Cari sovranisti e salvinisti
voi e la vostra cloche mediatica che siete contro lo ius solis non lamentatevi se l'Italia non dovesse vincere medaglie perché atleti che ne hanno la possibilità non ci posso andare perché pur presenti d'anni su suolo italiano non hanno la cittadinanza o devono aspettare le calende greche per averla . non lamentatevi se l'italia sarà come l'Africa saccheggiata dei suoi talenti e quell'atleta sarà reclutato da uno stato straniero e vincerà per lui un olimpiade e quello stato sfrutterà la sua vittoria ed il suo talento politicamente .infatti sembra, mi auguro come tutti voi , che Jacobs ,( Oro nei 100 m e nella 4×100 ) voglia lasciare l'italia ed andarsene negli Usa
Il suo nome è Hakim Elliasmine, è un ragazzo 22enne di Bergamo nato da genitori marocchini, da 15 anni vive in Italia, dove ha vinto la bellezza di 10 titoli nazionali nel mezzofondo (tra cross e pista).È uno dei più forti atleti europei in attività, con un personale sugli 800 metri da finale olimpica.Eppure a Tokyo nessuno lo ha visto, perché Hakim per lo Stato non è italiano, non può correre per gli azzurri né iscriversi a un “gruppo militare”, che per lui rappresenterebbe la svolta.Corre da anni come “italiano equiparato”, una definizione che fa venire i brividi.Al compimento dei 18 anni, suo padre ha richiesto la cittadinanza, ma la domanda è stata respinta perché - sentite qui - al reddito familiare mancavano 300 euro. Hakim Elliasmine non può dirsi cittadino italiano per 300 euro!Dietro le imprese di Jacobs e la favola di Desalu, c’è un pezzo di Italia invisibile che lotta, corre, sacrifica tutto per lo sport, che parla italiano, pensa in italiano e si sente italiana, costretta a vivere nell’ombra di un Paese che gli nega un semplice pezzo di carta.E lo stesso vale anche per le migliaia di ragazzi che magari non sono e non saranno mai campioni, ma che hanno lo stesso identico diritto di essere cittadini del Paese in cui sono nati o cresciuti, l’unico che hanno mai conosciuto davvero.Non abbiamo bisogno dello Ius soli sportivo. Abbiamo bisogno dello Ius soli e basta, dello Ius culturae e di ogni diritto di cittadinanza oggi negato. Solo allora potremmo dirci davvero, una volta per tutte, un Paese civile.
Great Nnachi, italiana per l’atletica ma non per lo Stato: ecco perché lo ius soli è necessario non solo per lo sport Open 10 AGOSTO 2021 - 05:31
di Alessandro D’Amato
Non ha ancora 17 anni, è una baby campionessa di salto in alto e non può vestire l’azzurro fino al compimento della maggior età. Ma nella sua condizione ci sono più di un milione di minorenni italiani di fatto ma non di diritto. Per questo ci vuole una legge per tutti, non solo per gli atleti
Si chiama Great NNachi, compirà 17 anni il 15 settembre, è nata a Torino ed è una baby campionessa di salto in alto, speranza italiana nell’atletica. Ma per ora non può vestire l’azzurro perché pur essendo italiana per la Iaaf grazie a un cambio di regolamento della Fidal non lo è per lo Stato. E quindi finché non compirà 18 anni non potrà gareggiare con i pari età di tutto il mondo. E questo nonostante il presidente Sergio Mattarella l’abbia nominata Alfiere della Repubblica. Great Nnachi per due volte ha conquistato il tricolore cadette di salto con l’asta, nel 2018 e anche nel 2019. Ma non potrà partecipare né agli Europei né ai mondiali giovanili. Proprio perché, come spiega in un’intervista a La Stampa, non ha la cittadinanza.
Great Nnachi, italiana per l’atletica ma non per lo Stato
Eppure Mattarella le ha dato l’attestato d’onore per i giovani che si sono distinti per il loro impegno e le loro azioni coraggiose e solidali «per le sue qualità di atleta, affinate pur tra difficoltà, e per la disponibilità che mostra nell’aiutare i compagni e nel collaborare alla formazione e all’allenamento dei più piccoli». Nel 2019 ha conseguito la migliore prestazione nazionale under 16 all’aperto superando la quota di 3,80. Ma è riuscita a farlo solo grazie a una norma deliberata dal Consiglio Federale in base alla quale «gli atleti stranieri cadetti e allievi possono concorrere all’ottenimento delle migliori prestazioni italiane di categoria, ove siano tesserati per una società affiliata, siano residenti in Italia e nel nostro Paese frequentino gli istituti scolastici». L’anno scorso si è aggiudicata anche il titolo italiano allieve nei 60 metri indoor.
