come fai a perdonare tutto e tutti ? soprattutto chi ti ha fatto del mle come testimoni questa citazione
Io non so perdonare.
Né perdonare né dimenticare.
È uno dei miei più grandi limiti forse,
e il più lugubre. E meno che mai so
perdonare quando una ferita mi è stata
inferta da persone dalle quali mi
aspettavo affetto, tenerezza, o sulle
quali mi facevo illusioni positive.
Non v'è uomo o donna colpevole verso
di me che non sia finito nella
Siberia dei miei sentimenti".
Oriana Fallaci.
È vero che il perono no è una cosa facile soprattutto nel caso da te citato . Però allo stesso tempo è vero che il perdono fa bene a chi lo fa e non al perdonato, a me no che esso\a non sia realmente pentito , ma il perdono vero è quello che significa dimenticare, significa obliare definitivamente il passato e non è affatto semplice, soprattutto se chi chiede perdono ha commesso atti ingiusti e fatto volutamente soffrire chi avrebbe dovuto amare e proteggere o ha fatto la carogna . E se vuoi davvero il perdono, dovresti chiedere scusa prima e non quando sei in punto di morte --- ovviamente dipende da caso a caso come esempio tale storia ---
perché, in questo caso, lasciando da parte il lato divino, è comunque nella maggior parte dei casi una richiesta egoistica che crea sensi di colpa ingiusti in chi resta. << Dal mio punto di vista, la morte non beatifica. Se uno in vita è stato volutamente crudele, egoista e indifferente alla sofferenza altrui, non diventa santo perché muore. A quello ci penserà il Divino, per chi crede, ma per chi ne ha subito i tormenti e le angherie, per coloro che restano, potrebbe essere una liberazione.Perciò ognuno ha il suo vissuto e non mi permetterei mai di giudicare sia chi è disposto a perdonare sia chi non lo fa.>> Claudia K. Domeniconi in un comento a questa storia sempre dello stesso gruppo
Credo di essere stata un po' innamorata di #leapericoli, da bambina. Era l'opposto di me, biondissima, aggraziata ma non leziosa, pareva non toccar mai terra. Le avevano disegnato un completo con piume di cigno, che indossava con spontaneità non umana. Quella che vedevo era un vero uccello, forse per questo mi piaceva tanto. #langelocapovolto fu il giusto titolo del suo ultimo libro. Impagabile la sua torsione berniniana, che sfidava le leggi di gravità.
Era una milanese d'Africa, vissuta ad #addisabeba. Laggiù emerse la sua passione e a quei luoghi sempre rimase legata, come ricorda nella sua autobiografia #maldafrica.Poi la terribile malattia. #Carcinomaallutero. Lo seppi dai miei genitori. Se adesso difficilmente se ne esce, nel 1972 non dava scampo. E le cure erano, come Lea stessa dichiarò, «devastanti». Quando le comunicano la notizia, sviene. Ma ricorda subito chi è. Sconfigge il #tumore. Non è finita. Il maledetto si ripresenta nel 2012, quarant'anni dopo. Questa volta al #seno. I tempi sono mutati, la medicina meno invasiva, ma Lea è sempre Lea, malgrado gli sfregi al suo corpo e alla sua femminilità. Arriva a quasi 90 anni in salute, ancora bellissima, sempre tanto bionda (ma mai troppo), elegante per antonomasia, non solo campionessa sportiva: scrittrice, conduttrice televisiva, #testimonial contro una malattia che non è riuscita a domarla, segno di speranza non solo per chi ne è preda. Muore il 4 ottobre, festa di San Francesco, coetanea di mio padre; ma l'ha superato di un anno.
Due giorni dopo la segue #sammybasso, che di anni ne ha solo 28, ma il cui fisico è già arrivato al
punto di Lea. La «bionda» di Sammy è la sua splendida madre. Lui è il più «vecchio» paziente al mondo affetto da #progeria, invecchiamento precoce e mente giovane. Due lauree summa cum laude, il sogno di lavorare al #CERN, fondatore dell'associazione per la ricerca su questo morbo raro e spietato. Ma Sammy è stato, soprattutto, uomo di #pace. «Se i grandi della terra capissero cosa significa lottare per la #vita - dice - credo non avrebbero il coraggio di fare la #guerra». La vita. L'unico valore che non s'insegna, e il solo per cui valga la pena morire.
