Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
6.4.15
Torna 72 anni dopo «Voglio rivedere la mia cara scuola» Fiorenza da Milano al Mantegna, dove si diplomò nel 1943 Oggi ha 96 anni e suona ancora il pianoforte: «Mai fermarsi»
29.6.14
Capire l’Europa del ‘14 è indispensabile per intendere quella del 2014.
Combattendo nelle trincee con i diari di nonni e bisnonni
Centenario della Grande Guerra: speciale on-line del nostro giornale in collaborazione con l’Archivio diaristico di Pieve Santo Stefano - I DIARI RACCONTANO
di Pier Vittorio Buffa
Tornare con loro nelle doline del Carso, sulle cime dolomitiche, nel fango delle trincee. Ascoltare i loro racconti fatti di poche parole e di tantissime emozioni. Lasciar scorrere i giorni al loro ritmo. Abituarsi a sentir parlare di morte, cadaveri, amputazioni, gas che uccide. Viaggiare sulla mappa dei campi di battaglia scoprendone o riscoprendone la toponomastica. E non dimenticare.
Per tutto questo è nato “La Grande Guerra, i diari raccontano”, lo speciale del nostro giornale realizzato in occasione del centenario della guerra mondiale 1914-1918. Uno speciale on-line frutto della collaborazione tra il gruppo editoriale L’Espresso e l’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano e raggiungibile dalla homepage del sito del nostro giornale. Lì, nelle stanze dell’archivio fondato trent’anni fa da Saverio Tutino, sono conservati quasi ottomila tra diari, memorie ed epistolari di altrettanti italiani e italiane. Sono straordinari spaccati di vita privata e pubblica, microstorie con le quali ripercorrere la vita del nostro Paese. In quella montagna di taccuini, pagine di quaderno, lettere, fotografie, ci sono alcune centinaia di “fondi” che parlano della Grande Guerra. Sono soprattutto racconti di soldati al fronte, ma anche testimonianze di crocerossine o donne sfollate con la loro famiglia.
È dall’analisi di questi diari che è nato lo speciale, uno strumento per certi versi unico. Per la prima volta documenti di questo valore vengono messi a disposizione di tutti in versione digitale. Sono un migliaio i brani estratti dai diari. Selezionati in base a criteri giornalistici e di interesse generale e collocati nel modo più puntuale possibile sul territorio. Ogni estratto ha le sue coordinate geografiche che popolano una grande mappa interattiva. È catalogato sulla base dei temi che affronta (il combattimento, la fame, la morte, il freddo) e del grande evento bellico al quale eventualmente si riferisce (disfatta di Caporetto, presa di Gorizia, battaglia di Vittorio Veneto). E, naturalmente, è collegato al proprio autore le cui vicende belliche vengono brevemente descritte. Il tutto con un apparato documentario essenziale e numerosi rinvii a schede e approfondimenti.
Immergendosi nello speciale e lasciandosi guidare dalle proprie sensibilità e curiosità ci si avvicina in modo straordinario ai nostri nonni e bisnonni. In alcuni momenti sembra quasi di stare al loro fianco.
Eccoci su una piazzetta di Noventa Padovana mentre un generale ordina la fucilazione, subito eseguita, di un soldato colpevole, mentre lo salutava, di non essersi tolto la pipa di bocca. Oppure eccoci mentre chiudiamo nella tasca della giubba una lettera ai genitori che un compagno ci ha dato prima di andare in azione, perché la si consegni alla famiglia se lui dovesse morire. Vediamo il capitano assassino. Uccide due suoi soldati che si sono nascosti invece che combattere e viene a suo volta freddato da una fucilata austriaca.
A Caporetto stiamo per andare a letto ma ci dicono di dormire con le scarpe perché durante la notte. , quando inizierà l’attacco nemico, bisognerà subito scappare.
Sul Piave siamo accanto ai ragazzi di appena diciotto anni che muoiono a centinaia. Del gas vediamo gli effetti riportando indietro i cadaveri dei nostri compagni asfissiati e poi finiti a colpi di mazza. E poi siamo a Gorizia liberata, semidistrutta e disseminata di cadaveri. In una delle centinaia terre di nessuno, nascosti dietro al cadavere di un compagno per aspettare il buio e cercare di tornare indietro. Una notte poi, dopo un attacco, abbiamo dormito come sassi e solo la mattina ci siamo accorti che sotto di noi non c’era un materasso, ma il corpo di un compagno ucciso.