Ma oggi è esclusa dalle competizioni internazionali mentre quelle nazionali sono troppo “facili” per lei: «In Italia, quando gareggio con le mie coetanee entro dopo, perché come misura valgo di più. Il problema è che a volte faccio un solo salto e la gara è finita, mentre nelle competizioni internazionali potrei fare di più. Basti pensare che in gara ho un personale di 4,07, mentre in allenamento salto 4,40». Lo ius soli sportivo sbloccherebbe almeno per lei e gli altri atleti che si trovano in questa condizione una situazione che ha dell’assurdo, ma soltanto a partire dai 18 anni: «Proprio non riesco a capire perché, pur essendo italiana a tutti gli effetti, non posso rappresentare il mio Paese nello sport. E vorrei tanto farlo in giro per il mondo. Sono campionessa italiana, ma non posso dimostrarlo fuori confine».
La campionessa, il razzismo e lo ius soli sportivo
Se tutto rimanesse com’è «perderei tutte le gare estive non solo di quest’estate, ma anche della prossima. Luciano Gemello, il mio allenatore nel Cus Torino, si sta battendo tantissimo perché diventa difficile se non posso avere confronti internazionali. Ad esempio, agli Europei Under 18 di metà luglio a Tallinn è andata Giulia Gelmotto, seconda agli Italiani, e mi sarebbe piaciuto condividere l’esperienza con lei». Great rivela anche di vivere quotidianamente sulla sua pelle la piaga del razzismo: «A volte quando sul bus sono seduta vicino a un adulto che magari si alza, mi guarda male o fa il gesto di chiudere lo zaino. Quando sono con gli amici italiani, invece, non succede e coi miei coetanei non mi sento discriminata, ma molto amata».
Ma, come ha spiegato ieri la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, del tema dello ius soli non bisogna ricordarsi soltanto quando gli atleti vincono medaglie: «È importante pensare all’inclusione per questi ragazzi. Loro si sentono già italiani». Attualmente sono un milione e centomila i minorenni italiani di fatto ma non di diritto. Non sono tutti atleti, anche se l’iter per loro è uguale. E, come dice oggi a Repubblica Mauro Berruto, ex ct della nazionale di pallavolo maschile e responsabile sport del Partito Democratico, «il tema prescinde dal contesto sportivo, ma le Olimpiadi ce lo hanno fatto ricordare, perché lo sport anticipa. Chiunque si trovi in un campo di pallavolo, di calcio, di basket e di qualsiasi altra disciplina sportiva soprattutto nei settori giovanile, vede la società di domani che è già oggi, e non guarda certo al colore della pelle, alla provenienza geografica, all’appartenenza religiosa».
Cos’è lo ius soli sportivo
Berruto fa notare che la questione dello ius soli è antecedente a quella dello ius soli sportivo. Le proposte di legge per riformare la cittadinanza sono ferme in commissione Affari costituzionali a Montecitorio. Tutte queste prevedono la concessione della cittadinanza italiana tramite un percorso di studi: Ius soli temperato o Ius culturae. Il relatore è il presidente grillino della commissione Giuseppe Brescia. Che ora si dice pronto a far ripartire l’iter. «Le Olimpiadi non hanno fatto altro che confermare quanto il Pd ripete da tempo: lo Ius soli è già nei fatti, è nella società, è nelle scuole, è tra i nostri ragazzi. Adesso la politica e le istituzioni hanno il dovere di adeguarsi a queste trasformazioni», hanno fatto sapere ieri fonti del Nazareno.
Una forma di ius soli sportivo, ovvero la possibilità che giovani non in possesso della cittadinanza italiana partecipino a competizioni sotto la bandiera tricolore, esiste già. Lo ius soli sportivo è stato introdotto con la legge 1 febbraio 2016 «Disposizioni per favorire l’integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia mediante l’ammissione nelle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali, alle discipline associate o agli enti di promozione sportiva». Secondo la norma un ragazzo che abita in Italia può essere tesserato e partecipare alle competizioni. Ma c’è una limitazione: i minori devono essere regolarmente residenti in Italia «almeno dal compimento del decimo anno di età». Proprio in virtù dello Ius soli sportivo attualmente un cittadino di un altro paese non può gareggiare con la maglia azzurra fino al compimento del diciottesimo anno di età e alla richiesta della cittadinanza. Il cui iter può durare fino a quattro anni.
mi piace co cludere con questa frase chje è anche una risposta a chi dice : Aspetta e spera, siamo in italia. Verrà un tempo in cui gli uomini impazziranno, ed al vedere uno che non sia pazzo, gli si avventeranno contro dicendo: Tu sei pazzo! (Sant'Antonio abate)