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21.7.25

VOLEVO UCCIDERE TUTTI MA POI HO PERDONATO . LA STORIA DELL'EX SEQUESTRATO GIOVANNI GLORIO

  DA 

GIOVANNINO GLORIO

«Mi hanno chiuso in un baule, bendato e incatenato», rievoca il protagonista della nostra storia. «Salvo grazie all'agente segreto Nicola Calipari, dopo la liberazione coltivavo un'ossessione omicida». «Ora, finalmente, ho fatto pace con me stesso»

Rapito a 14 anni: volevo uccidere tutti, ho perdonato

«Avevo solo 14 anni quando fui rapito. E in quel baule dove mi rinchiusero, senza ossigeno e con gli occhi coperti, erano rimasti tutti i miei fantasmi. Mi ci misero con la forza, fu un male sia fisico sia mentale. Tanto che, nella mia testa, quella cosa è poi diventata la mia prigione per 31 anni e non solo per quei terribili 31 giorni». Giovannino Glorio riparte da quel drammatico 16 novembre 1993. I sequestratori entrarono nell’abitazione romana dei genitori, li presero a calci e pugni e «io mi sono ritrovato con la faccia per terra, legato».

 Il padre, Giovanni, era un facoltoso industriale nel settore cosmetico chimico. Pagò un riscatto di 2 miliardi e 200 milioni di lire per riavere il figlio amatissimo, nato dopo la perdita a soli 6 anni di un maschietto, per leucemia fulminante. Glorio, 45 anni e un lavoro nel settore immobiliare, ha ora scritto un libro autoprodotto: Libero come il vento (su Amazon), «perché oggi questo sono». «Paradossalmente, quando mi liberarono cominciò il mio periodo buio. Ho iniziato a sentire un brivido di rancore che mi percorreva la schiena. Odiavo le persone, anche quelle che mi amavano, e odiavo me stesso».

È comprensibile dopo il trauma terribile che le era toccato.

«Tutto ha avuto inizio dopo un incidente in auto. Avevo 22 anni, ho affrontato due interventi al volto. Quando sono uscito dall’ospedale sentivo addosso un’ossessione omicida, una rabbia incontrollata. Avevo realizzato che la mia vita stava andando a rotoli, sia sul piano sentimentale sia universitario: non avevo dato neanche un esame. Così passavo ore a consultare riviste di armi, non uscivo di casa, non rispondevo al telefono. Pianificavo il modo migliore per uccidere. Volevo farmi giustizia e il rancore mi

stava intossicando». 
Quando sentì il primo istinto omicida?

«A scuola. C’era un bullo che mi perseguitava con violenza e, ogni giorno, pretendeva che gli pagassi la colazione

umiliandomi. Alla fine reagii dandogli una testata in pieno volto. Fui sospeso. In quel momento il mio odio si era materializzato».

Giovannino, come l’hanno trattata durante il sequestro?

«Ero sempre incatenato con la benda sugli occhi, in una stanza buia. Ogni tanto mi buttavano un panino sul letto per mangiare. Quando dovevo fare i bisogni, mi allungavano le catene così da poter arrivare al bagno chimico lì vicino. Mi sono trovato anche con una pistola alla tempia, in un video messaggio destinato a mio padre: il riscatto chiesto inizialmente era di 5 miliardi di lire, ma lui non ne aveva. Allora s’innervosirono, volevano tagliarmi un orecchio».

Le trattative diventarono complicate.

«Per arrivare ad arrestare i malviventi, il magistrato fece inserire una microspia nella valigetta con i soldi. Ma i rapitori costrinsero mio padre a buttare giù da un ponte la valigetta e così la microspia si ruppe. Quando i sequestratori se ne accorsero, iniziarono a minacciarmi di morte. E a minacciare i miei familiari. Allora intervenne l’agente segreto Nicola Calipari (ucciso nel 2005 in Iraq nel tentativo di riportare a casa la giornalista Giuliana Sgrena, ndr): è l’uomo che mi ha salvato».

È rimasto in contatto con Calipari dopo la liberazione?

«Sì. Veniva a trovarmi, s’interessava a come stessi: aveva capito che qualcosa non andava. È stato molto protettivo».

Nelle sue pagine parla dei fantasmi del passato che per tanto tempo l'hanno tenuta prigioniero.

«Da quasi un anno vado dallo psicologo che è stato fondamentale per scrivere questo libro: dovevo tirare fuori i miei traumi. Lui mi ha detto: “Chiamali con un nome”. E io: “Sono i Bastardi Infami”. “Va bene”, mi ha risposto. Piano piano, giorno dopo giorno, mi accorgevo che non abitavano più nella mia testa. E finalmente sono uscito dal mio passato, dal baule dei rapitori».

Ma come ha potuto superare l’ossessione omicida?

«Mi ha aiutato uno sguardo. Durante

l’università, tutti i giorni facevo colazione nello stesso bar. E fissando lo specchio dietro al bancone, vedevo alle mie spalle sempre un uomo che mi osservava in silenzio. Ogni sacrosanta mattina. Alla fine l’ho riconosciuto: quelli erano gli occhi del mio carceriere e il suo era uno sguardo che chiedeva perdono. Non voleva altro. Poi mi sono ricordato che durante la prigionia aveva mostrato un po’ di compassione per me: ero pur sempre un ragazzino».

E lei lo ha perdonato?

«Sì, ho perdonato tutti. Soprattutto lui. Ma prima di arrivare al perdono, parola fino ad allora non contemplata nel mio vocabolario, ho compiuto errori nella vita sentimentale, professionale e con i miei figli. L’odio m’impediva di vedere tutto il bello della vita».

Lei è tre volte padre. Nel 2019, i fantasmi l’hanno portata anche a perdere la responsabilità genitoriale.

«Me l’hanno tolta a causa di un gesto di rabbia. Per due anni e mezzo sono stato allontanato dai miei figli e nei primi dieci mesi non li ho potuti vedere. Poi li incontravo una volta a settimana in una stanza, con un assistente sociale».

