Visualizzazione post con etichetta favole. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta favole. Mostra tutti i post

24.12.24

L’AQUILA E LA BAMBINA CIECA e Storia di Gwaihir l'aquila reale che ritrova il padrone


















Il vento sussurrava tra i pini della montagna, portando con sé gli echi di un mondo lontano. Sofía, una bambina di otto anni, era sola. La sua cecità non era l’unico peso che portava: era stata abbandonata da chi avrebbe dovuto proteggerla. Avvolta in una coperta logora, il suo piccolo corpo tremava a ogni soffio di vento gelido. La montagna, apparentemente indifferente, non era però deserta.
Sopra i picchi innevati, un’aquila calva scrutava il panorama. Maestosa e potente, aveva visto la durezza della vita, ma quella figura minuscola, seduta sul bordo di un dirupo, catturò la sua attenzione. Chiamata Falco dagli abitanti del luogo per la sua grandezza e acutezza, l’aquila scese lentamente. Con un battito d’ali leggero, si posò a pochi metri da Sofía.
Sentendo il vento mosso dalle ali, la bambina girò la testa. Non mostrava paura.
"Chi c’è?" mormorò, con una voce appena udibile.
Falco, ovviamente, non poteva rispondere, ma qualcosa lo spinse ad avvicinarsi.
Un incontro inaspettato
L’aquila fece qualche passo verso Sofía, fissandola come se potesse comprendere la sua fragilità. La bambina allungò la mano con cautela nell’aria, e sorprendentemente Falco non si ritrasse. Con un gesto che sfidava la natura stessa, Sofía riuscì a toccare le sue piume morbide.
"Sei un angelo?" chiese con un filo di speranza nella voce. Per lei, il calore che emanava l’aquila era una risposta.
La notte calava, e il freddo diventava più pungente. In un gesto quasi istintivo, Falco allargò un’ala e la avvolse delicatamente. Nessuno avrebbe mai creduto possibile quella scena: un’aquila che proteggeva una bambina cieca. Sofía, per la prima volta dopo giorni, si addormentò sentendosi al sicuro, mentre Falco vegliava su di lei come fosse il suo cucciolo.
Il viaggio verso la valle
All’alba, il canto degli uccelli svegliò Sofía. Sebbene non potesse vedere, sentiva che il mondo intorno a lei era vivo. Falco, irrequieto, si incamminò verso un sentiero. La bambina, intuendo le sue intenzioni, si alzò e lo seguì, cercando il terreno con cautela.
Il cammino era difficile, pieno di pietre e rami. Sofía inciampava spesso, ma ogni volta Falco si fermava pazientemente, emettendo un lieve suono, come per incoraggiarla a continuare.
Giunti a una radura, Falco lanciò un grido acuto. Dall’alto, altre aquile risposero. Sembrava che stesse chiedendo aiuto. Poco dopo, uno stormo iniziò a sorvolare l’area, guidando Sofía verso il fondo valle.
Il viaggio durò ore, ma nel pomeriggio Sofía sentì qualcosa che le fece accelerare il passo: il mormorio di un fiume e voci umane in lontananza.
Il miracolo del villaggio
Quando Sofía raggiunse il villaggio, gli abitanti rimasero senza parole: una bambina cieca, guidata da un’aquila e seguita da uno stormo di uccelli. Era un’immagine quasi sovrannaturale.
Un uomo, Andrés, di 42 anni, corse verso di lei.
"Stai bene, piccola?" le chiese inginocchiandosi.
Sofía sorrise per la prima volta dopo giorni.
"Sto bene, grazie a Falco," rispose, indicando l’aquila, ora posata su una roccia vicina.
Andrés guardò l’aquila, visibilmente colpito. Era come se l’animale capisse tutto ciò che stava accadendo. Gli abitanti del villaggio, commossi dalla storia di Sofía, decisero di prendersi cura di lei. Venne accolta da Clara, una donna di 50 anni che aveva perso sua figlia anni prima. Clara la portò a casa, e da quel momento Sofía trovò non solo un tetto, ma anche una famiglia che la amava.
Un nuovo inizio
Col passare dei mesi, la storia di Sofía e Falco divenne leggenda. L’aquila continuava a visitarla, posandosi sull’albero davanti alla sua finestra, come per assicurarsi che stesse bene.
Sofía imparò ad adattarsi alla sua cecità. Andrés, che era un musicista, le insegnò a suonare la chitarra. Clara le leggeva libri e le raccontava il mondo attraverso le parole.
Un giorno, mentre suonava una melodia davanti al villaggio, Falco riapparve e lanciò un grido che riecheggiò tra le montagne. Per Sofía, quel suono non era solo un richiamo, ma una promessa: non sarebbe mai stata sola.
La bambina abbandonata aveva trovato il calore di un protettore improbabile tra le fredde montagne e, in un piccolo villaggio, un amore che guarì tutte le sue ferite.




------





AGI - L’hanno ribattezzata Gwaihir, come il re delle aquile di Tolkien nella saga Il Signore degli Anelli. Ed è un magnifico esemplare di aquila reale, 4 chili e un’apertura alare di 2 metri, quello trovato disorientato e malconcio in una campagna in provincia di Napoli dal Servizio veterinario dell’Asl Napoli 2 Nord, che ha subito compreso quanto le condizioni del rapace fossero delicate.
Di qui la decisione di affidarlo alle cure del Centro di Recupero Animali Selvatici (Cras) dell’ ateneo Federico II – Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali, attivo presso il presidio ospedaliero veterinario dell’Asl Napoli 1 Centro. Qui, i veterinari hanno stabilizzato le sue condizioni cliniche, scoprendo che l’aquila, dotata di un anello identificativo e microchip, era in realtà un esemplare detenuto legalmente e con un padrone.
Grazie alla collaborazione con i Carabinieri Forestali Gruppo di Napoli Nucleo Cites è iniziata così la ricerca del proprietario e a meno di 48 ore dal suo ritrovamento, dopo le verifiche del caso sulla documentazione, il giovane Gwaihir è stato restituito a chi con cura e rispetto si prendeva già responsabilmente cura di lui.

17.1.24

la destra continuerà ad attaccare la cortellessi anche dopo il discorso integrale della Luiss ?

 Dopo  i mei articoli :  I II  Riporto  sotto   il discorso integrale che Paola Cortellesi, attrice e regista reduce dallo strepitoso successo nelle sale del suo debutto da regista C’è ancora domani, ha tenuto in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno accademico dell’Università Luiss. Alcuni stralci del discorso sul sessismo nelle fiabe erano stati pubblicati in questi giorni e avevano suscitato diverse polemiche. Ci voleva molto a diffonderlo subito a evitare polemiche ed ....bla...bla....  inutili ed  volgari  
Ma soprattuttto : << Bisognerebbe vergognarsi per la spazzatura che le hanno tirato addosso, anche quelli che si professano "femministi" o sembrano con un po' di sale in zucca.....Ma la vergogna e' sentimento per chi ha intelligenza e dignita' >> (Angela Vitaliano   facebok il 15 gennaio alle ore 16:24). 
 Prima  di  lasciarvi  al discorso ( condivisibile  o meno )     della  Cortellesi   affermo  che    adesso ha  un altro senso  risetto  alla ....  lanciatagli  .Inoltre  avrei   dei dubbi     , delle domande  elucubratorie  sul perchè  solo ora   la  Luiss  ha  deciso di    rilasciare  l'intervento integrale  e  non  subito  .  Ma   visto    il clima   che si è creato   con il caso Lucarelli  e  la  coerenza   con quanto  ho detto   nei post precedente su tale argomento   ( https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2024/01/notizie-non-notizie-e-shitstorm-il-caso.html )   opto  per   il  silenzio   e  il lasciare andare   come  suggerisce  la  famosa  Let It Be (Testo) - The Beatles