Gli effetti di un simile viaggio nel tempo possono essere molteplici. L’unico che andrebbe ricacciato indietro è quello di passare oltre catalogando tutto questo come roba vecchia di un secolo, sulla quale non vale la pena soffermarsi troppo. Che sia roba vecchia non c’è dubbio, ma passare oltre sarebbe un errore per almeno due buone ragioni.
La prima è per il rispetto che si deve a una generazione che, suo malgrado, è stata decimata nel senso più stretto del termine (morì più del 10 per cento degli uomini mobilitati). Le tremende sofferenze di quella generazione, che la lettura dei diari restituisce con straordinaria concretezza, sono state schiacciate da tutto quello che è venuto dopo. Chi da ragazzo era stato nelle trincee dell’Isonzo a poco più di cinquant’anni è il reduce dimenticato di una guerra d’altri tempi di cui, chi è nato nel secondo dopoguerra, si è occupato poco o niente. La seconda è perché serbare memoria di una guerra è una delle cose più sane che un popolo possa fare. Non per celebrarne gli eroi o mandare a memoria battaglie e spostamenti di truppe. Ma per imprimersi bene nel Dna che cosa vuol dire “andare in guerra”. Per far diventare tutt’uno con il nostro comune sentire il concetto che la guerra è la cosa più terribile che l’uomo abbia inventato.
Ecco, se “I diari raccontano” darà a tutto questo un aiuto anche infinitesimale uno degli scopi principali per il quale è stato costruito sarà stato raggiunto.
@PierVittBuffa
infatti esso è come dice Marco Siddi Uno speciale molto interessante. Tra l'altro, se parliamo dei soli sardi richiamati alle armi, la percentuale dei caduti fu addirittura maggiore del 10%: in un saggio pubblicato in "Storia della Sardegna dal Settecento a oggi", Manlio Brigaglia parla di 13.602 morti su quasi 100.000 sardi richiamati, dunque quasi il 14%. Nel 1914 la Sardegna aveva 870.000 abitanti (bambini, donne e anziani inclusi, ovviamente), il che significa che quasi tutti i giovani ragazzi sardi di allora furono mandati al fronte.
P.S.: per chi volesse leggere quanto poco "eroica" fu la guerra italiana, soprattutto se parliamo dei comandi politici e militari: http://www.instoria.it/home/grande_guerra_fronte_italiano.htm
della bravissima https://www.facebook.com/silvia.z.zoroddu
mi ha riportato alla mente sia le storie che sentivo da piccolo avendo avuto nella paterna che in quella materna di cui hi accenato qui da qualche parte
14.12.13
Navi dei veleni, la Camera verso la desecretazione degli atti . primo passo sui misteri d'italia ? speriamo
25.1.13
nei lager non solo Ebrei ma anche i rom
- http://www.repubblica.it/cronaca/2012/01/26/news/olocausti-28828016/
- http://www.ilpaesedeibambinichesorridono.it/una_bambina_rom.htm
- http://it.wikipedia.org/wiki/Porajmos
- http://ita.anarchopedia.org/Lo_sterminio_dei_Rom_e_Sinti_nei_regimi_nazifascisti
- http://www.instoria.it/home/genocidio_rom_sinti.htm
- http://www.muspe.unibo.it/la-soffitta-2012/giornata-della-memoria/
- http://www.suglizingari.it/rassegna-stampa/ricordata-per-la-prima-volta-la-rivolta-degli-zingari-nei-lager
Rom appena giunti al campo di sterminio di Bełżec da http://ita.anarchopedia.org |
il simbolo che identificava i rom nei lager |
27.8.09
Abominio
Gianni Guido, terzo responsabile del massacro del Circeo, scarcerato lo scorso anno, è adesso definitivamente in libertà. Proprio nel periodo in cui la violenza contro le donne, diseguali per eccellenza, raggiunge il suo acme. Valga per lui quanto scrissi per il "cervello" della sua banda di assassini, Angelo Izzo. Adesso si assocerà a Svastichella, l'aguzzino dei due gay (il quale scommette sulla sua prossima liberazione, "tanto son matto", ha ridacchiato spavaldamente mentre gli agenti lo portavano via)? Alla fine, condividono gli stessi ideali "politici"!