Che rapporto ha oggi con i suoi figli?

«Condividiamo una bellissima intesa e spesso mi chiedono del mio passato. Io sono cauto. Hanno 17, 14 e 12 anni. Vorrei che crescessero liberi da ogni emozione negativa e sicuri di se stessi. Consapevoli che non si può vivere rinchiusi in un baule».

Com’è riuscito a conquistare la libertà che dà il titolo al suo libro?

«Guardandomi dentro, cercando di capire chi fossi e dove avessi sbagliato, perché ne ho sbagliate parecchie».

Ma lei era condizionato da un trauma, non può farsene una colpa.

«Dovevo accorgermene prima. Ho sbagliato tanto nel mio matrimonio, con lei che era una surfista e mi ha trasmesso l’amore per il mare e il vento, e anche nella mia seconda relazione (con la nota attrice Simona Cavallari, ndr). Sotto il profilo sentimentale sono stato un disastro. In queste donne vedevo una possibile soluzione ai miei traumi, come se dovessero salvarmi dallae sofferenze. Ma l’amore non è questo. Ero una persona irrisolta per amare».

Quanto tempo è durata la sua relazione con Simona Cavallari?

«Quattro anni, fino a giugno 2023. E dopo quattro mesi dal nostro incontro, convivevamo già. Per Simona esistevo solo io, mi ha dato tantissimo. Ma alla fine non riuscivo più ad andare d’accordo con lei. Non ero capace di valorizzare quello che provava per me. È finita così. Non ci siamo più visti né sentiti».

Un giorno, improvvisamente, è andato via di casa per raggiungere Assisi.

«Lì ho cominciato a scoprire la fede. Ho camminato scalzo. Ho passato la notte al freddo, in un angolo della città, assieme a un altro pellegrino che mi ascoltava e raccomandava di cambiare completamente l’approccio alla vita. Ora, nella chiesa che frequento al Divino Amore, c’è un sacerdote che parla spesso di “perdono”. Vado ad ascoltarlo due volte alla settimana e mi si è aperta l'anima. È quello di cui avevo bisogno. Il mondo ora lo vedo a forma di cuore e con tutti i suoi colori. Sono diventato veramente libero solo quando ho imparato a perdonare».

L’acqua, il vento del suo libro. Lei pratica il wing-foil, una disciplina vicina al surf con la tavola che si alza in volo grazie a una vela.

«È una sensazione meravigliosa di libertà, quasi mistica. Con i miei figli stiamo per partire in camper, direzione Sardegna: andiamo a prendere il vento».

Mi tolga una curiosità, Giovannino. Il libro finisce con una «Grazie a Lei perché ha messo fine al mio ultimo brivido d’odio». Chi è questa persona?

«Simona. Lei con la L maiuscola. Mi ha aiutato a rinascere e spero che con questa intervista le arrivi il mio pensiero».

24.6.25

il perdonare è anche lasciare andare e lasciare perdere

da bing.com   con l'opzione 
 ispirami

Secondo la  mia esperienza  e il  mio  percorso interiore   fin qui  fatto  oltre  alla definzione  classica il  Perdonare

una parola piccola, ma un gesto enorme.È uno degli atti più umani e trasformativi che esistano. Perdonare non significa dimenticare, né giustificare ciò che è accaduto, ma scegliere di non lasciare che il dolore tenga in ostaggio il nostro presente. È un modo per dire: “Non voglio che ciò che mi ha ferito continui a ferirmi”.
A volte perdonare è facile. Altre volte richiede tempo, silenzi, riflessioni… perfino lacrime. Ma quando arriva, può liberare entrambi chi perdona e chi viene perdonato.

 vuol dire ,  giustamente   anche non ricambiare  un torto con una vendetta  facendo cosi un altro torto .  Lasciare  passare  e  a  volte  anche  dimenticare Infatti  mi  è   capitato   spesso  di riderci su  quando  affiorano  dei ricordi assopiti o     sono    riaffiorati   di  recente  dei   torti  avvenuti  il primo 10\12  ani fa   e  il   secondo    20\5 anni  fa   e dirsi  ma  cazz...    ancora ci penso  per  poi  andare oltre perchè  t'accorgi  che  soprattutto  per  i più  vecchi   non vale  la  pena   riaprire la  questione  .
Qualcuno di voi  (  e  fose  anche l'altro mio io )     m chiederano ma  come  fare  a metterlo   in atto ? .Lo so che   è  semplice  a  dirsi     difficile  a metterlo   in  atto   perchè   Dipende  da  ciascuno di noi  infatti  : << [ .... ]   sei tu sei tu sei tu chi può darti di più in un eterno presente che capire non sai  [....] da  Per Me Lo So (  Testo ) -CCCP  >>
 Ma  soprattutto     non si  può sempre  stare  a  pensare    di vendicarti o come reagire  . Inoltere  Per  le  piccole  cose  (  ovviamente  il  termine  piccole è soggettivo  )   è meglio  lasciar perdere e   pensare   come   dice   se  on ricordo male   uno  ( foto a  destra  )   di miei , punti  di riferimento  nonostante    sia  un po' dato , Consigli per un anno   di  Roberto Vacca ( Bompiani1995)  un antica  leggenda  orietale       di  un  sovrano  offeso   che non  reagi    ad  un offesa     e  quando tutti  increduli  per la  sua   calma  e non reazione   rispose  : <<   tanto  troverà  qualcun  altro  che lo punira  >>  infatti quella  persona  fu decapitata   da  un altro signorotto  locale  di  cui  aveva   insultato la  mare  . Ma  soprattutto :  1)  la  miglior  vendetta  è il perdono ., 2)  prendere  esempio  da  Gandhi  ., 3)  dal  romanzo il  conte  di montecristo  .

  concludo     questo  post       con le  note    della canzone  Mio caro padrone domani ti sparo  - Paolo Pietrangeli .