Non riuscendo  ad incorporare  il video  nel post      riporto dal post     torvato su   fb     sia  la trascrizione  integale dell'intervento    sia  l'url con   il  video


· Grazie a Paola Casella per la segnalazione.Due giorni di polemiche inutili ormai scomparse dai mediaPaola Cortellesi, il monologo integrale sul sessismo nelle fiabe tenuto all'Università Luiss (sky.it)
"Grazie professoressa Severino, grazie a tutti voi, buongiorno agli ospiti, buongiorno ai ragazzi. Mi chiamo Paola Cortellesi, sono un’attrice, da una ventina d’anni scrivo per la radio, il teatro e la tv. Da dieci anni scrivo film per il cinema e da poco ho esordito alla regia con C’è ancora domani, uno spericolato film d’epoca, in bianco e nero che, in soldoni, tratta di prevaricazione e violenza di genere. Una mattonata, sulla carta, come diremmo in gergo. Con questi presupposti, nessuno si sarebbe aspettato un ampio gradimento della pellicola, e invece, contro ogni pronostico, questo film ha avuto un successo travolgente, ha battuto molti record e al momento è stato visto nelle sale cinematografiche da più di 5 milioni di persone", con queste parole ha esordito l'attrice, sceneggiatrice e regista, ospite all'Università Luiss. "Io ho iniziato il mio lavoro come attrice quasi trent’anni fa, nel mio settore ho avuto molte soddisfazioni, ricevuto importanti riconoscimenti ma, ultimamente, intorno al clamore suscitato dal film, l’interesse nei miei confronti è cresciuto spropositatamente. Questo a volte genera cose anche spiacevoli, come gli adulatori - da cui bisogna sempre guardarsi - e una certa diffusa aggressività di alcuni nel tentativo di trarre vantaggio da questi miei quindici minuti di popolarità. Fenomeni passeggeri e di nessun conto rispetto a esperienze magnifiche e per me eterne come incontrare la commozione sincera delle persone in sala a fine proiezione e la condivisione spontanea di momenti importanti e a volte duri della loro vita", prosegue Paola Cortellesi davanti alla platea composta dagli studenti dell'università Luiss."Tra le cose belle e piacevoli, c’è la telefonata di Luigi Gubitosi (presidente della Luiss, ndr). Quando mi ha chiamata per propormi di essere qui oggi per l’inaugurazione dell’anno accademico di questa prestigiosa università, mi sono sentita fiera, onorata e... inadatta. Io che l’università l’ho lasciata a metà del percorso per andare a studiare teatro - quello l’ho studiato - che poi è diventato il mio lavoro, gli ho risposto che mi sentivo orgogliosa di parlare agli studenti ma che sarebbe forse stato meglio chiamare persone competenti in materia di legge, marketing, economia, perché le mie conoscenze non hanno molto a che vedere con i corsi di studio di questa università e che - le interpreti, le diriga o le scriva - le mie competenze si limitano a raccontare storie. E allora Luigi mi ha risposto: ‘E io questo chiedo, io questo voglio! Racconta il tema del tuo film, fai un racconto nel racconto. Le storie fanno bene, le storie fanno crescere, sono uno stimolo di riflessione’. Ha ragione, quindi eccomi qua", dice Cortellesi."Eccomi qua a cercare di capire insieme a voi perché questa storia di violenza e prevaricazione in bianco e nero ambientata nel passato abbia fatto breccia nel cuore di così tante persone. Perché, perché è successa questa cosa", si domanda Cortellesi."In breve, vi dico la trama, per chi non avesse visto il film, immagino molti di voi (sarebbe davvero presuntuoso pensare che l’avete visto tutti). Delia - che io interpreto, quindi una signora della mia età - è la moglie di Ivano, madre di tre figli. Moglie, madre. Questi sono i ruoli che la definiscono, e questo le basta. Siamo nella seconda metà degli anni Quaranta e la nostra famiglia qualunque vive nella Roma divisa tra la spinta positiva della liberazione e le miserie della guerra da poco alle spalle. Ivano, suo marito, è capo supremo e padrone della famiglia. Lavora per portare i pochi soldi a casa e non manca occasione per sottolinearlo, a volte con toni sprezzanti, altre direttamente con la cinghia. Ha rispetto solo per il suo anziano padre, il Sor Ottorino, un vecchio cattivo e dispotico di cui Delia è a tutti gli effetti la badante. È primavera e la nostra Delia è in agitazione per il fidanzamento dell’amata primogenita, Marcella, con un ragazzo di buona famiglia, Giulio. Un buon matrimonio per la figlia è tutto ciò a cui Delia aspiri. Non chiede nient'altro Delia. Accetta la vita che le è toccata e, se tutto procedesse come stabilito, la nostra storia finirebbe qui. Se non ci fosse l’ostilità dei genitori di Giulio, se non ci fosse tutto quel fermento in città, se non avesse incontrato Nino, il suo primo amore, e se non avesse ricevuto una misteriosa lettera che le toglie il sonno e che le darà il coraggio di provare a pensare a un futuro migliore", spiega Paola Cortellesi. "Ora, detta così, sembra una delle trame di tante fiabe per bambine, sempre un po’ sinistre a dire la verità... Voi ne conoscete qualcuna immagino, no? Cappuccetto Rosso, no? Forse queste sono dei tempi miei, ma immagino che Cenerentola, Biancaneve… queste le conoscerete. Comunque, per chi non le conoscesse… Cenerentola e Biancaneve narrano di giovani sprovvedute, dotate di rara bellezza e di un’ingenuità disarmante (ai limiti della patologia), che subiscono angherie di ogni genere da altre donne malvagie. Quindi la matrigna sfrutta Cenerentola, ragazza bravissima nelle faccende domestiche (che solitamente svolge cantando). E la matrigna tiene nascosta l’avvenenza della ragazza al principe. Ma grazie a una magia, a Cenerentola basta presentarsi in tutto il suo splendore per un paio d’ore perché il principe se ne innamori perdutamente. La matrigna la tiene nascosta ma lui, scaltro, la ritrova e la riconosce… perché l’aveva vista? No: perché ha i piedi sproporzionatamente piccoli... Comunque alla fine lui la salva e la sposa. Questa era la prima cattiva, la matrigna", prosegue l'attrice, sceneggiatrice e regista. "La regina di Biancaneve è ancora più canaglia perché lei è di fatto la mandante del tentato omicidio di Biancaneve. Perché lo fa? Perché lei vuole essere la più bella del reame. Quindi anche con l’aggravante dei futili motivi… Tentato omicidio perché il cacciatore, uomo coraggioso e di buon cuore, non ce la fa. Anche perché la ragazza è troppo bella. È bella. Fosse stata una cozza, al limite l’avrebbe squartata, ma è così bella… E poi è ingenua, perché proprio è ingenua come un cucciolo di labrador. E lui la lascia andare. Allora Biancaneve incontra i Sette Nani, presso i quali si adopera per un periodo come colf. Poi, nonostante le mille raccomandazioni, anche dei Sette Nani, Biancaneve si fida di una vecchia orrenda, con l’aspetto da strega e che infatti è la strega. Morde la mela avvelenata, muore. Risorge grazie a chi? Al principe. A un bacio del principe, che se ne innamora perdutamente perché? Perché è bella. Quindi il principe la salva e la sposa. Ecco, entrambe le ragazze, bellissime - per carità - ma un po’ stralunate, trovano la loro realizzazione nel matrimonio con il principe. Un estraneo. Un estraneo che sposano subito, senza pensarci, senza nemmeno esserci uscite una volta a cena", aggiunge Cortellesi. "Tornando alla trama del mio film, dicevo che la vita della povera Delia è talmente ingiusta da sembrarci la versione deprimente di una favola per bambine, e invece è storia. È storia piuttosto consueta di una famiglia qualunque della seconda metà degli anni Quaranta. Scena 1: uno schiaffone in pieno viso e