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3.7.22

la dura vita degli italiani senza cittadinanza «Ho preso 100 alla Maturità ma non ho la cittadinanza»

  da  Avvenire  
Paolo Ferrario - Ieri 19:36

Quando è arrivata dal Pakistan, nove anni fa, non capiva una parola d’italiano. Oggi cita Dante a memoria, questa settimana si è diplomata con 100/100 al Liceo scientifico delle scienze applicate paritario “Malpighi” di Bologna e ora vuole iscriversi a Matematica. Per capire di che cosa parliamo quando parliamo di Ius scholae, sarebbe utile ascoltare storie come questa di Ayesha Amin, 19 anni, che in Italia ha fatto la quinta elementare, tutte le medie e le superiori, ma la cittadinanza non ce l’ha ancora. Un’assenza che pesa sulla vita di questa giovane donna, che non immagina nemmeno il proprio futuro lontano dal nostro Paese.


© Fornito da Avvenire«Ho preso 100 alla Maturità ma non ho la cittadinanza»


«Ho scoperto la mia identità come persona – scrive Ayesha in un tema – e le esperienze che hanno segnato la mia vita hanno avuto luogo in Italia, quindi in contatto con le persone italiane. Di conseguenza, riesco a raccontare solo in italiano le esperienze che ho più a cuore, mentre sento una grandissima incapacità di raccontare di me nella mia lingua madre, perché sento di non avere il vocabolario adatto».Di famiglia molto povera, Ayesha arriva in Italia a 10 anni, con la madre e i due fratelli maggiori, per ricongiungersi al padre che, con lo zio, da qualche tempo gestiva un ristorante a Bologna. La malattia prima e la morte dell’uomo poi, lasciano la famiglia senza una fonte di reddito e con il rischio concreto di essere rimpatriata. «Eravamo talmente poveri che vivevamo da alcuni parenti in case diverse, dove c’era posto», ricorda la giovane.
La svolta nella sua vita accade all’open day del Malpighi. «Ho visto questa scuola bellissima e mi sono informata per iscrivermi», ricorda Ayesha. Non sapeva che, in Italia, la libertà di scegliere una scuola paritaria è subordinata alla possibilità di permettersi la retta. Soldi che, ovviamente, la famiglia non aveva. Ma la passione con cui aveva espresso questo suo desiderio alla rettrice Elena Ugolini, è riuscita a superare anche questo ostacolo: una borsa di studio della Fondazione Campari arriva a coprire tutte le spese, non soltanto della retta, ma anche dei libri e del trasporto da casa a scuola. Una donazione sulla fiducia che la ragazza ha ripagato alla grande, attraverso un percorso scolastico che la propria docente di riferimento, Federica Mazzoni, non esita a definire «più che eccellente». Frutto di tanta fatica ma, soprattutto, fondato sulla convinzione che la giovane Ayesha si è messa in testa fin dai primi tempi in Italia: «Se volevo stare qua, se volevo studiare, dovevo imparare l’italiano». Lingua che in casa nessuno conosceva, a parte il padre e di cui ora, sempre a detta della prof, ha una padronanza migliore di tanti compagni nati in Italia.
«A scuola – racconta Ayesha – ho trovato dei maestri veri che mi hanno fatto appassionare allo studio. In quegli anni ho letto di tutto, da Dante a Primo Levi e ho imparato ad amare la lingua italiana, che ormai sento mia: è una parte essenziale della mia vita». «Negli anni del liceo – scrive ancora nel tema la studentessa – ho coltivato tante amicizie e ho scoperto che la lingua mette in relazione con le persone e permette di scoprire una parte di sé stessi».Ma conoscere i nostri grandi autori non le è bastato per vedersi riconoscere quella cittadinanza che la farebbe sentire italiana a tutti gli effetti, come lei del resto già si sente ed è percepita dai suoi amici. Con i quali, però, non ha potuto condividere l’ultima esperienza liceale: il viaggio di istruzione in Germania. Al momento di partire, ha scoperto che sulla sua carta d’identità c’è scritto «Non valida per l’espatrio». Per lei è stato un colpo al cuore. Un tradimento da parte del Paese in cui vive e nel quale si è più che integrata, risultando tra i migliori studenti della propria scuola. Ma, evidentemente, nemmeno un 100 alla Maturità è sufficiente per ottenere una cittadinanza che Ayesha e tanti come lei, aspettano ormai da troppo tempo.