N.B    (    scusate lo  spiegone    ma   a  volte    è necessario ) 
ascoltate bene la  canzone  senza  pregiudizi  e  preconcetti ideologici  in quanto    sia il  testo  e     il  titolo   sono   sarcastici  e  contestualisti al periodo 1969\1984    di grossi cambiamenti    sociali   non solo d  violenza  i  cosidetti  :  strategia della  tensione ( bombe  di  stato  )  ,   anni  di  piombo  e  stragi  mafiose      . infattti un  verso  dice 
[...]  Compagni sia chiaro\Che il giorno ventuno\Migliore vendetta\Sia proprio il perdono\E allora saremo\Più grandi e più forti\Se tutti i rancori\Saranno sepolti [...] 

2.6.25

La ragazza che con ago e filo, seduta ai tavolini di un bar di Roma, aiuta il popolo palestinese a sopravvivere., Keanu Reeves a 60 anni ci dà una lezione di stoicismo contemporaneo: "Perdona le persone in silenzio e cerca di non rivolgergli più la parola ., Il segreto di Yang Xinmin, il “nonno di ferro” del bodybuilding: ha 77 anni ma ne dimostra meno di 50

Non servono particolari ricerche statistiche per affermare che nella grandissima maggioranza dei casi una persona seduta da sola ai tavolini di un bar guarda il suo telefonino. Qualcuno più anticonformista sfoglia un giornale, qualche stravagante magari legge un libro. Ma davvero non ci si aspetta di vedere una ragazza solitaria che davanti a un caffè lavora con ago e filo. Si chiama Yasmine, ha poco più di vent'anni, vive e studia a Milano, starà a Roma pochi giorni. Con il suo accento settentrionale ci spiega che sta ricamando una kefiah. Che però non ha niente a che vedere con il tessuto a quadrati che tutti
conoscono come simbolo della lotta palestinese: Yasmine sta cucendo pochi punti colorati su un panno tutto bianco. «Io sono di origine palestinese, mio padre è figlio di palestinesi esiliati, è nato in Giordania e dopo tanti viaggi si è stabilito a Napoli dove si è sentito finalmente a casa. Mia madre è napoletana. In Palestina ci sono stata solo una volta da piccola, ma voglio tornarci per imparare l'arabo». Il lavoro che sta facendo non è un passatempo qualsiasi: è un modo di tramandare la cultura di un popolo sventurato. Il “tatreez” è l'arte del ricamo palestinese, ma è anche una forma di resistenza perché, trasmessa da una generazione all'altra, preserva l'identità di una nazione nella diaspora. Così Yasmine - che vende i suoi ricami e con il ricavato aiuta i suoi connazionali in Palestina - in un bar romano, tra le macchine che si affannano ai margini della circonvallazione, con ago e filo sta dando il suo piccolo contributo alla sopravvivenza di un popolo.

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Keanu Reeves a 60 anni ci dà una lezione di stoicismo contemporaneo: "Perdona le persone in silenzio e cerca di non rivolgergli più la parola




Keanu Reeves, attore conosciuto in tutto il mondo per il suo talento sul grande schermo e per la sua umiltà nella vita quotidiana, a 60 anni è considerato un'icona non solo per i suoi film, ma anche per il suo atteggiamento nei confronti della vita. Il suo approccio alle avversità e la sua serenità gli hanno fatto guadagnare il soprannome di "stoico moderno", un concetto apparso in un video sul famoso account TikTok @porticoestoico e che ha accumulato migliaia di visualizzazioni. Il video esplora il motivo per cui Reeves incarna i valori dello stoicismo, un'antica filosofia sostenuta da pensatori come Marco Aurelio ed Epiteto e oggi molto di moda.
In sostanza, lo stoicismo insegna che non possiamo controllare ciò che accade intorno a noi, ma possiamo controllare le nostre reazioni. Una lezione che l'attore stesso riassume perfettamente in una riflessione sul perdono che ha condiviso in diverse interviste...
"Perdonare le persone in silenzio e scegliere di non rivolgergli più la parola. Non si tratta di rabbia o risentimento, si tratta di prendersi cura di sé. Lasciare andare ciò che ci siamo lasciati alle spalle senza riaprire la porta a altro dolore." Il messaggio di Reeves si collega direttamente a uno dei pilastri dello stoicismo. Ciò che ci disturba non è il fatto in sé, ma la nostra opinione su di esso. Questa prospettiva ci invita ad accettare ciò che non può essere cambiato e a concentrarci su ciò che dipende da noi: il nostro atteggiamento e le nostre decisioni. Perdonare in silenzio non è un atto di debolezza o risentimento, ma di forza e saggezza emotiva. Come spiega @porticoestoico, questo tipo di perdono cerca di liberarsi dal peso emotivo senza riaprire ferite che causano solo maggiore sofferenza. "Perdonare non significa dimenticare. Significa scegliere la pace con se stessi", afferma Reeves.
La lezione di Keanu Reeves è particolarmente preziosa in un mondo in cui molte persone convivono con risentimenti, conflitti irrisolti ed emozioni negative che incidono sul loro benessere. "Se stai attraversando una situazione difficile con qualcuno, l'unica cosa che dipende da te è come reagisci", riflette l'attore. Quindi, lasciar andare il passato e impedire a quelle emozioni di controllare la nostra vita è un atto di libertà e di cura di sé.


Giusto, ma non facile. Se il tuo avversario è il mondo in cui vivi, e molto spesso lo è quando non ti vengono riconosciuti o addirittura ti vengono negati i tuoi diritti, diventa difficile "perdonare in silenzio".
E aggiungo: È anche peggio quando per il riconoscimento di un tuo diritto ti devi rivolgere ad un giudice, aspettando mesi o anni e nel frattempo pagando uno dei tanti "avvocati" poco corretti che aspettano come avvoltoi i problemi di chi per legge dovrebbe essere tutelato, ma in realtà È la vittima da RAPINARE! Avete mai avuto a che fare con un AMMINISTRATORE/TRICE di CONDOMINIO ? Ecco un esempio di categoria "professionale" assolutamente LIBERA DI FARE TUTTO QUELLO CHE VUOLE ALLA FACCIA TUA e DELLE LEGGI!