via, come se niente fosse. Ecco, io avevo questa immagine e il desiderio di mettere in scena - attraverso Delia - le donne che ho immaginato dai racconti delle mie nonne e delle mie bisnonne. Vicende vere, drammatiche, però narrate con disincanto, e addirittura la volontà di sorriderne. Storie di vite dure, condivise con tutte nel cortile. Gioie e miserie, tutto in piazza, sempre. In quei racconti c’erano le donne comuni, quelle che non sono passate alla storia, quelle che hanno accettato una vita di prevaricazioni perché così era stabilito, senza porsi domande. Questo è stato, questo a volte è ancora", racconta Paola Cortellesi. "Da allora le donne hanno fatto grandi passi avanti, si sa, ma come sapete la cronaca ci racconta che in Italia si consuma un femminicidio ogni 72 ore, in media. Donne assassinate per la sola ragione per essere donne, il più delle volte da uomini che dicevano di amarle così tanto da considerarle loro proprietà. Nel nostro Paese ci sono uomini, quindi, anche giovanissimi, che non hanno la capacità di gestire un rifiuto, che non tollerano l’emancipazione, l’allontanamento della donna che credono di amare. E questo, nei casi più tragici, si traduce con : 'o mia o di nessun altro, mai più'", sottolinea l'interprete e cineasta. "Quando ho scritto questo film insieme ai miei co-sceneggiatori abbiamo studiato le dinamiche, da lì siamo partiti: le dinamiche sempre uguali che oggi caratterizzano un rapporto tossico. La donna è isolata, allontanata dalla famiglia d’origine e dalle amicizie; è continuamente vessata da un linguaggio denigratorio, subisce percosse e rapporti sessuali non consensuali. Non è indipendente economicamente, non può scappare. La prigioniera perfetta, la preda perfetta. Questa condizione, che oggi ci ripugna, era all’ordine del giorno alcuni decenni fa, e nessuno allora gridava allo scandalo, nemmeno le donne stesse, perché quello era stato prospettato loro fin da bambine: servire, ubbidire, tacere", fa notare Cortellesi. "Avevo intenzione di fare un film contemporaneo ambientato in un passato non troppo remoto e seguire la crescita di un germoglio spontaneo di consapevolezza in una donna che non sa nulla, che non conta nulla e che appunto si sente una nullità. Delia, la nostra Delia, non vale niente, così le hanno insegnato, ma una lettera con sopra il suo nome - il suo, non quello del marito - e l’amore per sua figlia le accendono il coraggio di cambiare le cose. Io ho trovato il riscatto di Delia, il finale del mio racconto, leggendo con mia figlia un libro per bambine sulla storia dei diritti delle donne. Ho provato a immaginare cosa abbiano provato quelle donne, quelle reali, nel ricevere una lettera in cui qualcuno, lo Stato in quel caso, qualcuno tanto più importante dei loro aguzzini domestici, certificava il loro diritto di contare", spiega. "Con C’è ancora domani ho voluto raccontare le imprese straordinarie delle donne qualunque che hanno costruito ignare il nostro Paese. Delia è le nostre nonne e bisnonne. Chissà se loro hanno mai intravisto un domani. Per Delia un domani c’è: è un lunedì ed è l’ultimo giorno utile per cominciare a costruire una vita migliore. La nostra Delia si salva, e non grazie al coraggio del cacciatore, né tantomeno fuggendo su un cavallo insieme al principe. Si salva esercitando un suo diritto, suo e di milioni di altre donne. Si salva con la consapevolezza e un ritrovato rispetto di se stessa".E infine Paola Cortellesi analizza come segue lo strepitoso successo che ha raccolto la sua pellicola: "Credo che - al di là dello stile e della bellezza del film, per chi lo abbia ritenuto tale - alla base di questo successo ci sia l’empatia, l’immedesimazione. Questo film trascende la fruizione cinematografica ed entra nel quotidiano, evidentemente, e questo non grazie alle mie capacità ma a causa, ahimè, di un’urgenza di riscatto. Perché le giovani generazioni dovrebbero immedesimarsi con una storia del passato? È cambiato tutto, io stessa non posso immedesimarmi in una donna del secolo scorso che è stata trattata al pari di una schiava. Ma allora cos’è che ci tocca? Cosa riconosciamo? La violenza in tutte le sue forme. E se quella fisica per fortuna è una violenza che non ci ha mai riguardato, quella violenza ognuno di noi l’ha percepita almeno una volta nelle parole, negli atteggiamenti, nei commenti sgradevoli a scuola, a casa, sul lavoro. Vive e prolifera nelle piccole cose, ci inganna piano piano. È così presente da risultare invisibile, talmente presente che la diamo per scontata e ci convince che così deve essere, come niente fosse. Noi diamo per scontato che per un ragazzo una passeggiata notturna è una passeggiata notturna mentre per una ragazza è un percorso potenzialmente pericoloso da affrontare in fretta e con mille cautele? È ingiusto, è folle, è sotto i nostri occhi ma a volte lo diamo per scontato, non lo riconosciamo perché è negli schemi", prosegue la cineasta. "Lo sentiamo da piccoli, quando alle bambine con un’indole vivace viene dato del ‘maschiaccio’. Qualcuno ha stabilito che le femmine debbano essere composte, pacate, remissive, graziose e che la vivacità debba appartenere al maschio, a cui viene attribuita non si sa come un’innata aggressività, che infatti diventa ‘maschi-accio’ Accio, dispregiativo se associato a una bambina. lo sentiamo quando ai bambini che piangono si dice ‘non fare la femminuccia’. Come se i maschi non avessero il diritto di piangere, di essere sensibili e fragili. La fragilità è delle femmine, individui deboli. Ucce, femmin-ucce, diminutivo. Loro hanno facoltà di lamentarsi, ai maschi si impone di reagire e farlo subito, pure a cinque anni, quasi che un fisiologico tempo di delusione e di sconforto li esponga al pericolo di una qualche perdita della virilità", continua Paola Cortellesi. "Schemi, condizionamenti tramandati in buona fede se non dalle nostre famiglie dalla nostra società. Modelli in cui finiamo per rinchiuderci pur di piacere, di accontentare, di non deludere le aspettative", illustra Cortellesi, facendo infine un augurio a se stessa, al suo pubblico e a tutta la società."Quello che mi auguro per voi ragazzi è che non abbiate mai paura di uscire dai condizionamenti. Che accettiate il rischio di sembrare strani o pazzi, se questo significherà scegliere. Spero, care ragazze, che non assecondiate l’idea che gli altri hanno di voi. Sono modelli che delimitano la vostra personalità e limitano le vostre prospettive. Spero, cari ragazzi, che siate parte attiva di questa lotta, praticando il rispetto, ammonendo chi non lo fa. Non siate indifferenti, l’indifferenza è una scelta, ed è quella sbagliata. Siate straordinari, concedetevi il dubbio, perché è la vostra libertà", queste le sue parole. "Come dicevo, non ho nulla da insegnare, ma a cinquant’anni ho qualcosa da raccontare. Vi parlo con l’unico vantaggio dell’esperienza. Se alla vostra età avessi potuto contare sul vantaggio di chi era più vecchio, non avrei commesso molti errori. Fate tesoro di chi è in vantaggio, traetene beneficio. Gli errori, si sa, aiutano a crescere. Commetteteli allora, ma fatelo nel tentativo, anche maldestro, di liberare la vostra creatività, di costruire la vostra indipendenza. L’errore che invece potete evitare è fare esclusivamente ciò che si aspetta da voi e quello che gli altri decidono per voi. Siate sempre i protagonisti del vostro progetto e mai le comparse del progetto di qualcun altro. Grazie”, così conclude Paola Cortellesi inaugurando l'anno accademico all'Università Luiss.


