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22.12.24

Il regalo per i 100 anni di nonna Lidia: la laurea mai ritirata. «Costava 30 mila lire, non potevo spenderle» ., Stuprata e ripresa da 16 persone, la sua famiglia: "Devi stare muta"., Quando la realtà supera i sogni: il miracolo dei ragazzi problematici e delle periferie che trovano tutti lavoro



«Una volta, durante un esame di Morale avevo l’impressione che il professore guardasse il pulviscolo atmosferico. Allora mi fermai e smisi di parlare. Lui mi disse di andare avanti e io risposi: “No finché non mi ascolta”. Ero ben sfrontata da giovane! Adesso sono arrivata ai 100 anni e un mese e andiamo avanti».
Qualche giorno fa, nella casa di Lidia Oldani, alla Maggiolina a Milano, c’erano 32 invitati. I suoi cinque figli, Maria Teresa e Edoardo, Stefania, Andrea e Luca e poi quindici tra nipoti e pronipoti, dai 2 ai 48 anni e altri famigliari. Sul tavolo un regalo inaspettato: la pergamena originale del suo diploma di laurea in Magistero all’Università Cattolica, con la data del 7 febbraio 1950. Non lo aveva mai ritirato. «Allora la pergamena costava circa 30 mila lire (circa 575 euro attuali). Mi ero appena sposata ed era una spesa che non volevo affrontare e non volevo chiederli ai miei genitori, che già avevano pagato la retta universitaria. Mi dicevo ”Lo chiederò se mi servirà per ottenere un lavoro”. E invece poi sono arrivati i figli e mi sono dedicata a loro» racconta Lidia, che gode di buona salute e ha una memoria vividissima.
Ai figli aveva detto della laurea rimasta nel cassetto e loro l’hanno sorpresa con questo regalo. «All’università avevano la pergamena originale della laurea e ci hanno riconsegnato anche il suo diploma delle magistrali» spiega Luca. Oggi ritirare un diploma costa 100 euro più 16 di bollo, ma alla famiglia della signora non hanno fatto pagare nulla. Lidia, che all’epoca abitava in corso Garibaldi, visse gli anni universitari durante la Seconda Guerra Mondiale. «La nostra famiglia era sfollata a Caglio, in Valsassina. Al mattino prendevo il treno a Asso e venivo a lezione. Se c’era un’incursione aerea, il convoglio si fermava e fuggivamo nelle campagne, racconta.
All’epoca, nei corridoi di largo Gemelli si potevano incontrare i fondatori, padre Agostino Gemelli e Armida Barelli. «Conobbi solo lui: lo vedevamo girare su una sedia a rotelle. Aveva un’aria austera e la fama di grande severità». Tutt’altro ricordo ha invece del grande poeta David Maria Turoldo, all’epoca studente di Filosofia. «Molto simpatico e spiritoso. Un uomo di grandissima intelligenza. Gli dicevamo: peccato che hai fatto il prete». Fino agli anni 60, le studentesse indossavano un grembiule nero. «Salivamo una scala riservata solo alle donne, in cima c’era la stanza coi grembiuli. Il mio fidanzato e futuro marito Domenico Rossotti studiava al Politecnico e si fermava ai piedi di quella scalinata».

Domenico, futuro dirigente all’Ibm e Lidia amavano studiare insieme ai giardini della Guastalla. Si erano conosciuti in vacanza a Caglio. «Mi disse che mi voleva bene il 29 agosto del 1942 e nel 1950 ci siamo sposati». Anni universitari di cui ha bei ricordi. «Frequentavo la Fuci, federazione universitaria cattolica. Si andava a messa insieme in una chiesa vicino alla Rinascente. Degli esami avevo lo spauracchio di grammatica latina. Era un esame del primo anno, ma lo diedi all’ultimo. Presi 19, il docente consigliò di rifiutare ma io accettai, perché dovevo di lì a poco sposarmi. La media non fu rovinata: ho preso 110/110». La tesi in Antropologia sulla Valle del Brembo la scrisse a mano, mentre alle illustrazioni pensò Domenico. Lidia avrebbe voluto studiare Medicina (ma non si accedeva con la maturità magistrale) o fare la giornalista. Giornalista e medico sono diventate le sue due figlie. «La laurea mi è servita ad aiutare i miei figli negli studi», ma nella vita Lidia si è dedicata anche agli altri: per 30 anni da volontaria all’Oftal ha accompagnato i malati a Lourdes.

