività quotidiane come farmi la doccia o andare al bagno. Ogni volta che facevo coming out con uno di loro, speravo che la mia onestà non li offendesse, perché dipendo dal loro aiuto. Mi è capitato di nascondere ciò che ero per non perdere l'assistenza.Ho dovuto rivelare la mia identità sessuale anche ai membri della comunità di disabili. Con mio enorme sgomento, con loro fare coming out si è rivelato spesso più difficile. Mi sono sentito dire che mi serviva solo una ragazza normodotata e tutto si sarebbe sistemato. Ciascuna di queste storie ha plasmato la mia identità di queer disabile in maniera sostanziale, ma credo che la mia esperienza recente di coming out sia stata la più potente e la più rivoluzionaria del mio percorso: ho detto a mia madre degli escort.Ho deciso di rivolgermi a degli escort circa due anni fa. Non ne potevo più della discriminazione che dovevo tollerare quando cercavo una scappatella. Non ne potevo più di sentirmi chiedere se i miei genitali funzionavano correttamente o di ricevere messaggi in cui mi dicevano che ero "troppo carino per essere disabile o che sembravo "ritardato, nessuno ti vorrebbe". Il dolore causato da questi scambi aveva un effetto devastante su di me e non sapevo cosa fare. Ero furioso perché non potevo godere del mio corpo come desideravo e perché gli altri uomini queer non mi consideravano sessualmente appetibile.Un giorno, ho visitato un sito di escort gay e ho iniziato a guardarmi un po' intorno. Non avevo idea di quello che avrei fatto, ma sapevo di dover provare qualcosa di diverso.Ho contattato un paio degli uomini del sito e chiesto loro se erano mai stati con un cliente disabile. Qualcuno mi ha risposto di sì e molti altri mi hanno detto di no. Alla fine ho trovato un escort che mi piace molto – capelli castani, bellissimi occhi azzurri e il petto villoso (il mio punto debole). Gli ho scritto dicendogli che volevo prenotare una sessione. Lui ha accettato. Da allora, ci vediamo a cadenza regolare.La nostra prima sessione è stata caratterizzata dal nervosismo: entrambi cercavamo di capire come approcciare la mia disabilità. Lui non voleva farmi male e, più tardi, mi ha confessato che temeva di non soddisfare le mie aspettative. Io cercavo di fare del mio meglio per rendergli più facili le fasi legate alla disabilità - farmi salire sul letto, sistemarmi nella mia imbracatura speciale mentre gli dicevo come muovermi. Ho passato quella prima notte a temere che mi avrebbe detto che non poteva o che se ne sarebbe andato, come avevano già fatto tanti altri prima di lui.Invece è rimasto, e ormai siamo entrati nella giusta sintonia. Condividiamo i nostri corpi, le nostre vulnerabilità e ci facciamo un sacco di risate. Abbiamo costruito una fiducia che non ho con nessun altro, e che non cambierei con niente al mondo. Mi ha aiutato a riconnettermi con la mia identità di queer e con la disabilità in modi che non riesco nemmeno a descrivere, e gli sono infinitamente grato.Mentre l'avventura in questo mondo andava avanti, continuavo a nascondere le mie nuove esperienze a mia madre e la cosa mi stava uccidendo. Lei ha visto il meglio e il peggio di me – e del mio corpo – e siamo sempre stati sinceri l'uno con l'altro, su tutto. Ma non osavo ammettere che stavo pagando un escort. Una parte di me si vergognava a morte e voleva risparmiarle quella vergogna. Inoltre, non volevo che si preoccupasse che suo figlio – un uomo fisicamente debole – avesse preso una brutta strada né che si chiedesse quali sarebbero state le conseguenze di quella scelta su di me e sul mio futuro. Perciò non le ho raccontato nulla di quello che sto (molto felicemente) facendo... Fino a un paio di settimane fa.