22.12.18

La favola di Pio, portiere che non sente campione nel silenzio

coraggio Pio , anche se non sono completamente non udente come te , capisco benissimo la tua lotta , in quanto anch'io ho fortissimi problemi d'udito .



La favola di Pio, portiere che non sente campione nel silenzio
Calcio e inclusione. Il ragazzo di 17 anni, non udente dalla nascita, gioca coi “normodotati” dell’Atletico Vitalica di Sarno

di  PASQUALE RAICALDO

In fondo ha dovuto semplicemente fare quello che ama più di tutto: parare. Però era emozionato, Pio Grimaldi, classe 2001, quando domenica 9 dicembre ha esordito tra i pali dell'Under 19 dell'Atletico Vitalica, una squadra di calcio a 5 di Sarno, nel Salernitano, il cui nome che è già un inno alla gioia di vivere. Per lui è stata una prima volta importante: mai aveva giocato tra i cosiddetti "normodotati", lui che è non udente dalla...  continua  nella  versione a pagamento di    https://rep.repubblica.it/

ma  curioso  cme sono   ho cercato altri siti free    ecco cosa  ho trovato   cercando con google  
  

da  https://www.lacittadisalerno.it/


Salerno Calcio a 5

La favola di Pio, diciassettenne portiere senza parola ed udito

Ha esordito con la maglia del Vitalica Sarno contro la Nocerina
Sergio Macellaro
Pubblicato: martedì 11.12.2018 alle 12:10
SALERNO – Una storia d’amore per lo sport che supera tutta le barriere. Lui non può parlare né sentire come gli altri, lo fa con gli occhi e con il cuore. Il diciassettenne Pio Grimaldi ha esordito nel campionato Under 19 regionale di calcio a 5 come portiere dell’Atletico Vitalica, nonostante sia un non udente. «Noi il nostro campionato lo abbiamo già vinto», sottolinea Nello Gaito, presidente del club sarnese.I calciatori del Vitalica a fine gara hanno festeggiato la vittoria 4-2 con i pari età della Nocerina, ma più di tutto hanno voluto rivivere insieme l’esordio del loro compagno che con gli occhi sprizzava felicità. «Si sta davvero impegnando a fondo e meritava senza ombra di dubbio l’esordio – le parole dell’allenatore Francesco Manco -. Quando gli ho detto di prepararsi ci siamo guardati negli occhi, entrambi ci siamo emozionati. Una volta in campo ha dato una bella dimostrazione di gioco e gli ho spiegato che pian piano avrà sempre più spazio.Un grazie va anche a Daniele Mazzuolo, altro nostro portiere, che gli sta dando una grande mano. Francamente il risultato è passato davvero in secondo piano, vedere la gioia di quel ragazzo ci ha reso tutti più felici. Lo sport può veramente dare tanto a tutti noi».


29.11.18

ritorno al medioevo ? unicità del potere temporale e potere politico ?Alcune mamme vietano ai figli delle elementari di assistere alle opere di Mozart perché ritenute troppo sessualmente esplicite, mentre altre vogliono cambiare i finali delle fiabe


 da https://www.ilsussidiario.net/news/donnaemamma/2018/11/28/



MAMME CONTRO LE FIABE A SCUOLA/ Mozart e Andersen censurati ai bambini perché troppo ‘osé’

Alcune mamme vietano ai figli delle elementari di assistere alle opere di Mozart perché ritenute troppo sessualmente esplicite, mentre altre vogliono cambiare i finali delle fiabe

28.11.2018 - Paolo Vites
cenerentola_R400
                                               Cenerentola di Disney
Le fiabe (che sono una cosa diversa dalle favole) sono la memoria popolare di chi ci ha preceduti. Cancellare le fiabe vuol dire cancellare la nostra storia, la nostra cultura, la nostra memoria. Tramandate di generazione in generazione per secoli, non erano necessariamente pensate per i bambini: si usava raccontarsele mentre si lavorava, un modo per aiutare a passare il tempo, un po’ come oggi si tiene la radio accesa mentre si lavora. In questo modo cambiavano continuamente, ogni narratore introduceva elementi diversi a seconda del suo gusto e della sua capacità. Poi arrivarono i grandi scrittori come i fratelli Grimm, Perrault, Andersen che ne fecero la versione per così dire definitiva, sfruttando anche l’aspetto commerciale grazie ai nascenti libri. Nelle fiabe la realtà è sempre rigorosamente distinta tra buoni e cattivi, c’è sempre un lieto fine e c’è sempre una morale che ha uno scopo didattico. Come si capisce, la fiaba è uno strumento educativo necessario quando si rivolge ai bambini.

MAMME PROTETTIVE

Nonostante questo, l’eccessiva preoccupazione di alcune mamme di Bologna ha portato a chiedere alla burattinaia Margherita Cennamo di cambiare il finale della Regina delle nevi in uno spettacolo per le scuole elementari: invece del diavolo, mettere un mago; invece che una scheggia nell’occhio un ago che infilza un dito. In un mondo in cui le mamme lasciano i loro figli guardare certi telefilm, certi cartoni che inneggiano alla violenza, seguire lo stile di vita dei calciatori fatto di droga e sesso, ascoltare canzoni infarcite di insulti e allusioni al sesso, queste preoccupazioni appaiono patetiche. Ad Ascoli Piceno, si legge sul Corriere della sera di oggi, il Così fan tutte di Mozart è stato vietato a due classi delle elementari perché troppo “disturbante” con le sue allusioni al sesso per i bambini. Commenta Sofia Bigemini, psicoterapeuta, che «Ultimamente vedo il mondo adulto spaccato in una vistosa incoerenza: da una parte ci convinciamo che i ragazzi siano fragilissimi e abbiano bisogno della nostra protezione; dall’altra però, più o meno consapevolmente, li esponiamo a un bombardamento di immagini e simboli fortemente erotizzanti». E’ questo, aggiunge, che manda in confusione i ragazzi. Certo, certe fiabe sono terrorizzanti (si chiama educazione alla realtà) e certi cambiamenti ci sono stati anche in passato: si pensi che già secoli fa la matrigna di Biancaneve era in origine la mamma, poi cambiata perché si riteneva non giusto che i bambini vedessero una mamma comportarsi così male. Oggi tra l’altro è difficile trovare una mamma che racconti delle fiabe ai propri figli, meglio lasciarli davanti alla televisione a rimbambirsi fino all’ora di andare a letto o guardare certi talent show ineducativi sin dalla loro concezione come esaltazione della vita intesa come successo facile senza fatica.