Facile  secondo  alcuni    perdonare da Miliardario...😎🤣😃




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Tutti lo chiamano il "nonno di ferro" e a ben vedere hanno ragione: Yang Xinmin è un classe 1948 e sulla carta di identità riporta ben 77 anni. Ma a vederlo sembra un cinquantenne in perfetta forma fisica, a tal punto che è uno dei più famosi e seguiti bodybuilder al mondo, sia perché è stato tra i primi a praticare questa disciplina in Cina laddove è rimasta per anni proibita, sia perché è un esempio di longevità unico. Che "nasconde" dietro alla sua strepitosa forma fisica, segreti legati ad alimentazione e allenamento
Xinmin, il primo culturista che sfidò il Governo cinese
Il nome di Xinmin nel mondo del bodybuilding è circondato da un alone di immenso rispetto: ha iniziato a praticarlo quasi in clandestinità, agli inizi degli anni 80 quando il governo cinese osteggiava questa disciplina, considerata vietata. Poi, i primi risultati e successi, anche a livello internazionale, che lo hanno fatto conoscere e apprezzare nell'ambiente. Ora, a distanza di oltre 40 anni, il suo nome è riconosciuto perfettamente anche dalle più giovani generazioni anche dopo il ritiro ufficiale dalle competizioni. Perché alla veneranda età di 77 anni suonati è ancora un esempio da seguire per una strabiliante prestanza fisica.
Xinmin: "L'allenamento è la parte più importante della mia vita"
Nessun elisir di eterna giovinezza per Xinmin ma una maniacale dedizione alla cura del proprio corpo. La sua costanza nel mantenere il fisico da competizione anche in età avanzata è a dir poco impressionante a tal punto che dopo alcuni esami ha dimostrato ad avere una forma fisica, una forza muscolare e una potenza complessiva addirittura migliore di quelle della maggior parte dei giovani. "L'allenamento è la parte più importante della mia vita" ha ripetutamente sottolineato il culturista cinese. "Dopo anni di esperienza, il mio obiettivo è mantenermi in salute e prevenire l'invecchiamento per avere l'energia necessaria per fare altro. Ricordate le mie parole, mi allenerò ancora a 80 anni. Che siano 80. Amici culturisti: ci vediamo a 80 anni!"
Il "segreto" di Xinmin: "Da oltre 10 anni mangio sempre la stessa cosa"
Come? Allenandosi tutti i giorni, con sessioni lunghissime di workout, in aggiunta ad una rigorosa autodisciplina anche nell'alimentazione: "Da oltre dieci anni ogni mattina mangio sempre la stessa cosa". Tra le otto e le dieci uova condite con fiocchi d'avena, cetrioli e pomodori, insieme all'immancabile petto di pollo.

8.2.25

diario di bodo 102 anno III wanda processo sommario a Sinner, i Lego sono omofobi e sessisti ? , finalmente il razzismo sportivo viene punito daspo per una tifoa delbasket , mia riflessione sul perdono

 

in sottofondo   
Just The Way You Are (from Old Grey Whistle Test) -Billy Joel




È scorretto che il numero 1 della Wada faccia dichiarazioni pubbliche a due mesi dal processo sportivo dell'anno contro Sinner (è l'accusa).C'è l'arroganza di chi esercita il potere . Ma  quello che     ancora   più delirante la motivazione che lo porta a dire perché Sinner merita condanna. Si sostiene che uno sportivo deve ledere i più naturali diritti dell'uomo nei confronti del suo team, invaderne totalmente la privacy e conoscerne ogni azione, h24.  E  poi   Sinner   gli   ha  licenziati  per  pressapochismo   . Nemmeno un stato totalitario è così delirante.


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Stavolta ,  non importa    se  tale  riflessione    viene  d  destra ,   ha  ragione  .  Siamo   arrivati  a  considerare   un  semplice  gioco unisex    come  i Lego  fonte  di traviamenti   patriarcale    e  omofobico  .  Ora    va bene    essere gi stereotipi del genere  e   contro il patriacarto ed il sessimo   ma  qu si  sta   degenerando    ,  lasciamoli  giocare  in  pace i  bambini \  e ,  lasciamoli   liberi     da tali degenerazioni ideologiche   .


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Quallche giorno fa c'è stato un grave episodio di razzismo sportibo . Esso si è verificato durante una partita di basket femminile Under 19 a Rimini, dove una cestista è stata insultata da una spettatrice che le ha urlato "scimmia". La donna, madre di due giocatrici del team avversario, stava trasmettendo l’incontro in diretta su Facebook. Il video, poi rimosso, si è diffuso rapidamente tramite chat private. La
giocatrice, dopo aver udito l’offesa, ha reagito cercando di affrontare la donna ed è stata espulsa dal match. La squadra riminese ha deciso di sporgere denuncia, mentre il club cesenate ha condannato il gesto, sottolineando che la spettatrice non è affiliata alla società. Ieri è arrivata la decisione in merito la ragazza dell'Under 19 dell’Under 19 del Rimini Basket che ha reagito, forse certo in maniera eccessiva ( ma sfido chiunque riceva un insulto del genere riesca difficilmente a porgere l'altra guancia ) agli incommentabili insulti razzisti da parte della madre di una giocatrice avversaria.Non riceverà nessuna squalifica . In compenso, la madre razzista è stata denunciata e ha ricevuto un Daspo di due anni.È finita così. Un degno finale di una storia indegna  .
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concludo questo  n   d'oggi  con  una  riflessione    che  mi  è  ritornata  in mente   dopo la  visone  della  fictione  rai  (  qui  e  qui  la  mia recensione  )   sul  conte  di  montecristo  . ll perdono non cancella il passato, ma permette di costruire un futuro senza il peso dell'odio e dei rimpianti.

