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19.4.24

diario di bordo n 44 anno II USO STRUMENTALE \ PROAGANDISTICO DEL TERMINE MADE IN ITALY.,il caso Canfora \ meloni dove sta l'insulto ? ., il 25 aprile osteggiato dall'ignoranza ed negazionismo di da Fdi ., uso improprio dell'immagine di Berlinguer nelle tesseredi partio


USO  STRUMENTALE  \  PROAGANDISTICO DEL MADE  IN ITALY

è  vero che  ormai  i mercato ed  l'industria   sono  sempre più glòbali , ed  le  responsabilità  del  declino industriale  italiano  è   responsabilità  dei  governi  d  degli  anni 80\2000  ma  oltre  a non  fare  .....  pe reistere   ed  essere  competitivi    ,  fanno solo  per  propaganda  e  per  avere  i vosti  dei nazionalisti \   sovranisti     ma  poi   non sono coerenti    In fatti    leggo  che  


Per Urso un suv tedesco e uno giapponese: niente auto italiane nel garage del ministro al made in Italy 
Dagospia riporta la dichiarazione patrimoniale dell’esponente di governo che ha contestato il nome “Milano” per il nuovo modello Alfa Romeo

                      (ansa)

Una vettura tedesca e una giapponese. Non c’è traccia d’Italia nel garage del ministro Adolfo Urso che, in nome appunto del made in Italy, ha contestato Stellantis, gruppo partecipato da Exor che controlla anche Repubblica, per la scelta di battezzare “Milano” il nuovo modello del marchio Alfa Romeo. L’amministratore delegato della casa automobilistica del Biscione, Jean-Philippe Imparato, in seguito alla polemica ha deciso di cambiare il nome dell’auto in “Junior”. "Un'auto chiamata Milano non si può produrre in Polonia”, aveva contestato Urso. Ora Dagospia risponde pubblicando la dichiarazione patrimoniale del ministro dell’Industria e made in Italy. E risulta, appunto, che il parco auto di Adolfo Urso è composto da una Volkswagen T Cross del 2021 e da una più datata Toyota Raw4, immatricolata nel 2006. Due suv, nessuno dei quali è riconducibile all’Italia. Nei giorni scorsi il ministro Urso ha ribadito che l'Italia ha bisogno di più case automobilistiche, non solo di Stellantis aprendo quindi all'industria cinese che, con il marchio Dongfeng ha reso noto di essere pronta ad avviare produzione nel Paese.


il  caso  Canfora  \ meloni   dove  sta  l'insulto  ?


 una  interessante   discussione   avuta    su  

  •    Quindi, offendere qualcuno, definendolo nazista, è storia? 
  •   secondo   me  invece   più che insulto per me è un opinione condivisibile o meno . Infatti visto che qualcuno\a la cosidera insulto l stesso camfora non l'ha più,,ripetuta . ed ha detto che << nessuno si bagna er due volte nello stesso fiume >> .
  • Qualsiasi aggettivo può essere qualificato come "opinione". La definizione di "nazista" è una offesa palese e grave, soprattutto se fatta ad una figura istituzionale; in questo caso le pene previste vengono aumentate. E, comunque, non è storia
  •  ****  ma tu hai sentito Canfora come spiegava la genesi e il significato di questa frase? Mi sa di no.
  • Si  **** E non mi convince per niente, anzi!Ma non deve convincere me, deve convincere il giudice.Comunque erano belli i tempi quando ci si indignava per Berlusconi che dava del Kapò a Schulz....
  • ****Per carità, non è cambiato niente, è così dalla notte dei tempi. Mi ricordo, negli anni 70, una diatriba tra Berlinguer e Forattini. Quest'ultimo accusava, nelle sue vignette, il segretario del PCI di essere diventato un borghesuccio e l'aveva ritratto seduto in poltrona con il monocolo che sorbiva una tazza di te, mentre sotto le sue finestre infuriava una manifestazione operaia. Berlinguer si incazzò e Forattini fece finta di scusarsi disegnandolo vestito da operaio metalmeccanico, pronto ad unirsi alla manifestazione operaia successiva. Secondo me, chiunque di loro abbia torto o spari balle se la prende di più, vedi D'Alema, vedi Renzi e, ai loro tempi, Craxi e Berlinguer. Meloni è fascista dentro, come La Russa, perchè prendersela tanto ?

#Fdi vuole lavare i fondi all'#anpi :<<è #antisemita e nega le #foibe. E il preferto la eslude dal #25aprile : che c'entrano i #partigiani con la #liberazione ?