15.3.09
Senza titolo 1366
Poco tempo fa vi ho parlato di Joseph, un bambino malato della sindrome di Leigh.
con questo video voglio farvelo conoscere, farvi vedere le difficoltà ke ha nello spostare tovaglietta e bavaglino, ha solamente 4 anni e se entro brevissimo tempo i suoi genitori non riescono a trovar 300.000 € quando avrà 5 anni Joseph morirà.
voglio parlarvi un attimo di azzurra: è affetta dalla stessa malattia di Jo, oggi ha 6 anni (a ottobre 7) i dottori avevano detto ke non li avrebbe mai compiuti e invece ha fatto dei passi da gigante, mattia (di milazzo (ME) affetto dalla sindrome di West, tetraparesi spastica e epilessia) il 20 aprile vola in florida, grazie a varie manifestazioni e donazioni di gente comune.
se questo video vi ha toccato vi invito di tutto cuore a fare visita al suo blog http://wwwjosephunangiolettodasalvare.blogspot.com (il link sembra errato ma non lo è) non c'è molto ma l'essenziale x sapere la storia e donare un piccolo contributo. Nel mio blog invece metto altri casi di bambini oltre quello ke succede, passo dopo passo, a Joseph.
oggi stesso joseph a studio aperto, nell'edizione delle 12:25. mettetelo sui 15min e 20 secondi, è breve ma kiarissimo
http://www.video.mediaset.
anke un solo centesimo è importante. grazie! Lucy
9.3.09
OIL documentario del regista indipendente Massimiliano Mazzotta. e la dignità violata del popolo sardo
Dopo questo escurs ritornando al film di cui tutti i media sardi ignorano o ne parlano in breve ( dforse perchè l'autore npon è sardo o non ha ricevuto nessun premio importante , o parla male -- intendo per parlare male è critico verso la sardegna e non esalta la stereotipata sardità tipo dedicare ler prime 5 pagine alla vittoria verae meritata sul campo o come si presume solo a raccomandazioni e intralazzi \ combine di marco carta ad amici prima e a san remo poi ) e quindi è per questo che l'osservazione di pandora tv riportata anche da me in un post precedente ( ne trovate qui l'url ) sui media sardi e il loro oligopoliomeiatico è veritiera .
ma ora bado alle ciancie ecco a voi l'articolo di censurato.splinder tratto da tratto da Agoravox.it
<<
Proiettato in Sardegna il film "OIL", una video-inchiesta sul polo petrolchimico sardo del regista indipendente Massimiliano Mazzotta.
Nella serata di venerdi’ 20 febbraio, è avvenuta a Cagliari l’unica proiezione pubblica, poi eccezionalmente replicata, dell’ultimo film del 37enne regista pugliese Massimiliano Mazzotta.
Si tratta di una video-inchiesta sulla raffineria Saras (gruppo ENI) sita nel comune di Sarroch, paese di 5200 abitanti che si affaccia sul golfo di Cagliari, a pochi chilometri di distanza dal capoluogo isolano.
Tale raffineria, la più grande del Mediterraneo, sorta nei primi anni 60 del secolo scorso nell’ambito del Piano di Rinascita e di proprietà della famiglia milanese Moratti, aveva un’estensione di 180 ettari, che col tempo si sono moltiplicati sino ad assorbire, con oltre 800 ettari di stabilimenti vari, la quasi totalita’ del territorio comunale.
Fino a pochi anni fa la raffineria era autorizzata ad emettere sino a 14.000 tonnellate di emissioni l’anno, poi ridotte alla metà.
Tra tali emissioni vi sono il benzene e l’idrogeno solforato, entrambi altamente cancerogeni, oltre che estremamente tossici.
Praticamente gli abitanti del paese vivono in simbiosi col polo petrolchimico, coi suoi rumori, coi suoi miasmi, coi suoi veleni; tra le case e le ciminiere vi sono non chilometri ma, in certi casi, poche centinaia di metri. Forse per questo il dottor Annibale Biggeri, intervistato nel film, ha riscontrato tra i bambini del posto una modificazione a livello di DNA, qualcosa che spaventa solo a pensarci.
