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5.9.25

parlare o non parlare dei femminicidi \ violenza di genere ? io ho scelto di parlarne perchè .....

 Per  appprofondire la  mai risposta  

da ****@tiscali.it 

Caro  Beppe
 Da lettore   del  tuoi sociale  e  del tuo blog   devo farti un  osservazione  .  Dici  di  non essere  morboso  o d'esserlo di meno  ,  ma allora  perchè condividi  o parli    di fatti di cronaca  nera  in particolare  femminicidi  o  violenza di genere ?  Meno se ne  parla  e meno  spazio   gli si  da   è meglio è    troppi  gesti emulativi .

                                                Antonio T

Mi spiace Caro  Antonio    ma    tu  proponi    di fare    come  Il fascismo  e  la  Dc     fino  agli anni 50\60 con   "  scorie   "  fino al    al 1978  .  Il  primo    vietò di parlare di cronaca nera per motivi strettamente legati alla propaganda e al controllo dell'immagine del regime.   Infatti La cronaca nera era vista come “disfattista” e potenzialmente corruttrice, quindi bandita dai giornali e dai mezzi di comunicazione.In sintesi, il fascismo non vietava la cronaca nera per proteggere le vittime o per motivi etici, ma per mantenere il controllo ideologico e impedire che la realtà mettesse in discussione la narrazione ufficiale. Se vuoi, posso mostrarti esempi di giornali dell’epoca o approfondire come funzionava la censura in altri ambiti. Infatti  molti eventi di cronaca nera   o casi   come   Omicidi e delitti efferati , Delitti familiari e passioni violente: omicidi tra coniugi, femminicidi o crimini sessuali venivano sistematicamente oscurati o descritti in modo edulcorato.Crimini contro bambini: casi di pedofilia o infanticidio erano considerati troppo destabilizzanti per l’opinione pubblica e quindi censurati.  Inoltre   Attentati e atti sovversivi  Attentati contro Mussolini: come quello del 1926 da parte di Gino Lucetti, furono minimizzati o attribuiti a “squilibrati” per evitare di mostrare dissenso interno.Attività anarchiche o comuniste: ogni azione violenta o sabotaggio da parte di oppositori politici veniva nascosta o reinterpretata come “atti criminali comuni”.  Crimini commessi da membri del regime cioè Abusi di potere, corruzione, violenze da parte di gerarchi fascisti: non solo censurati, ma spesso insabbiati con la complicità della stampa controllata dal MinCulPop.Violenza della milizia fascista (MVSN): pestaggi, intimidazioni e omicidi politici venivano giustificati come “azioni per la sicurezza nazionale”. Incidenti e disastriDisastri ferroviari, industriali o ambientali: venivano censurati per non mostrare inefficienze dello Stato.Epidemie o problemi sanitari: come la diffusione della tubercolosi o della malaria, venivano minimizzati per non incrinare la narrazione di progresso e benessere . La censura non si limitava a non pubblicare le notizie: spesso i giornali venivano costretti a riscrivere gli eventi in chiave propagandistica, oppure a sostituire le notizie di cronaca nera con articoli celebrativi del regime. eline fasciste: comunicati stampa non ufficiali inviati ai giornali con istruzioni precise su cosa pubblicare e cosa censurare. Questi ordini non erano negoziabili: i giornalisti dovevano attenersi scrupolosamente alle direttive del regime.  Quindi  fatti   Delitti passionali : spesso riscritti come “incidenti” o “gesti di follia momentanea”.Crimini sessuali: completamente rimossi dalla stampa, considerati “immorali” e incompatibili con l’ideale fascista.Suicidi: censurati per non mostrare disagio sociale o depressione, che avrebbero contraddetto la narrazione di benessere.Omicidi politici: come quello di Giacomo Matteotti, inizialmente minimizzato e poi rimosso dalla discussione pubblica.
Con  la  Dc (  democrazia  cristiana  )  ,  invece    si   mantenne un controllo piuttosto rigido sulla comunicazione culturale e mediatica, soprattutto negli anni ’50 e ’70 .  :   Infatti   nella   DC  ci  fu   una  continuità con il passato fascista  visto  che molti funzionari del Minculpop, il ministero della propaganda fascista, rimasero al loro posto anche dopo il 1945. Cambiarono solo incarico o scrivania .   Infatti  La censura non fu abolita, ma riformulata: le opere teatrali, cinematografiche e letterarie dovevano ancora passare per una commissione di censura preventiva.  Uno dei  casi  più ecclatante e  più noto     fu  Il caso   dello  scrittore Vitaliano Brancati fu uno dei più colpiti dalla censura democristiana:La sua commedia La governante fu ostacolata perché considerata immorale e critica verso l’ipocrisia clericale.La DC venne definita da Brancati una “dittatura clericale”, capace di turbarsi al solo sentir nominare certe tematiche sessuali o sociali.Persino opere classiche come La Mandragola di Machiavelli furono vietate a teatro.L'esempio  più clamoroso  di    cui ho memoria     du    Andreotti e il controllo su cinema e spettacolo  Giulio Andreotti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo Spettacolo, fu il vero regista della censura DC.Il suo progetto era quello di moralizzare il cinema italiano, colpendo film come Umberto D. di De Sica, accusato di “pessimismo sociale”. La DC non censurava  direttamente  per motivi politici    si limitava   accusare  gli oppositori  di  culturame  o  essere  comunista     come  oggi  si   fa   con chi  dissente   accusandolo  “ideologico”, “radical chic” o “di sinistra estrema”.Il termine “comunista” è meno usato, ma è stato sostituito da etichette equivalenti: “woke”, “globalista”, “intellettuale da salotto”, ecc. Il meccanismo è lo stesso: semplificare il dissenso, ridurlo a una caricatura e evitare il confronto reale. Infatti    come il fascismo, ma lo  intergrava     per motivi morali e religiosi.Temi come sessualità, divorzio, aborto, critica alla Chiesa erano considerati tabù.La censura era spesso più sottile, ma non meno efficace: bastava negare i finanziamenti o ostacolare la distribuzione.In sintesi, la DC non replicò la censura fascista in modo identico, ma ne ereditò gli strumenti e li adattò a una visione conservatrice e cattolica della società. In sintesi, etichettare il dissenso è una forma di controllo culturale. Cambiano le parole, ma la logica resta: chi non si allinea, viene marginalizzato. Se vuoi, possiamo analizzare esempi recenti di questa dinamica nel dibattito politico italiano

