Visualizzazione post con etichetta anni 70. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta anni 70. Mostra tutti i post

2.11.12

Una battuta sbagliata di quel 2 novembre 1975 di Leonardo Pisani



Non riuscendo a trovare le parole per celebrare il 37 anni di questo evento lascio che a farlo sia questo scritto del mio contatto di facebook pubblicata da Leonardo Pisani il giorno Venerdì 2 novembre 2012 alle ore 8.32

 Una battuta sbagliata, avevo poco più di 6 anni quel 2 novembre del 1975. Sembra preistoria, la tv era la paleotelevisione alla Eco, due canali, i programmi iniziavano tardi e finivano prestoe la sera si andava a letto con carosello. Vivevamo in 5  in una casa a confine del mio quartiere natio “Lu Suritiedde” e quello medievale “Gret a rocc” : una camera da letto comune dove dormivamo tutti, compreso mia sorella di un anno.Si andava a scuola con il grembiule blue e fiocco rosso, le caramelle golia sostavano una lira, il gelato solo di domenica e l’arcobaleno era il più gettonato. I più“ricchi” semmai compravano  il camillino oppure la coppa rica all’amarena.

Era il tempo dei ciccio polenta, di patatine in busta, del superga o super santos, di Domenica In e delle lezioni di inglese in Tv, di Belfagor e di Gamma quei bei sceneggiati che non trasmettono più.
 I giocattoli quasi inesistenti, ma bastava un pallone di pezza per diventare Rivera o Mazzola, un barattolo per giocare a lu scatiliedde, una specie di nascondino aviglianese, e poi cerbottane con le canne di plastica da elettricista. Quando eravamo fortunati ci costruivamo i “carruozzi” o qualche capann rubando materiale edilizio con la  finta disattenzione dei muratori. Altri tempi, forse bei tempi.
Ma quella battuta sbagliata  degna della cattiveria dei bambini  me la ricordo, appena sentita la nostzia al telegiornale perchè mia madre mi mise un ceffone, anzi alla aviglianese nu “scurzone nand a gret ” in faccia – una veloce doppietta- e le parole :” nun s’ pazzeja cu chi more”. Da bimbo impertinente e vivace conoscevo quel nome, ma non sapevo ancora il valore della vita e della morte. Ora lo conosco e capisco quello schiaffo educativo. Era il 2 novembre e il telegiornale lento, con mezzo busto e studio in bianco e nero diede l’annuncio della atroce morte di Pier Paolo Pasolini.Una battuta sbagliata ed una storia sbagliata come cantava “l’artigiano delle parole”.



10.5.09

Storico abbraccio tra le vedove Calabresi e Pinelli

Un segnale di speranza nella possibilità di un mondo in cui i conflitti si possano risolvere con la riconciliazione


Ieri, in occasione della giornata della memoria delle vittime del terrorismo, dopo che il Presidente Napolitano ha incluso Pino Pinelli tra le vittime della strage di Piazza Fontana, le vedove del commissario Calabresi e dell'anarchico Pinelli si sono scambiate uno storico abbraccio, dopo tanti anni dai tragici avvenimenti che le avevano messe, senza nessuna vera scelta da parte loro, sui lati opposti di una sorta di faida che sembrava inconciliabile; una faida non tanto tra le famiglie o tra le signore stesse, ma tra i gruppi di appartenenza, tra i mondi culturali e sociali rappresentati dai rispettivi mariti, tutti e due caduti vittima dell'assurda violenza di un'intera epoca. L'abbraccio di oggi, dopo le sagge parole di Napolitano su Pinelli e sulla nascita di quella stagione di tensione.

