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12.10.22

Giovanni Iannelli: morire a 22 anni in una gara ciclistica mal organizzata e senza protezioni il cui processo non s'ha da FARE



che sbadato m 'ero scordato e me ne ricordo solo ora che il 5 ottobre sono passati 3 anni dalla tristissima morte di Giovani Iannelli chiedo scusa alla famiglia ed a me stesso visto che è un caso che sto seguendo con interesse vedere i mie precedenti post .
Giovanni Iannelli è morto a 22 anni il 5 ottobre 2019 durante una gara ciclistica in provincia di Alessandria. Con Nicolò De Devitiis cerchiamo di capire se la sua caduta fatale poco prima dell'arrivo, durante la volata finale, poteva essere evitata. C'erano troppi ostacoli in quella strada? vedendo il filmato delle iene e le varie documentazioni riportate in rete sui social dal padre si c'erano troppi ostacolo . Perché il padre parla di una "tragedia annunciata"? Ecco cosa risponde in un intervista volante da me fattagli su whatsapp , il padre Carlo : << Ciao Giuseppe parlo di tragedia annunciata perché era evidente che prima o poi sarebbe perché transenna senza un materasso senza una balla di paglia tutto ciò in violazione finita in quel modo lì. Con una vo finale di gruppo arranghi compatti. Sono centoquindici chilometri completamente quel rettilineo non è un rettilineo ma è una S e quindi dello sbandamento se così si può dire di di Giovanni di Mario Cipollini sono emblematiche e quindi ripeto non si è tratta di una tragica fatalità ma di una tragedia annunciata sulla prevedibilità ti dico solamente questo di quella società della società organizzatrice si chiama Ennio Ferrari quella corsa. Dice sono sei sette anni. E lei si è mai posto il problema della pericolosità dell'ultimo chilometro dell'arrivo? Lui risponde candidamente semplicemente no a porre il problema della prevedibilità se non ci si è neanche mai posti tragedia che si poteva e si doveva evitare . >>

la verità è appunto che non si vuole arrivare fino in fondo per punire gli ateggiamenti irresponsabili e menefreghisti di chi ha organizzato tale gara e poi per evitare condanne ha depistato e insabbiato tutto . Quindi mi chiedo come il commento lasciato sulla sua bacheca facebook da


Luca Panichi


C è ancora qualcosa che non è chiaro!?: È una vicenda assurda, una vergogna di Stato...la Federciclismo è complice ed omissiva nei suoi rappresentanti...ma tutti i Presidenti dei Comitati regionali, cosa dicono in merito!? La Giunta della Federciclismo, cosa dice in merito!? Il Presidente, cosa dice in merito!?
C è qualcuno che voglia ancora raccontarci che Giovanni Iannelli è morto per una tragica caduta, come afferma il Tribunale di Alessandria, il quale ha agito avallando il calpestio delle norme, delle procedure e della verità dei fatti!?I fatti sono inconfutabili e sono anche ancora più gravi della descrizione già drammatica delle Iene Vergogna inimmaginabile, ma già l avevamo constatato nel 1999 con il caso di Marco Pantani!!! Non è cambiato nulla: Vergogna! E chi fa finta di non capire, di non sapere, di non conoscere, non merita di rappresentare uno sport meraviglioso come il ciclismo!!

con questo  è tutto   alla prossima 

17.6.22

La storia di Silvia dopo la condanna di Strasburgo all'Italia: "Ho fatto sette denunce contro il mio ex marito e avevo paura. Lo Stato non mi ha protetta"

 La   storia  d'oggi   è la   conferma      di quanto  dice  la mia utente  \  compagna  di viaggio   Madre  Vittoria     vedere   fra  gli articoli del nostro blog  (  non riporto l'url    perchè fa talmente  caldo che non  ho voglia  di starlo a cercarlo    e poi  potrebbe esservi di stimolo per navigare  in esso senza  avere  " la pappa pronta  "   )    che  in italia   non c'è  giustizia  e   che la giustizia  ha  fatto  sempre  schifo ed  i  giudici ed  magistrati  come si deve  si   contano  sulle dita  di  una mano     

da   Lorenzo Tosa 

Ci sono voluti sette lunghi anni e una vera e propria odissea giudiziaria, ma alla fine Silvia De Giorgi ha vinto la battaglia forse più importante della sua vita. Che è, al contempo, una delle più gravi sconfitte per la giustizia e i diritti del nostro Paese.44enne, padovana, De Giorgi è stata per anni minacciata, picchiata dal suo compagno, si è vista togliere tutto, ridotta ad essere nullatenente con tre figli da mantenere (anche loro vittime delle violenze dell’uomo).Lei ha denunciato tutto a più riprese. Lo ha fatto sette volte, sette, tutte puntualmente
cadute nel vuoto, esponendola così anche alle ritorsioni dell’uomo. Al punto che, nel 2019, a Silvia De Giorgi, sola e abbandonata da tutti, non è rimasto altro da fare che rivolgersi alla Corte europea dei diritti umani a Strasburgo. Che oggi, a distanza di tre anni, con una decisione a suo modo storica, ha riconosciuto alla donna di aver subito dalla giustizia italiana un “trattamento inumano e degradante” (oltreché un risarcimento in denaro) per non averla protetta, difesa. Questa donna ha dovuto uscire dall’Italia per ottenere quella giustizia che qui da noi le è stata negata, anche se a tutt’oggi quell’uomo non ha mai risposto davanti alle legge italiana.Grazie a Silvia De Giorgi per la tenacia con cui ha combattuto e vinto, sperando che la sua dignità e il suo esempio servano a tante donne ancora senza giustizia. E senza voce.

La sua vicenda è particolare perchè
[...] Le pratiche da lei aperte sono rimaste sotto la polvere per anni, “probabilmente – sostiene – perché il mio ex marito è nipote di un personaggio politico di un certo peso”. È stato il suo avvocato a proporle di appellarsi alla Cedu: “Mi ha detto che non sapeva  più come aiutarmi e l’unica strada  era quella di Strasburgo. Ha istruito  la  pratica. Contro ogni aspettativa, nel 2019 è stata accettata e ora è arrivata la sentenza che condanna la Repubblica italiana. Ho dovuto trovare giustizia fuori dal mio Paese”. Ora spera che questa storia si chiuda per sempre: “Per anni ho rincorso il mio ex, chiedendogli una firma per cambiare la carta d’identità, per la scuola. Si è sempre negato, non pagando nemmeno gli alimenti. Aspetto la decadenza genitoriale”. [...]   da https://www.nextquotidiano.it/silvia-de-giorgi-risarcimento-cedu-italia-ex-marito-violento/

e   la  repubblica    del  17\6\2022  

<< [...] I giudici di Strasburgo chiamano in causa l'inazione dei magistrati e per questo ora lo Stato italiano dovrà risarcire: 10 mila euro per danni morali. Nonostante i rapporti dei carabinieri e dell'ospedale, segnalano i giudici di Strasburgo nella loro sentenza, i magistrati incaricati di valutare il caso non hanno preso alcuna iniziativa per rispondere alle denunce. “La loro inazione ha creato una situazione di impunità per l'ex marito”, stabilisce la Corte di Strasburgo. In un momento storico in cui proliferano femminicidi e violenze di genere, questo caso non può non imporre una riflessione. [...] >>.  

  Infatti  ha     raccontato     sempre a  repubblica    la sua vicenda   

Silvia De Giorgi come è cominciato tutto?

“Come succede sempre: c’è un elemento debole, cioè una madre che sopporta per dare un futuro ai suoi figli. E per questo sono stata accusata di essere una madre poco tutelante. Poi invece hanno detto che denunciavo troppo. La verità è che io ho passato dieci anni d’inferno ma il mio caso è stato completamente ignorato”.