Ora  veniamo  al  succo della tua   osservazione  : <<  Meno se ne  parla  e men  spazio   gli si  da   è meglio è    troppi  gesti emulativi >> .  Lo  so  che  In Italia oggi non è più un tabù   (  anche   se  resta     moltyo  forte tale  convvinzione  ) parlare di femminicidio e violenza di genere, ma il rischio di assuefazione mediatica è reale. Vediamo perché. Quin  di non al  silenzio  ,  ma parlarne   il giusto  Infatti   se  ne   parla   troppo  , e  qui    capisco ( anche  se  no concordo   )  la  tua  scelta  di non  parlarne  ,  📢 ma non sempre meglio purtroppo .  Infatti   i  dati del 2025 sono allarmanti: 130 femminicidi tra il 2024 e il primo trimestre del 2025, di cui 113 in ambito familiare o affettivo. L’Osservatorio Non Una Di Meno ha registrato 60 femminicidi solo nel 2025, con almeno 42 tentati femminicidi e 36 figli rimasti orfani.La copertura mediatica è aumentata, ma spesso è sensazionalistica, emotiva, e priva di analisi strutturale. Si racconta il fatto, ma non il contesto o  se  lo si  fa     si  va  a  sviscerare      morbosamente       la  vita  privata  della   vittima  . Il  rischio   di emulazione    certo esiste, infatti   hai toccato un punto cruciale,  nei casi di femminicidio è reale e preoccupante. Non si tratta di allarmismo, ma di una dinamica psicologica e mediatica ben documentata.L’effetto emulazione (o copycat effect) si verifica quando un individuo, spesso fragile o disturbato, replica un crimine già noto, ispirandosi a ciò che ha visto o letto nei media. Questo accade: Quando il crimine è spettacolarizzato,quando l’aggressore viene umanizzato o giustificato.Quando si forniscono dettagli morbosi che possono diventare “modelli” per chi è incline alla violenza.
📺 Il ruolo dei media italiani .
 Secondo Tag24: La ripetitività delle notizie sui femminicidi può alimentare l’effetto emulazione.Alcuni soggetti vulnerabili possono identificarsi con l’aggressore, soprattutto se la narrazione lo presenta come “disperato”, “innamorato”, “tradito”.Un esempio inquietante: un diciottenne ad Aosta ha minacciato la sua ex dicendo “Ti faccio fare la fine di Giulia”, riferendosi al caso Cecchettin.L’Osservatorio Non Una Di Meno evidenzia:Mentre gli omicidi generali diminuiscono, i femminicidi restano costanti da 30 anni.La narrazione mediatica spesso colpevolizza la vittima e assolve l’aggressore, creando empatia verso chi ha commesso il crimine.Questo può influenzare negativamente lettori già predisposti alla violenza. Ma     il  non  parlarne    significa   peggiorare le cose  e incanalare  nelle persone un senso    di  tranquillità  eccessivo e   far  si che   tali   fati  siamo  sminuti .  come   evitare l’emulazione allora  ?Gli esperti suggeriscono:

  1. Non tacere sui femminicidi, ma raccontarli con responsabilità.
  2. Evitare dettagli macabri, titoli sensazionalistici, e giustificazioni psicologiche superficiali.
  3. Usare un linguaggio che condanni la violenza, dia centralità alla vittima, e contestualizzi il problema come sistemico.