È un fatto commovente in sé stesso, ma anche molto di più: è una dimostrazione di come
riconciliazione non possa passare dalla dimenticanza dei fatti, come se con il tempo avvenimenti tragici e gravi potessero non essere più tali solo per la distanza con cui non si riesce più a scorgerli nitidamente. Al contrario: bisogna ricordare bene tutto, soprattutto le offese ricevute e fatte, proprio per riuscire a comprendere la dinamica degli avvenimenti, farsi carico di eventuali proprie responsabilità, e provare almeno ad intuire quali possano essere le ragioni che hanno spinto gli altri a fare quello che hanno fatto. Quell'abbraccio è la dimostrazione che è possibile sempre trovare qualcosa che unisce e che ciò può permettere di iniziare un percorso di riconciliazione.

In un mondo pieno di guerre e di situazioni di violenza che sembrano senza uscita quell'abbraccio è un vero segnale di speranza.





Giorgio Schultze
Portavoce europeo del Movimento Umanista
Candidato indipendente nelle Liste di IDV nella Circoscrizione Nord Occidentale

17.11.08

scontata 30 anni di carcere e poi scoprono che è innocente

Spesso sui giornali  regionali  si leggono news   che    o non   vengono trattati dai media nazionali  ( o se   vengano trattat  lo è solo  in brevissimei trafiletti )   .   Ecco  una  dei  casi  più gravi   tratto  dalla  nuova sardegna del 16\11\2008


dall’inviato Piero Mannironi
Riconosciuto innocente dopo 30 anni di carcere
Il calvario dell’orunese Melchiorre Contena accusato del sequestro-omicidio Ostini
Assolto in primo e secondo grado fu condannato nel terzo processo disposto dalla Corte di Cassazione



*SIENA. **
L’inferno può essere fatto di sbarre che sembrano imprigionare perfino il cielo, di muri spessi e grigi e di cancelli di ferro che rinchiudono in uno spazio immobile e claustrofobico anche i sogni e il dolore. Ma l’inferno è soprattutto nella lucida consapevolezza di essere vittima del furto più atroce, quello della libertà. E di vivere l’interminabile divenire di giorni grigi, sempre uguali, al posto di qualcun altro. Questa è la storia del calvario di un uomo che ha vissuto trent’anni all’inferno prima di vedersi restituiti, in nome del popolo italiano, la dignità e l’onore. Ma è anche la storia di una donna, sua moglie, che gli ha sempre creduto e che ha combattuto con una forza sovrumana una battaglia che sembrava impossibile.
* Questa è la storia di Melchiorre Contena, pastore di Orune, e di sua moglie Miracolosa Goddi.
Il 18 luglio scorso la corte d’assise d’appello di Ancona ha messo fine a un incubo durato trent’anni, spazzando via l’accusa terribile di sequestro di persona e omicidio che aveva sprofondato Melchiorre Contena nel buio universo chiuso del carcere. E’ l’epilogo di una complicata e contradditoria storia giudiziaria che ha visto pronunciarsi per quattro volte i giudici di merito e per due quelli di legittimità. Senza contare due pronunce in risposta alla richiesta di revisione del processo. La sentenza finale, quella che stabilisce che Melchiorre Contena è innocente, arriva però quando l’orologio del tempo ha scandito anche l’ultimo giorno della pena.