Com’è possibile che non le abbiano dato ascolto?

“Nessuno è intervenuto per salvaguardarmi e oggi io dico: sono una sopravvissuta. Se non ci fosse stata la volontà del mio legale Marcello Stellin di rivolgersi alla Corte, tutto sarebbe finito nel dimenticatoio. Sono viva, questa è la differenza tra me e le altre”.

Come avvenivano queste violenze?

“Il problema non è come sono avvenute le violenze, il problema è che nessuno ha tutelato la vittima. Normali conflitti tra coniugi in fase di separazione, dicevano. Invece c’è stata una progressione degli atteggiamenti: dal maltrattamento psicologico alle botte”.

Come si è sentita in questa situazione?

“Prima arrabbiata, poi disperata, infine me ne sono fatta una ragione. Ho pensato che non avrei mai avuto giustizia e oggi non ho giustizia. La Corte dice: la Procura ha lavorato male, ma nessuno ha condannato l’uomo che mi ha reso la vita un inferno”.

Le va di raccontare com’era la sua famiglia?

“La mia figlia più grande ha 20 anni, quindi ero una mamma molto giovane. Vivevamo a Cervarese Santa Croce, piccolo comune sui colli Euganei, nella provincia di Padova. Mio marito era un imprenditore e il dissesto finanziario sopraggiunto a un certo punto, non ha fatto che peggiorare la situazione”.

Dunque lei andava dai carabinieri e non la ascoltavano?

“Certo che mi ascoltavano, prendevano la denuncia. Ma poi tutto si fermava in Procura. Nessuno ha preso in carico la mia situazione”.

E’ cambiata la sua vita a causa di quei fatti?

“La mia vita è stata stravolta. Per anni ho dovuto rassegnarmi a vedere i miei figli un’ora al giorno, per lavorare e mantenerli tutti e tre. Non dormivo, avevo paura che lui arrivasse e ci facesse del male. Oggi vivo a Milano, ho un compagno nuovo ma non tornerei a Padova per nessun motivo al mondo. Ho ancora troppa paura”.

Quanto si è sentita sola in una situazione del genere?

“Ho sviluppato un senso di sfiducia nei confronti del mondo. Si va avanti ma è tanto faticoso. L’errore più grande della mia vita è stato affidarmi a quella persona”.

Ora cosa succede con la sentenza della Corte?

“Niente. La Procura di Padova sarà stigmatizzata e fine. Del resto, quante ne hanno ammazzate anche in questi ultimi mesi? Allora forse è il caso che qualcuno si dia una mossa. Io provo pena nei confronti di tutte le donne che si sono trovate nella mia situazione e disgusto per il sistema: capisco anche chi non va a denunciare, perché conosco il calvario che scatta dopo la denuncia. Ti guardano come dire: sei l’ennesima”.

Ha perso fiducia nelle istituzioni?

“Qua non si tratta di mantenimento, qua si tratta di portare a casa la pelle. Nessuno ha creduto a quello che ho subito e questo ha causato in me ina grande sofferenza. Se non ti senti creduto da chi ti deve proteggere, come fai a vivere?”.  


Alla fine Silvia ottiene giustizia e un risarcimento da parte della giustizia italiana di 10 mila euro. Secondo la Corte, infatti, le autorità italiane non hanno fatto il necessario per proteggere l'ennesima donna vittima di violenze domestiche nonostante le denunce. La Corte ha riconosciuto l'inazione dei procuratori che non hanno mai nemmeno aperto un'inchiesta.Speriamo  che  non debba   fare  un altro  ricorso  a Strasburgo   ma  sopratttutto   l'ex    non l'uccida    prima   conoscendo  la lentezza   della giustizia italiana  e  il menefreghismo , ovviamente  senza  generalizzare  , della  magistratura  italiana  

17.12.13

se questo è un uomo




Se questo è un uomo

di Mario Spada*

Qualche bambino potrebbe scrivere a Babbo Natale : “per Natale vorrei vedere mio nonno ma sta chiuso in una gabbia . Perché non vai a prenderlo con la slitta e lo porti da me?” Ma non credo che questa lettera sarà mai scritta perché è consuetudine nascondere ai bambini le colpe dei grandi, perché il nonno non uscirà mai dalla gabbia, perché Babbo Natale non si occupa  dei cattivi.
Il nonno è  “cattivo per sempre”, un mafioso,  o un camorrista, o un sequestratore sardo, arrestato 30 anni fa e chiuso in un carcere senza alcuna speranza di uscirne perché sottoposto al regime del cosiddetto carcere ostativo,  non può fruire dei benefici di cui qualunque  ergastolano  può godere . La colpa è  di non essere un collaboratore di giustizia e la condanna è quella di “essere murato vivo”.
Può capitare a chiunque, come è successo per caso a me, di imbattersi in alcune vicende che fanno  pensare, che ti costringono ad immaginare  quella storia,  quella persona , e ti domandi se tu c'entri qualcosa, se sei in qualche modo complice di un' ingiustizia. Non mi occupo per professione o come volontario della condizione carceraria, mi occupo di città, di spazi pubblici e di beni comuni e solo per caso ho avuto modo di conoscere la storia personale di Carmelo Musumeci, di Pasquale de Feo, di Mario Trudu. Come loro ci sono circa mille ergastolani ostativi che hanno perso la normale nozione del tempo, che nella cella non hanno alcun calendario dove segnare il giorno in cui potrebbero uscire dal carcere perché non usciranno mai.
Negli ultimi anni mi hanno infastidito i numerosi appelli  alla  riforma della  Giustizia proposti da quel ceto politico-imprenditoriale che ritiene per censo di avere diritto all'impunità , di poter stare al di sopra della legge uguale per tutti.  Poi mi è capitato di apprendere che c'è qualcuno che non ha alcuna speranza di uscire, che invoca per sé la pena di morte. Non entro nel merito dell'efficacia giudiziaria dei collaboratori di giustizia , ritengo che la criminalità organizzata sia un male pervasivo, difficile da estirpare, colpevole in massima misura  delle difficoltà in cui versa il nostro paese. Mi limito ad una  riflessione  sugli aspetti umani: se fossi stato io il colpevole,  avrei  messo a rischio la vita di figli, nipoti, fratelli che sarebbero stati vittime della vendetta mafiosa? Avrei preferito pagare di persona. E ancora: dopo 30 anni di carcere è assai probabile chel'organizzazione camorrista alla quale avevo aderito sia stata scalzata da altra organizzazione, che quello che sapevo allora non sia più utile alla Giustizia. Ho buone ragioni  per ritenere che dei circa 1000 condannati al carcere ostativo solo una esigua minoranza, quella dei capi bastone, tesse ancora le fila, ha ancora rapporti con gli affiliati, comanda e  minaccia. Ho buone ragioni per ritenere che la stragrande maggioranza di coloro che  non hanno collaborato 30 anni   fa possono dar poco alla giustizia o peggio inquinare le acque dell'accertamento dei fatti come ha fatto in passato qualche sedicente “pentito”.   L'impressione è che la criminalità organizzata di oggi abbia ancora solide connivenze , che stia prosperando ed estendendo la sua influenza, e che una  parte della criminalità di ieri, sinceramente pentita, paghi per pareggiare il conto.