Questa destra oltre essere faziosa su certe vicende storiche complesse ed ancora aperte visto che a cause interne e internazionali non abbiamo ancora fatto completamente i conti ( il caso delle vicende dl confine orietale     \ terre irridente nel quale foibe ed esodo istriano\dalmata sono la punta dell'icerbeg ) è ignorante che non capisce quello che legge vedi il caso del romnzo il romanzo Dalla stessa parte mi troverai (Edizioni Sur) di Valentina Mira ( ne ho parlato precedentemente qui sul blog ) ed avrebbe bisogno di consultare un vocabolario \ ed un enciclopedia vista l'errata equiparazione antisemitismo con antisionismo ( su cui evito i ritornarci per non essere troppo : noioso ed saccente ) e accettare acriticamente quello che gli impongono altre nazioni



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La foto degli occhi di #EnricoBerlinguer sulla nuova tessera del PD. BERLINGUER :<< meno male che ho avuto un ictus >>

31.3.24

Immagini di nudo" ma era la diretta della Via Crucis: Radio Maria censurata sui social

Immagini di nudo" ma era la diretta della Via Crucis: Radio Maria censurata sui social  • 14 ora/e  da  Tgcom24 "


 





Durante la serata di Venerdì Santo, proprio mentre si stava svolgendo l'evento religioso al Colosseo, la pagina social dell'emittente, si è vista oscurare la diretta. "Chiediamo scusa a tutti gli amici che seguivano la prima parte della Via Crucis in adorazione del Signore in Croce. Facebook ha eliminato il post per “contenuto immagini nudo”. E ha ristretto i parametri di visualizzazione. Forse Facebook non sa che il Cristo fu spogliato delle vesti ma le parti intime coperte con panni. E pensare - scrive Radio Maria - che è morto in croce anche per loro. Naturalmente - assicura poi - riattiveremo la diretta ogni volta". È il messaggio postato sul social network dagli amministratori della pagina.Meta oscura la via Crucis. Il post con la diretta pubblicato sulla pagina Facebook di Radio Maria è stato rimosso dal social per "possibile condivisione di immagini di nudo o atti sessuali". A dirlo è la stessa emittente radio, in un altro post, denunciando l'accaduto e scusandosi con i fedeli che stavano seguendo l'evento.

22.10.23

SMONTIAMO UN TABU SESSISTA non dobbiamo mai giudicare una donna per le sue scelte sessuali un cortometraggio ricorda il diritto delle donne a fare del proprio corpo ciò che si vuole

 "Se di un uomo che va a letto con tante donne diciamo che è un Don Giovanni, un gran fico, allora perché pensiamo che una donna che fa sesso con tanti uomini sia una 'facile'? Se la domanda potrebbe suonarvi retorica, banale e ridondante, chiedetevi perché sentiamo ancora il bisogno di farcela.
La verità è che ancora oggi applichiamo due pesi e due misure (come
minimo!) quando si parla di libertà sessuale: nell'immaginario collettivo persiste una visione angelica (o demoniaca?) della donna come oggetto passivo di una "conquista" del maschio, mentre un arcaico subconscio comune insiste nel voler sminuire e ridicolizzarne il suo ruolo di soggetto attivo capace di scegliere, desiderare, lasciarsi andare in piena libertà. Questa discriminazione si manifesta in modo subdolo e strisciante in molti aspetti della vita sociale,   anche  quando si parla di sesso , argomento  er  i quale     dovrebbero    cadere tutte le maschere  riemergono tutti quei pregiudizi primordiali e radicati.
Per rompere i codici e ricordare a tutti che il diritto di fare l'amore senza essere giudicati è universale  il regista Teddy Etienne ha realizzato il cortometraggio ''Dites Oui''  (   sotto  in lingua  originale  oppure    qui   con i  sottotitoli in italiano   ) 



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 in gara nel Mobile Film Festival, un concorso internazionale che premia video di un minuto girati con uno smartphone."Una donna dovrebbe fare del proprio corpo ciò che vuole, senza che la società o la religione la reprimano, la giudichino e la insultino. Oggi chiediamo alle donne di dire sì alla loro libertà". Queste le parole del regista che ha voluto esprimere un'esigenza non più procrastinabile.

29.8.23

il problema degli stupri specie quelli condotti da minorenni non va affrontato di pancia di Gennaro Pagano

 visto  che mi dice  che  esagero quado parlo  degli stupri  e dei femminicidio    che   siamo di fronte  ad  emergenza  culturale  ed  sociale  , lascio la  parola  ad  un esperto     che  ne   sà  più di  me 


Quanto accaduto a Caivano, come a Palermo, atterrisce. E atterrisce altrettanto gli opinionisti e i
tuttologi che sparano la soluzione mediatica ad alto impatto oppure che si limitano a descrivere l'evidente senza andare oltre. Il problema della sessualità, dell'abuso da parte di giovanissimi verso ragazze poco meno che coetanee, della violenza gratuita e bestiale è un problema complesso e che come tale va affrontato, analizzato, affrontato di pancia capito, andando oltre il politicamente corretto di uno sdegno sterile, tutto pancia e niente testa (la “pancia” è utile, necessaria e sacrosanta ma se non muove ad un pensiero capace di dirigere un’azione è socialmente sterile).In questo breve post voglio fermarmi su quattro parole chiave che meriterebbero un'analisi ulteriore. Condivido questi pensieri assolutamente non esaustivi per spingere a riflettere e ad andare oltre gli slogan :