Inutile dire che l’impatto ambientale di tale impianto si è rivelato col tempo devastante per le persone e l’ecosistema. Le patologie tumorali e le affezioni croniche dell’apparato respiratorio sono altissime rispetto alla media nazionale. Le viscere degli agnelli hanno odore di petrolio, e così i pesci della zona, fin quando li pescavano.
Da notare che, negli anni si è assistito non già ad un passaggio ad uno sviluppo piu’ rispettoso dell’ambiente, ma ad un ampliamento delle attivita’ di raffinazione petrolifera.
Del resto lo scempio ambientale e le vittime del cancro non sono mai state oggetto di inchieste da parte dei media locali, che si dedicano invece a sponsorizzare le grandi opere dei loro editori, disinteressandosi completamente della consapevolezza dei cittadini.
Sotto questo aspetto la vergognosa disinformazione dei mainstream isolani (giornali e tv) è veramente scandalosa e indegna di un paese minimamente civile.
Anche grazie a tale disinformazione la cittadinanza crede che la raffineria esista quasi per diritto divino, che così debba essere nei secoli a venire e che i morti siano il prezzo da pagare, una specie di moderno sacrificio umano, mentre a Milano i padroni del vapore contano i miliardi.
Nel 2000, tra gli altri, entra in funzione l’impianto IGCC della SARLUX, che smaltisce le scorie della stessa Saras, scorie altamente tossiche e di difficile smaltimento (il cosiddetto filtercake) ma che, per il nostro stato criminogeno sono considerate (unico caso in Europa) "fonti rinnovabili" e quindi vengono usate per produrre energia elettrica, sovvenzionata dallo stato con la truffa dei CIP6, gli stessi incentivi usati per assimilare gli inceneritori alle "fonti rinnovabili" e vendere l’energia elettrica prodotta in modo altamente inquinante (nanopolveri) al triplo del prezzo di mercato.
Il film del giovane regista di Lecce prende le mosse, quasi casualmente, da una sua vacanza nella zona risalente all’estate del 2007 e che lo condurrà a tornare diverse volte nel paese adiacente alla raffineria per sviluppare una vera e propria inchiesta sugli effetti dello stabilimento sulla salute della popolazione, sulla base di interviste dirette, testimonianze, nomi e cifre.
Il documentario inizia con una breve prospettiva storica mostrando la trasformazione della zona, da prevalentemente agropastorale con forte disoccupazione a tipicamente industriale, con circa la metà degli abitanti di Sarroch impiegati in raffineria e un aumento del benessere economico diffuso.
E subito iniziano le interviste, vera colonna portante di questo bellissimo esempio di cine-giornalismo. Purtroppio il miraggio del facile benessere economico basato sulla raffineria si rivela, per i lavoratori, piuttosto effimero, perchè si può pagare con la vita.
Inizia a parlare un pescatore, con immagini che risalgono ai primi anni 70, che ci parla di "spigola al diesel", con riferimento all’odore che ha talvolta il suo pescato.
Parleranno poi Ignazio Piras (sicurezza sul lavoro Saras) per rassicurare sulle condizioni di lavoro, nonché Giorgio Zonza (responsabile comunicazione Saras) il quale, sfoderando un campionario di propaganda paradigmatico, ci parlerà di "progresso" e di "crescita" e, senza minimamente accennare alle vittime e ai veleni, ci illustrerà il gabbiano Gabì, usato come testimonial della raffineria nelle scuole elementari, per abituare sin dalla più tenera etaà gli abitanti di Sarroch a rispettare e ad amare quel mostro mefitico che avrà ucciso i loro genitori e forse un giorno uccidera’ anche loro.
Bisogna amare i propri carnefici. Siamo oltre Orwell, ma proseguiamo.
C’e’ Skizzo, il giovanissimo artista di strada coi dredlocks che ci dà un saggio delle sue capacità e fa filtrare un raggio di sole in un film che, comunque, sarà sempre basato su un tipo di comunicazione cruda e realistica, con forti rumori di fondo, a volte disturbanti, testimoni con la voce camuffata e un effetto contrasto, leit motiv di tutto il film, tra la retorica mendace del potere e la verità raccontata e mostrata dalle vittime.
Ci sono i ridicoli controlli medici sugli operai, effettuati con roulottes e medici itineranti a libro paga dell’azienda avvelenatrice.
A chi chiede di essere visitato in normali ospedale l’azienda risponde che non è possibile, a causa.... degli "alti costi". Ogni commento è superfluo.