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Due giovani ragazze sono state vittime di uno stupro di gruppo a Seminara, piccolo centro della provincia di Reggio Calabria. Gli aguzzini, 16 in totale, includevano tre minorenni all’epoca dei fatti. Tra gli arrestati, secondo quanto riportato da Repubblica, figurano tre rampolli di famiglie legate alla ’ndrangheta, il figlio di un politico locale e persino il fidanzato di una delle vittim
Le violenze, pianificate con freddezza, hanno portato a una serie di abusi ripetuti. Le giovani sono state filmate e trattate "come se fossero cose", in un contesto di soprusi organizzati. Le intercettazioni effettuate dagli investigatori, inizialmente impegnati in un’indagine di ’ndrangheta, hanno svelato le conversazioni tra gli indagati, che discutevano dei loro piani via chat.La procura di Palmi, insieme a quella per i minorenni, ha ottenuto l’arresto di tutti i responsabili.
Il giudice delle indagini preliminari, nella sua ordinanza, ha sottolineato la pericolosità di tre degli indagati minorenni, descrivendoli come individui con "una personalità del tutto sganciata dalle regole del vivere civile e totalmente orientata verso il soddisfacimento dei più biechi istinti sessuali".Per una delle vittime, però, l’incubo non si è concluso con le denunce.




I familiari, invece di sostenerla, l’hanno attaccata, accusandola di aver "rovinato" tutti con le sue dichiarazioni. "Devi stare muta", le hanno detto, cercando di farle ritrattare, arrivando persino a urlarle: "Ma perché non ti ammazzi?".Le autorità, consapevoli delle difficoltà, hanno monitorato costantemente le due ragazze, intervenendo per proteggerle da ulteriori pressioni. Una di loro ha mostrato una forza straordinaria, continuando a collaborare con gli investigatori: "Ha combattuto da sola, è stata determinata e coerente nel suo racconto", hanno sottolineato gli inquirenti.

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   di Massimiliano Lussana 22-12-2024 - 09:38 tiscali news 

Quando la realtà supera i sogni: il miracolo dei ragazzi problematici e delle periferie che trovano tutti lavoro





                      