1. Empatia. Spesso durante il mio servizio all’Ipm di Nisida e durante l’attività di psicoterapeuta mi è capitato di incontrare adolescenti "sotto anestesia"emotiva, completamente incapace non solo di elaborare ma anche di riconoscere le proprie emozioni e quelle della loro vittima. Negli ultimi anni vi è un "distanziamento emotivo" molto preoccupante e pericoloso, correlato senz'altro in molti giovani all'utilizzo smodato di social network, video, schermi e tastiere: non si tratta di "influenza" dei social, attenzione, ma di un vero e proprio mutamento di reti neuronali che nei nativi digitali sta avvenendo, come dimostrano numerosi studi avviati. Se a questo si aggiunge spesso la mancanza di mediazione e narrazione della realtà da parte del mondo adulto, tutto diventa più comprensibile.
2. Porno. Non se ne parla. Pare un discorso da bigotti e politicamente scorretto. Ma chiunque abbia esperienza di accompagnamento psicologico di adolescenti e ragazzi sa bene quanto l'esposizione pressoché quotidiana - che non di rado sfocia in una vera e propria dipendenza - a siti e video pornografici abbia delle ricadute importanti sulla concezione del sesso, delle pratiche sessuali, del rapporto e degli atteggiamenti da assumere. L'altra/o viene "cosificata", ridotta a merce da consumare e buttar via. Non si gode della relazione (anche sessuale) ma dell'oggetto da consumo che diventa il corpo dell'altro. Del porno e del suo effetto sugli adolescenti si parla poco: ricordiamoci che è una delle industrie più fiorenti di sempre. Ricordiamoci anche che ci troviamo dinanzi ad un inedito storico: mai l'accesso alla pornografia è stato così facile e potenzialmente continuo come negli ultimi venti anni. Questo vuol dire che chi liquida questo problema lo fa con superficialità e senza pensare.
3. Consumismo. Il "consumismo", parola che andava tanto di moda negli anni '80 e '90 , è diventato sempre più un concetto anche relazionale ed esperienziale. Non si tratta più di consumare merci e cose ma anche persone, corpi, relazioni. Non superando mai la fase infantile, narcisistica ed egocentrica, in cui l'altro viene concepito unicamente come funzionale al mio bene e, perché no, al mio piacere. L’altro non è più persona ma merce, cosa fa consumare. Anche sessualmente.
4. Povertà. Abusi e stupri possono avvenire ovunque come dimostra la storia e la casistica ma in alcuni casi, soprattutto in quello che vede protagonisti minori o giovanissimi, vediamo che avviene più spesso in contesti sociali o territoriali segnati dalla povertà educativa, dalla marginalità sociale, dal degrado morale. Questo significa che anche in quest'ambito i più poveri sono quelli che subiscono di più: nascere in una famiglia difficile, di un quartiere difficile di una realtà difficile espone maggiormente a traiettorie di vita deviate.
In tutti questi ambiti occorre lavorare con un metodo seriamente preventivo, transdisciplinare e di rete. E nonostante l'urgenza occorre essere preparati ai frutti che non arriveranno domani ma dopo domani: si tratta di cambiamenti della mente "sociale" e questo richiede tempo.E in questo tempo occorre lavorare con solerzia, coraggio, passione e senza protagonismi di sorta ad aiutare le vittime e ad evitare, vigilando, che ve ne siano altre.

25.8.23

DIARIO DI BORDO N °2 anno I scandalizza di più la donna al cioccolato in un vassoio che le donne mal pagate e sottomesse ., "Io, iraniana, mortificata dalle femministe pro velo

 << La donna cosparsa di cioccolato crea più scalpore di una donna sottopagata che deve assistere anziani, pulire casa , curare igiene personale e magari portare il cane di famiglia a cacare >> o fare le iniezioni ad
un gatto diabetico .Anch'io
io vorrei capire se lo sfruttamento di donne pagate 600/700 € mensili che da lunedì a sabato, 8-14 solo per citare l'esempio più clamoroso didiscriminazioni a cuila cultura del maschio alfa o del patriacarto come lo definiscono le femministe è più legittimo << Tutto il resto è moralismo >>come dice l'account facebook di Cassandra Casagrande Mura Ticca
Infatti è lei che ha scelto che il suo corpo fosse usato per tale scopo nessuno l'ha almeno da quel se ne sa obbligata o ricattata per farlo

......
  