Verrà poi ripresa, in conferenza, Claudia Zuncheddu, medico e consigliere regionale, che smaschererà gli escamotage aziendali finalizzati a vanificare gli esami medici che potrebbero evidenziare le responsabilità della raffineria e i suoi gravissimi danni sulla salute: ("si dovrebbe espettorare catarro, per avere dati veritieri, ma l’azienda ci diceva di sputare come campione della semplice saliva..." racconta un operaio).
Poi parla il disincanto di un un vecchio del luogo: "i soldi vanno a Milano"; sullo sfondo l’onnipresente raffineria.
Arriviamo all’8 marzo 2008; mentre Massimo Moratti festeggia a San Siro la squadra di calcio di famiglia, duettando al microfono con Celentano, in Sardegna, in una palestra di Sarroch, un gruppo di persone rendono omaggio all’ultima vittima del petrolkiller.
Parla Barbara Romanino, i cui nonni sarrochesi sono tutti morti di cancro, dopo essere stati spossessati delle loro terre e indennizzati da "sa rovineria" con 340 lire al metro quadro; la Romanino, al microfono, indica chiaramente le responsabilità del petrolchimico e chiama in causa anche i politici locali, nel migliore dei casi indifferenti, quando non collusi o corrotti e comunque inadeguati a salvaguardare la popolazione decimata da un ecomostro insaziabile.
L’ex governatore della Sardegna Renato Soru, che concede un’intervista al regista (cosa che non faranno i vertici di POLIMERI EUROPA, società partecipata nel business petrolifero sarrochese), ribadisce la sua contrarietà ad assimilare alle energie rinnovabili gli scarti di lavorazione del petrolio, evidentemente altamente inquinanti. Non solo l’ex governatore stigmatizza la surrettizia pratica dei CIP6 in tale velenoso contesto, ma ricorda di essere stato l’unico politico a non aver partecipato ai rituali eventi aziendali organizzati dalla Saras.
Nel film è evidenziato l’attivismo di base e la sua importanza quando la politica abdica completamente al suo ruolo.
Arianoa è un’associazione sarrochese che raggruppa, ad oggi, un centinaio di persone tra lavoratori ed abitanti, che avanzano richieste all’azienda, oltre a stimolare il dibattito e la presa di coscienza della cittadinanza. La principale richiesta è la sicurezza e il diritto a vivere in un ambiente monitorato e possibilmente salubre. Non vogliono che la Saras se ne vada, ma vorrebbero che si cominci ad ascoltare la loro voce e prendere provvedimenti concreti.
Inutile dire che ne il comune ne tantomeno l’azienda li considerano interlocutori.
Il comune di Sarroch non ha voluto concedere un qualsiasi spazio pubblico per la proiezione del film, l’unica proiezione è avvenuta in un bar, e l’azienda stessa, nei suoi comunicati interni (lo affermano testimoni nel dibattito post-film), ha fortemente criticato l’opera del regista pugliese.
Tornando ad Arianoa, nel film parleranno Beatrice Tiddia, vedova del marito morto a 48 anni, di cui trenta in raffineria, e Igor Melis, un fondatore dell’associazione stessa.
Lo scienziato fiorentino Annibale Biggeri, intervistato, ribadirà lo stravolgimento ambientale e i rischi sanitari derivanti da un polo petrolchimico così pericolosamente vicino ad un centro abitato, nonché i già accennati danni al DNA infantile dei bambini sarrochesi.
Con riferimento allo scempio ambientale nel film incontriamo anche Vincenzo Tiana, responsabile Legambiente Sardegna e Luca Pinna, suo omologo del WWF regionale; entrambi sottolineeranno l’incongruenza, per non dire l’assurdità, della presenza devastante di una raffineria in una zona di altissimo pregio naturalistico quasi unica in Europa, con zone umide, dune, aironi e fenicotteri.
Patrizia ci racconterà del suo compagno sarrochese, Gigi Vaccargiu, morto di cancro appena 31enne il 19 agosto 2007. Si tratta di una testimonianza tanto sobria quanto drammatica, veramente difficile da dimenticare.