*IL RAPIMENTO. * Tutto comincia alle 22,30 del 31 gennaio 1977. Marzio Ostini, imprenditore milanese di 38 anni, sposato e padre di un bambino di sei, torna nella sua villa “Le Querce”, nella tenuta di Armatello, a San Casciano Bagni, nel Senese. Con lui c’è il suo amministratore, Giuseppe Miscio. In casa lo attendono tre uomini armati e mascherati. Modi spicci, ruvidi, e poche parole in un inconfondibile accento sardo. Prima di andare via con l’imprenditore milanese dicono a Miscio: «Vogliamo cinque miliardi (poco meno di due milioni e mezzo di euro). E non avverta la polizia, altrimenti il riscatto raddoppia». Marzio Ostini svanisce nel buio insieme ai suoi carcerieri. Per lui comincia il tragico viaggio verso il nulla.
Il 4 febbraio il primo contatto telefonico con il padre di Marzio, il cavalier Carlo Ostini. E una nuova richiesta di riscatto: due miliardi di lire. Poi le lettere. In quella del 16 febbraio, la prova che l’ostaggio è vivo. I tempi del sequestro si bruciano con inconsueta rapidità e si raggiunge l’accordo per un riscatto di un miliardo e duecento milioni.
Il 20 febbraio il cavalier Ostini parte con una borsa piena di banconote da 50 e 100 mila lire. Ma l’appuntamento con i banditi non va in porto. Il contatto avviene il giorno dopo, alle 15,30, vicino al paese di San Quirico d’Orcia, nel Senese. Il patto è che l’ostaggio sarà liberato nelle 48 ore successive. Ma Marzio Ostini non tornerà mai a casa e il suo corpo non sarà mai ritrovato.
Le indagini si orientano subito verso gli ambienti dei pastori sardi. Inevitabile: la cadenza dei banditi era inconfondibile e poi quelli sono gli anni terribili nei quali l’Anonima sequestri ha esportato nelle dolci campagne toscane la sua feroce e cupa ossessione per il furto di uomini, seminando spore di paura. In quel clima sociale, il solo essere sardi sembra quasi essere una colpa.
Il 25 marzo del 1977, quella che risulterà la svolta nelle indagini: un giovane servo pastore di Fonni, Andrea Curreli, viene trovato in possesso di due targhe appartenenti a un’auto rubata alcuni mesi prima. Il suo comportamento alimenta molti sospetti nei carabinieri, che cominciano a pensare di avere messo le mani su uno dei componenti della banda che ha rapito Marzio Ostini.
A fine aprile, i giornali pubblicano un messaggio della famiglia del rapito che dice di essere disposta a pagare 300 milioni di lire a chiunque sia in grado di fornire informazioni utili alla liberazione di Marzio. Dopo qualche giorno, Curreli si presenta spontaneamente alla stazione dei carabinieri di Montefiascone e racconta di essere stato invitato, nell’ottobre del 1976, nel podere di Melchiorre Contena, a una riunione nella quale si era pianificato il sequestro di Carlo Ostini, il padre di Marzio. E fa i nomi di tutti i partecipanti a quel summit: Melchiorre, Bernardino e Battista Contena, Marco Montalto, Giacomino Baragliu e Pasquale Delogu. Di più: dice che successivamente Baragliu e Battista Contena, ubriachi, gli avrebbero confidato di aver ucciso Marzio Ostini.
I Contena, Baragliu, Delogu e Montalto finiscono in carcere e, poco dopo, vengono arrestati anche altri due sardi: Pietro Paolo De Murtas e Gianfranco Pirrone. Sconcertante il comportamento di Curreli che, con due lettere in due occasioni diverse, ritratta tutto, ma poi davanti al giudice istruttore reitera le accuse.
Non basta: le sue versioni altalenanti vengono smentite da molte verifiche degli investigatori ed emerge che Curreli in passato era stato servo-pastore dai Contena che poi lo avevano allontanato perché inaffidabile sul lavoro. E il giovane servo pastore non aveva mai nascosto il suo rancore per i tre fratelli di Orune.