E' triste  che a  dirlo sia un  giornale   destra  .  Ma  purtroppo è vero.  Infatti  : La giovane attivista: «Quel flash mob? Scioccante Aiutare l’oscurantismo è uno schiaffo a chi lotta
Scioccate, sorprese, incredule. Di fronte al corto circuito delle femministe che difendono il velo, alle giovani iraniane non resta che la delusione, e l’amara sensazione che la battaglia per la libertà sarà ancora più faticosa, più lunga, più dolorosa.

  da  https://www.ilgiornale.it/news/nazionale/  del  25\7\2023

«Quando vedono che nei Paesi occidentali le richieste di libertà sono ignorate, e sono difese ideologie e norme liberticide, gli iraniani ne rimangono scioccati», dice Atussa, architetto che vive in Italia. «Il fatto che gli attivisti per i diritti umani o delle donne supportino ideologie oscurantiste e costumi obbligati - spiega - rappresenta un vero e proprio schiaffo per chi lotta per le libertà».
Sa di cosa parla, la giovane iraniana. Per 30 anni ha vissuto in patria, dove ha visto, e anche subito un vero e proprio lavaggio del cervello, anche sul velo. «Altro che libera scelta obietta - è un obbligo di legge o sociale, o tradizionale, impostato dagli uomini. La maggior parte delle donne che si copre in quel modo - racconta ha subito un lavaggio del cervello. Anche la scuola ti insegna che devi coprirti, che c’è la legge islamica». «Mia mamma andava a scuola con la gonna, senza velo, poi è arrivata la

Rivoluzione, e poi con la guerra Iran-Iraq la situazione è peggiorata ancora, molto. Mio padre e mio zio sono stati torturati». «Io - ricorda - sono cresciuta in una famiglia aperta ma fuori l’oppressione si sentiva. Avevo questi ricordi di famiglia, ma a scuola non potevo né fare né dire nulla, nemmeno parlare con le amiche. Non potevamo neanche fidarci, c’erano spie del regime. Sono ricordi molto tristi. Avevo bei voti, potevo andare in un’università importante, ma non mi fu consentito perché venne fuori che nel mio venerdì non c’era la preghiera. Stessa cosa in seguito, mi fu impedito per un colloquio religioso con la Polizia morale, in cui si inventarono che si vedeva sul mio viso il trucco della sera prima».
Un vissuto come quello di altre, quello di Atussa. Ma alla luce di questo vissuto, ai suoi occhi, le ambiguità e le cantonate delle femministe suonano come vere e proprie assurdità. «Sono stata anche arrestata. Mi hanno interrogato e perquisito perché avevo un pantalone con tante tasche. Hanno scritto un dossier su di me che mi impediva di lavorare in uffici pubblici. Non avendo vissuto tutto questo dice - le femministe non capiscono, fanno confusione, non sono lucide, e quindi pensano che coprirsi col velo sia una scelta personale da difendere».
L’incomprensione è drammatica, mortificante. «Sorprende - dice Atussa - che prendano posizione per la “scelta” di coprirsi e non per la libertà di chi il velo non lo vuole». «Prima di Masha Amini non avevamo voce» racconta. All’inizio, alcuni gruppi in Italia hanno fatto qualcosa, in seguito niente: il vuoto. «Quando parli loro e dici: “Perché non ci aiutate a fare questa iniziativa?” ci rispondono offendendoci, dandoci etichette come “razziste” o “islamofobe”». «Purtroppo osserva - alcune di queste associazioni femministe, che seguono una visione di sinistra e sostengono idee anti-imperialiste, sembrano condividere dei valori con la Repubblica islamica». «Non riesco a mettermi nei loro panni», confessa. «Nell’islamismo ipotizza - ci sono elementi di estrema sinistra, o di estrema destra».
Ad Atussa piace definirsi una «attivista indipendente». Un anno fa, la lotta per la libertà in Iran si è riaccesa. Masha è stata uccisa per una ciocca di capelli fuori posto, e da quel giorno, da quell’orrore, è nata la forza disperata di una ribellione contro il regime teocratico. «Il governo dittatoriale iraniano è molto aggressivo. Tanti sono stati imprigionati, o impiccati. La repressione vuole mettere a tacere la rivoluzione» dice, e spiega che la rivolta non è «contro una religione o un modo di vestire, ma è una lotta contro un intero sistema di regime liberticida». Sa che l’aiuto dell’Occidente potrebbe «accelerare questo processo», ma sull’esito non ha dubbi: «Il popolo iraniano persevererà nella sua lotta contro il regime islamista e la vincerà, con o senza il supporto dell'Occidente e degli attivisti occidentali».

<<Ma come . Non dici tu che ciascuno/a dev'essere libero se portarlo o meno .>> Certo ed lo confermo . Ma dai rapporti /contatti che ho (ed ho )avuto con ragazze e donne islamiche presenti nella mia città e regione al 90% il loro potare il velo semplice cioè solo i capelli o completo tutto il corpo simile al costume sardo o del sud è forzato ed imposto non spontaneo /libera scelta.