È successo un martedì sera; io e mia madre eravamo nel pieno di una delle nostre chiacchierate al telefono. Non ricordo neanche di cosa parlassimo – qualcosa di marginale, comunque – e d'improvviso, ho preso coraggio e l'ho sparata lì: "Sai mamma, sto vedendo un escort." Ero terrorizzato dalla sua reazione, ricordo che mi è mancata l'aria dopo aver pronunciato quelle parole. Ha aspettato circa dieci secondi prima di parlare e, in quel lasso di tempo, ho immaginato tutte le reazioni possibili. Si sarebbe arrabbiata. Mi avrebbe denunciato. Si sarebbe vergognata di me. E poi, dopo quella breve pausa (che mi è sembrata lunga cent'anni), ha detto una cosa che non dimenticherò mai: "Ma è fantastico." Mi sono sentito travolgere da un'ondata di sollievo. Ho fatto un respiro profondo. Quando mi spavento o mi eccito o provo una qualsiasi emozione, i miei muscoli si contraggono (grazie mille, paralisi cerebrale). Ma quel giorno si sono rilassati all'istante e io sono sprofondato sulla mia sedia a rotelle. D'un tratto mi sono sentito libero come non mi era mai successo. Con mia madre potevo essere me stesso in tutto e per tutto: un uomo sulla sedia a rotelle; queer, disabile, un uomo che si rivolge a degli escort per soddisfare le sue esigenze.Raccontare a mia madre di questo aspetto della mia vita mi ha aiutato ad accogliere e celebrare la capacità decisionale che ho sul mio corpo, sul mio tempo e sui miei soldi e mi ha permesso di cambiare il mio punto di vista sull'intimità, sul sesso e sull'amore. Una delle frasi più potenti che mia madre ha detto dopo la nostra chiacchierata è stata: "Andrew, non c'è niente di male nel sesso."  È un'affermazione semplice eppure straordinariamente potente quando a farla è una persona che rispetti, che ami e che vuoi rendere orgogliosa. Mi ha detto anche: "Puoi anche solo fare sesso, l'amore non dev'esserci per forza". Dal momento che gran parte del discorso su sesso e disabilità viene collegata all'amore romantico – e al trovare qualcuno che ti ami "oltre la disabilità" – il fatto che mi abbia riconosciuto e sostenuto come un disabile queer che cerca solo sesso, come e quando vuole, è stato incredibile.Ma soprattutto, credo che uscire allo scoperto con mia madre abbia rafforzato il nostro legame. Adesso so che posso confidarle ogni aspetto della mia vita di queer e disabile e questo per me non ha prezzo. Inoltre, adesso possiamo costruire un'amicizia ancora più forte come due individui indipendenti – senza interpretare i rispettivi ruoli di "madre e figlio".Fare coming out non è mai una passeggiata. C'è sempre la minaccia incombente di uscirne ripudiati e feriti e se sei disabile rischi di perdere ancora di più. Ma più condividiamo le nostre storie e raccontiamo le esperienze che viviamo – e il motivo delle nostre decisioni – più sfonderemo le barriere tra le persone che amiamo e il mondo in generale.Purtroppo, nel 2019, rivolgersi a un professionista del sesso è ancora oggetto di stigmatizzazione nella nostra società, ma le cose non dovrebbero andare così. Ciò che succede tra due adulti consenzienti dovrebbe esser affar loro e basta. Permette a persone come me – un disabile queer con un sano appetito sessuale – di godere del proprio corpo e della propria sessualità in modi che ti fanno sentire forte, sexy, importante, aspetti che in genere non associamo alla disabilità.Sono fortunato ad avere una madre che mi accetta per come sono. So che non tutti hanno questa fortuna ma, forse, condividendo la mia storia e rivelando chi sono, avrò dato a qualcun altro il coraggio di parlare con i suoi cari e di essere più aperto.Se ci sono riuscito io, vuol dire che ne vale la pena!