La Corte Europea dei diritti dell'uomo ha già condannato l'Italia per questo trattamento carcerario equiparato alla tortura (ti torturo finché non parli).
Associazioni di sostegno ai detenuti come “Antigone”ed esponenti del mondo politico sono impegnati in questi giorni per l 'approvazione dell'amnistia, un atto doveroso nei confronti di chi vive una condizione carceraria intollerabile. Forse il Papa , forse anche il Presidente della Repubblica andranno in un carcere nel giorno di Natale, forse verrà approvata l'amnistia, ma per quelli condannati al carcere ostativo non cambierà nulla.
Quando Carmelo Musumeci che sta in carcere da 25 anni racconta che accompagnando un detenuto in infermeria ha potuto vedere un prato e si è commosso, ho ripensato ad una riflessione estrema, paradossale che mi venne  guardando un tramonto sul mare : se proprio volete essere sicuri che non scappino mettetegli le catene ai piedi, come i condannati ai lavori forzati di un tempo, ma fategli vedere il mare. Come si può costringere un uomo a vedere solo uno spicchio di cielo? E per tutta la vita?  Musumeci ed altri hanno chiesto al Presidente della Repubblica di applicare a loro la pena di morte, tanto la loro detenzione somiglia ad una lunga tortura che è come una morte lenta. Michel Foucalt descrive bene l'evoluzione della pena da una primitiva applicazione  delle punizioni corporali e  torture fisiche alla tortura psicologica dell'isolamento e annientamento della personalità.  La Costituzione e le leggi affermano il valore rieducativo e non punitivo della pena ma sono solo belle parole. Se si prova ad immaginare quella condizione carceraria non può non venire in mente la poesia di Primo Levi che introduce il suo romanzo autobiografico “Se questo è un uomo”:

                                                    Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo,
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.


Certo, Primo Levi si riferisce ad  innocenti chiusi nel lager nazisti mentre noi stiamo parlando di colpevoli di gravi reati. Ma, fatti gli opportuni distinguo, il monito può essere ripetuto: voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case avete  idea di cos'è un carcere? Provate ad  immaginare  che i reclusi siate voi, che la cella è  molto piccola e fredda e passate lì la maggior parte della vostra giornata, che un rumore di ferro vi  accompagna di giorno e di notte , che sentite le urla di chi non ce la fa o è in crisi di astinenza,  che accompagnate in infermeria compagni di sventura morenti e vi domandate perché devono morire lì dentro. E poi, con uno sforzo di immaginazione maggiore, provate ad immaginare di doverci stare tutta la vita. Non vi viene naturale pensare al monito di Primo Levi: “se questo è un uomo”?
La riflessione è strettamente personale, attiene alla visione del  mondo che ognuno di noi. Quando accenno a questi fatti resto sorpreso dalla reazione di tante persone di sinistra che affermano risolute : “con questi bisogna gettare la chiave”. Ho assistito due anni fa nel Cilento a Torre Velia ad una rappresentazione teatrale di “Antigone”, la tragedia greca di Sofocle riproposta in forma di processo. La storia, per chi non la ricorda, è quella di Antigone che trasgredisce l'editto del Re Creonte seppellendo suo fratello Euridice che aveva tramato contro lo Stato . La  giuria popolare era rappresentata dal pubblico e la giuria istituzionale era formata da tre giuristi tra i quali il Presidente della Cassazione e il prof. Tesauro che si sono prestati generosamente a far parte dello spettacolo. La corte istituzionale assolve Antigone  con varie motivazioni sui diritti umani,  la giuria popolare anche, ma con un esito che mi lasciò sorpreso:  ben 100 dei 300 spettatori la condannarono. Diritto di Stato contrapposto a Diritti umani, Legalità contrapposta a Giustizia.   Credo che la maggior parte di coloro che hanno condannato Antigone fossero di cultura laica. Il credente ha pietà, condivide la sofferenza, è compassionevole mentre il laico è combattuto tra la fede  nell'uomo e la fede nello Stato. Ma  le battaglie della laicità non nascono dalle ingiustizie e dalla privazione  della libertà? “ Giustizia e libertà” fu il nome che si diedero quei combattenti laici della Resistenza che non avevano in simpatia la passione hegeliana di tanti dittatori, di destra e di sinistra, per lo Stato come entità superiore.
Ad affrontare in termini di reale giustizia la condizione dei detenuti ostativi non sarà la destra, quella che vorrebbe armare i cittadini contro la microcriminalità nascondendo lo stretto legame tra la microcriminalità  e quella macrocriminalità di cui spesso è connivente. Tocca alla sinistra in primo luogo e a tutti i sinceri democratici. Ma cosa pensa la “gente di sinistra”? E' una domanda sulla quale sarebbe interessante aprire un dibattito.
Intanto chi è convinto di fare qualcosa subito può aderire alla sottoscrizione di una proposta di legge di iniziativa popolare per l'abolizione della pena dell'ergastolo andando su questo link: http://www.carmelomusumeci.com/ che vede tra i primi firmatari la compianta Margherita Hack.

Mario Spada, Dicembre 2013  




* Mario Spada, architetto e urbanista, attualmente è direttore della Biennale dello spazio pubblico di Roma