*IL PENTITO. *Dopo qualche mese finisce in carcere anche il pastore di Paulilatino Antonio Soru, trovato con alcune banconote provenienti dal sequestro Ostini.
Andrea Curreli, dunque, è l’unico vero pilastro dell’accusa. Per dire la verità, si rivela subito un pilastro molto fragile. Tanto che, nel corso del processo, celebratosi davanti alla corte d’assise di Siena, la sua versione frana clamorosamente. La difesa porta in udienza l’impressionante curriculum del “super accusatore”: 35 denunce per falsa testimonianza, simulazione di reato e furto. Melchiorre Contena e gli altri imputati il primo marzo del 1979 vengono assolti.
La corte d’assise d’appello di Firenze, il 21 febbraio del 1980, arriva alle stesse conclusioni: Curreli, che si è addirittura autoaccusato dicendo di essere stato il vivandiere della banda, è inattendibile e l’assoluzione per Melchiorre Contena viene confermata.
Sembra tutto finito. E invece la Cassazione riapre i giochi: accogliendo il ricorso della procura generale, rinvia il processo alla corte d’assise d’appello di Bologna che, senza neppure riaprire l’istruttoria dibattimentale, ribalta le sentenze di Siena e Firenze. Per Melchiorre Contena la condanna è a trent’anni di carcere.
In estrema sintesi, i giudici di Bologna giudicano Curreli attendibile. Eppure sulla sua credibilità ha sempre avuto fortissimi dubbi perfino il suo avvocato, Fabio Dean, diventato famoso come difensore del sulfureo gran maestro della loggia massonica P2, Licio Gelli. Nel marzo del 1985, Dean spedisce una lettera in carcere a Contena. «Ho personalmente convincimento della vostra innocenza - scrive Dean -, maturata da impressioni derivate dal palese risentimento che Curreli manifestava apertamente nei vostri confronti». E ancora: «Mi riserbo di ribadire questa mia convinzione nelle sedi più opportune, sottolineando la natura assolutamente disinteressata di questo intervento che risolve solo un mio problema di coscienza».

*L’ALTRA INCHIESTA. *Curreli, uscito di galera subito dopo il processo, sarà assassinato poco tempo dopo alla periferia di Roma.
Ma il caso Ostini si evolve anche in un processo parallelo. Antonio Soru di Paulilatino, Pietrino Mongile di Ghilarza e Lussorio Salaris di Borore sono sospettati fin dall’inizio di essere coinvolti nel rapimento. Nel luglio del 1986, Salaris viene ucciso nel suo podere di San Donnino, al confine delle province di Perugia e Terni. In un macabro rituale, gli assassini gli mozzano le mani. Come dire: sei stato punito perché hai rubato. Per questo delitto, il 5 dicembre 1989, vengono condannati Soru e Mongile a 27 anni e sei mesi. Secondo la corte d’assise d’appello di Perugia, Salaris sarebbe stato punito perché avrebbe tenuto per sè parte del riscatto proveniente da un sequestro di persona compiuto dai tre e avrebbe poi cercato di “vendere” i suoi due complici ai carabinieri. Che si tratti del rapimento di Marzio Ostini è confermato dal procuratore generale di Perugia Di Marco nell’inaugurazione dell’anno giudiziario del 1988.
Conferme clamorose arrivano prima da Antonio Soru nel 1993 e poi da Mongile tre anni dopo. I due raccontano infatti che il sequestro era stato organizzato da loro e da Salaris e che quest’ultimo aveva ucciso l’ostaggio con un colpo di piccone in testa perché aveva paura di essere scoperto. Soru e Mongile dicono anche che loro non erano d’accordo sulla soppressione dell’ostaggio e che avevano eliminato Salaris perché questi si era tenuto parte del riscatto e li aveva poi traditi. Le loro confessioni sono suffragate da robusti riscontri.
Si arriva così a due sentenze radicalmente contradditorie, a due verità insanabilmente incongruenti. E’ quello che giuridicamente viene definito conflitto di giudicati. Eppure quella della revisione del processo per Melchiorre Contena è una strada ancora lunga. Infatti, sei anni fa la corte d’assise d’appello di Ancona dice no alla riapertura del processo. Ma nel maggio del 2004 la Cassazione interviene e trasmette gli atti del processo alla corte d’assise d’appello dell’Aquila che, nel luglio scorso, dice che Melchiorre Contena è innocente.