7.11.24

perdono catarchico

  canzoni  suggerite

come fai a perdonare tutto e tutti ? soprattutto chi ti ha fatto del mle come testimoni questa citazione

Io non so perdonare. Né perdonare né dimenticare. È uno dei miei più grandi limiti forse, e il più lugubre. E meno che mai so perdonare quando una ferita mi è stata inferta da persone dalle quali mi aspettavo affetto, tenerezza, o sulle quali mi facevo illusioni positive. Non v'è uomo o donna colpevole verso di me che non sia finito nella Siberia dei miei sentimenti".

                                                                                                              Oriana Fallaci. 



 È vero che il perono no è una cosa facile soprattutto nel caso da te citato . Però allo stesso tempo è vero che il perdono fa bene a chi lo fa e non al perdonato, a me no che esso\a non sia realmente pentito , ma il perdono vero è quello che significa dimenticare, significa obliare definitivamente il passato e non è affatto semplice, soprattutto se chi chiede perdono ha commesso atti ingiusti e fatto volutamente soffrire chi avrebbe dovuto amare e proteggere o ha fatto la carogna . E se vuoi davvero il perdono, dovresti chiedere scusa prima e non quando sei in punto di morte --- ovviamente dipende da caso a caso come esempio tale  storia --- 

 

 perché, in questo caso, lasciando da parte il lato divino, è comunque nella maggior parte dei casi una richiesta egoistica che crea sensi di colpa ingiusti in chi resta. << Dal mio punto di vista, la morte non beatifica. Se uno in vita è stato volutamente crudele, egoista e indifferente alla sofferenza altrui, non diventa santo perché muore. A quello ci penserà il Divino, per chi crede, ma per chi ne ha subito i tormenti e le angherie, per coloro che restano, potrebbe essere una liberazione.Perciò ognuno ha il suo vissuto e non mi permetterei mai di giudicare sia chi è disposto a perdonare sia chi non lo fa.>>  Claudia K. Domeniconi in un comento a questa storia   sempre  dello stesso  gruppo

 

10.7.24

Laura Ewert, "Mio nonno , il tenente Wolf Ewert, ordinò il massacro nazista di San Polo. Ora io chiedo perdono"




tramite il solito  msn.it    leggo   di  questa  vicenda  (  mi pare   d'aver  già parlato   o sui miei social o qui    in un post  sul  25  aprile    di quest'anno  )  trovo Storia  di  Laura Ewert nipote   del Boia nazista tenente Wolf Ewert,autore  della strage nazista   ,  una  delle tante  avvenute  in Italia    nel periodo    1943-45   ,  avvenuta il 14  1944 di un luglio nel piccolo paese di San Polo, vicino ad Arezzo

dA  Quotidiano.Net • 18 ora/e

"Mio nonno ordinò il massacro nazista di San Polo. Ora io chiedo perdono"
 Di FILIPPO BONI

Roma, 10 luglio 2024 
L’attimo in cui scoprì che uno degli uomini più importanti della sua vita, quello che l’aveva consolata, le aveva raccontato le favole da bambina e insegnato a costruire sogni pieni di speranza, suo nonno, era stato un boia nazista durante la seconda guerra mondiale in Italia, fu il più atroce della sua esistenza.Fu come se anche lei, oggi madre e giornalista affermata, Laura Ewert, fosse stata ammazzata insieme ad altri 64 innocenti tra cui donne e bambini dagli uomini del tenente Wolf Ewert, il suo carissimo nonno, all’alba di un pallido mattino di sole del giorno 14 di un luglio ormai lontano, nel 1944, nel piccolo paese di San Polo, vicino ad Arezzo

Wolf Ewert e la nipote Laura Ewert© Fornito da Quotidiano.Net


Aveva un tono dimesso, velato dalla tristezza e dalla commozione Laura, quando pochi giorni fa, in collegamento web dalla Germania con la sala consiliare del Comune di Civitella della Chiana, in occasione di un convegno sulle stragi naziste dimenticate organizzato dal Comune con il giornalista Udo Gümpel e lo storico Carlo Gentile, è stata chiamata ad intervenire per portare la sua diretta testimonianza.
“Quando ho scoperto cosa era accaduto a San Polo sono stata sommersa da sentimenti di tristezza, dolore e vergogna – ha detto –. Mi sono fatta molte domande sulla mia famiglia, sul perché non abbiamo mai parlato o affrontato questo argomento. Perché non siamo mai andati a San Polo per parlare con chi ha vissuto quella tragedia, chiedere perdono, immedesimarci per un qualcosa per il quale è difficile trovare parole adeguate".Già. Difficilissimo scavare nel vocabolario e trovare le parole giuste per definire crimini di questa portata che in Italia tra il 1943 e il 1945 hanno causato circa venticinquemila vittime innocenti, la maggior parte senza giustizia. Altrettanto complesso però è trovare quelle che descrivano la forza di questa donna che si porta addosso senza colpe l’eredità sanguinosa di un nonno criminale impunito, e riesce a redimersi pubblicamente dopo ottanta anni e a chiedere, in un atto d’amore sincero ed estremo, umilmente perdono alle vittime ed ai loro familiari.
Lei che addosso non porta nessuna macchia, lei che però, con una dignità infinita, chiede scusa al posto del nonno ormai morto tanti anni fa. Perché se lui fino in fondo non comprese la gravità dei gesti compiuti e mai si pentì, lei ha almeno carpito la portata catastrofica che hanno avuto quei massacri sui sopravvissuti e sulle comunità colpite.
È impossibile conoscere davvero cosa si celi nel fondo del pozzo dell’abisso dei familiari delle vittime che fino alla tomba si sono portati dentro l’ergastolo del dolore senza aver mai ottenuto giustizia.Più facile districarsi nella storia e tornare a quel drammatico giorno di luglio, due giorni prima della liberazione di Arezzo, quando Wolf ed i suoi uomini, con un improvviso attacco, liberarono alcuni commilitoni prigionieri, catturarono numerosi partigiani e le persone sfollate nella zona, uccisero alcuni civili, tra cui donne, anziani e bambini, e condussero il resto a San Polo. Li massacrarono dopo ore di spietate violenze. In quarantotto furono obbligati a scavarsi la fossa nei giardini di Villa Gigliosi, furono seppelliti vivi e fatti saltare in aria con la dinamite. Tra loro anche il ragazzo che portava i panini ai tedeschi. Gli altri furono portati fino a San Severo e massacrati tutti. L’operazione repressiva nella zona si concluse con la morte di 64 persone, in uno scenario di raccapricciante brutalità.Sono passati ottant’anni. La morte per gli indagati è arrivata prima della Procura e quindi della giustizia. A differenza delle sue vittime, il tenente Ewert ha fatto in tempo a ricostruirsi una vita dopo la guerra e a veder crescere la nipote Laura. È morto prima di trovare la forza di raccontare.Ma siccome la vita si rigenera nel grembo materno, sarà proprio lei, sua nipote, domenica prossima, a venire a San Polo di Arezzo appositamente dalla Germania, ad abbassare lo sguardo e a chiedere perdono per una colpa che non è sua. Perché se per la giustizia può esserci un tempo, la forza del perdono è come quella dell’amore: può non morire mai, può rigenerarsi e tramandarsi di padre in figlio.E questo dà alle famiglie ed ai popoli la forza di non perdere mai la speranza nell’umanità.