1.6.13

Riaprire le indagini per Palmina, bruciata viva a 14 anni




da  http://www.sudcritica.it/


Palmina Martinelli era una ragazzina di quattordici anni. Abitava in una cittadina pugliese chiamata Fasano. Il 1981 fu l'anno in cui venne barbaramente uccisa, bruciata viva da chi aveva già deciso di destinarla al mercato della prostituzione. I due criminali responsabili della sua morte erano di casa della famiglia Martinelli e quel giorno in cui Palmina, minuta, viso dolce, si rifiutò per l'ennesima volta di far parte della sordida realtà di soprusi e violenze, che attanagliava la sua famiglia, i due entrarono in casa sua, decisi a darle una dura lezione. Uno, il compagno della sorella, ragazza madre costretta a prostituirsi, l'altro, socio in affari in un giro di prostituzione e droga.
targaUno scenario di degrado, che all'improvviso una cittadina come tante altre, con i suoi notabili e gente perbene, si trovò a dover fronteggiare. E qui che la storia di Palmina colpisce nella crudeltà proprio di quella società che tanto spesso distoglie gli occhi da realtà di violenze e miserie occultate nelle abitazioni, nel quartiere, persino nei piccoli paesi. Palmina, piccola, ultima tra gli ultimi, segnata da un destino infame, desiderava solo una vita normale. Per questo aveva per quel giorno progettato di scappare via con una sua amica che viveva in istituto, scappare forse in Germania dal papà di quell'amica.
Dopo la sua morte, che arrivò per lei a quasi un mese dal giorno in cui fu bruciata viva, la società civile con le sue istituzioni si dispose a definire quel fattaccio nei ripetuti processi. In primo grado e in appello i due imputati presunti assassini furono assolti per insufficienza di prove, in Cassazione poi dichiarati innocenti per insussistenza dei fatti. E nel processo di primo grado le parole di Palmina, testimonianza drammatica resa al medico di rianimazione del Policlinico di Bari Tommaso Fiorecon un fil di voce proveniente da un corpo dove non era distinguibile più nulla e raccolte dal pubblico ministero Nicola Magrone, finirono con l'essere tacciate come infamanti i suoi assassini. In sede processuale fu questa la tesi che i giudici accolsero: Palmina si sarebbe suicidata, addirittura dandosi fuoco da sola, ma in punto di morte avrebbe voluto calunniare quei ragazzi. In definitiva, dopo essere risalita tra dolori atroci dal suo stato di coma farmacologico, Palmina, aveva voluto infangare quegli individui. Con quella sentenza la società civile mostrò il suo volto più violento, sprezzante della morte, fino al disconoscimento della pietà verso coloro che nulla contano, che scarso peso hanno nella scala sociale dei riconoscimenti delle vite umane.gruppetto
Una ragazzina, vittima inerme di una violenza inaudita, fu giudicata in un processo in cui gli imputati erano i suoi carnefici. Da vittima, Palmina divenne colpevole. “Una condanna non detta, non scritta”, come ha detto il magistrato Nicola Magrone. Palmina giudicata e condannata, “Palmina arsa viva come una strega”. E sono sempre le parole di quel pm che in piena solitudine lottò per sottrarre Palmina all'efferato giudizio del consorzio sociale e del suo perbenismo.
Il 23 aprile 2012 a Fasano, il paese da cui Palmina non riuscì più a fuggire, l'intitolazione di una piazzetta a “Palmina Martinelli (1967-1981) giovane vittima di crudele violenza”, alla presenza del magistrato Magrone, del sindaco del paese e di una sorella di Palmina, Mina, è venuta di fatto a negare quella sentenza. Piccolo, tardivo atto di giustizia, che iscrive Palmina in quell'interminabile elenco di vittime, per la gran parte appartenente al genere femminile, della violenza che alligna nelle stesse famiglie, in cui invece la vita dei deboli dovrebbe essere tutelata e difesa. Vite di donne così tante volte lasciate sole, come sola era Palmina a lottare per se stessa, soppresse da una mano maschile con quella violenza che la nostra civile società non riesce ad espellere da sé, che non riesce a riconoscere appieno.Palmina doppiamente relegata tra i perdenti. Due volte oggetto di discriminazione in quanto piccola donna che aveva osato dire di no, coraggioso atto di rifiuto nei confronti di quegli individui  determinati a sfruttare il suo corpo e la sua vita. E per questo vittima più volte: dei suoi carnefici e del mondo in cui viveva e poi della società, che ha voluto rimuovere ed espellere da sé quella realtà miserabile in cui lei aveva avuto la sfortuna di nascere. Vittima di violenza di genere, ragazzina non degna di rispetto e considerazione nemmeno in punto di morte, nemmeno in un processo con i suoi assassini alla sbarra. All'unica testimonianza valida, quella di Palmina, non fu dato credito, non alla sua voce registrata in rianimazione al Policlinico e ascoltata in tribunale solo dietro insistenza del pm, non ai suoi racconti al pronto soccorso ai medici (tra i quali, proprio l’attuale Sindaco di Fasano Lello Di Bari), agli infermieri, ai carabinieri. Neppure la testimonianza del fratello che la trovò in casa avvolta tra le fiamme servì a restituire la verità e fare giustizia. Quell'assoggettamento al potere maschile, che si rivestiva di brutalità nell'angusto mondo di Palmina, trovò altra faccia in un potere istituzionale, che dettò una sentenza semplicemente ingiusta, atto colpevole ammantato di giustizia sociale. Fatto sociale e culturale, dove le istituzioni segnarono il passo di una retrograda e incivile cultura maschilista.Adesso, una targa alla memoria, tentativo di riparazione di un vergognoso torto verso quella ragazzina che fu Palmina, è riconoscimento collettivo, rispetto restituito alla persona e a coloro, gli ultimi, per i quali, soprattutto per loro, il diritto alla giustizia dovrebbe tradursi in realtà.

Nelle foto covella/Sudcritica: Nicola Magrone, Mina Martinelli e Lello Di Bari scoprono la targa; Nicola Magrone tra i ragazzi di Libera, associazione contro tutte le mafie.