COURTESY OF ANDREW GURZA

5.1.19

Torino, branco aggredisce gay nel cortile di casa: "I vicini guardavano e chiudevano le porte"

almeno chiamare le guardie  no  . cazz boh

Torino, branco aggredisce gay nel cortile di casa: "I vicini guardavano e chiudevano le porte"


È stato preso a calci e pugni da alcuni ragazzini nell'androne di casa sua mentre i vicini guardavano e si chiudevano in casa. Leonardo Ranieri, 53enne residente a Torino, dopo l'aggressione del branco denunciata da Gaynews e avvenuta nel pomeriggio del 2 gennaio è stato ricoverato all'ospedale Molinette per lesioni multiple, ecchimosi e fratture al setto nasale. "Mi hanno massacrato di botte, sono vivo per miracolo - Racconta l'uomo - La cosa che più mi ferisce è che nessuno dei miei vicini mi abbia aiutato".

9.11.18

eroi dimenticati e eroi mderni


canzoni siuggerite 
Caparezza - Eroe (Storia Di Luigi Delle Bicvcocche)
L'eroe Mercanti di Liquore • Musica dei poveri • 2002
e questa  compilation https://music.youtube.com/search?q=eroe


Cosma Manera: 10mila chilometri per salvare 10 mila italiani nella Russia della Grande Guerra

Nell'aprile del 1920 giunsero a Trieste tre piroscafi: erano carichi di soldati che tornavano a casa dalla Russia, salvati dal maggiore dei carabinieri Cosma Manera. Pochi conoscono quest'ufficiale, morto il 25 febbraio 1958 a 82 anni. Ma è uno dei militari dell'Arma che hanno ricevuto il maggior numero di decorazioni straniere. E tra il 1916 e la primavera del 1920 realizzò un'impresa epica, recuperando circa diecimila italiani originari delle terre irredente, arruolati dall'esercito austro-ungarico nella Grande Guerra, fatti prigionieri dalle truppe zariste e rimasti intrappolati in Russia durante la rivoluzione. Manera riuscì a guidarli in un viaggio di diecimila chilometri, sfidando l'inverno siberiano e le insidie di un Paese devastato.

di Mario Di Ciommo e Andrea Gualtieri


la seconda è quella di Luca  Trapanese  Gay  cattolico praticante  e  single  che  ha  deciso  d'addottare  Alba una   bambina  con  la sindrome di Down e appena nata è stata lasciata in ospedale.



ed  rifiutata  da  trenta famiglie prima che il tribunale decidesse di affidarla a Luca .
Un Gay, cattolico praticante, impegnato nel sociale: con lui è stato inaugurato il registro degli affidi previsti dalla legge per i single. Ma Luca non è spaventato. Di battaglie ne ha combattute tante, conosce il dolore e ha imparato a trasformarlo, abbattendo muri e costruendo spazi di solidarietà


dalla sua pagina di facebook  https://www.facebook.com/Luca-Trapanese-358337824735008/

29.4.18

Ardeatino, via la festa della mamma e del papà. "Discrimina i gay" In un nido cancellate le due ricorrenze su richiesta di una coppia omosessuale . le .. del politiccamente corretto - buonismo a tutti i costi

le minchiate del politicamente corretto  ( leggi buonismo  )  a tutti i costi . dev'essere qualche , ovviamente senza generalizzare omosessuale che non capisce  un accidenti e  vede  discriminazione  dove  non c'è  oppure non  sa  che esistono    anche  famiglie omosessuali 

da http://roma.repubblica.it/cronaca/2018/04/28/newsArdeatino

 via la festa della mamma e del papà. "Discrimina i gay" In un nido cancellate le due ricorrenze su richiesta di una coppia omosessuale


 di VALENTINA LUPIA







Su richiesta di una coppia omosessuale, un nido della Capitale elimina la festa del Papà e quella della Mamma, in favore di una “della famiglia”, più inclusiva. Scatenando però, a detta dell’associazione Articolo 26, composta da genitori e da educatori, l’ira di tante famiglie secondo cui si tratterebbe di una sorta di discriminazione al contrario. Al centro dei fatti, il nido Chicco di Grano, in via dei Granai di Nerva 16, in zona Roma 70, nell’VIII municipio, a cui l’associazione ha inviato un reclamo. Qui a sostituire la figura del minisindaco c’è il delegato dalla sindaca Virginia Raggi Carlo Cafarotti. Dalla sua direzione socio-educativa e in particolare dalla persona di Alessandro Bellinzoni, sarebbe arrivata la scelta di difendere posizione della scuola, «facendo intendere che le due secolari celebrazioni sono ideologiche e divisive e quindi ormai da cancellare con una più inclusiva festa della Famiglia».
Ma lo stesso Cafarotti, appreso il contenuto della risposta, si è detto titubante delle parole inviate dal
parlamentino. Che forse non sarebbero state dette in questi termini. Secondo l’associazione si tratta «di una risposta grottesca: è divisivo ledere i diritti di tutte le altre famiglie ed è ideologico cancellare queste feste. Anche i due papà sono nati da uomo e donna». Durante le discussioni «erano state proposte delle feste della Mamma e del Papà facoltative, ugualmente contestate dalla coppia omosessuale e poi cancellate».