8.8.22

Ferragni e Fedez che, dopo aver fatto gli ambientalisti, prendono il jet privato per raggiungere Ibiza con i bambini, inquinando in 90 minuti quello che due persone normali inquinano in un anno. di miliano Rubbi

 insomma, si scopre che Chiara Ferragni e Fedez, per il loro viaggio con i pargoli da Milano a Ibiza a bordo di un jet privato (90 minuti), hanno inquinato esattamente quanto due persone inquinano nell’arco di un intero anno. Che uno dice: vabbè


, mica sono i soli straricchi a usare dei jet privati pure per andare a fare la spesa, eh.
Però, in effetti, almeno gli altri loro colleghi milionari solitamente hanno il buon gusto di non presentarsi come paladini dell’ambiente, forza Greta e via dicendo.
Un po’ come il simpatico Jovanotti, che da due estati si aggira per l’Italia devastando allegramente ecosistemi con il suo Jova Beach Tour, ma se uno glielo fa notare lui risponde che sono tutte bugie degli “econazisti”, come una Meloni qualsiasi.
Quando si capirà che l’ecologismo è una questione seria e non un accessorio di moda da sbandierare quando si cerca di raccattare qualche like o vendere qualche biglietto in più, probabilmente inizieremo a fare qualche passo avanti.
E non accadrà per merito di una tizia che vende sciampi e borsette e cavalca questi temi perché vanno di moda, e neppure grazie a un cinquantacinquenne che si veste come uno che ha chiesto consigli sul look a un Manu Chao sotto acido, ma grazie a una rinnovata consapevolezza generale.
E no, credetemi: questa roba non aiuta a creare alcuna consapevolezza, serve solo a far sentire “dalla parte giusta” un pugno di ingenuotti che si muovono coi mezzi pubblici e a far arricchire ulteriormente quelli che pisciano in testa alle loro illusioni direttamente dal jet privato.Le risposte che mi sono arrivate da parte dei piccoli fan dei Ferragnez sono di due categorie:
1) “Perché tu non inquini? Non prendi la macchina? Se prendevano un aereo di linea inquinavano lo stesso”.
Che fa quasi tenerezza, perché ti rendi improvvisamente conto che questa gente non capisce che prendere un aereo di linea significa dividere l’inquinamento per 200 persone e non per 4.
E, soprattutto, che l’aereo di linea parte lo stesso (si chiama “di linea” apposta), quindi l’inquinamento del tuo c**zo di jet privato SI SOMMA all’altro.
Tralascio la parte sul paragonare l’automobile a un jet privato che inquina un milione di volte tanto e che serve a portarti in un posto che avresti potuto raggiungere in mille altri modi, perché mi auguro che non ce ne sia bisogno.
2) “SEI SOLO INVIDIOSO / LA TUA È INVIDIA SOCIALE”.
E questa la trovo anche più triste dell’altra.
Perché, se nel primo caso è evidente che si tratta di persone che non sono riuscite a fare da sole un ragionamento elementare (e magari non è neanche colpa loro), in questo caso si tratta di un’aberrazione sociale, culturale, di stampo berlusconiano, che chiaramente ha fatto breccia nelle menti di tante persone che, spesso, si definiscono pure “di sinistra”.
Il che è, francamente, avvilente.

Lucilla Calabria
Complimenti
 per la spocchia radical-chic contro la Ferragni, che venderà anche gli shampoo, ma nel frattempo ha messo su un'azienda che fattura e dà lavoro.Avete ammorbato con questo odio sociale, voi paladini di battaglie infarcite di rancore, siete riusciti a rendermi simpatici Jovanotti e la Ferragni in un colpo solo.
Emiliano Rubbi
Lucilla Calabria ora, a prescindere da tutto, mi riporteresti dove avrei espresso dell’odio sociale? Io ho parlato solo di ipocrisie. Possibile che non riusciate a capire mai  
In pratica: si bypassa del tutto l’argomento del post (l’ipocrisia di una che vende gli smalti “green” e va a Cannes con l’abito “sostenibile” e poi se ne sbatte allegramente di inquinare come una ciminiera per andare in vacanza sul jet “da ricca”), che è una cosa incontrovertibile, per riprendere un’argomentazione in pieno stile Briatore/Silvio/Renzi: “tu sei solo invidioso, perché lei è ricca e ha il jet privato”.
Il che spiega chiaramente due cose: in primo luogo che queste persone hanno una sorta di culto dei loro idoli di plastica, tanto da non riuscire neanche a vedere l’ipocrisia di una cosa del genere, in secondo luogo che considerano la ricchezza “un valore” di per sé, e se critichi un ricco significa che sei invidioso.
Non li sfiora neanche l’idea che, magari, tu non scambieresti la tua vita con la loro per nessuna ragione al mondo, per dire.


Io, a questo punto, come l'autore << comincio a pensare che, per questa gente, bisognerebbe iniziare a prendere in seria considerazione il reato di circonvenzione di incapaci. >>

16.2.22

sul fine vita ha trionfato l'ipocrisia di stato

Lo so che  «Il tema è complesso e forse bisognerebbe attendere le motivazioni integrali della Consulta prima di parlare »  come dice la mia amica Federica Raimondi . Ma  a   caldo  mi  è venuto    questo  commento  beati gli ignavi che hanno deciso di non concedere a chi soffre di morire con dignità loro si che hanno i soldi per poterlo fare ed andare in svizzera .  Quindi   non riuscendo  a trovare   altra  risposta   una  risposta   , e    volendo  sentire  altri  pareri  ho condiviso   da un  gruppo di facebook   quella  slide  


e mentre    aspettavo  le  vostre  risposte    ho letto questo interessante  articolo  di  MARTA PETTOLINO   su    https://www.thesocialpost.it/  del 16 FEBBRAIO 2022, 10:24