11.6.09

Lettera agli amici

I tempi della profezia sono maturi

Nella Bibbia quando Dio vuole mandare un castigo al suo popolo, gli toglie «la Parola» e la siccità diventa sinonimo di mancanza di profeti e profezia. Quando invece vuole benedire il suo popolo, manda i profeti e la Parola scorre come la pioggia e ne impregna tutta la terra. Il profeta Gioele (sec. IV a.C.) annuncia che l’era messianica vedrà una abbondanza straordinaria di profezia: «Sopra ogni carne effonderò il mio Spirito. I vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri vecchi avranno dei sogni, i vostri giovani vedranno visioni»(Gl 3,1). Questo testo  non distingue tra Israeliti e non Israeliti (credenti e atei), ma afferma che lo spirito di profezia sarà effuso su tutti: «su ogni carne».
Pensavo a queste parole profetiche, quando lessi l’e-mail di Maurizio Chierici il quale mi comunicava che oltre tre mila persone in quattro giorni avevano letto la mia «Lettera aperta al cardinale Angelo Bagnasco: “Senza la profezia rimane la complicità”». Sono rimasto colpito dalla valanga di adesioni e ho sentito immediatamente la mia responsabilità aumentare. Oltre al sito del settimanale «Domani», (http://domani.arcoiris.tv/?p=602) , la lettera è stata ripresa dal sito di Paolo Moiola (http://www.paolomoiola.it/) e del Tafanus (http://iltafano.typepad.com/il_tafano/) e so che moltissimi l’hanno mandata ai loro contatti e conoscenti. Veramente la rete è uno strumento di democrazia e di libertà.
Con la mia lettera aperta non ho compiuto un atto di coraggio, né ho voluto cercare consensi a buon mercato, ma ho adempiuto un voto di coscienza, cioè un obbligo interiore che mi deriva dal mio essere cittadino di uno stato democratico e laico e di essere al tempo stesso un credente che svolge la funzione di prete nella Chiesa Cattolica. Parlare di coraggio e di paura è fuorviante, oggi è sufficiente essere solo se stessi per emergere in un oceano di servilismo e di omertà. Io non rappresento la Chiesa e non intendo essere un capo popolo, ma nello stesso tempo non posso rinunciare ad essere me stesso e solo me stesso: perché valgo soltanto per il grado di autenticità nella verità che sono capace di dare con la mia vita, la mia dirittura e il mio disinteresse. Non temo le conseguenze di alcun genere perché non ho mai avuto mire di carriera, e oggi sono parroco di una parrocchia senza territorio e senza parrocchiani, mentre don Milani stava meglio: era parroco di 40 persone.
Credo in Dio e il mio Dio ha il volto di Gesù Cristo che ha sempre preso le distanze da ogni forma di potere, che ha messo in guardia dall’esercizio del potere, basato sullo sfruttamento e ha imposto ai suoi discepoli un comportamento e scelte diametralmente opposti. Gesù non ha cercato il compromesso con l’esistente, non è venuto a patti con il potere, né civile né religioso, ma ha indicato le responsabilità e le connivenze, additandole al disprezzo della coscienza illuminata dalla Parola di Dio a favore del principio invalicabile che è la persona umana. A questo scopo non ha esitato a schierarsi contro «il sabato», come dire che ha negato la ragione stessa dell’esistenza della religione. Davanti ai nostri occhi, gli atei travestiti da laici e gli psudo-credenti, travestiti anche da vescovi e cardinali, stanno facendo scempio delle regole della convivenza sociale e umana, basata sui bisogni dei più piccoli e incapaci di badare a se stessi. Costoro contrabbandano i principi e i cosiddetti «valori» con gli affari e le convenienze, con gli intrallazzi e i tornaconti.
E’ tempo della Parola e delle parole di senso: in un mondo seppellito da «morte parole», facciamo sentire il suono e la musica della Parola che libera la coscienza e impegna la volontà per fare argine davanti al degrado politico, sociale,  istituzione e religioso in cui stiamo affondando perché abbiamo permesso che un pazzo «malato» di egotismo andasse al governo per guidare l’intera Nazione verso l’abisso della decadenza. Non si può più restare muti senza diventare complici. E’ l’ora che i credenti non chierici e i laici custodi dell’autonomia dello Stato, sorgano dalle loro comode poltrone, e rompano il silenzio di rassegnazione di fronte all’emergenza educativa che sta attanagliando il nostro Paese, divenuto zimbello del mondo intero a causa di un presidente del consiglio che si comporta e agisce come un malato mentale assetato di narcisismo auto celebrativo. I cattolici e in modo particolare i vescovi non possono tacere di fronte a questa deriva che ha toccato livelli da sub-basso impero, senza sentire la colpa di essere responsabili «in solido» di quanto sta accadendo.
I vescovi possono parlare di  «emergenza educativa», ma solo se ammettono la loro responsabilità di avere sostenuto un uomo indegno di governare il nostro popolo e a condizione che si assumano la responsabilità piena delle conseguenze del loro sostegno. Il governo sta compiendo scelte scellerate nel più totale disinteresse rassegnato: il decreto sicurezza che ripropone le schedature dei bambini, dei senza fissa dimora, ecc., riportandoci indietro alle schedatura di stampo nazifascista che credevamo finita per sempre con l’avvento della democrazia e la costituzione dell’Europa. Non possiamo tacere di fronte ai poveri che affrontano l’esodo della salvezza verso la Terra Promessa del benessere, senza dimenticare che l’occidente, mèta dei diseredati, è colpevole dello sfruttamento dei paesi da cui essi scappano. Abbiamo depredato l’Africa da oltre due secoli per il nostro benessere (materie prime) e per il sollazzo di pochi imbecilli (safari), stiamo ammazzando l’Africa con le scorie radioattive, vendiamo armi alle bande in permanente guerra, succhiando l’anima all’intero continente e abbiamo anche il coraggio di respingere il barconi della disperazione. L’aggravante sta nel fatto che tutto avviene anche per opera di un governo che si dichiara ispirato ai principi cattolici, appoggiato dal mondo cattolico e sostenuto dai vescovi, i quali di fronte all’immoralità dilagante si girano dall’altra parte come il prete e il sacrestano della parabola del Samaritano (Lc 10,30-33).
Il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, in occasione dell’80° anniversario del Patti Lateranensi (11 febbraio 2009) ebbe a dire che mai le relazione con un governo in Italia erano state così eccellenti come con l’attuale governo. Dopo i fatti degli ultimi mesi, dopo le accuse della moglie, dopo gli eventi di Casoria, su cui il capo del governo ha giurato sulla testa dei figli, dando nei giorni successivi quattro versioni differenti dello stesso fatto, commettendo così uno spergiuro imperdonabile per la morale cattolica, di fronte alle bugie sistematiche ammannite come verità, il cardinale segretario di Stato e il presidente della Cei, a mio avviso, se avessero avuto un minimo pudore evangelico, avrebbero dovuto parlare apertamente e dire: noi come Chiesa rescindiamo unilateralmente il concordato per indegnità morale di un governo che opera palesemente l’ingiustizia, per un presidente del consiglio dichiarato da un tribunale «colpevole di corruzione di testimoni» e responsabile attivo del degrado morale dell’intera nazione con i suoi comportamenti privati, con il suo esempio tracotante, con le sue bugie manovrate come verità, per il suo disprezzo delle istituzioni statuali, per lo spergiuro con cui ha condannato se stesso e i suoi figli: un uomo che spergiura sulla testa dei suoi figli non è degno né della paternità né tanto meno del governo della nazione perché sta scritto: «Non giurate: né per il cielo né per la terra né con qualunque altra forma di giuramento, ma il vostro sì sia sì, il vostro no sia no, in modo da non cadere nel giudizio » (Giacomo 5,12). I vescovi avrebbero dovuto chiedere ad una sola voce le dimissione del governo e avrebbero dovuto dire ai cattolici che non è loro lecito sostenere un megalomane del genere che tutto deforma e inquina a proprio vantaggio, incurante del bene comune dell’intera nazione.
La gerarchia, se vuole proporsi come guida morale, deve distinguersi dai sistemi immorali di governo e ancora di più dalla politica amorale e senza alcun riferimento etico che invece di educare il popolo prospettando la complessità degli eventi e proponendo le soluzioni ragionevoli.
Vediamo minori che compiono «delitti» contro la persona «per noia», che ricattano i coetanei per avere cellulari e denaro, minori che si spostano da una città all’altra per delinquere senza alcun problema … madri che offrono le figlie per lo «jus primae noctis», pur di vederle apparire nude in tv e avere una particina in qualche reality per individui complessati e senza speranza. Non è questa una emergenza educativa?
E’ tempo della profezia. Torni la profezia, ma non la voce esile di un singolo che conta poco, ma torni la voce di un popolo, la voce del popolo del concilio Vaticano II, abortito appena nato,  torni il laicato che è la spina dorsale della Chiesa e nessuno abdichi dal proprio servizio, dal proprio compito, dal proprio identità. In questo momento in tutta Italia stano sorgendo gruppi che celebrano il concilio come contrasto alla deriva fondamentalista di una gerarchia e di un papato che invece di guardare avanti, si voltano indietro, rimpiangendo le cipolle d’Egitto. Credo che bisogna assumersi la responsabilità in prima persona. Credo che sia urgente che i credenti e i non credenti prendano penna carta e calamaio e scrivano al Cardinale Bagnasco e al proprio vescovo, facendo sentire la propria voce. Se qualcuno non riesce ad esprimere i suoi sentimenti, copi la mia lettera, vi scriva due parole di accettazione o di rifiuto, di condivisione o di contestazione e la spedisca a titolo personale. Se duemila contatti scrivessero duemila lettere sono duemila segni e duemila parole, autentici sassi che rompono il virus «tacere», autentico strumento di connivenza e di malaffare.
Verrà un giorno in cui la Storia ci chiederà conto se c’eravamo e se abbiamo avuto sentore dei «segni dei tempi» e se siamo stati capaci di viverli e di difenderli con la nostra vita e con le nostre parole del cuore. In caso contrario ci additerà ai posteri come complici indegni del nostro tempo.


Genova, 7 giugno 2009
Paolo Farinella, prete



4.3.09

Se l'Occidente vuole la pace, deve digiunare



SS_Kuwait91_fallenSebastiao Salgado, Workers

Fallen worker: A fire fighter from the Safety Boss team knocked unconscious
by a blast of gas from the wellhead. Greater Burhan Oil Field, Kuwait, 1991



Torno ad un mio post di qualche tempo fa, solamente per aggiornare alcune cifre: l'ente di ricerca americano National Priorities ci fornisce, qui, un aggiornamento sul costo della guerra in Iraq.
Per contrasto, il sito degli Obiettivi del Millennio (MDGs) delle Nazioni Unite, tra i quali il principale è naturalmente sradicare la povertà e la fame, ha invece pubblicato di recente il Rapporto 2008, di cui segnalo uno stralcio.


(...) Continua su Le coordinate galat(t)iche.

17.11.08

scontata 30 anni di carcere e poi scoprono che è innocente

Spesso sui giornali  regionali  si leggono news   che    o non   vengono trattati dai media nazionali  ( o se   vengano trattat  lo è solo  in brevissimei trafiletti )   .   Ecco  una  dei  casi  più gravi   tratto  dalla  nuova sardegna del 16\11\2008


dall’inviato Piero Mannironi
Riconosciuto innocente dopo 30 anni di carcere
Il calvario dell’orunese Melchiorre Contena accusato del sequestro-omicidio Ostini
Assolto in primo e secondo grado fu condannato nel terzo processo disposto dalla Corte di Cassazione



*SIENA. **
L’inferno può essere fatto di sbarre che sembrano imprigionare perfino il cielo, di muri spessi e grigi e di cancelli di ferro che rinchiudono in uno spazio immobile e claustrofobico anche i sogni e il dolore. Ma l’inferno è soprattutto nella lucida consapevolezza di essere vittima del furto più atroce, quello della libertà. E di vivere l’interminabile divenire di giorni grigi, sempre uguali, al posto di qualcun altro. Questa è la storia del calvario di un uomo che ha vissuto trent’anni all’inferno prima di vedersi restituiti, in nome del popolo italiano, la dignità e l’onore. Ma è anche la storia di una donna, sua moglie, che gli ha sempre creduto e che ha combattuto con una forza sovrumana una battaglia che sembrava impossibile.
* Questa è la storia di Melchiorre Contena, pastore di Orune, e di sua moglie Miracolosa Goddi.
Il 18 luglio scorso la corte d’assise d’appello di Ancona ha messo fine a un incubo durato trent’anni, spazzando via l’accusa terribile di sequestro di persona e omicidio che aveva sprofondato Melchiorre Contena nel buio universo chiuso del carcere. E’ l’epilogo di una complicata e contradditoria storia giudiziaria che ha visto pronunciarsi per quattro volte i giudici di merito e per due quelli di legittimità. Senza contare due pronunce in risposta alla richiesta di revisione del processo. La sentenza finale, quella che stabilisce che Melchiorre Contena è innocente, arriva però quando l’orologio del tempo ha scandito anche l’ultimo giorno della pena.