*«RISTORO MORALE». *L’avvocato romano Pasquale Bartolo, che ha difeso con passione il pastore orunese, è avaro di parole. Per lui l’importante è che sia stata restituita la dignità a Melchiorre Contena e alla sua famiglia: «Con un’epressione un po’ brutta dico che Contena e quella donna straordinaria che è sua moglie hanno diritto a un “ristoro morale”. Sulla vicenda giudiziaria non voglio fare commenti perché non è mio costume farli, anche se è impossibile non fare alcune valutazioni. La prima è che i sistemi giudiziari sono ragionevolmente garantisti quando si vive il processo in maniera diretta, mentre è molto facile sbagliare quando si giudica solo sulle carte. Devo anche riconoscere alla magistratura di essere capace di censurare i propri errori. E questo, fino a qualche anno fa, era impensabile».
Ora, anche per gli altri sette imputati, si apre la porta della riabilitazione. Dopo trenta lunghissimi anni.

9.11.08

Non è un Paese per giovani


Sospetto sempre più che dietro le spregevoli battute di Berlusconi su Obama, precedute dalla sortita del suo compare Gasparri, si nasconda qualcosa di ben diverso, e assai più inquietante, della dissennatezza d'un "ganassa" brianzolo e del delirio d'un (ex?) neofascista. E, come da copione, l'insipiente "sinistra" italiota, o quel che ne resta, non trova di meglio che stracciarsi le vesti, scagliare strali (brr, che paura), bacchettare, impancarsi a giudice delle cause perse. Come se non si sapesse che Berlusconi è un uomo privo di qualsiasi cultura, non solo di Stato ma generale, che si gongola di sghignazzare coi sottoposti con le sue storielle da Bar Sport.

E intanto, per perdersi dietro a degradanti fatuità, si perdono di vista i problemi reali, da cui potremo liberarci soltanto noi, non certo Obama, che di grattacapi dovrà affrontarne parecchi.


Il più contento sarà, come sempre, il cav. Silvio. A lui non importa un piffero dell'altrui indignazione, per planetaria che sia; già l'ha detto, e ripetuto, che siamo tutti coglioni. La vergogna è un sentimento nobile e non alberga in certi animi. Suvvia. Focalizzata l'attenzione sulle sue idiozie, ci si dimentica delle urgenze del Paese, prima fra tutti la scuola. Gli studenti continuano a protestare, ma i riflettori attorno a loro si stanno spegnendo. E cosa avviene?


Avviene che Cossiga torna alla carica , e lo fa in tutta tranquillità, anch'egli senza vergogna e anzi con impertinente sicumera. Provocare scontri, insiste, meglio se ci scappa il morto, magari donna o bambino, in modo da convogliare l'odio della gente verso gli studenti. Quindi "agire", come successe con Giorgiana Masi.


Cossiga non si pèrita nemmeno più di nascondere il suo pensiero. Lo dichiara apertamente, e si capisce, dal momento che, di fatto, il fascismo è tornato e la sua filosofia ha libera cittadinanza nel nostro Paese. Non stupisce neppure l'odioso accenno all'arcivescovo di Milano: secondo la logica sanfedista, il cardinale Tettamanzi, come il suo predecessore Martini, sarebbe un esponente di quella Chiesa "progressista" o, come dicono loro, cattocomunista da debellare a tutti i costi.


Hai voglia a raccogliere firme. Non accade nulla, e Cossiga resta al suo posto, riverito e ammirato.


Dominati da vecchi razzisti e manganellatori, chiusi in logiche da condominio e frenesie d'atavici terrori, mentre tutto il mondo si apre, espande e guarda al futuro, gli italiani continuano a celebrare con macabra allegria il loro funerale dal consesso civile. E lasciano naufragare un paio di generazioni - i giovani senza futuro e i quarantenni che non l'hanno mai avuto - per la loro ottusa sazietà di satrapi. Après moi, le déluge. Il mondo finisce con me, in malora tutto il resto. [gimas.jpg]


E nel frattempo si baloccano dietro le impudiche sciocchezze d'un altro vecchio dalla corta vista e dalla pancia piena. Mala tempora currunt: ma concedetemi almeno una maledizione, per questi catorci malvissuti.