Insieme Magen Inon con la madre Bilha e il padre Yakov, uccisi da Hamas il 7 ottobre scorso nel villaggio di Netiv Haasara
“Quando abbiamo cercato di contattarli, i messaggi non venivano più recapitati. Ansiosamente, abbiamo cercato di ottenere informazioni attraverso vari mezzi e, qualche ora dopo, siamo riusciti a metterci in contatto con una vicina che si era nascosta con i suoi figli in un armadio durante l'attacco. Dalla sua finestra poteva vedere che la casa dei miei genitori era completamente bruciata”. Magen Inon ha raccontato così, sul Guardian, il momento in cui ha capito che i suoi genitori Yakov e Bilha erano stati massacrati nell’attacco di Hamas del 7 ottobre.Vive a Londra con la sua compagna e i tre figli piccoli. Insegnante, non è mai stato un attivista per la pace prima di quel giorno. Ma il senso che ha trovato a quella perdita è battersi perché non accada ad altri. “Mi sono unito all’alliance for Middle East Peace, un gruppo di pressione internazionale che lavora con pacifisti israeliani e palestinesi. Vado in scuole, sinagoghe, pub, sempre con un amico e attivista palestinese. Anche il solo fatto che siamo insieme cambia l’approccio, perché con la nostra mera presenza sfatiamo un primo mito, che il dialogo non sia possibile. Lo è anche quando è duro e doloroso: non abbiamo risposte facili, ma rispondiamo a qualsiasi domanda”.
I pacifisti come lei rischiano di essere odiati da entrambe le parti: Lei come è visto da alcune frange della comunità ebraica britannica? Beh, diciamo che quelli a cui non piaccio non mi invitano. Come valuta i dati che parlano di un enorme aumento dell’antisemitismo?Antisemitismo e islamofobia sono fenomeni gravi e reali. Ma i media enfatizzano anche episodi minori: un manifestante che indossa la kefiah e grida ‘Palestina libera’ non sta necessariamente invocando la distruzione di Israele. Magari sta solo esprimendo la sua solidarietà per la sofferenza dei palestinesi. Un mese fa lei ha rivolto un appello ai Paesi del G7, e in particolare alla presidenza italiana.Sì, e lo scorso mese una nostra delegazione ha avuto un incontro al ministero degli Esteri a Roma. Chiediamo al G7 di fare pressione per il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi, che sono la priorità. E poi la creazione di un soggetto multinazionale che lavori ad una soluzione politica a lungo termine, e il coinvolgimento della società civile nella creazione di una volontà politica di pace. Non siamo un partito, ma un movimento in crescita: il 1° luglio lanceremo la nostra piattaforma nel maggiore stadio israeliano.Ma come pensate di convincere il governo Netanyahu e Hamas? Non faccio politica, ma è evidente che la via militare non sta funzionando, e che Israele è ancora meno sicuro. Quando mi accusano di essere naïf, sorrido: tutti i conflitti della storia alla fine si sono conclusi. Ma gli interlocutori, da entrambe le parti, non possono essere ’’ quelli al potere ora: bisogna aprire a una coalizione che includa anche i Paesi arabi. Nel 1977 il presidente egiziano Sadat e il primo ministro israeliano Begin illustrarono insieme alla Knesset i loro piani per gli accordi di Camp David. Begin disse: “La storia ci insegna che la guerra è evitabile, la pace inevitabile”. Però il moderno stato di Israele basa molto della sua economia sull’industria della sorveglianza e delle armi, entrambe sviluppate e testate grazie all’occupazione. Ha davvero interesse alla pace? È verissimo, in gran parte è così. Ma mio padre era una agronomo, e ha selezionato una variante di sesamo, una di anguria, una di grano, che ora portano il suo nome, e che possono crescere praticamente ovunque, rivoluzionando la produzione. La ricerca israeliana è anche questo. Cosa le hanno lasciato i suoi genitori?Per tutta la sua vita adulta mio padre ha coltivato il deserto. Mi ha insegnato la quieta fiducia che, se fai tutto bene, se concimi nel modo giusto, e pianti i semi al momento opportuno, anche il deserto porta frutti. E questo dipende da te. Poi devi sperare che piova. Sperare malgrado la siccità. Fiducia nel lavoro, e speranza. Mia madre era una insegnante di arte alla scuola materna. Da lei ho imparato che la Bellezza si crea anche dagli scarti.