22.3.17

La Tartaruga Rossa di Michael Dudok de Wit imperdibile e magica meteora cinematografica


Nei giorni scorsi  ho visto , non sapendo cosa sceglier e di vedere in streaming e credendo fosse un film vecchio e fuori circuito ,  questo film La Tartaruga Rossa, film d’animazione diretto da Michael Dudok de Wit .




una vera e propria pausa dal frenetico, materialistico realismo quotidiano. La Tartaruga Rossa, film d’animazione diretto da Michael Dudok de Wit, è una di quelle magiche meteore cinematografiche che interrompono il flusso di immagini piatte e insensate dell’oggi e di cui ilfattoquotidiano.it  vi presenta una clip in esclusiva.





Un naufrago su un’isola deserta, l’arrivo di una enorme tartaruga rossa, la vita che sembra finire ma subito ricomincia, la furia distruttiva della natura, la morte. Nessun dialogo, un continuo ininterrotto silenzio cadenzato da qualche grida. Tra la sabbia, la roccia, gli alberi e l’acqua di uno spurio atollo tropicale la storia dell’uomo si fonde con quella animale, cilindro produttivo dello Studio Ghibli a sostenerne l’assunto, poi lo svolgimento narrativo verso la conclusione riporta filosoficamente ad un escatologico pensiero occidentale. Ed è proprio in questo susseguirsi generazionale, nell'andamento atemporale del ciclo di vita, in un intimo senso di struggimento che Dudok de Wit colloca il centro del suo discorso drammaturgico: “Il film racconta la storia in modo lineare e circolare e utilizza il tempo per parlare dell’assenza di tempo, un po’ come la musica può mettere in rilievo il silenzio. È un film che racconta anche che la morte è una realtà. L’essere umano tende a contrastare la morte, ad averne paura, a lottare per scagionarla e si tratta di un atteggiamento molto sano e naturale. Eppure si può avere nello stesso momento una bellissima comprensione intuitiva del fatto che siamo pura vita e non abbiamo bisogno di opporci alla morte. Il film il film trasmette un po’ questo sentimento”. 
fatalistico, meraviglioso, emozionate, non ho mai visto un cartone animato di questa levatura.  Un po' di dialoghi non sarebbero guastati . 


26.12.15

La vendetta della befana sexy C'era una volta una piccola scuola dell'infanzia...



Lo che è tale favola  è vecchia , visto   che è  di quasi  3  anni fa  . Ma  cambiando i nomi il senso è lo stesso . Essa descrive benissimo di come lo spirito delle feste di natale si sia ormai sempre più snaturato . Ecco una fiaba   che  potete raccontare (  ovviamente   se  : 1)  non siete  politicamente   coretti , 2)   se  non siete del avete  il  tabu    che   non si si debba parlare  di politica  ai bambini  , 3)    vi definite erroneamente  apolitici    quando   l'essere  apolitico non esiste    perchè qualunque  cosa  fai   , dici , pensi , ecc   si fa  sempre politica  il che è diverso  da politika , 4)  se  vedete   ogni form,a di dissenso   ala cultura  imperante  come comunista  )   nei tempi morti  dell'abbuffata  del  6  gennaio  o  dei giorni  che precedono  











C'era una volta, in un piccolo villaggio sperduto nella campagna veneta, una piccola scuola dell'infanzia con bambini piccoli piccoli che giocavano lieti e spensierati tutto il giorno, giacchè non avevano ancora imparato a leggere.
Ma nella piccola scuola un giorno finì il carbone per il riscaldamento. 
L'inverno era molto rigido e la direttrice per riscaldare le stanze dovette bruciare la carta sulla quale i

bambini disegnavano e anche i loro giochi di legno.
I bambini diventarono molto tristi e tornavano a casa mosci e infreddoliti come tante piccole fiammiferaie.
Quando ormai nessuno sapeva più cosa fare accadde una cosa miracolosa. 
La situazione in cui versava la piccola scuola del villaggio venne portata all'attenzione dei notabili della città lontana dal sindaco, persona buona e timorata di dio. Così qualcuno, mosso a compassione, raccolse la richiesta di aiuto. La settimana successiva giunse infatti in paese un signore che arrestò la sua bella macchina lucida e nera a pochi passi dalla piccola scuola ghiacciata.“
Signora direttrice – disse, togliendosi l'elegante cilindro dalla testa – mi presento. Sono Giangiuseppe Ciccin l'amministratore delegato della Top-Burger e ho una proposta da farle. Provvederò io al carbone per il riscaldamento per tutto l'inverno ed anche alla fornitura di squisiti hamburger di manzo texano per la mensa per tutto l'anno. Alle famiglie di questi poveri bambini farò anche avere uno sconto del 50% sull'acquisto delle nostre specialità. Potrebbe gentilmente occuparsi lei di far recapitare i buoni ai genitori dei piccoli”?
 La direttrice, incredula, s'illuminò: “Ma.. ma... ma... certamente”, balbettò confusa. E, commossa, lo accompagnò alla porta inchinandosi ad ogni passo.
Così l'indomani i bambini poterono tornare ai loro giochi e ai loro disegni nelle stanze finalmente
riscaldate. La loro salute e carnagione, inoltre, migliorarono grazie alle proprietà nutrienti dei Top-Burger, che mangiavano quotidianamente a pranzo a scuola e, la sera, sempre più spesso, anche cenando con mamma e papà. Nei loro cappottini, con premura e disciplina, la direttrice aveva infatti inserito da subito i buoni sconto per le loro famiglie, le quali li aspettavano felici per utilizzarli quasi tutti i giorni.Ma una notizia un po' originale non ha bisogno di alcun giornale,
come una freccia dall'arco scocca, vola veloce di bocca in bocca.
Dopo pochi giorni un'altra lussuosa automobile si fermò davanti alla scuola del piccolo villaggio e da essa scese un altro signore distinto con gli occhiali d'oro.
“Permette, signora direttrice?”. Disse. “Mi chiamo Pierfilippo Tiepidelli, presidente della Tabarry's Company. Ho notato che in questo paese l'inverno è davvero gelido. Mi permetta di offrire a ciascuno di questi piccoli un berrettino verde imbottito in piuma di cinciallegra della Tundra, brevettato e prodotto della nostra azienda, e un paio di guantini coordinati. Soprattutto, se è così cortese da farli recapitare ai rispettivi domicili, vorrei omaggiare le famiglie con questi coupon per un'offerta straordinaria: un giubbotto iperisolante in microfibra di titanio espansa della Tabarry's scontato del 70%”.

La direttrice non sapeva più quale santo ringraziare. Senza voce per l'emozione ritirò i coupon, che inserì, assieme a quelli della Top-Burger, nella tasca dei consunti cappottini allineati agli appendiabiti da parete. 
Cappottini che, però, rapidamente sparirono.