Ma la catena di testimonianze su veleno, soldi e morti, che grava su tutta la pellicola e che sembra un pallone che stia per scoppiare, trova il suo contraltare nella suprema ipocrisia delle parole che chiudono il film, quelle di Gianmarco Moratti, gran patron della raffineria, ripreso mentre parla di fronte ai suoi dipendenti: "la nostra famiglia è la Saras". Un pugno in faccia farebbe meno male.
Inutile dire che il film è stato ignorato, per non dire censurato, da tutti i mainstream nazionali; qualche testata locale gli ha dedicato una mezza paginetta, ma senza approfondimenti, senza contesto, senza seguito.
Sia L’Unione Sarda che l’edizione locale di EPolis si sono limitate al commentino di rito, senza creare partecipazione, senza stimolare dibattiti, ricordandosi che, come sempre, prima vengono gli inserzionisti e i lettori sono la merce da vendergli. La solita vergogna mainstream.
Il film è stato rifiutato persino da eventi (pseudo)culturali come Torino film festival 2008 e Festival Cinema Giovani 2008. Non parliamo della distribuzione nelle sale, non parliamone perchè, semplicemente, non avremmo di che parlare.
Dobbiamo ringraziare l’anziano docente di comunicazione milanese Antonio Caronia che, conosciuto il giovane regista quasi per caso, si è poi adoperato per aiutarlo nella divulgazione.
Sono tutt’ora entrambi alla ricerca di spazi pubblici dove proiettare il film, specie qui in Sardegna e gli auguro buona fortuna, di cuore.
Se mi è concesso un commento, al termine di questo resoconto, che spero non sia stato troppo lungo e/o noioso, mi auguro che il film di Mazzotta possa portare la consapevolezza dei parenti delle vittime dell’azienda killer a un livello tale da permettere una eventuale azione penale nei confronti dei responsabili di malattie evitabili, morti sbagliate, sviluppo sbagliato. In primis l’azienda, ma anche politici ignavi, i sindacati opportunisti, le istituzioni che dovevano controllare, totalmente assenti.
Perchè, come ci mostra questo film capolavoro, i responsabili dello sfacelo ambientale e sanitario hanno nome, cognome e indirizzo, anche se, in Italia, certi poteri sono intoccabili, come dimostra la sentenza del tribunale di Venezia del 2 novembre 2001, che assolveva i vertici criminali di Montedison e Enichem.
>>
26.1.09
Benedizioni
Questi perdonati non pentiti sono i seguaci dell'ex scomunicato arcivescovo Marcel Lefebvre (foto in basso). Su Wikipedia qualche suo adepto ha stilato un'agiografia del sant'uomo, ma non è difficile reperire notizie "serie" sul suo conto. Il sig. Lefebvre (fra poco lo canonizzeranno sul serio, ma io continuerò a reputarlo scismatico), in nome della Tradizione pietrificata nel passato, era un fondamentalista. Considerava il Concilio Vaticano II opera del diavolo. Rifiutava l'ecumenismo, considerava "false" le altre religioni, perché tutti dovevano (devono: i suoi successori la pensano ancora così) convertirsi al cristianesimo. Tacciava d'eresia tutti i Pontefici dopo Pio XII. Ovviamente, da arcivescovo di Dakar, non mi risulta rifiutasse il colonialismo (tutt'altro); quanto agli ebrei, è altrettanto ovvio che si oppose con tutte le sue forze alla revoca della maledizione contro di loro, in quanto "deicidi". E due anni prima di essere scomunicato, nel 1986, ricordo bene che orde di lefebvriani invasero Roma per contestare chiassosamente l'incontro di Giovanni Paolo II con l'allora rabbino capo della città, prof. Elio Toaff. Sorvolarono i cieli della capitale in elicottero gettando volantini nei quali si leggevano le seguenti parole: "Papa fermati, non andare da Caifa".
E ricordo bene pure Ratzinger, i giorni immediatamente successivi alla scomunica di Lefebvre. "Quest'uomo ha molti meriti", rifletteva sconsolato con la sua voce bianca, flebile, quasi aerea. Si capiva chiaramente che, fosse stato per lui, non avrebbe mai e poi mai cacciato da Santa Romana Chiesa questa perla d'uomo.