*IL RAPIMENTO. * Tutto comincia alle 22,30 del 31 gennaio 1977. Marzio Ostini, imprenditore milanese di 38 anni, sposato e padre di un bambino di sei, torna nella sua villa “Le Querce”, nella tenuta di Armatello, a San Casciano Bagni, nel Senese. Con lui c’è il suo amministratore, Giuseppe Miscio. In casa lo attendono tre uomini armati e mascherati. Modi spicci, ruvidi, e poche parole in un inconfondibile accento sardo. Prima di andare via con l’imprenditore milanese dicono a Miscio: «Vogliamo cinque miliardi (poco meno di due milioni e mezzo di euro). E non avverta la polizia, altrimenti il riscatto raddoppia». Marzio Ostini svanisce nel buio insieme ai suoi carcerieri. Per lui comincia il tragico viaggio verso il nulla.
Il 4 febbraio il primo contatto telefonico con il padre di Marzio, il cavalier Carlo Ostini. E una nuova richiesta di riscatto: due miliardi di lire. Poi le lettere. In quella del 16 febbraio, la prova che l’ostaggio è vivo. I tempi del sequestro si bruciano con inconsueta rapidità e si raggiunge l’accordo per un riscatto di un miliardo e duecento milioni.
Il 20 febbraio il cavalier Ostini parte con una borsa piena di banconote da 50 e 100 mila lire. Ma l’appuntamento con i banditi non va in porto. Il contatto avviene il giorno dopo, alle 15,30, vicino al paese di San Quirico d’Orcia, nel Senese. Il patto è che l’ostaggio sarà liberato nelle 48 ore successive. Ma Marzio Ostini non tornerà mai a casa e il suo corpo non sarà mai ritrovato.
Le indagini si orientano subito verso gli ambienti dei pastori sardi. Inevitabile: la cadenza dei banditi era inconfondibile e poi quelli sono gli anni terribili nei quali l’Anonima sequestri ha esportato nelle dolci campagne toscane la sua feroce e cupa ossessione per il furto di uomini, seminando spore di paura. In quel clima sociale, il solo essere sardi sembra quasi essere una colpa.
Il 25 marzo del 1977, quella che risulterà la svolta nelle indagini: un giovane servo pastore di Fonni, Andrea Curreli, viene trovato in possesso di due targhe appartenenti a un’auto rubata alcuni mesi prima. Il suo comportamento alimenta molti sospetti nei carabinieri, che cominciano a pensare di avere messo le mani su uno dei componenti della banda che ha rapito Marzio Ostini.
A fine aprile, i giornali pubblicano un messaggio della famiglia del rapito che dice di essere disposta a pagare 300 milioni di lire a chiunque sia in grado di fornire informazioni utili alla liberazione di Marzio. Dopo qualche giorno, Curreli si presenta spontaneamente alla stazione dei carabinieri di Montefiascone e racconta di essere stato invitato, nell’ottobre del 1976, nel podere di Melchiorre Contena, a una riunione nella quale si era pianificato il sequestro di Carlo Ostini, il padre di Marzio. E fa i nomi di tutti i partecipanti a quel summit: Melchiorre, Bernardino e Battista Contena, Marco Montalto, Giacomino Baragliu e Pasquale Delogu. Di più: dice che successivamente Baragliu e Battista Contena, ubriachi, gli avrebbero confidato di aver ucciso Marzio Ostini.
I Contena, Baragliu, Delogu e Montalto finiscono in carcere e, poco dopo, vengono arrestati anche altri due sardi: Pietro Paolo De Murtas e Gianfranco Pirrone. Sconcertante il comportamento di Curreli che, con due lettere in due occasioni diverse, ritratta tutto, ma poi davanti al giudice istruttore reitera le accuse.
Non basta: le sue versioni altalenanti vengono smentite da molte verifiche degli investigatori ed emerge che Curreli in passato era stato servo-pastore dai Contena che poi lo avevano allontanato perché inaffidabile sul lavoro. E il giovane servo pastore non aveva mai nascosto il suo rancore per i tre fratelli di Orune.

*IL PENTITO. *Dopo qualche mese finisce in carcere anche il pastore di Paulilatino Antonio Soru, trovato con alcune banconote provenienti dal sequestro Ostini.
Andrea Curreli, dunque, è l’unico vero pilastro dell’accusa. Per dire la verità, si rivela subito un pilastro molto fragile. Tanto che, nel corso del processo, celebratosi davanti alla corte d’assise di Siena, la sua versione frana clamorosamente. La difesa porta in udienza l’impressionante curriculum del “super accusatore”: 35 denunce per falsa testimonianza, simulazione di reato e furto. Melchiorre Contena e gli altri imputati il primo marzo del 1979 vengono assolti.
La corte d’assise d’appello di Firenze, il 21 febbraio del 1980, arriva alle stesse conclusioni: Curreli, che si è addirittura autoaccusato dicendo di essere stato il vivandiere della banda, è inattendibile e l’assoluzione per Melchiorre Contena viene confermata.
Sembra tutto finito. E invece la Cassazione riapre i giochi: accogliendo il ricorso della procura generale, rinvia il processo alla corte d’assise d’appello di Bologna che, senza neppure riaprire l’istruttoria dibattimentale, ribalta le sentenze di Siena e Firenze. Per Melchiorre Contena la condanna è a trent’anni di carcere.
In estrema sintesi, i giudici di Bologna giudicano Curreli attendibile. Eppure sulla sua credibilità ha sempre avuto fortissimi dubbi perfino il suo avvocato, Fabio Dean, diventato famoso come difensore del sulfureo gran maestro della loggia massonica P2, Licio Gelli. Nel marzo del 1985, Dean spedisce una lettera in carcere a Contena. «Ho personalmente convincimento della vostra innocenza - scrive Dean -, maturata da impressioni derivate dal palese risentimento che Curreli manifestava apertamente nei vostri confronti». E ancora: «Mi riserbo di ribadire questa mia convinzione nelle sedi più opportune, sottolineando la natura assolutamente disinteressata di questo intervento che risolve solo un mio problema di coscienza».