In sintesi: parlarne sì, ma con etica e consapevolezza. Se vuoi, possiamo analizzare un articolo e riscriverlo insieme per vedere come cambia la percezione.  Parlarne  in eccesso ed  usarlo come  diversivo o per  distrarre  da  temi  scomodi     si crea  l'effetto   opposto   cioè   dall'efetto  emulativo   si  passa  di  Il rischio dell’assuefazione .  Infatti q uando un fenomeno tragico diventa quotidiano, c’è il pericolo che venga normalizzato: “un altro caso”, “ancora una donna uccisa”.Le notizie si susseguono, ma non sempre generano indignazione o mobilitazione. Si rischia di perdere il senso della gravità  del fatto  in se  . Infatti  Alcuni media parlano di “raptus”, “gelosia”, “amore malato”, minimizzando la matrice patriarcale e sistemica della violenza.Altri   , come   la  tua lettera   ,   fano  si che   parlarne   resta scomodo perchè  parlare di femminicidio mette in crisi il modello culturale dominante: famiglia, ruoli di genere, potere maschile.Ecco che  Alcuni ambienti politici e religiosi resistono a una lettura femminista o strutturale del problema.C’è chi accusa le attiviste   ( gli  attivisti purtroppo  sono  pochi  perchè non tutti     riesco a  fare  autocritica  o   mettere  indiscussione  il proprio  maschio alfa    )    sono  accusare  di “ideologizzare” o “strumentalizzare” la tragedia, cercando di depoliticizzare il tema.Quindi   💡 Cosa serve davvero? 1) Educazione affettiva e sessuale a  360 gradi  nelle scuole, ancora osteggiata da molti. 2) Formazione obbligatoria per magistrati e  giudici  (  vedere    come  viene trattata  la  vittima  durante  i  processi per  vilolenza  e stupro   o  certe  setenze recenti   ne  ho  parlato qui )  e forze dell’ordine  .3) Leggi più efficaci e  serie non  all'azzeccagarbugli     di  Manzoniana Memoria , ma soprattutto applicate con rigore. Un cambiamento culturale quindi che non si limiti solo   alla condanna, ma affronti le radici della violenza.In sintesi: non siamo assuefatt o   almeno  non dl tutto  , ma siamo a rischio di diventarlo. Il fatto che se ne parli è positivo, ma serve una narrazione più consapevole, meno episodica e più strutturale.
Spero    di aver  risposto   alla tua  osservazione    cordiali saluti   

14.4.17

Quelli della prima Repubblica, De Mita e la Dc: ''Le canzoni con Gorbaciov e le zie suore di Berlusconi''

la prima repubblica checco zalone


 se  come me   all'epoca eri adolescente  o  se  hai dimenticato    potrebbe   interessarti   le puntaste precedenti  dei politici  che hanno traghettato l'italia dagli anni  '70\92



premetto che   :  sono cresciuto   con genitori anti Dc e nonni  Dc ,  mi sono avvicinato alla politica  e  poi alla politika  (  ho  già  espresso nelle faq   e  i vari post  la loro differenza  ) . Diventando  poi anti sistema    e  che  questi vecchi tromboni   non mi sono   mai piaciuti   prima  ne  ora  ,  ma    rispetto  a questi  cialtroni  (  lo so sto generalizzando  , ma  io  non  ne  vedo  neppure    uno\a  e  quando  speravo di trovarne  zac   fregato  )   d'adesso  avevano una solida base  culturale  pur   fossero ed  il caso ( almeno da  qui ricordi  indiretti    che  ho   di tale epoca    della mia adolescenza  avvenuta  fra il 1989\1994 era il simbolo della DC corrotta e degli inciuci assieme ad Andreotti che se l'e' sempre cavata ma le sue colpe le aveva anche lui solo che e' stato un gran Furbacchine  era il simbolo della DC corrotta e degli inciuci assieme ad Andreotti che se l'e' sempre cavata ma le sue colpe le aveva anche lui solo che e' stato un gran Furbacchineera il simbolo della DC corrotta e degli inciuci assieme ad Andreotti che se l'e' sempre cavata ma le sue colpe le aveva anche lui solo che e' stato un gran Furbacchine)