Di lì a qualche giorno il piccolo Ernestino si presentò infatti con un fiammante giubbottino rosso con orlature cromate sul quale luccicava il logo Tabarry's. Gli altri lo guardarono stupefatti e andarono tutti, come obbligati da un magico ordine silenzioso, a toccare l'incredibile piumino. Il giorno dopo arrivarono targati Tabarry's anche Domitilla e Dimitri e, come avesse ceduto una diga, nell'arco di una settimana ogni bambino aveva il suo splendido capo invernale griffato, che, a causa di un'eccedenza di magazzino, poteva essere soltanto rosso.
Ma la vicenda non finì certo qui.
Dalla città, nelle settimane successive, giunsero uno alla volta altri magnanimi benefattori che fecero a gara per dimostrarsi migliori e più generosi degli altri. Chi produceva scarpe con le lucine intermittenti ai lati, chi commercializzava giochi elettronici taiwanesi, chi occhiali anti raggi Uva per grandi e piccini, chi city-bike con cambio automatico e Abs adatte
sia agli adulti sia ai bambini. 
Tutti portatori di proposte all'incirca simili e tutti accolti con identiche gratitudine e venerazione. Il piccolo villaggio, grazie a loro, si riempì presto di cittadini eleganti e ben nutriti, poco importa se con le carte di credito in rosso. All'uscita di scuola, nell'incerta luce del pomeriggio declinante, i bambini erano un unico sciame di folletti identicamente gioiosi e con i piedini lampeggianti. Si spostavano ormai fra casa e asilo con le tasche zeppe di buoni, coupon, tagliandi e biglietti magici di ogni genere, ma il loro peso era dolce.
Il diavolo però tende sempre dei trabocchetti e un giorno accadde l'imprevedibile: Euclide, bimbo neppure troppo sveglio, imparò a leggere. Leggi qui e leggi là, cominciò in breve a capire come va il mondo e un brutto lunedì si presentò perentorio alla direttrice dicendole: “Ma a me cosa mi dai se porto a casa tutta questa carta?”
La donna si spaventò e lì per lì non seppe rispondere. Il piccolo insistette: “O mi dai un euro ogni volta o i tagliandi li butto via”.
“Sshhh... per carità...” rispose allora la direttrice, terrorizzata, invitandolo a seguirla svelto in uno sgabuzzino. 
“Che non succeda giammai”, pensò, sudando freddo. “Se Ciccin, Tiepidelli e gli altri vengono a sapere che gettiamo i loro buoni succede una tragedia”. Quindi, messa alle corde dal piccolo birbante, nella penombra dello stanzino, a bassa voce rispose infine ad Euclide: “Va bene, va bene. Ma che resti fra me e te. Un euro ogni volta ma, mi raccomando, non dirlo a nessuno”
Non occorre precisare che il segreto durò pochissimo. Il bambino, iniziò ad arrivare a scuola con il doppio dei gormiti dei suoi compagni, i quali, sospettando qualcosa, cominciarono ad interrogarlo.
Con una fierezza trattenuta a stento, allora, Euclide si vantò della sua astuzia e d'incanto tutti si svegliarono.
Le menti dei bambini, insomma, maturarono insieme come angurie d'agosto: bloccarono all'istante la scuola e convocarono un'assemblea costringendo la direttrice a confessare l'accordo segreto con Euclide. Alla fine decisero unanimi: o toccava un euro a tutti quanti o i buoni sarebbero finiti dritti dritti nel fiume di fronte non appena terminate le lezioni.
La direttrice si disperò e, non potendo far fronte a quella richiesta di denaro del tutto simile ad un'estorsione, si risolse a telefonare a tutti i benefattori spiegando, affranta, l'accaduto. Ammise l'errore commesso – l'unica volta che in vita sua fece ammenda di un proprio sbaglio – e ricevette la sua bella lavata di capo.
Ma, stranamente, quasi nessuno si sorprese davvero. “In fin dei conti è giusto”, riconobbero
i nobili signori. “Se i bambini portano in giro messaggi che ci fruttano denari che c'è di strano se adesso chiedono la loro parte?”
Così mandarono un loro delegato al villaggio a contrattare con Euclide, nominato intanto per acclamazione rappresentante sindacale unico. 
La vertenza si concluse con la fissazione di una cifra di 0,85 euro netti per ogni invio di pacchetto di buoni sconto. Contratto biennale rinnovabile, con integrativo malattia per i bimbi che fossero rimasti assenti qualche giorno per influenza.
La macchina funzionò alla perfezione e con grande soddisfazione di tutti. Per la scuola, innanzitutto, che divenne sempre più ricca di servizi e nuovi iscritti, d'ufficio arruolati nell'organico degli spedizionieri.
Ma anche per le famiglie dei piccoli, che, compra oggi e compra domani, furono contente che pure i figli avessero cominciato a portare a casa qualcosa.
Era troppo bello per continuare. 
E infatti, una pomeriggio d'inverno, poco prima dell'Epifania, accadde un episodio terribile.
Un bambino di quella scuola, che passeggiava da solo vicino a casa, vide una signora anziana aggredita da uno sconosciuto che le strappò la borsetta, scaraventandola a terra, a pochi passi da lui. La poveretta, sconvolta, non riusciva a rialzarsi e si lamentava, probabilmente aveva una gamba spezzata.
“Bambino – disse, vendendolo – ti prego. Corri a casa dai tuoi genitori e chiedi loro che chiamino la polizia. Dì anche che ho bisogno di soccorso perché sono ferita”. Il piccolo ci pensò un attimo e rispose: “Si, va bene. Ma quanto mi dai ?” “Nulla, caro – replicò la vecchietta – non vedi che mi hanno rubato la borsetta?”
Il bambino rifletté.  Nella sua testolina concluse che l'affare non c'era. 
per la  gentile concessione  di
Loredana Sofia
Scelse dunque di proseguire come se niente fosse accaduto. La signora, però, in realtà era la Befana travestita da vecchietta. Tacque ma in cuor suo si arrabbiò come una biscia e giurò vendetta.
Quell'anno non portò dolci o carbone ad alcuno ma infilò nella calza un unico tragico dono per tutti.
Rimise Berlusconi a Palazzo Chigi, con una maggioranza parlamentare di pregiudicati e ruffiani tale da assicurargli una governabilità pressoché infinita. 
Lo spread impazzì, in pochi mesi Ciccin, Tiepidelli e gli altri fallirono.
Anche in paese chiusero in breve negozi e officine e ritornò ad esserci pianto e stridor di denti, che è il modo usato da Gesù per dire cazzi amari.
“Pezzenti e babbei, non vi meritate altro”, sibilò la Befana, diventata giovane, sexy e bellissima, rivolgendo un ultimo sprezzante sguardo al villaggio che si faceva sempre più piccolo mentre lei, cavalcando una scopa al titanio con Abs, volava via verso la luna 

1.3.15

Napoli la favola dela balenottera liberata









Napoli, il saluto della balena liberata Nel video girato con un cellulare, il cucciolo di balena spiaggiato a Torregaveta "saluta" la donna che l'ha salvato. Dopo essere stato spinto dall'imprenditrice Debora Di Meo verso un canale profondo circa due metri, il cetaceo si volta, torna in direzione della donna e si ferma qualche istante prima di prendere il largo. "L'ho interpretato come un ringraziamento" ha commentato la donna (a cura di Stella Cervasio e Anna Laura De Rosa)