L’ utopia, dixit la Treccani in senso limitativo è un sogno irrealizzabile,in senso positivo è una critica alle cose esistenti senza fine pratico. Ad esempio la pace universale è un’utopia,la pace dopo la guerra e la guerra dopo la pace e’ il corso del mondo.La cultura del nostro tempo passa per l’ omologazione del tutto. Ma non è così.Democrazia e libertà ad esempio,costruiti nella storia da centinaia di rivoluzioni e guerre di liberazione vs.l’imperialismo fanno parte di una storia che ha emancipato donne e uomini dalla sofferenza di vivere.La sconfitta del Male Assoluto è costata milioni di morti, la pace di Hitler e Mussolini ha coinciso con le loro tombe,grazie a Dio.Ognuno pensi quello che vuole,perbacco,ma racimolare sentenze salvifiche il proprio tornaconto è lo spirito che giustifica in qualche modo la violenza sugli umili.La pace perpetua di Kant che comporta il rispetto dei vinti, l’ anarco comunismo solidale,storico,liberatorio e libertario di tradizione secolare, che rifiuta la guerra imperialista aggressiva, rimangono valori di coerenza.L’ autonomia di una ragione idealistica, che ci possa salvare dalla merceologia delle idee e già un passo avanti per non cadere nella pace assoluta solo nei tempi di guerra : la pace,solitamente,ha i suoi onori,gli oneri sono la guerra. ( oggi oltre a Gaza e Ucraina ci sono 56 guerre dimenticate,ad esempio) Anche una visione umanistica,solidale,non qualunquista, di una parte del volontariato e del terzo settore , di spiritualismo laico o religioso anche trasversale, e’ sempre una certezza di convivenza.Sì,basta che la paura di un senso comune di falsa libertà nella sfera dei consumi,non diventi il miglior modo per un ponzio pilatismo sugli affari correnti, mentre il dogmatismo Komunista a prescindere sa di nostalgia canaglia stalinista.L’utopista narcisista invece è il piccolo borghese qualunquista, che trova giovamento in un irrealizzabile, che adombra la responsabilità quotidiana verso l’ ingiustizia. Quando con presunzione ci si pone davanti alla storia come fossimo solo noi a interpretarla, ci si traveste da guerrieri quotidiani del pacifismo bellicista( l’ ossimoro è in voga in questi tempi),nell’ autorefenzialita’ dell’ essere anticonformisti,contro il pensiero unico.Sai quanta gente ogni giorno sceglie con piccoli grandi gesti di umanità , solidarietà, sincerità percorsi di umile utopia senza fanfare filantropiche?Soprattutto quando rifiuti il servilismo verso i potenti,non ti giri dall’ altra parte verso le ingiustizie ,conscio di sapere di non sapere.I desideri di volontà di potenza scambiati per bisogni,il menefreghismo totale sulla complessità della vita, le avversioni da basso ventre contro i diritti civili: i tifosi dell’ utopia mercantile contro l’ Europa e l’ Occidente del capitale e delle multinazionali, sono la vulgata corrente pure dall’ estrema destra.Non parliamo dell’ antisemitismo di moda,si tifa per la guerriglia degli ultimi,ma solo su Facebook. Alla fine tutto va bene. Pure il generale fascista può sembrare un antagonista,vs i poteri forti.Perché oggi se vince la sinistra vince il falso progressismo,se vince la destra trionfa la libertà di essere fascisti. Intanto vado al massimo in attesa della rivoluzione…degli altri…
(La triste storia della bambina americana di dieci anni che avrebbe potuto capovolgere gli stereotipi riguardo all’URSS.) Samantha Smith era nata il 29 Giugno 1972 a Houlton, nello Stato del Maine, ed era ancora una bambina ai tempi dell’intervento Sovietico in Afghanistan.Intervento legittimo, finalizzato a sostenere il Governo Laico e Socialista di quel
Paese dall’aggressione dei sanguinari Mujaheddin finanziati dall’Occidente, ma che nell’Occidente stesso fu spudoratamente dipinto come un’invasione da parte Sovietica.(Ancora adesso in giro in Occidente ci sono tanti creduloni, con il cervello all’ammasso del mainstream, che accettano la tesi dell’invasione Sovietica, e neanche il confronto tra le fotografie di come vivevano le donne Afghane allora e come “vivono” adesso li aiuterà mai a chiarirsi le idee.)