4.7.24

diario di bordo n 60 anno II . MATRIMONIO IN METROPOLITANA , «Paralizzata per sempre per uno scherzo di un'amica al party prima del matrimonio: l'ho voluta comunque come damigella», Separate alla nascita, sorelle gemelle si ritrovano su TikTok: «Era uguale a me, abbiamo indagato e ho scoperto la verità»

 

  ogni luogo per  sposarsi    va  bene  .  L'articolo Coppia senza soldi organizza matrimonio in metropolitana: un successo proviene da Bake News.

                                                    Coppia senza soldi organizza matrimonio in metropolitana 

                                                                                           © TikTok

Quando una coppia si ritrova con pochi soldi per organizzare un matrimonio coi fiocchi serve fantasia ecco la storia di Daniel ed Esmy che per il sì hanno scelto la metropolitana di New York. Daniel Jean non aveva i soldi necessari per poter organizzare alla sua fidanzata Esmy Valdez un matrimonio esagerato. E così ha avuto la sua idea: organizzare le nozze nella metropolitana di New York. “Non avevamo i soldi per organizzare il ricevimento da sogno che avevo sempre immaginato”, ha detto al NY Post Jean, 39 anni, di professione responsabile marketing, sottolineando l’elevato costo dell’organizzazione di nozze a New York. “Ho deciso di sorprenderla organizzando un ricevimento fantastico sulla metropolitana L”, ha detto Jean.

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Matrimonio in metropolitana costato solo 3mila dollari

Lui e Valdez, estetista trentottenne, hanno celebrato ufficialmente il loro matrimonio con una cerimonia privata in chiesa il 27 giugno. Martedì 2 luglio invece i due hanno brindato alla loro presunta unione insieme a 20 amici all’interno di una carrozza della metropolitana piena di perfetti sconosciuti. E per farlo hanno speso in tutto 3.000 dollari. Secondo recenti statistiche raccolte dal Post pronunciare il fatidico sì con una cerimonia e un ricevimento standard nella Grande Mela può costare alle coppie fino a 63.000 dollari.
Jean, tuttavia, scelse l’amico Jodell “Joe the Show” Lewis per organizzare la loro serata economica in metropolitana. “Ho presentato il ricevimento, il mio amico Christopher Dupree ci ha aiutato a gestire l’allestimento e abbiamo assunto una wedding planner, Anya, per aiutarci con la produzione generale”, ha detto Lewis, 40 anni, comico, al Post. Lewis aveva già diretto diverse feste sgargianti sul treno, tra cui una festa in piscina bagnata.

Il video del matrimonio in metropolitana diventa virale

“Abbiamo ricevuto il cibo preparato dallo Chef O di O’s Grill Spot [a Brooklyn], abbiamo avuto una torta, bevande e musica dal DJ Whoo Kid”, ha detto Lewis della festa di nozze. “È stata una festa incredibilmente divertente e memorabile per circa $ 3.000 che sarebbero costati $ 30.000 in una sala ricevimenti”.E la frugalità ha fatto miracoli anche in un altro modo per Valdez: ha raccontato al Post che la loro accoglienza sfrenata ha ulteriormente approfondito il suo amore per Jean. “Quando sono salita sul treno e ho visto tutto, ho pensato: ‘Wow, ho scelto la persona giusta'”, ha detto entusiasta la novella sposa. Le immagini virali dei festeggiamenti hanno totalizzato più di 363.000 visualizzazioni su TikTok.


La gente in questa città pensa che sia importante per gli uomini avere cose costose per stupire la donna dei loro sogni”, ha aggiunto. “Il nostro ricevimento era tutto incentrato sull’amore”. “Ma non esiste nessun altro posto al mondo in cui puoi celebrare le tue nozze su un treno e ricevere così tanto amore da persone felici che non conosci nemmeno”.