Ci ha pensato un po', poi, diventato Papa, ha ritirato quella scomunica. Di sabato (il giorno sacro degli ebrei). Tra i "graziati" i vescovi Williamson, Fellay e don Davide Pagliarani. Ciò che soprattutto Williamson pensa sulle camere a gas e, in genere, sulla Shoah è degno di menzione. "Al massimo - ragiona Williamson - duecentomila o trecentomila ebrei morirono nei campi di concentramenti nazisti, ma le camere a gas non sono mai esistite". Al massimo. Due o trecentomila, cosa volete che siano? Alla fine, si tratta solo di ebrei! Ma non è finita: secondo il giornalista di "Repubblica" che ha riportato la notizia, Williamson avrebbe fornito spiegazioni tecniche dettagliate, facendo notare l' altezza e la forma secondo lui inadeguate dei camini e le porte che secondo lui non erano stagne, cioè non a prova di gas.
Altra perla: "L'antisemitismo può essere cattivo solo quando è contro la verità, ma se c' è qualcosa di vero non può essere cattivo. Non sono interessato alla parola antisemitismo".
Don Davide Pagliarani, rappresentante della Comunità qui in Italia, incalzato su Williamson ha così risposto al Tg2 di sabato sera: "Io non sono uno storico e delle camere a gas non mi sono mai interessato".
Mons. Fellay, dal canto suo, afferma che lui alla Shoah crede, del resto "non si è trattato dell'unico genocidio della storia", e si sa che per la Chiesa uccidere anche una sola persona è atto estremamente malvagio, ecc. Si può scommettere che un aborto farebbe fremere di orrore mons. Fellay molto più di sei milioni di luridi deicidi.
Questi sono i nuovi pastori d'anime della Chiesa ratzingeriana (non dico cattolica). Da sabato scorso "antisemitismo" non è più sinonimo di male assoluto; ne esiste infatti anche una versione buona. E non vengano a ciarlare che l'opinione "politica" (?) d'un singolo vescovo non conta nulla: conta, invece, e il Vaticano ha sempre dimostrato di badarvi moltissimo, specie quando si è trattato di schiacciare i teologi della liberazione e di lasciar solo mons. Romero (forse vale la pena di puntualizzare che nei confronti di questi ultimi non sono previste né riconciliazioni, né misericordia, né pubblici abbracci, ecc.).
Post scriptum. Barack in arabo significa "Benedetto". Ma le analogie tra il presidente americano e il papa tedesco si fermano qui. Grazie a Dio (che naturalmente, in tutto questo discorso, non c'entra nulla).
Daniela Tuscano
18.1.09
celebrare o non celebrare questo è il problema
da MarinaCaffiero, docente di storia moderna all'università di Roma La Sapienza, presenta il libro scritto con Micaela Procaccia per la Donzelli editore. "Vero e Falso - L'uso politico della Storia" alla trasmissione "Diario Italiano" di Corrado Augias, in onda dal Lunedì al Venerdì alle 12 e 45 su Raitre. La puntata in questione andata in onda il 2 gennaio è visionabile per intero sul sito http://www.lestorie.rai.it/
Note a margine
1 ) it.wikipedia.org/wiki/Giorno_della_Memoria
www.ucei.it/giornodellamemoria/index2.htm
2 ) it.wikipedia.org/wiki/Foibe
www.lefoibe.it/
www.10febbraio.it/home.htm
12.8.08
Non possiamo / dobbiamo dimenticare ….
10 agosto 1944
I 15 martiri di Piazzale Loreto
15 uomini gettati sul selciato .
l’eccidio di Piazzale Loreto : http://www.romacivica.net/anpiroma/DOSSIER/Dossier4.htm
22.6.08
Convito
Nel giallo dei miei pensieri
sei apparsa tu,
rassettando idee e affetti,
nell'incalzare perenne della vita.
E apparecchiasti per me
una tovaglia di coccole rosse,
ci sedemmo
e pranzammo insieme.
Non scialacquavi il tuo sorriso,
parca e devota
come l'accorta formica.
Mi richiamavi
al senso del cuore
offrendomi schegge
di fulgidi nasturzi.
Colsi l'attimo: poi, soave,
tornasti nel segreto incantatore,
a me arcano e fuggitivo,
in attesa, ridente,
d'una nuova primavera di gioia.
Daniela Tuscano
20.6.08
come passa il tempo vent'anni nfàù se ne andava Andrea pazienza
Daniela Tuscano
6.6.08
Memoria, speranze e futuro
«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur
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