16.12.14

favole da raccontare ai propri bambini o nipoti

musica  in sottofondo  


La  prima   è presa  da lla  bache  ca  di fb Gianluca Bottaro

Un commerciante aveva appeso un cartello sulla sua porta, "cuccioli di cane in vendita". Questo messaggio attraeva i bambini. Ben presto un ragazzino apparve e ...gli chiese: "A quanto li vendi i cuccioli?" Il proprietario rispose "tra 30 e 50 euro." Il ragazzino mise le mano in tasca e tirò fuori qualche moneta. "Ho solo 2,37 €, posso vederli ?"
Il proprietario sorrise e fischiò. Dalla cuccia apparve la sua cagna di nome Lady seguita dai suoi cinque piccoli cuccioli. Uno di loro era solo e molto indietro rispetto
agli altri. Immediatamente il ragazzo fu colpito da questo cagnolino che zoppicava vistosamente. Egli chiese all'uomo "cosa ha quel cane?" L'uomo spiegò che quando nacque il veterinario riscontrò che aveva un' articolazione rotta e che quindi avrebbe zoppicato per il resto della sua vita. Il ragazzino,

molto eccitato, replicò, "è lui il cagnolino che voglio comprare!"
L'uomo rispose: " Tu non puoi volerlo comprare... lui non potrà mai nè correre nè saltellare, ma se proprio lo vuoi te lo regalerò!"
Di rimando il bambino: "Io non voglio che tu me lo regali perchè lui ha lo stesso valore degli altri ed io voglio pagare per lui lo stesso prezzo. Adesso ti do 2,37 € e
poi 50 centesimi al mese finchè non te l'ho pagato tutto."
Il ragazzo si chinò e tirò su la gamba dei pantaloni, scoprendo un arto steccato con una bacchetta di metallo di spessore. Alzò lo sguardo verso l'uomo e disse: "beh, non posso correre così bene neanche io e il cagnolino ha bisogno di qualcuno che lo capisce."
L'uomo si morse il labbro inferiore. I suoi occhi si riempirono di lacrime, sorrise e disse: "Figlio mio, spero e prego che ognuno di questi piccoli cuccioli avranno un  proprietario come te."
(Autore sconosciuto, purtroppo)


Che la storia sia vera o no non importa l'importante è quello che ha trasmesso dentro di chi lo legge

Infatti    sempre  secondo   Gianluica 

Se questa meravigliosa storia apre gli occhi sul fatto che molte persone si sentono piccole e senza valore. Non credono di essere abbastanza valide e pensano che non sono brave persone. E nel caso anche tu la pensi così, allora ti prego di prendere a cuore questo:
Il valore di una persona non si misura da quanto perfetto tu sei, bensì da quanti cuori riesci a toccare e da quante persone fai sorridere o piangere perché nella vita,
non importa quello che sembri, o chi sei, ma il fatto che qualcuno ti apprezzi per quello che sei. Devi liberarti da tali pensieri : tali limiti esistono solo nella tua testa. Sappi che nessuno è perfetto e quindi vai a testa alta !
Tutti noi postiamo cose banali su Facebook senza pensarci. Ma quando si tratta di diffondere contributi per qualcosa di buono, allora molti esitano.
Se non condividete questa storia, non succederà nulla, tutto sarà come prima. Se lo fai, forse potrai ridare fiducia a chi oramai da tempo ha perso la fede in se stesso e contribuire a fargli ritrovare un pò di dignità.



la seconda  è una poesia  presa  da  http://www.scrivere.info/openThis.php?poesia=371033  di Anna  Maria  Chjerchi 



  

31.8.13

Come la propria permalosità "danneggia" anche chi non c'entra .

          .

Sule note   della belissima    , specie in questa  versione di Slash & Myles Kennedy ,  Sweet Child O' Mine


I  fatti che m'accingo a raccontare   sono veri   ma per  ovvi motivi (  di privacy  ,  di lavoro  , ecc  . Ma soprattutto per    il carattere  , della persona in questione da qui il titolo del post  )=   modificati e traformati  . Ed  ho  ricorso alla forma letteraria  . Ora  dopo questa premessa  andiamo al post









C'era una volta un negozio di fiori che faceva oltre le normali confezioni e boquet decide d'aggiungervi anche una corona per le lauree .Un giorno venne una ragazza che voleva un bouquet di fiori per la festa di laurea. Le commesse le proposero oltre il bouquet 
da Google

gli proposero anche una corona d'alloro.
da  yahoo.it

Essa  accetto'contenta  . Qualche giorno dopo il lieto evento ritorno in negozio per  ringraziare della bella figura fatta  con amici\che  e  familiari  , oltre che per  far vedere le foto  , portando  per  le gentilissime commesse   la sua bomboniera di laurea 
la  bomboniera  in questione  


Loro , non essendo le padroni del negozio e quindi decidere di lasciarla nel negozio ( il piano terra di un edificio degli anni 20\30 ristrutturato\ riadattato a negozio ) la portarono con il relativo incasso della giornata ai padroni che avrebbe deciso cosa farne se lasciarla in negozio o tenerla a casa o metterla in un angolo fra le tante carabattole o chi sa cos'altro . Sul fare dell'ora di cena , il figlio dei proprietari , tornato dalla passeggiata serale , vide sul tavolo di soggiorno tale oggetto . Ed ecco che chiese alla madre cosa fosse . La madre : << è una bomboniera 
di laurea che ci ha regalato una cliente >> . Il figlio chiese : << perchè allora e qui e non i negozio ? >> si vide rispondere : << perchè è una cosa pacchiana  per il negozio >> . La madre riprese a cucinare con la TV accesa . Il figlio se la prese e la mette , insieme ad altri oggetti di cui è appassionato \ collezionista sulle mensole della libreria della sua camera . 
Qualche temo dopo chiacchierando con le commesse , di cui una si occupava della pesca di beneficenza per la classe del **** della festa patronale della madonna di buon cammino ,di bomboniere e regali e altre cose di cattivo gusto\ kitsch di cui la gente si libera regalandole appunto a tali lotterie o " agli svuota solai " che si ritrovano fra le bancarelle dalla primavera all'autunno nelle feste e altre iniziative turistiche dei paesi ., gli capitò di parlare di quel regalo e  di  come  la madre   rispose  alle  sue  domande  del perchè  non la  si  metteva  in negozio  . Ed inconsciamente , senza accorgersi che dietro di lui era entrato come cliente  qualcuno\a ( familiare , parente , o amico\ca  conoscente ) del  regalo della  persona in questione  e delle discussioni     con relativo scambio di pareri per  lui  bello   per la madre   dozzinale  . Infatti la settimana dopo , una collega di lavoro , gli disse facendogli il pistolotto per le sue intemperanze verbali e la sua impulsività , che quella persona era andata a lamentarsi in giro contro i proprietari del negozio e indirettamente contro le commesse e che non ci sarebbe più tornata perchè eravamo statio cosi cafoni . Ma .......... 



A voi indovinare fra queste opzioni


24.4.13

LA CRISI SPIEGATA A MIO FIGLIO E AI BAMBINI


Da la pagina di facebook di Solo in Italia

Non riuscendo a spiegare a mia cuginetta di 3 grado ( nipote di un cugino in primo di mio padre ) la crisi economica ricorro a questa ( ovviamente modificandola come avviene , nelle catene di sant'Antonio , nei passaparola , nella cultura orale , ecc visto la sua età --- ha 7 anni --- troppo piccola per certe cose ) questa favola










LA CRISI SPIEGATA IN MODO SEMPLICE...
Helga è la proprietaria di un bar, di quelli dove si beve forte.