Samantha era una bambina sveglia, che seguiva la politica internazionale, nonostante la giovane età, e fu molto colpita dalle immagini che arrivavano dall’Afghanistan. Così nel 1982, a dieci anni, decise di scrivere una lettera all’allora segretario generale del Partito Comunista Sovietico, Jurij Andropov, chiedendogli di evitare la guerra.La lettera fu pubblicata sulla Pravda (la terribile Pravda … i giornali Americani avrebbero mai pubblicato una lettera del genere scritta da una bambina Russa? O meglio, la hanno mai pubblicata?) Una settimana dopo l’Ambasciata Sovietica negli Stati Uniti telefonò a casa di Samantha dicendo che Andropov aveva risposto. Pochi giorni dopo arrivò a Samantha una lettera scritta in russo, accompagnata da una traduzione in inglese e da un invito alla bambina e alla sua famiglia a passare un periodo di ferie nell’URSS.La vicenda ottenne grande attenzione dai media, venne raccontata dai giornali e Samantha fu intervistata da diverse televisioni Americane.Il 7 luglio del 1983, Samantha partì per l’Unione Sovietica con i suoi genitori e ci restò per due settimane, ospite di Andropov, seguita da giornalisti e fotografi. Visitò Mosca, Leningrado e trascorse del tempo ad Artek, campeggio estivo in Crimea.Ad Artek decise di rimanere insieme ai bambini Sovietici piuttosto che prendere un alloggio separato che le era stato offerto. Per facilitarne la comunicazione vennero scelti insegnanti e bambini in grado di parlare fluentemente l’inglese, che vivessero nella stessa costruzione in cui lei alloggiava. Rimanendo in un dormitorio con altre nove ragazze, Samantha passò il suo tempo nuotando, parlando, e apprendendo canzoni e danze Russe. Samantha Smith acquistò un’ampia fama tra i cittadini Sovietici e fu molto ben voluta da molti di loro.Parlando a una conferenza stampa a Mosca, dichiarò che i Russi erano “proprio come noi”. Anni dopo, per raccontare il suo viaggio, scrisse un libro intitolato “Journey to the Soviet Union”.Quando tornò negli Stati Uniti, il 22 luglio, Samantha Smith era molto popolare: fu accolta e celebrata come “la più giovane ambasciatrice d’America”.L’anno dopo fu invitata in Giappone e parlò al Simposio Internazionale della Gioventù, proponendo che i leader Sovietici e Americani si scambiassero le figlie per due settimane all’anno spiegando che un presidente “non avrebbe mai voluto inviare una bomba a un paese in cui è in visita la propria figlia”.Il successo di Samantha, mentre fu assoluto in Unione Sovietica (e anche in Giappone), lo fu molto meno nella sua Patria natale, negli USA. Dopo una fase iniziale di interesse, le autorità iniziarono ad ignorare sistematicamente le iniziative della intraprendente ragazzina.Avere tra i piedi una vera e propria “ambasciatrice” della fratellanza con il Popolo Sovietico che ripeteva in ogni occasione che “I Sovietici cono come noi” smontava tutta la poderosa macchina di propaganda Americana, tesa a dipingere il “Compagno Ivan” come un essere inumano, antropologicamente crudele, dedito alle peggiori efferatezze (vedere la vastissima produzione spazzatura di Hollywood, con il Russo immancabilmente nel ruolo del cattivo.)Mentre presso la popolazione Americana Samantha rimase popolarissima fino alla fine, da parte delle autorità calò su di lei una sinistra coltre di gelo (Altro che Greta eh …)Il 25 Agosto di quello stesso anno un aereo su cui viaggiava Samantha Smith mancò la pista dell’aeroporto regionale Lewiston-Auburn nel Maine e si schiantò. Non sopravvisse nessuno: morirono due membri dell’equipaggio e sei passeggeri, tra i quali Samantha e