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da   www.leggo.it    tramite  msn.it   • 8 ora/e • 2 min di lettura


© Social (Facebook etc)



Una storia di dolore, profondo e inaspettato, ma soprattutto una storia di vita, di rinascita, di accettazione: Rachelle è rimasta paralizzata per sempre dopo uno scherzo della sua migliore amica durante l'addio al nubilato e il giorno del matrimonio ha dovuto percorrere la navata in sedia a rotelle. Eppure, tra le damigelle della sposa, quell'amica era presente e anche con lei ha celebrato l'unione con l'uomo della sua vita.«Non mi piacerà mai essere paralizzata - dice la donna, mamma e moglie - Ma il trucco sta nel guardare sempre al lato positivo, nella vita». Rachelle ha deciso di raccontare la sua storia tramite una serie di video sui social, non solo il drammatico momento dell'incidente, ma anche tutto ciò che è successo dopo, a dimostrazione che nonostante gli ostacoli che ha dovuto superare, è riuscita a raggiungere la felicità.
L'incidente in piscina e il matrimonio
«Quattordici anni fa il mio mondo ha tremato - scrive Rachelle nella didascalia del video pubblicato su TikTok, raccontando la sua storia -. Avevo 24 anni e la mia vita stava andando alla grande. Avevo comprato casa, ottenuto il primo lavoro vero e mi ero fidanzata con il mio amore dell'università. Era arrivato il momento di festeggiare l'addio al nubilato e io ero al settimo cielo! Dopo una serata fuori a divertirci tra amiche siamo tornate a casa per fare una nuotata in piscina».Nulla di strano in tutto ciò. Poi l'incidente inaspettato: «Un'amica mi ha spinta in piscina. Sono stata colta di sorpresa, sono caduta di testa e mi sono rotta il collo, il che ha causato una lesione istantanea al midollo spinale. Potrei parlare nel dettaglio di tutto ciò che è successo quella sera - scrive Rachelle -, ma questa è una storia di amore, famiglia e di ostacoli superati. Un anno dopo ci siamo sposati, abbiamo avuto una bimba e quattro anni dopo abbiamo una vita fantastica».Rachelle non vuole raccontare il dolore, ma la gratitudine: «Lasciatemi dire... vorrei che ci fosse una cura. Ci penso spesso. Ma è possibile volere una cura e comunque andare avanti con la vita ed essere grati per ciò che si ha. In tanti ambiti sono davvero, davvero fortunata, e me ne rendo conto. Il mio messaggio è di essere sempre grati, umili e gentili... e fate attenzione vicino all'acqua!».
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Sorelle gemelle si trovano grazie a TikTok

Una studentessa si è imbattuta in un video di TikTok di una ragazza che le somigliava tantissimo: ha iniziato a seguirla sui social credendo che fosse semplicemente un caso. Sono diventate amiche e solo dopo hanno scoperto di essere sorelle gemelle, vittime di un enorme traffico umano durato più di 50 anni. Elene, 19 anni, della Georgia, stava guardando alcuni video su TikTok quando le è apparsa una clip girata da una ragazza di nome Anna con dei tratti somatici identici ai suoi: naso, bocca, occhi e mani, tutto di quell'adolescente le ricordava se stessa. Le due sono diventate amiche, «senza sospettare che potessimo essere sorelle - spiega Anna - ma entrambe sentivamo che tra noi c'era un legame speciale».Quando le rispettive famiglie delle ragazze hanno svelato a ciascuna di averle adottate, le ragazze hanno deciso di indagare. Con un test del DNA hanno scoperto di essere sorelle gemelle. «Ho avuto un'infanzia felice - ha raccontato Anna a The Sun - ma d'un tratto tutto il mio passato mi sembrava un inganno. Ho fatto fatica a elaborare l'informazione, ad accettare la nuova realtà: le persone che mi hanno cresciuto per 18 anni non sono i miei genitori biologici. Ed ora avevo anche una sorella».
50 anni di adozioni condotte illegalmente
Dietro la loro adozione c'è una storia davvero sinistra: le due ragazze «sono tra le decine di migliaia di bambini georgiani venduti illegalmente in uno scandalo di traffico di neonati durato decenni», riferisce la testata inglese. «Il piano, scoperto dai giornalisti e dalle famiglie in cerca di parenti scomparsi, prevedeva il furto di neonati alle loro madri, molte delle quali si sentivano dire che i loro bambini erano morti ed erano stati sepolti nel cimitero dell'ospedale». Il fenomeno è durato per oltre 50 anni, «sorprendentemente orchestrato dagli operatori sanitari stessi», i quali falsificavano gli atti di nascita e affidavano i neonati a nuove famiglie in cambio di denaro.
La giornalista georgiana Tamuna Museridze combatte ancora contro questa macabra criminalità. La donna, che è lei stessa vittima di questo sistema malato, gestisce un gruppo Facebook dedicato al ricongiungimento dei bambini sottratti ai loro genitori, il quale conta 200 mila membri attivi. Tamuna afferma di avere le prove che almeno 120.000 bambini sono stati rubati ai loro genitori e venduti tra il 1950 e il 2006, anno in cui le misure anti-tratta del presidente riformista Mikheil Saakashvili hanno definitivamente stroncato il sistema.
Molte coppie che scoprono un problema nella fertilità sono disposte a ricorrere a un'adozione illegale, purtroppo, come ha fatto la mamma di Elene: «Adottare da un orfanotrofio sembrava impossibile a causa delle liste d'attesa incredibilmente lunghe», ha dichiarato la donna. Nel 2005 un conoscente le parlò di una bambina di sei mesi disponibile per l'adozione presso un ospedale locale, dietro pagamento di un compenso e lei ha accettato, perché le sembrava l'unica occasione rimasta per allargare la famiglia. Alcuni infermieri hanno portato Elene direttamente a casa sua e lei non ha compreso fino in fondo che si trattava di un'operazione illegale. Per formalizzare l'adozione, ci sono voluti mesi estenuanti di ritardi burocratici, ma poi la coppia ne uscì con successo: Elene era la loro bambina, a tutti gli effetti.
Al momento, il gruppo Facebook gestito dalla giornalista ha riunito più di 800 famiglie; mentre gli organi di giustizia georgiani cercano di rintracciare tutti i responsabili di traffico umano. Qualcuno è stato arrestato, ma si presume che la maggior parte dei professionisti coinvolti sia ancora a piede libero. Anna e Elene non provano risentimento per la faccenda: oggi sono due ragazze gioiose di essersi trovate e sono concentrate sul vivere al meglio il loro rapporto.