*L’ALTRA INCHIESTA. *Curreli, uscito di galera subito dopo il processo, sarà assassinato poco tempo dopo alla periferia di Roma.
Ma il caso Ostini si evolve anche in un processo parallelo. Antonio Soru di Paulilatino, Pietrino Mongile di Ghilarza e Lussorio Salaris di Borore sono sospettati fin dall’inizio di essere coinvolti nel rapimento. Nel luglio del 1986, Salaris viene ucciso nel suo podere di San Donnino, al confine delle province di Perugia e Terni. In un macabro rituale, gli assassini gli mozzano le mani. Come dire: sei stato punito perché hai rubato. Per questo delitto, il 5 dicembre 1989, vengono condannati Soru e Mongile a 27 anni e sei mesi. Secondo la corte d’assise d’appello di Perugia, Salaris sarebbe stato punito perché avrebbe tenuto per sè parte del riscatto proveniente da un sequestro di persona compiuto dai tre e avrebbe poi cercato di “vendere” i suoi due complici ai carabinieri. Che si tratti del rapimento di Marzio Ostini è confermato dal procuratore generale di Perugia Di Marco nell’inaugurazione dell’anno giudiziario del 1988.
Conferme clamorose arrivano prima da Antonio Soru nel 1993 e poi da Mongile tre anni dopo. I due raccontano infatti che il sequestro era stato organizzato da loro e da Salaris e che quest’ultimo aveva ucciso l’ostaggio con un colpo di piccone in testa perché aveva paura di essere scoperto. Soru e Mongile dicono anche che loro non erano d’accordo sulla soppressione dell’ostaggio e che avevano eliminato Salaris perché questi si era tenuto parte del riscatto e li aveva poi traditi. Le loro confessioni sono suffragate da robusti riscontri.
Si arriva così a due sentenze radicalmente contradditorie, a due verità insanabilmente incongruenti. E’ quello che giuridicamente viene definito conflitto di giudicati. Eppure quella della revisione del processo per Melchiorre Contena è una strada ancora lunga. Infatti, sei anni fa la corte d’assise d’appello di Ancona dice no alla riapertura del processo. Ma nel maggio del 2004 la Cassazione interviene e trasmette gli atti del processo alla corte d’assise d’appello dell’Aquila che, nel luglio scorso, dice che Melchiorre Contena è innocente.

*«RISTORO MORALE». *L’avvocato romano Pasquale Bartolo, che ha difeso con passione il pastore orunese, è avaro di parole. Per lui l’importante è che sia stata restituita la dignità a Melchiorre Contena e alla sua famiglia: «Con un’epressione un po’ brutta dico che Contena e quella donna straordinaria che è sua moglie hanno diritto a un “ristoro morale”. Sulla vicenda giudiziaria non voglio fare commenti perché non è mio costume farli, anche se è impossibile non fare alcune valutazioni. La prima è che i sistemi giudiziari sono ragionevolmente garantisti quando si vive il processo in maniera diretta, mentre è molto facile sbagliare quando si giudica solo sulle carte. Devo anche riconoscere alla magistratura di essere capace di censurare i propri errori. E questo, fino a qualche anno fa, era impensabile».
Ora, anche per gli altri sette imputati, si apre la porta della riabilitazione. Dopo trenta lunghissimi anni.

28.8.08

Una storia assurda e purtroppo vera!



Cari amici,


vi invito a leggere la storia di questa donna Violet Rouet, una donna che ho conosciuto nel web tramite Fainotiziaradicale e che non mi sento di ignorare. Approfondite e fate girare questa notizia:


IERI: cittadina francese quarantacinquenne, arrivata in Sicilia nel 91, con un offerta di lavoro che doveva durare due anni.Mai pensato di restare in Italia.


Aveva una casa di proprietà , un lavoro autonomo nel settore arte come libera professionista, con buoni guadagni.


ORA: da 15 anni in condizione di schiavitù o servitù , obbligata a sottostare all' illegalità lavorativa e non.


Lei  vuole morire... Ha pochi giorni - E' stremata. E' in una situazione di emergenza definitiva.



CONTINUA A LEGGERE per approfondire e firmare l'appello

Grazie
Rosalba Sgroia

15.6.08

YouTube ha censurato il mio video! Boh?

Il Video che avreste dovuto vedere nel post precedente

è stato censurato da YouTube-MorrisAndreas

Motivo in più per scappare quanto prima dall'Italia. Sarà stato sufficiente la "valutazione degli esperti 'a mani giunte e moralisti' che hanno decretato la cancellazione?"

Ora basta!!! Italia bigotta e schiava del Vaticano!!!

CHE PALLE!

ECCO IL VIDEO CENSURATO E DITEMI COSA TROVATE

DI PORNOGRAFICO O OFFENSIVO:



DIFFONDI, COPIA IL CODICE!



Spero solo che venga presto il momento di lasciare "lo stivalone italiano", perchè inizia a starmi TROPPO STRETTO.

Con Amicizia e Rispetto

Gentleman - (Morris)

P.S.: Per il Mio Amore Danny e per Tutti coloro che Amano le Persone dello stesso Sesso Un Particolare Abbraccio. Ciao Mio Amore, Cucciolo Adorato Mio Cuore Danny

6.6.08

Schedatura di cittadini ITALIANI: lettera aperta di Giorgio Bezzecchi



Prossimo intervento differenziale per cittadini Italiani ( censimento fotografico   schedatura-Polizia ) , domani mattina, presso il campo comunale di via Impastato a Milano ( famiglie Bezzecchi ).
Sono passati 60 anni dalla promulgazione delle leggi razziali e dalla pubblicazione della rivista "La difesa della razza" di Guido Landra e dei primi rastrellamenti che sfociarono dopo un breve periodo di tempo in un ordine esplicito di ""internamento degli zingari italiani" in campi di concentramento (Circ.Bocchini 27/04/41), quei "campi del Duce" di cui in Italia si è preferito perdere la memoria.

"RICORDARE PER NON DIMENTICARE" - Sono  passati sessant'anni, ma le preoccupazioni, la percezione del pericolo, I PROVVEDIMENTI PUBBLICI SONO GLI STESSI DI OGGI.

È agghiacciante quello che sta avvenendo oggi sotto i nostri occhi, a Milano.Rimanere in SILENZIO oggi vuol dire essere responsabili dei disastri di domani.NESSUNA collaborazione di Enti o Associazioni è giustificata (VERGOGNA) !

Mi appello alla società civile, chiedo un sostegno per le comunità di Rom e Sinti milanesi… voci dal silenzio…Ricordo che domani sarà schedato anche mio padre, CITTADINO ITALIANO, che ha patito la persecuzione nazifascista con l'internamento in campo concentrazionale italiano (Tossicia) ... mio nonno deportato a Birkenau e uscito dal camino…VERGOGNA

MI VERGOGNO, IN QUESTO MOMENTO, DI ESSERE CITTADINO ITALIANO E CRISTIANO  Chiedo in questo momento tragico per la democrazia e la cultura a Milano ed in Italia, di URLARE il proprio dissenso per questa politica razzista, incivile e becera.

RICORDO E NON DIMENTICO che oggi siamo noi e domani...... ......... ......... .......




Rag. Giorgio Bezzecchi (Rom, medaglia d'oro al valor civico), Milano, 05/06/2008



Per inviare messaggi di solidarietà:
segreteria@operanomadimilano.org
ROMANDROM@libero.it



27.2.08

Senza titolo 257

Ciccio e Tore...Angeli.




Ciccio e Tore … Perché nessuno li ha sentiti?


Quello che mi sconvolge è la consapevolezza


“della morte lenta”


e che nessuno  li abbia sentiti  nonostante


 fossero a poca distanza da casa …


 


Nel mio giardino oggi non si parla di poesia.