Daniela Tuscano




 


24.8.08

Me, myself and the peace

Il mio primo post qui. L'inizio di una nuova avventura,certamente entusiasmante,come tutte le avventure che dividi con qualcuno,o come in questo caso con più persone,entusiasmante perchè ti permette di parlare di te stessa e di come vedi il mondo che ti circonda e confrontare tutto questo con gli altri. In un momento nel quale tante cose ci sono negate,credo che conservare ancora questa libertà sia fondamentale.
Inizio la mia storia di blogger qui su Compagnidiviaggio parlando di un simbolo: non è un simbolo a caso,chiunque lo conosce,ogni individuo l'ha incontrato,e più di una volta purtroppo ci si è scontrato contro: mi riferisco al simbolo della pace.
Nasce nel 1958,creato da Gerald Holtom,un artista britannico. Viene comunemente chiamato CND perchè nasce proprio per la Campagna del Disarmo Nucleare,ed è appunto l'unione della D di Disarm e N di Nuclear (secondo il codice nautico delle bandiere a mano). Per gli anni a venire,specie i '60 ed i '70 sarà simbolo senza pari di tutte le attività pacifiste ed antimilitariste.
Pacifisti,hippies e antimilitaristi di ogni tempo marceranno sotto questo simbolo,che nonostante il suo impatto mediatico non hai mai,purtroppo raggiunto i risultati sperati.
Oggi il simbolo della pace CND compie 50 anni. Ecco perchè ne voglio parlare. Neanche Holtom,il padre,avrebbe sperato per lui una simile fortuna. Ma la fortuna di questo simbolo rimane purtuttavia e disgraziatamente una fortuna di nicchia: presenza imprescindibile per tutti coloro che credono nella forza della non violenza,che auspicano la fine di ogni guerra e delle relative barbarie che vedono l'uomo come vittima e carnefice,non conterà mai per coloro che la pace la avrebbero dovuta garantire.
Milioni di uomini nel corse della storia hanno riposto fede nel significato profondo nascosto tra le linee essenziali di quel disegno,fede che ahimè,non è stata mai ripagata dai potenti della Terra: le guerre continuano a mietere vittime in ogni angolo del globo,ve ne sono di conosciute,come quella che strazia il Medioriente,e di taciute,come le guerre civili che da sempre dilaniano il volto dell'Africa.
Gli uomini continuano a morire,vengono mandati a morte in nome di altri simboli e altri ideali che infiammano gli animi,e che nulla regalano,se non una fine crudele e cruenta,oltre che l'avvicendarsi di giochi di potere sempre più oscuri. Quei simboli e quegli ideali non sono mai morti,ma hanno fatto molti morti.
E' inquietante pensare al fatto che parte dell'umanità pensa al simbolo della pace come a una ridicola ostentazione di fricchettoni senza speranza il cui unico scopo è quello di stordirsi di droghe: le persone che ironizzano sulla forza emblematica di quel simbolo dovrebbero forse fermarsi a pensare a quanto danno invece le cose nelle quali loro credono continui ad ingenerare nel mondo.
Il simbolo della pace non è solo il retaggio di ex sessantottini che non si rassegnano al tempo che passa: esso è intriso fino nel profondo di una verità della quale ognuno di noi dovrebbe prendere parte,affinchè l'umanità smetta di uccidere se stessa. Temiamo la fine del mondo: io temo che ce la stiamo procurando da soli.
Post utopico il mio,forse: ma anche un augurio,non solo a questo cinquantenne che non ha perso nulla del proprio smalto,ma anche a tutti coloro che,leggendo,avranno la curiosità di conoscere un pò la sua storia.
E quindi pace a tutti. E bentrovati.
Red Dalia.