Rendendosi conto che quasi tutti i suoi clienti sono disoccupati e che quindi dovranno ridurre le consumazioni e frequentazioni, escogita un geniale piano di marketing, consentendo loro di bere subito e pagare in seguito. Segna quindi le bevute su un libro che diventa il libro dei crediti (cioè dei debiti dei clienti). 
La formula “bevi ora, paga dopo” è un successone: la voce si sparge, gli affari aumentano e il bar di Helga diventa il più importante della città. 
Lei ogni tanto rialza i prezzi delle bevande e naturalmente nessuno protesta, visto che nessuno paga: è un rialzo virtuale. Così il volume delle vendite aumenta ancora. 
La banca di Helga, rassicurata dal giro d’affari, le aumenta il fido. In fondo, dicono i risk manager, il fido è garantito da tutti i crediti che il bar vanta verso i clienti: il collaterale a garanzia. 
Intanto l’Ufficio Investimenti & Alchimie Finanziarie della banca ha una pensata geniale. Prendono i crediti del bar di Helga e li usano come garanzia per emettere un’obbligazione nuova fiammante e collocarla sui mercati internazionali: gli Sbornia Bond. 
I bond ottengono subito un rating di AA+ come quello della banca che li emette, e gli investitori non si accorgono che i titoli sono di fatto garantiti da debiti di ubriaconi disoccupati. Così, dato che rendono bene, tutti li comprano. 
Conseguentemente il prezzo sale, quindi arrivano anche i gestori dei Fondi pensione a comprare, attirati dall’irresistibile combinazione di un bond con alto rating, che rende tanto e il cui prezzo sale sempre. E i portafogli, in giro per il mondo, si riempiono di Sbornia Bond. 
Un giorno però, alla banca di Helga arriva un nuovo direttore che, visto che in giro c’è aria di crisi, tanto per non rischiare le riduce il fido e le chiede di rientrare per la parte in eccesso al nuovo limite. 
A questo punto Helga, per trovare i soldi, comincia a chiedere ai clienti di pagare i loro debiti. Il che è ovviamente impossibile essendo loro dei disoccupati che si sono anche bevuti tutti i risparmi. 
Helga non è quindi in grado di ripagare il fido e la banca le taglia i fondi. Il bar fallisce e tutti gli impiegati si trovano per strada. Il prezzo degli Sbornia Bond crolla del 90%. 
La banca che li ha emessi entra in crisi di liquidità e congela immediatamente l’attività: niente più prestiti alle aziende. L’attività economica locale si paralizza. Intanto i fornitori di Helga, che in virtù del suo successo, le avevano fornito gli alcolici con grandi dilazioni di pagamento, si ritrovano ora pieni di crediti inesigibili visto che lei non può più pagare. 
Purtroppo avevano anche investito negli Sbornia Bond, sui quali ora perdono il 90%. Il fornitore di birra inizia prima a licenziare e poi fallisce. Il fornitore di vino viene invece acquisito da un’azienda concorrente che chiude subito lo stabilimento locale, manda a casa gli impiegati e delocalizza a 6.000 chilometri di distanza. 
Per fortuna la banca viene invece salvata da un mega prestito governativo senza richiesta di garanzie e a tasso zero. Per reperire i fondi necessari il governo ha semplicemente tassato tutti quelli che non erano mai stati al bar di Helga perché astemi o troppo impegnati a lavorare. 
Bene, ora potete dilettarvi ad applicare la dinamica degli Sbornia Bond alle cronache di questi giorni, giusto per aver chiaro chi è ubriaco e chi sobrio

3.3.13

leggende urbane , morte , ed altre sciochezze


da   facebook Albero piegato dal vento, Yosemite National Park, California, c. 1940
Fotografia di Ansel Easton Adams (1902-1984)

Molti di voi  mi fanno i complimenti (  chi sinceri chi ruffiani )    e mi  vantano  per  le  storie  e  gli argomenti  che tratto nel blog o di conseguenza   , dove  ho configurato il mio  ( ma  anche  vostro    che mi leggetre  e che  ci scrivete  ) su  : 1)  facebook , twitter ,linkedin . 
Soggetto e sceneggiatura: Giovanni Di Gregorio
Disegni: Ugolino Cossu 
Copertina: Angelo Stano
Ma   a volte  la vita  è assurda  che spesso <<  le  spiegazioni  più assurde  sono anche le  più probabili  . D'altronde  è cosi   difficile   capire >> come giustamente  dice   Dylan Dog  in leggende  Urbane (  copertina  a destra  )   << cosa  esista  e cosa  no ... . >> A  vote  non mi ci raccapezzo , leggendo  storie  che  qui riporto  ,  neppure  io  che  possa succedere  cose  del genere  . Il fatto   che  certe cose  esistano o meno   non significa   che  possiamo  fare  come se  non esistessero . Noi  tutti   non siamo altro che lo specchio delle paure    e delle necessità  più  profonde  dell'uomo moderno  << Cosi come   >>   sempre  Dylan Dog  << in miti  antiche , le  favole , le tradizioni contemporanee  lo erano per i loro contemporanei . Viviamo  sulle vostre bocche  e nelle vostre orecchie   , nei libri  e  tra i canali televisivi [...] >>.L'umanità  ha  bisogno di racconti, e  farne  a meno  non  è semplice ed  quasi  utopistico,ecco perchè bufale  e catene  ( alcune simpatiche  , alcune noiose  e cattive perchè  come   nella  storia  di  Dylan  Dog    SPOILER   illudono i parenti  di un morto   SPOILER   ) , proprio come ha  bisogno di cibo e sentimenti .
Infatti  proprio mentre  scrivo questo  post  , mi è arrivata  una  email , vado  ad  aprirla  e  cosa  vi  trovo  la solita  catena  di  una vedeva  che  ha   ricevuto dal marito  una  reredità ,ma   lei  non ha  bisogno di tutti quei soldi e  vuole regalarteli  , ma  però per  poterli avere devi pagare  le spesse  bancarie   del conto  .Bah storia assurda    come se  non  fosse  sufficiente  la  dura  realtà  a rendere fole  questa  vita . Ma  << in fondo   la  vita  non è  altro   che una storia  senza  ne  capo  ne  coda   il cui finale  è  sempre   quello ed uguale per  tutti  
 Aveva  ragione Luigi Pirandello(1867-1936) le  assurdità della vita non hanno  bisogno di parer  verosimili  è perchè  sono vere  . 
Concludo  e  cosi rispondo  ad  un amico  che parafrasando una famosa  canzone   dei  Nomadi \ Guccini  si chiede  per la morte   di  un suo parente  : << vorrei sapere a che cosa è servito vivere,amare soffrire,spendere tutti i tuoi giorni passati se cosi presto sei dovuto partire (...)  >>


Caro   ***** . la  risposta  è  :1)   nel resto  nella  canzone in particolare   in questo verso  :<< voglio pero' ricortati com'eri  (....)  >>E poi tutti  presto o  tardi  dobbiamo purtroppo speriamo il più tardi possibile, morire  è destino  . Ma  solo le  storie  (  e  il ricordo delle  persone  care  e degli amici   o   dei nemici  )  non muoiono mai    quelle  vere , a volte   storie   speciali  per  gente  normale    storie normali per  gente  speciale per  parafrasare  un'altra  canzone   famosa    stavolta  De Andreiana  



 a volte    quelle finte  , assurde  e verosimili , quelle  tristi , allegre  ( come quella  che  ho riportato qui in un precedente post  )  non cesseranno d'essere  raccontate  o ( nel caso delle catene  e\o leggende  urbane-metropolitane  )  raccontante  nel  web e  tramite il vecchio metodo del passaparola  .  Le   ritroveremo  ancora  , leggermente  cambiate  o sempre  uguale  a se stesse  pronte , chi sa  a raccontarci nuove  emozioni  o incazzature   arrabbiature  e magari  ad  essere    messe  o  in musica  o  raccontate  come  ha  fatto  La  storia  di  Dylan Dog   citata  in questo  post  .  

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...