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16.1.12

Fosse Ardeatine, storico tedesco accusa l'Italia "Roma scelse di non perseguire gli assassini

 (...)  Ma ho scoperto l'altro giorno guardandomi allo specchio
Di essere ridotta ad uno straccio
Questo male irreversibile mi ha tutta divorata
È un male da garofano e da scudo crociato

  (....)
Modena City Ramblers   40 anni  in Riportando tutto a casa  1994

 il  ritornello   di  questa   canzone  in  canna  nello stereo    conferma    questa  notizia   presa   da  
da  repubblica  online d'oggi 15\1\2012

Il settimanale Spiegel rilancia la ricerca di Felix Bohr su documenti provienienti dall'AA, il vecchio ministero degli Esteri. Da cui verrebbe alla luce la volontà comune di Roma e Berlino, a fine anni 50, di evitare l'estradizione e il processo ai criminali. Le ragioni del governo democristiano: evitare di dare l'esempio ad altri Paesi per rivalersi sui criminali di guerra italiani, ma anche per non incrinare i rapporti con la Germania di Adenhauer e non dare un vantaggio propagandistico al Pci

I documenti scoperti da Bohr portano alla luce il contenuto di un colloquio che l'ambasciatore tedesco Manfred Klaiber ebbe nell'ottobre 1958 con il capo della procura militare di Roma, colonnello Massimo Tringali, nella sede diplomatica tedesca. Dopo il colloquio, Klaiber scriveva a Bonn che il colonnello Tringali aveva "espresso che da parte italiana non c'è alcun interesse a portare di nuovo all'attenzione dell'opinione pubblica l'intero problema della fucilazione degli ostaggi in Italia, in particolare di quelli alle Fosse Ardeatine".
All'ambasciatore tedesco, Tringali aveva spiegato che ciò "non era auspicato per motivi generali di politica interna" e "esprimeva l'auspicio che dopo un doveroso e accurato esame, le autorità tedesche fossero in grado di confermare alla Procura militare che nessuno degli accusati era più in vita o che non era possibile rintracciare il loro luogo di residenza, oppure che le persone non erano identificabili a causa di inesattezze riguardo alla loro identità".
Il colonnello italiano avrebbe aggiunto che, nel caso in cui le autorità tedesche fossero arrivate dopo un'inchiesta alla conclusione che tutti o parte dei responsabili dell'eccidio vivevano in Germania, "la Bundesrepublik era libera di richiamarsi all'accordo italo-tedesco di estradizione e di spiegare che le informazioni richieste non potevano essere fornite, in quanto la Bundesrepublik in base ai suoi regolamenti non estrada i propri cittadini".

L'ambasciatore Klaiber, iscritto al partito nazista dal 1934 ed entrato sotto Hitler nel ministero degli Esteri del Terzo Reich, aveva aggiunto una nota personale in cui appoggiava la "ragionevole richiesta" italiana, a cui bisognava fornire una "risposta assolutamente negativa". Il risultato fu che nel gennaio 1960 dall'AA di Bonn arrivò all'ambasciata tedesca a Roma la risposta che nel caso della maggior parte dei ricercati "non è possibile al momento rintracciare il luogo di residenza", esprimendo anche il dubbio che "essi siano ancora in vita". Un addetto dell'ambasciata annotò che "ciò corrisponde al risultato atteso".
Le ricerche di Felix Bohr hanno invece accertato che, in alcuni casi, sarebbe stato facile rintracciare criminali nazisti che alle Fosse Ardeatine ebbero un ruolo non di secondo piano. Carl-Theodor Schuetz, che aveva comandato il plotone di esecuzione, lavorava presso il 'Bundesnachrichtendienst', i servizi segreti tedeschi. Kurt Winden, che secondo Kappler aveva collaborato alla scelta degli ostaggi da fucilare, nel 1959 era il responsabile dell'ufficio legale della Deutsche Bank a Francoforte. Per quanto riguarda invece l'Obersturmfuehrer Heinz Thunat, nel 1961 il suo indirizzo era "noto", ma un funzionario dell'AA scrisse a Klaiber e Tannstein di comunicare agli italiani che "su Thunat non si è in grado di fornire informazioni".
Risultato: il procedimento per gli altri responsabili dell'eccidio alle Fosse Ardeatine venne archiviato in Italia nel febbraio 1962.

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...