8.12.17

PORNOSTAR ACCUSATA DI OMOFOBIA SI TOGLIE LA VITA: «RIFIUTÒ DI GIRARE SCENA CON ATTORE GAY PER TIMORE HIV» vittima del pensiero unico o degli odiatori ?

a  voi decidere se  la storia      che  segue  a  questa  discussione  avvenbuta  sulla bacheca  dell'utente  ed amica    blogger(   cio seguiviano da  quando   avevamo splinder  )     tina  Galante   da  cui  hompreso l'articolo 


Fabio Evangelista Il pensiero unico sta facendo tanti di quei danni che non vi immaginate, peraltro gli effetti peggiori li vedremo tra qualche anno! Comincio a solidarizzare con gli estremisti islamici

Rispondi


1
6 h


Marco Zapparoli CAPISCO QUELLO CHE VUOI DIRE

Rispondi6 h


Marco Zapparoli ANCHE LA FRASE SUGLI ESTREMISTI ISLAMICI NON LETTERALMENTE MA COMPRENDENDO IL TUO SENSO CRITICO

Rispondi6 h


Fabio Evangelista Va intesa in maniera provocatoria nel senso che gli estremisti islamici sono i più impermeabili al pensiero unico, vanno per la loro strada (che ovviamente non condivido) e se ne fottono del politicamente corretto

Rispondi


1
6 h


Giuseppe Scano mi spiace ma qui c'è da parte della ragazza che si èuccisa un po' d pregiudizio verso chi è gay almeno io la vedo cosi .e luoghi . va bene combattere i luoghi comuni e pregiudizi e quindi criticarla ,ma nel rispetto e non nell'insulto .

Rispondi7 min


Fabio Evangelista Ma di cosa stai parlando? Ma che stai dicendo? una deve scopare con chi decide il pensiero unico o la massa di amebe politically correct? ma stai bene o no?

Rispondi5 min


Giuseppe Scano Fabio Evangelista certo che no . Ma non fare delle discriminazioni e generalizzazioni . eccome se gay mi chiedono di girare una scena etero , però rifiuto adducendo che tutti gli attori etero hanno l'hiv . discriminando sia chi lo ha davvero sia insultando chi non lo ha .
Fabio Evangelista Gesù ma io esco pazzo, ma veramente fate, cioè io non posso decidere che cosa fare del mio corpo perché altrimenti discrimino qualcun altro, io non sono libera di scopare con chi voglio e debbo fottermi di paura perché se no si offendono i gay??!??! ma veramente siete usciti di testa tutti
Gestire
Giuseppe Scano Fabio Evangelista io non hio detto che uno non possa decidere di fare con iol proprio corpo . ma le motivazioni con cui si spiega tale scelta che è quella discriminatoria , non il rifiuto in se
le  altre  eventuali discussioni le  può leggere     qui  sempre  che  tina  non   rimuova  o metta   l'opzione  nascondi il post  
  ecco l'articolo in in questione  tratto da http://www.giornalettismo.com/archives/2642604/august-ames-pornostar-suicidio-omofobia riportato da  www.blog-news.it/
August Ames
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PORNOSTAR ACCUSATA DI OMOFOBIA SI TOGLIE LA VITA: «RIFIUTÒ DI GIRARE SCENA CON ATTORE GAY PER TIMORE HIV»


Si sarebbe rifiutata di girare una scena hard con un attore che, in passato, aveva collaborato per pellicole hard omosessuali. August Ames, pseudonimo di Mercedes Grabowski, una famosa pornostar canadese di 23 anni si è tolta la vita perché non avrebbe retto alle accuse di essere omofobi che le sono state rivolte in rete e non solo.
AUGUST AMES, LE RAGIONI DEL GESTO
La sua scelta di non girare una scena di sesso con un attore che in passato aveva recitato in film porno gay era stata motivata pubblicamente con il fatto di voler evitare di contrarre il virus HIV. Lo aveva scritto anche sui social network dove, a causa di questa sua presa di posizione, era stata bersaglio di critiche. In molti l’hanno accusata di essere omofoba e di discriminare gli omosessuali.
Le parole pesanti, gli insulti, le offese sono arrivati sia da parte di utenti dei social, sia da colleghi di lavoro. A commento del suo tweet «non metto in pericolo il mio corpo – avrebbe dichiarato in un successivo tweet -. Non so cosa fanno nella loro vita privata», le sono state rivolte frasi come «sei la donna più stupida che abbia mai incontrato in 15 anni di esperienza nel settore» da parte di un collega, oppure «puoi chiedere il preservativo, quindi non c’è assolutamente alcun motivo per discriminare», fino ad arrivare a un orrendo «chiedi scusa o ingoia cianuro».
AUGUST AMES, IL CORDOGLIO DELLA FAMIGLIA
Le circostanze della sua morte non sono ancora state confermate dalle autorità competenti, ma amici e parenti di August Ames non hanno dubbi circa la dinamica dei fatti. «Era la persona più gentile che abbia mai conosciuto e per me era tutto – ha dichiarato suo marito Kevin Moore alla rivista specializzata Adult Video News-. Per favore, vorremmo vivere come una questione privata questo momento difficile»

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...