2.8.08

DOMENICA MALEDETTA DOMENICA

DOMENICA MALEDETTA DOMENICA

















DOMENICA MALEDETTA DOMENICA





Un giovane designer divide i suoi favori sessuali tra una donna divorziata in carriera e un medico ebreo, finché li abbandona entrambi. Scritto da Penelope Gilliat, è, in mirabile equilibrio tra introspezione psicologica e sociologica precisione di particolari, un film di struggente tristezza in cui “Schlesinger è al suo meglio e mette a punto quel romanticismo malinconico e preciso, tutto sfumature, sospensioni e sguardi che rappresenterà d'ora in poi la sua corda migliore ...” (E. Martini). S'intravede, nella parte di un giovane vandalo, Daniel Day-Lewis. (Morandini)













TRAILER          



Ma il film è molto molto di più. Lo vidi al Film Studio nel 78 (è del 71)








avevo 15 anni e mi aprì la mente (come tanti altri film degli anni 70) per








la leggerezza su argomenti considerati scandalosi all'epoca. Al di là del








rapporto a tre di cui hanno già BEN scritto, dell' omosessualità e della








bisessualità del ragazzo accettata dai due amanti, della solitudine di fondo








di tutti e tre e dell'egoismo cinico del giovane, quello che mi ha colpito




rivedendolo oggi è....




l'attualità dei danni provocati dalle famiglie ( il quarto personaggio mai








citato dalla critica) buoniste e permIssive con i figli. 








Questo film, di grande profondità nei rapporti e nei sentimenti, esplica in




modo mirabile e preciso la realtà di quegli anni nell'educazione filiale delle




giovani coppie e del rapporto tra giovani coniugi.








Memorabile la scena della telefonata in cui la  donna non riesce a sentire








cosa le stanno dicendo per il chiasso indiavolato che fanno i numerosi








BAMBINI, e lei non s'innervosisce mai né perde la pazienza,anzi sorride








beata e tranquilla.








I bambini venivano lasciati liberi di fare ciò che volevano e l'imperativo per i genitori era quelllo di non dover mai pronunciare la parola "no"  per non creare traumi e blocchi psichici nella crescita e formazione della personalità.Questo consigliavano i teraupeti più in di allora. Aglialbori di quel buonismo radical chich che ha creato "mostri" e mostruosità, di cui oggi paghiamo le conseguenze e mi fanno ridere quelli che ancora si domandano del vuoto giovanile, sono i figli di quei bambini,mi pare ovvia la risposta no?




Tornando al film, altra scena memorabile, fuori dal rapporto a tre e non




solo nell'ambito sessuale e sentimentale, sempre riguardo alla famiglia








tipica anni 70, è ...








La scena della canna, dove moglie e marito fumano uno spinello dopo aver








messo a letto i figli ma poi .... (non continuo per chi vuole vederlo)




Naturalmente non tutti approvano quel tipo di "educazione" e il








personaggio di Glenda Jackson, LO DIMOSTRA agendo in modo








diverso con i bambini ed i ragazzi, un atteggiamento che si rifletterà




anche nel rapporto con il suo giovane amante.




Ora non vado avanti nell'analisi per non annoiarvi e non rivelare troppo, 








spero di avervi fatto capire cosa intendo per analisi approfondita di un




film che non può fermarsi ( COME CRITICA) all'uscita, restando








immutabile, ma va rivalutata e studiato nel tempo, specialmente quando il




film in questione è un vero capolavoro come questo.








Non è affatto facile portare avanti realtà di sfondo (anni 70 e società) e




sentimenti  così complessi. La scrittura perfetta di Penelope Gilliat e la




magistrale alchimia di un regista attento e sensibile come Schlesinger,




hanno creato il terreno fertile dove far muovere attori irripetibili oggi.








Dopo quel film andai a cercarmi tutti quelli che la Jackson aveva




interpretato prima, senza smettere mai di seguirla.




Buona domenica, baci a tutti voi




Rossella.




NB:




Ultimamente lo potete vedere sul canale satellitare M.G.M.
























emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...