Cosa vuol dire “vita” quando nasconde la violazione del diritto all’autodeterminazione e alla dignità

C’è da chiedersi cos'è la vita per la Corte costituzionale. E soprattutto perché perpetuare nella sofferenza
irreversibile significa tutelare una persona togliendole anche la dignità di se stesso
Ti sei mai chiesto come ti sentiresti chiuso in gabbia? O peggio ancora incatenato e chiuso in gabbia? Senza avere nessuna possibilità di cambiare la situazione se non convivere ora dopo ora, giorno dopo giorno, con il tuo aguzzino nell’impossibilità di abbandonare una sofferenza insopportabile?
Mi auguro di no. Pensaci adesso: cosa proveresti ad essere totalmente paralizzato e a poter muovere solo gli occhi? Oppure poco altro. Cosa proveresti a pensare che domani mattina, all’improvviso, ti svegliassi in un corpo che non è più il tuo. Cosa proveresti a non avere una via d’uscita.
Eutanasia legale: quando non si ha via d’uscita
Eppure alla via d’uscita siamo stati molto vicini, ma la Corte Costituzionale ha sentenziato che dare agli italiani la possibilità di scegliere la legge sul proprio fine vita è inammissibile.
La Corte ritiene che il referendum non preserverebbe la tutela minima della vita “in particolare delle persone deboli e vulnerabili”.
Oltre 1 M I L I O N E 200 e 40 persone si sono recate ai banchetti per la strada per informarsi e firmare la petizione al referendum. Più di milione di persone che vengono ignorate, a cui viene negato il diritto di votare per il proprio futuro.
L’autodeterminazione che ci rende unici come specie viene sepolta da falsi bigottismi e i diritti ancora calpestati.
Referendum eutanasia: cosa prevedeva
La richiesta era quella di abrogare l’art. 579 del codice penale e quindi abolire il reato di omicidio, punito da 6 a 15 anni, per chi aiuta a morire una persona, con il consenso della stessa, in condizioni di sofferenza insopportabile e irreversibilità della patologia. Mantenendo però le disposizioni relative all’omicidio, contenute nell’articolo originario come aggravanti, se il fatto è commesso:
Contro una persona minorenne;
Contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
Contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.
L’eutanasia non è un suicidio, ma è la libertà di non soffrire più in determinate condizioni
Per rientrare in un caso di eutanasia ci sono delle regole, non è, come spesso sento dire da non informati e sostenitori della libertà di espressione ad ogni costo, una legalizzazione del suicidio, parola inserita anche dal nostro codice penale, che andrebbe riformato anche sul linguaggio.
La società cambia, il linguaggio pure, il codice penale a quanto pare no.
Le regole che ci dice Marco Cappato, politico italiano e tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, promotrice della raccolta firme per il referendum sono:
quella della sofferenza insopportabile
quella della malattia irreversibile
e quella della volontà esplicita della persona
E non vada invece inclusa la quarta condizione che è quella di essere tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitali. Io penso che non debba essere necessario essere tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale per ottenere il diritto a morire.
Ma la Corte ritiene che il referendum non preserverebbe la tutela minima della vita “in particolare delle persone deboli e vulnerabili”. C’è da chiedersi fino a che punto bisogna tutelare non la vita ma le funzioni vitali, non più autonome, ma garantite da apparecchiature mediche, nelle condizioni in ci non esiste la speranza di un miglioramento e l’unica certezza è la sofferenza insopportabile. C’è da chiedersi allora cosa significa la vita per la Corte. E soprattutto perché si pensa che perpetuare nella sofferenza significhi tutelare una persona togliendole la dignità della sua volontà.
Ho visto da vicino che cosa è capace di fare la strada e invito i membri della Corte a farsi un giro negli ospedali, dove ci sono i pazienti con gravi traumi cranici acquisiti con danni irreversibili, li invito ad andare a trovare le persone che hanno chiesto l’eutanasia e li invito ad accompagnarle in altri Paesi per porre fine alle loro sofferenze. Paesi che sono capaci di ascoltare e di tutelare la vita senza aggrapparsi a false ideologie, che non dovrebbero essere parte di uno stato laico e democratico. Valori che ci hanno raccontato essere importanti anche per il nostro di Paese, stesso Paese che poi impedisce a noi, ormai sudditi, di votare per la nostra vita.

14.3.19

quanta ipocrisia ed ideologia sullle foto di Giulia Sarti . se non fosse stata M5 Salvini se ne sarebbe occupato o avrebbe sguinzzagliato i suoi fans sui social ?



Sdegno  Bipatisan   e  dure prese di posizione e solidarietà bipartisan a Giulia Sarti, deputata del Movimento 5 Stelle . 