Nel mio giardino


ci sono due fiori strappati alla Vita


e altri spariti nel nulla …


Il mondo deve essere salvato


non dobbiamo permettere


che ci sfugga dalle mani …


Dio ci ha creati con mani e piedi uguali  a “GESU’”…


Propongo a chiunque volesse, di accendere un lume


per non dimenticare i nostri cari Angeli.


piccolalù



23.9.07

l'ennesima vergogna di Mastella

Proprio  mentre  leggo  l'inniziativa a  favore  del giudice  de magistris    dei compagnidistrada  dei cosidetti ragazzi  di Locri  noti anche  come  www.ammazzatecitutti.org ennessima  gaffè   di Mastella  dopo  il   caso Maoloni (  1,2 ) , ma  soprattutto questo  commento Scritto da ale-trebe@libero.it il  22-09-2007 08:48   dal  titolo  il  giudice, non il deputato, rappresenta  all'articolo di ammazatecitutti.org  :

<<
Ancora una volta si sta ripetendo quell'assurda manipolazione che caratterizza l'intreccio tra politica e mafia (in mezzo ad un sporco giro di affari e potere)! Ancora una volta le persone oneste vengono lasciate sole, ma ora peggio! i "rappresentanti" della politica, invece che mettere le persone competenti (come il giudice De Magistris) nelle condizioni di poter operare, li ostacolano! La politica dovrebbe aprire possibilità, non chiuderle. E' questo il suo compito! Ricordo che "Ammazzatecitutti" aveva già denunciato gli errori di Mastella nell'amministrare una giustizia che non rende giustizia a chi opera contro la mafia (ho firmato anch'io quella petizione). In una democrazia un giudice rappresenta più onestamente i cittadini che non un deputato. Quindi la mobilitazione a Catanzaro è tanto vera quanto necessaria. Anche De Magistris ha bisogno di sentire l'appoggio dei calabresi!  
Cari Aldo, Alessandro, Rosanna, Simone..., bisogna muoversi in fretta!E' una questione di tempo!(se la mobilitazione sarà venerdì 27 io non potò esserci sicuramente, ma se sarà il venerdì dopo cercherò di esserci assolutamente!). A presto
>>
mi  viene in mente   questa  canzone di baccini  da  Nomi e  cognomi del 1992  prima che si " prostituisse "  nei reality  show  dedicata  Giulio andreotti (  cambia  a distanza  d'anni  il nome  ma non la  sostanza  del resto  isa  ci si può aspettare  da  un  girovago  della politica  che dopo il crollo dela  ex  D c  ondeggia   da  una parte  all'altra   e  ne  fa  di cotte  e di crude   leggetevi  gli  articoli   dell'unità  e in particolare della  rubrica  Ulivood Party   riportatati dal  blog 
vivamarcotravaglio )

Giulio Andreotti

Giu',giu',giu'giu',giu-lio-o (5 volte)
Chi ha mangiato la torta?
Andreotti
Chi ha permesso il calo della borsa?
Andreotti
Ma lasciatelo stare, poverino
questo dargli addosso e' assurdo e cretino.
Chi ha sbagliato manovra?
Andreotti
Chi c'e' dietro la piovra?
Andreotti
Siamo tutti pieni di pregiudizi
convinti di pulir l'Italia da tutti i vizi.
Giulio ti salvero'u-uo u-uo
saro' il tuo don chisciotte eh eh
Giulio ti difendero' u-uo u-uo
sarai la mia mascotte eh eh
e come fece balilla che un giorno perse il controllo
le malelingue io lapidero'-o'-e io ti difendero'
Giu',giu',giu.giu,giu-li-o (4 volte )
Chi ha baciato cicciolina?
Andreotti
Chi non paga mai in tribuna?
Andreotti
Ma lasciatelo stare, poverino
questo dargli addosso e' tipico italiano
Chi incasina il partito?
Andreotti
Ma perche' non ho marito?
colpa di Andreotti
Siamo tutti pieni di pregiudizi
convinti di pulir l'Italia da tutti i vizi
Giulio ti salvero' u-uo u-uo
saro' il tuo don chisciotte eh eh
Giulio ti difendero' u-uo u-uo
sarai la mia mascotte
e come fece balilla che un giorno perse il controllo
le malelingue io lapidero'-o e
a mani nude
io ti, io ti,io ti,
Giu, giu, giu, giu', giu-li-o
Giu, giu. giu. giu, giu le mani
Giu',giu', giu', giu',giu-li-o
Giu', giu', giu', giu, giu-li-


infatti  senttie  qua  travaglio da  santoro giovedi  scorso  su Mastella








Un Ministro della Giustizia che si chiama Clemente già la dice tutta. Pensate che quando ha fatto visita ai detenuti di Regina Coeli avrebbe detto qualcosa tipo <<sarò sempre più vicino a voi e sempre meno ai magistrati>>.

E lo sta dimostrando, ovviamente. Infatti Mastella ha chiesto ieri al Consiglio Superiore della Magistratura un "trasferimento cautelare" per Luigi De Magistris, sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro.
Ecco alcuni personaggi che sono stati toccati dalle inchieste del pm De Magistris:

Romano Prodi: indagato per abuso di ufficio. Secondo l'accusa, Prodi e i suoi collaboratori avrebbero avuto un ruolo nel "pilotaggio" dei fondi pubblici europei destinati all'Italia nel periodo 2004-2007.
Lorenza Cesa (Udc): indagato per truffa e associazione per delinquere nell'inchiesta denominata "Poseidone".
Pino Galati (Udc)
Giancarlo Pittelli (FI)
Elisabetta Spitz:
la moglie di Follini
Clemente Mastella (che strano... ): intercettato mentre parla con una delle persone successivamente indagate dalla procura di Catanzaro, tale Antonio Saladino: imprenditore accusato di associazione per delinquere, truffa aggravata e violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete.
Giovambattista Papello: personaggio molto vicino all' ex ministro Gasparri (AN). Sarebbe implicato in un traffico di tangenti destinate alle segreterie nazionali dei partiti.
Fabio Schettini: ritenuto vicino all'ex ministro Frattini (FI). Anche lui indagato per tangenti.
Giuseppe Chiaravalloti: ex presidente della Regione Calabria.
Nicola Adamo: esponente di punta dei Ds calabresi. Si ipotizzano a suo carico i reati di truffa, abuso d'ufficio e associazione a delinquere.
Agazio Loiero: presidente della Regione Calabria, indagato in relazione a reati connessi al settore della sanità.
Giovanni Dima (An)
Paolo Poletti:
capo di Stato maggiore della Guardia di Finanza.



De Magistris è, per intenderci, quel giudice che nelle sue inchieste sta indagando gli intrecci tra politica, malaffare e massonerie deviate in Calabria.
Semmai dovessero trasferirlo, ovviamente, perderebbe la   ossibilità di portare a termine tutte queste inchieste, in una delle quali - l'inchiesta "Why Not" - è coinvolto direttamente anche lo stesso Ministro Mastella, più volte intercettato telefonicamente assieme ad uno dei principali indagati.Eccco  perchè  la Cdl  si è schierata   con lui  .
E adesso trasferiteci tutti! Organizzeremo assieme ad altre associazioni ed ai movimenti calabresi una giornata di mobilitazione a Catanzaro, davanti al Tribunale per manifestare la nostra vicinanza al PM De Magistris, e speriamo che tutta la Calabria degli Onesti sia con noi in questa battaglia di Civiltà. Nelle prossime ore comunicheremo la data definitiva dell'iniziativa, che comunque salvo variazioni dovrebbe essere quella di venerdì 28 settembre prossimo.



PRIMO APPUNTAMENTO:
LUNEDI' 24 SETTEMBRE, ORE 16.30 PIAZZA MATTEOTTI A CATANZARO
(DI FRONTE AL PALAZZO DI GIUSTIZIA): SIT-IN SPONTANEO DI SOLIDARIETA' AL DR. DE MAGISTRIS E RICOGNIZIONE ORGANIZZATIVA PER LE INIZIATIVE FUTURE.

per informazioni ed adesioni alle mobilitazioni e per aderire al Comitato spontaneo :


 



emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...