20.4.24

DIARIO DI BORDO N° 45 ( ex n 0 ) anno II un vagabondo stanco sa che deve andare avanti

 canzone suggerita \   colonna  sonora

UNA TERRA PROMESSA - EROS  RAMAZOTTI
ci  vuole  un  fisico bestiuale  - Luca  carboni 

 su  cosa è la rubrica  DIARIO DI BORDO 

Prima  d'iniziare  il n   odierno  dell'ormai consueta   rubrica    diario di bordo    che  dalla    fine  dello    scorso  anno    ha  preso inzio  sul  blog   veniamo   di rispondere ,  aggiungendo un  ulteriore  risposta  alle FAQ    del blog  ,  al perchè del titolo   della  rubrica non periodica    , diario  di bordo , appunto ,  in cui   riprendo articoli , post  , storie  , ecc    ed   in  alcuni casi   d'adesso     mie  riflessioni    \  stati  d'animo         che   ho tralasciato       dai normali  post    .
Questo  post  scritto   è    quello che in realtà avrebbe  dovuto essere   il numero 0  della  rubrica .  IL  post  ( ed  anche  il titolo  alla  rubrica  )   nasce    dalla  lettura  e  dalla riflessione  scatenatami  da questa   poesia , risalente  al 13 aprile 2010,  di Elio Moncelsi ,  trovata  su  il  muro di fronte  al museo Man  di Nuoro   intitolata  proprio 

                                                DIARIO  DI BORDO 



….è come navigare per mare:
ci avventuriamo nell’oceano della vita
attraversando calme piatte,
affrontando furiose tempeste,
diretti verso approdi sognati
di cui abbiamo solo sentito parlare,
verso paradisi perduti o da conquistare
oppure verso niente,
solo per il gusto di viaggiare.
Chi su fragili legni e chi su munite corazzate
solcando onda dopo onda, giorno dopo giorno,
sospesi sopra un abisso immenso
e sotto un cielo che non è nostro,
ognuno di noi segue il suo portolano.
Io leggo la mia rotta nel canto delle stelle,
amo il sole in faccia ed essere baciato dal vento
non mi interessa la meta:
è il viaggio che conta
e la musica del mare.
Come ogni buon navigante
tengo il mio diario di bordo
e sono uso prendere appunti di viaggio
dove annoto sensazioni,
visioni, incontri.
Questi sono i miei dipinti
giorni della nostra vita,
appunti di viaggio
del mio diario di bordo;
non ne sono geloso,  puoi leggerlo, se vuoi  


I miei viaggi e le mie avventure nella vita di tutti i giorni nei suoi vari aspetti ( antropologici , politici , culturali, psicologici \ filosofici ) alcuni poco battuti o esaltati dalla massa per via del politicamente corretto sono sempre un percorso di crescita e di formazione della mia opera d'arte. in questi giorni me la devo vedere con le proprie ferite e delusioni e frustrazioni. Quelle che ed il mio caso continuo a portami dietro e finiscono col decidere per me per scegliere al mio posto. infatti spesso orgoglio e fierezza sono i nemici più pericolosi di un pirata e bucanieri e il pirata redbeppeulisse s'appresta ad impararlo nuovo mollando gli ormeggi verso la verità dell'oceano tra salsedine , spazi aperitivo d'occhio, in acque fitte d'insidie e pericoli di ogni genere. Ma mi fermo, nel silenzio della notte come l'astromo acculturato di ( Walter Whitman  poeta  americano 1819-1892  )  a  riflettere    ed  mi accorgo    che  non intendo come  ho  fatto   in passato    farmi mai  più  ( ma  mai dire mai  , perchè ogni  ritorno è possibile  ed è una  lotta perenne  )   consumare dal rancore  e dall'odio   oltre  che :  rimanere in un circolo  vizioso   cioè  il rispondere  \ replicare  ad   una cattiveria con un altra  cattiveria o   gesto  peggiore   , si sprecano tempo ed    energie  nel cercare   vendetta ed  annullare quelle persone    che  mi  hanno : insultatyo  ( con parodie, sfottò\prese in giro ,  pagine  web    e post  diffamatorie )    deluso, ingannato ,  fatto soffrire  , penare  .  Ma soprattutto Perchè   io  vagabondo  che  non sono  altro  anche   se  :<< [...]   Ho troppe ferite e le mie gambe sono stanche \Ho le palle piene e i piedi fumanti\ Ma c'è un gioco da fare e una ruota che riparte\ E un vagabondo sa che deve andare avanti  ( IL  Vagabondo Stanco-  Mcr   ) >> nostante  tutto - Infatti  


quindi   meglio   come   suggerisce   sul  gruppo  \1  pagina   comunity   facebook     filosafando  


 Beatrice PerfettiRiflessioni
Non guardare il cellulare, non controllare se è ancora sveglio, non ti fissare sulle cose che ha fatto qualche volta, non avere aspettative. Non immaginare che alcune persone possano cambiare, non immaginare che possano nascere attenzioni e sentimenti che non ci sono stati fino ad ora. Non essere malinconica anche stasera, molto probabilmente non ne vale la pena. Non rincorrere. Chi ti vuole, ti saprà trovare, non ti lascerà ore ad aspettare un segno di vita o una risposta, non creerà silenzi ma riempirà il vuoto che qualche volta pensi ti accompagni da sempre. A volte capita solo di volere bene alle persone sbagliate. Sbagliate per noi. Perché se non sei tu la priorità, se non sei tu il centro del cuore, vuol dire che qualcosa non va, uno sbaglio da qualche parte c'è. Lo sbaglio però non sei tu. Ti meriti qualcosa di più, ti meriti una carezza, delle parole che sappiano strapparti un sorriso. Ti meriti la buonanotte, un messaggio in cui qualcuno ti dice che non riesce a smettere di pensare a te. Ti meriti qualcosa di veramente speciale; non accontentarti, non sprecare lacrime, non sprecare sogni. Lascia andare...
Laura Messina

ovvero il dimenticare ed in alcuni caasi il perdono . con questo è tutto  alla prossima  

 


 




Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...