suo padre.Sulla causa dell’incidente in molti sospettarono subito la CIA.Fu aperta un’inchiesta e il rapporto ufficiale venne reso pubblico: “l’angolazione di volo relativamente ripida dell’aereo, l’altitudine e la velocità al momento dell’impatto, hanno precluso agli occupanti dell’aereo la possibilità di sopravvivere all’incidente”.Al funerale, che si svolse ad Augusta partecipò un rappresentante dell’ambasciata sovietica a Washington, che lesse un messaggio personale di condoglianze da parte di Mikhail Gorbaciov in cui si parlava di Samantha come di un “simbolo di pace e amicizia fra i due popoli”: l’URSS quell’anno le dedicò anche un francobollo commemorativo.Alla cerimonia non partecipò invece alcun rappresentante del governo statunitense: l’attività di promozione della pace di Samantha e la sua vicinanza ai Sovietici furono anzi molto criticate dai conservatori Americani e dagli anticomunisti, che la accusavano di propaganda.Come è morta veramente Samantha Smith? Non lo sapremo mai. Ciascuno tragga le conclusioni che vuole. Io le mie le ho e tutto mi sembra fin troppo chiaro, anche alla luce di tante tragedie analoghe che da sempre accadono nel “democratico” Occidente a chi osa sfidare (anche inconsciamente e in buona fede, come nel caso della povera Samantha) il potere costituito.Quello che sappiamo è che in Russia è ricordata con affetto ancora oggi, e molte scuole e campi estivi le sono ancora dedicati. Negli USA, liquidata la pericolosa seccatrice, la sua memoria è finita subito nel dimenticatoio.Samantha Smith era una ragazzina che sognava un Mondo migliore. Ma visse, e morì, in un Mondo nel quale non c’era spazio per i sogni e, tanto meno, per i sognatori.
La semifinale mondiale Francia-Marocco si è conclusa con i francesi, vincitori per 2-0, in festa e i marocchini sconfitti, delusi e in lacrime. Tra i tanti gesti di solidarietà in campo catturati
dagli smartphones dei tifosi allo stadio, quello di Kylian Mbappé, che è andato da Achraf Hakimi, suo compagno nel Paris Saint Germain ma soprattutto suo grande amico: prima lo ha rialzato da terra, poi lo ha abbracciato e ha scambiato la maglia con lui. Hakimi, con la numero 10 di Mbappé addosso, è rientrato negli spogliatoi. Il francese, indossata la numero 2 del marocchino, ha festeggiato ancora in campo con i compagni di nazionale.
Denis Skopin è stato applaudito e abbracciato dalle sue studentesse di fronte all'Università di San Pietroburgo dove è stato professore associato prima di essere licenziato per aver preso parte, il 21 settembre scorso, a una protesta contro la guerra in Ucraina nella cattedrale di Sant'Isacco. Skopin, che è stato licenziato con un atto del prorettore "per aver commesso un atto immorale incompatibile con le sue funzioni educative e la continuazione di questo lavoro", ha tenuto un breve discorso, nel cortile dell'Istituto, di fronte alle sue studentesse sulla moralità. E ha spiegato che partecipando alla protesta contro la mobilitazione "stava esercitando il suo dovere morale di persona, cittadino e insegnante della Facoltà".
>b
Extraordinary moment as students at Russia’s oldest university in St Petersburg applaud and cheer a professor who has been fired for taking part in anti-war protests. Denis Skopin spent 10 days in jail and was given a summons to the military recruitment office.
Extraordinary moment as students at Russia’s oldest university in St Petersburg applaud and cheer a professor who has been fired for taking part in anti-war protests. Denis Skopin spent 10 days in jail and was given a summons to the military recruitment office.