Caso Giulia Sarti, la polizia postale: "Nessun nuovo video in rete"

Fra questa  solidarietà  pelosa  l'ipocrisia  più grande    èquella  del nostro capitano    ministro degli intgerni  . Infatti
Salvini ribadisce la massima attenzione contro questi fenomeni: "È una vicenda disgustosa e molto grave - ha detto - è nostro dovere proteggere la libertà e la privacy di Giulia Sarti e delle altre persone, spesso giovani, che subiscono o hanno subito lo stesso vergognoso trattamento .Ma quanta ipocrisia su tale caso .Ma quanta ipocrisia  su tale  caso  . Se a  subire   una cosa  del genere  fosse stato un comune cittadino niente   nessuna  attenzione  mediatica  e    magari la  legge  in questione     si sarebbe  arenata \  impelagata    nei meandri parlamentari con  il rischio di   :  non  vedere  neppure  la luce   o   di creare un pasticcio per  la  fretta  nelle'approvarla     pur  evitare    il rischio di non approvazione  o  approvazione   da  un nuovo  governo  .

 Invece  , il caso vuole  ,  che  la vittima   di  questo  turpe  reato   sia  una parlamentare  meglio  un esponente   del M5 (  ex    visto che  c'è  in corso un processo d'espulsione  )   allora si che s'interviene . lui che lascia che i suoi   fans   insultino con epiteti prnografici e sessuali i suoi  contestatori  vedi   quella  ragazza  in piazza   o    avversari  parlamentari  Boldrini e Prestigiacomo   chiedono di rimuovere  da  web  e  dai social  in  particolare     della  pagina  facebok   di  Salvini     tali commenti   lui fa orecchie da mercante anzi fa lo gnorri . 

Ora che inve  si tratta  di  un  alleato s'nterviene . Evidentemente accelerando tale legge vuole gettare fumo negli occhi ai movimenti femmist e far approvare in questo clima d distrazione la legge fontana sulla famiglia .

6.2.19

che rottura ... la giornata del ricordo e che quanta ipocrisia ed strumentalizzazioni ed faziosità

Risultati immagini per foibeQualcuno\a  dirà  ma  allora  perchè    ci  ....  scrivi post  ?  per  evitare  che simili obbrobri siano dimenticati    ma  soprattutto     siano mal  ricordati  ed  usati ad  uso  politico \  ideologico   , ed  si pratichi  una memoria  distorta    di fatti  storici   cosi  complessi   (  visto il verificarsi  in quelle  zone     di  tre  dittature e  tre  nazionalismi   diversi  lasciando  in esse   un  carico  di   :  sangue  ,  genocidi,  barbarie  ed   violenza  ,  esodo più  o meno  forzato    di popolazioni  )   come quelli  avvenuti  nel  confine  orientale  . Ed  ancora  lo scontro    \  contrapposizione   ideologica ( che si credeva   scomparsa    con   gli avvenimenti del 1989\92 )     che    già ha  fatto danni enormi   per lo studio     e la memoria  di quei fatti   ed   il ricordo     "  forzoso  ed   obbligato  "   continua    ad essere  impregnato    del più  cieco  nazionalismo  .




 IL  che  porta  a    ricordare  male    ed in maniera   incompleta   tali avvenimenti tristi e  dolorosi  .  Ed    a  definire   negazionista    anche    chi  non lo  è  , solo  perchè  ricorda   tali vicende ( a  volte  è vero  in maniera   faziosa  e  di parte  )   in maniera    completa    e non parziale  come   avviene   nel 90  %     delle celebrazioni  del 10  febbraio .  Travisando lo  stesso  significato di revisionismo    : 
Nel settore accademico della storiografia, il revisionismo è il riesame critico di fatti storici sulla base di nuove evidenze o di una diversa interpretazione delle informazioni esistenti, considerando tutte le parti politiche e sociali in causa come testimoni importanti. L'uso negativo del termine revisionismo si riferisce invece alla manipolazione della storia per scopi politici. Inoltre occorre non confondere il revisionismo a tutti gli effetti con la pseudostoria, il revisionismo politico, il negazionismo e le teorie del complotto
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<<  Al processo che portò alla legge sul Giorno del Ricordo contribuirono anche alcuni storici, al prezzo però di chiudere un occhio sul metodo utilizzato per ricostruire le vicende delle foibe. Era infatti impossibile concedere un margine di “gioco” a discorsi  sviluppati in ambienti revanscisti senza che l’alchimia politica intaccasse il rigore del metodo, soprattutto rispetto alle foibe la cui narrazione è retta anche da fallacie logiche ad ignorantiam – la famosa «teiera di Russell» fluttuante nello spazio fino a impossibile prova contraria – e ragionamenti post hoc ergo propter hoc.L’esempio più classico di fallacia ad ignorantiam: ci sono 1.700 “foibe” (cavità carsiche) in Istria, solo una minima parte fu setacciata dopo l’ottobre del ’43, ergo in tutte le foibe inesplorate si celavano cadaveri ora non più recuperabili.L’esempio più classico di ragionamento post hoc:  dopo le foibe  – quanto dopo non importa –  gran parte degli italiani lasciarono l’Istria, ergo le foibe furono una pulizia etnica per mandare via gli italiani.Proprio nel momento in cui si raffinava il metodo della storia orale, che guadagnava faticosamente riconoscimento scientifico grazie a regole rigorose, sul confine orientale si apriva invece la porta alle leggende metropolitane.>> o    quanto meno  a tesi storico  parziali . Infatti    sempre secondo    quanto  dice   il sito  www.wumingfoundation.com/giap/  <<  Per capire quanto sia facile imbastire storie da pochi dettagli basta dare un’occhiata a questo post pubblico di Pierpaolo Silvestri, proprio lui, l’«interlocutore privilegiato» di Sessi nella ricostruzione della morte di Norma Cossetto:

Silvestri all’opera, tra horror, splatter e madri profanate. «La memoria per parlarci ha bisogno anche di questi passatori.» (Frediano Sessi, parlando di Silvestri)
Partendo da una bislacca interpretazione dell’epitaffio sulla tomba di una giovane sposina istriana morta negli anni della guerra – in un’epoca peraltro in cui l’Istria era sotto il tallone di ferro nazista – viene tirata fuori da chissà dove un’allucinante storia splatter. Nessuno dei nominativi indicati risulta nemmeno nei più “generosi” tra gli elenchi di caduti RSI e martirologi degli infoibati.Il discorso revanscista e nazionalista predilige gli articoli di fede alle evidenze storiche perché è un discorso che mira a persuadere e non ad analizzare, celando dietro il codice del lutto un intento eversivo sul piano storico. Così la ricerca storica viene sottoposta al ricatto morale del pietismo e un debunking sulle leggende non verificate sulle foibe viene respinto come un’offesa al dolore dei congiunti.E se l’articolo di fede sostituisce l’evidenza storica è facile manipolare anche il concetto di negazionismo: da termine usato per qualificare coloro che negano le evidenze storiche dello sterminio nazista diventa interdizione a effettuare verifiche e contestualizzazioni storiche sulle foibe.Un esempio di questo dispositivo lo troviamo nella risposta che a suo tempo una serie di personalità legate all’associazionismo nazionalista «giuliano-dalmata» firmò in reazione alla nostra lettera aperta ad Internazionale, dalla quale scaturì il relativo speciale:
«come sopravvissuti e testimoni della Shoah vengono interpellati in occasione del Giorno della Memoria ed i tentativi revisionisti o negazionisti vengono silenziati, così anche la comunità degli esuli chiede rispetto per i propri lutti, empatia per le proprie sofferenze e assenza di livore e di velleità giustificazioniste nelle ricerche storiche che li riguardano da vicino».
Lo stesso argomento lo troviamo usato dal senatore Maurizio Gasparri in un attacco ad ANPI Brescia, che aveva segnalato la prima puntata di questa miniserie.
A questo ribaltamento semantico contribuirono indirettamente anche quegli studiosi che avevano intrapreso un processo di negoziazione con le realtà politiche che volevano il Giorno del Ricordo. Raoul Pupo e Roberto Spazzali, nel loro volumetto Foibe uscito per Bruno Mondadori nel 2003, elaborarono una curiosa classificazione a mo’ di «gironi danteschi» di storici, ricercatori ed opinionisti che avevano trattato la storia del confine orientale nel secondo dopoguerra (perlopiù triestini e qualche sloveno).Pur non richiamando esplicitamente i negazionisti della Shoah, Pupo e Spazzali annoverarono nella categoria «negazionismo e riduzionismo» sia i comunicati partigiani jugoslavi dell’epoca che tentavano di contrastare la propaganda nazifascista, come la relazione di Anton Vratuša al CLNAI, sia coloro che più di cinquant’anni dopo intrapresero verifiche sugli elenchi dei caduti come Claudia Cernigoi. Accomunati dal tentativo di «giustificare» le foibe.Ma queste classificazioni che si propongono di sistematizzare in maniera definitiva un canone storiografico sono in realtà facilmente rinegoziabili. Basta un niente per ritrovarsi nel gradino più basso dell’’nferno. Nel 2011 uscì il libro Nel nome di Norma (Solfanelli) di Luciano Garibaldi e Rossana Mondoni che, dopo aver messo esplicitamente Claudia Cernigoi e Alessandra Kersevan accanto ai negazionisti della Shoah, infilava gli stessi Pupo e Spazzali in «quella storiografia che li annovera tra i cosiddetti “giustificazionisti”».
Forse è troppo tardi, forse il danno è già irreversibile, ma   si  vuole comunque rivolgere un accorato appello a tutti gli storici : la storia non è negoziabile con chi rifiuta il metodo storico, farlo significa permettere a costoro di distruggere la credibilità delle istituzioni storiche, e fidatevi, non mostreranno alcuna pietà per chi li ha fatti entrare.

In attesa  d vedere  il  film  su norma  crossetto      con questo  è  tutto  

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