Ho fatto un sogno e ho visto un miracolo. Che è un doppio sogno, anche se Schnitzler stavolta non c’entra. Il primo sogno realizzato è quello dell’incontro fra domanda e offerta di lavoro, che spesso si realizza grazie agli ITS, l’evoluzione virtuosa delle vecchie scuole professionali, con insegnamenti attivati su richiesta dei datori di lavoro, che in cambio si impegnano ad assumere un numero minimo di ragazzi partecipanti ai corsi, a volte cifre attorno al 90 per cento degli iscritti. Un circolo virtuoso che ha la sua capitale ideale a Genova nell’Accademia Italiana della Marina Mercantile guidata dal tandem fra Eugenio Massolo e Paola Vidotto e in generale nel sistema della Formazione in Liguria, che ha al centro del suo programma il fatto che la formazione deve essere finalizzata a trovare un lavoro ai ragazzi e non semplicemente ai formatori.
Il riscatto dei giovani
Insomma, stiamo parlando di una vera e propria miniera d’oro per i ragazzi disoccupati. Quelli che parlano bene parlerebbero di superamento del mismatch, lo squilibrio fra domanda e offerta di lavoro. Il secondo sogno, che procede in parallelo, è il riscatto di giovani per cui altrimenti il futuro sarebbe un’ipotesi, messi ai margini della società. E provo a raccontarvi come il sogno si è trasformato in miracolo, a Roma, a Genova ed è pronto a trasformarsi nella stessa splendida storia anche nel resto d’Italia. Ho fatto un sogno e non solo ho visto come sia possibile far incontrare domanda e offerta di lavoro ma, soprattutto, ho visto aiutare i ragazzi che hanno più problemi e vengono non nella totalità, ma in molti casi, da famiglie problematiche, con situazioni di povertà, mancanza dei genitori perché carcerati o con gravi problemi di salute o altri. Ho fatto un sogno e ho visto l’umanità di persone che ci credono, che ci mettono il cuore, che riconciliano con la positività della scuola e della formazione.
Il lavoro dell'associazione “Musica bene comune”
Partiamo da Roma, dove il lavoro di una straordinaria manager culturale, la numero uno in Italia, Manuela Litro, una sorta di regina Mida di cose e e persone, capace di trasformare in oro tutto ciò che tocca e soprattutto tutti coloro che sfiora, ha portato decine e decine di ragazzi delle periferie, Tor Bella Monaca, Laurentino 38, la scuola Manin dell’Esquilino che riesce a tenere insieme (e bene) 72 etnie diverse ad arrivare fino al Quirinale, sul Colle e sul monte dell’eccellenza con il suo coro giovanile. E il lavoro della sua associazione “Musica bene comune” anche fra i ragazzi di Amatrice è qualcosa che riconcilia con la passione e con la vita. Insomma, Manuela Litro è un soggetto da dizionario dei sinonimi della parola “amore”, il più bello esistente in natura, la persona migliore che abbia mai conosciuto.
L'organizzazione ELIS
Ma in parallelo, a Genova c’è un’altra storia bellissima che parte da un’eccellenza industriale e imprenditoriale come Anna Giuntini, che è una straordinaria imprenditrice del settore industriale che con la sua PH facility guida un’eccellenza assoluta, una realtà diffusa oltre i confini nazionali con brand tecnologici avanzati, ma, parallelamente, si è sempre occupata di sociale in termini di attenzione e di cultura aziendale. Insomma, fra le varie cose, Anna Giuntini si occupa da molti anni di un’organizzazione che si chiama ELIS, nata negli anni Sessanta sull’ispirazione di San JosèMaria Escrivà, il fondatore dell’Opus Dei – anche se qui non c’è niente di confessionale, ma molto di valoriale – visto che la struttura si occupa principalmente di portare ragazzi, provenienti per lo più da situazioni complesse, al raggiungimento di uno scopo professionale attraverso formazione tecnica in più settori didattici come meccanica, elettronica, edile, logistica, artigianale, ma anche alberghiera e altri importanti “mestieri” che possano assicurare loro un futuro.
L'incontro tra domanda e offerta
Tutto questo è avvenuto costruendo un centro e un vero e proprio Campus di eccellenza formativa a Roma, che oggi ospita anche una sede secondaria del Politecnico di Milano, a cui aderiscono, in qualità di stakeholder, anche le più grandi aziende italiane di straordinario valore da Eni ad Enel, Autostrade per l’Italia, Fincantieri, Poste Italiane, Leonardo e tante altre, l’argenteria di famiglia del mondo dell’impresa italiana, come fatturato e numero di dipendenti. Stiamo parlando quindi di un’organizzazione di matrice cattolica nell’ambito dell’Opus Dei. Ma sbaglierebbe completamente chi pensasse a una struttura religiosa o tesa al proselitismo, visto che si concentra solo sul lavoro e sull’educazione alla vita didattica, lavorativa e sociale dei ragazzi.
Anna Giuntini e i progetti ELIS
E qui lascio la parola a Anna Giuntini: “Ho partecipato a diversi progetti ELIS ma quello che più mi ha entusiasmato è “Distretto Italia”, voluto un anno e mezzo fa dalla presidenza Tomasi e da altre aziende come la mia, che si è occupato sia di descrivere una vera e propria mappa di esigenze e fabbisogni di figure professionali e industriali necessarie allo sviluppo del paese e delle giovani generazioni, sia dell’indispensabile loro orientamento nelle esperienze didattiche al fine di non disperdere scolarità in campi che non portano, per questi giovani, ad alcuno sbocco lavorativo”.Il modello sociale del Comune di Genova
Tutto questo è stato presentato anche al Ministero dell’Istruzione e del Merito, durante il quale è stato presentato il modello sociale del Comune di Genova, unico nel suo genere in Italia, portato avanti dall’allora assessore ai Servizi Sociali Lorenza Rosso, che sono i “Centri di Educazione al Lavoro” - CEL nell’acronimo - nati per scongiurare l’abbandono scolastico e riportare nella vita delle nuove generazioni il valore dei “mestieri”, “da tempo – spiega Anna Giuntini - dimenticato in quei salotti buoni che straparlano di socialità e inclusione, tra un aperitivo e una cena fornita dai loro filippini, senza minimamente rendersi conto del danno culturale commesso dalle loro auliche chiacchiere negli ultimi trent’anni. Ho trovato sorprendente come la “laicità” di una iniziativa comunale, costruita attentamente per ragazzi ai margini della società, parlasse la stessa lingua di una comunità di matrice cattolica e, ancora di più, come la “religiosità” di un Centro didattico e formativo, nato per ragazzi altrettanto disagiati, ne sapesse definire gli stessi scopi morali e umani”. Vedere lavorare questi ragazzi, vedere i loro occhi mentre realizzano le loro opere, mentre piegano il ferro, è il miglior riassunto di questa storia.