Posso capire non si vuole 
Ius soli (in lingua latina «diritto del suolo») è un'espressione giuridica che indica l'acquisizione della cittadinanza di un dato Paese come conseguenza del fatto giuridico di essere nati sul suo territorio, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori.[1][2][3][4] Si contrappone allo ius sanguinis (o «diritto del sangue»), che indica invece la trasmissione alla prole della cittadinanza del genitore, sulla base pertanto della discendenza e non del luogo di nascita.[1][3][4]Quasi tutti i paesi del continente americano applicano lo ius soli in modo automatico e senza condizioni. Tra questi gli Stati Uniti, il Canada e quasi tutta l'America latina.[5] Alcuni paesi europei (Francia, Germania, Irlanda e Regno Unito) concedono altresì la cittadinanza ius soli, sebbene con alcune condizioni.  segue Ius soli - Wikipedia

perchè non sai se quelle persone hano intenzione di rimanere fisse qui per poi andarsene altrove oppure ritornare nella loro terra d'origine come fece un parente di mia madre che ando in argentina per ptersi pagare la casa e poi raggiunta la cifra rientrò in paese   e non parti più   fino alla morte  . 
Ma lo Ius  scholae ( qui magiori informazioni mi sembra   sia   un buon compromesso  ifatti anche la Polverini  ( centro  destra  )    e la  chiesa  




si sono dette d'accordo

30.4.21

intervista ad Alice Merlo che Tra insulti e complimenti, Alice Merlo porta avanti la sensibilizzazione sul tema del'aborto farmacologico, pratica molto osteggiata in Italia.

 La protagonista della storia  d'oggi,  che  poi  è  anche  quella  della  foto  del manifesto   che riporto a  destra   ,  si  si chiama Alice  Merlo  ha  26  anni ,  uno spirito libero  o meglio  una  di quelle  nuove  femministe     da quel  che  si vede    sul  suo  account   di  fb    , una  ragazza  coraggiosa    tanto  da  rompere un tabù .  Infatti   , come  potete   notare  dalle  mie  domande  sotto  riportate  , Tra insulti per   a ver proposto   di vedere  l'aborto non solo     come  dramma   e senso di colpa  , Alice Merlo porta avanti mettendoci la  faccia   la sensibilizzazione sul tema dell'aborto
farmacologico, pratica molto osteggiata in Italia. che è diventata testimonial della pillola abortiva RU486. Una giovane ragazza ventiseienne, nata e vissuta a Genova. A settembre del 2020 Alice ha deciso di interrompere volontariamente una gravidanza indesiderata ricorrendo ad un aborto farmacologico. Fin qui  niente  di eccezionale   visto    che succede    tutti i giorni  o quasi   . Il  fatto  che  io reputo  eccezionale  è che   come raccontano  diversi siti femminili  soprattutto  , in particolare  https://www.donnemagazine.it/alice-merlo-chi-e/ a meno di sei mesi dall’accaduto la giovane ha deciso di fare della sua esperienza personale una testimonianza per tutte le donne , di metterci la  faccia   ,  di non nascondersi  , è  di  accettare   critiche ( alcune comprensibili  \ legittime  , altre  meno) e  d insulti  anche  pesanti e  personali .  Infatti   visto     che  Lei   è diventata testimonial della campagna pro-aborto farmacologico sostenuta dall’UAAR, l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti. ed  ha sottolineato come in rete gira molta disinformazione sulla RU486, così ha deciso di prendere in mano la situazione e sensibilizzare su questo tipo di aborto .  Sentendo   su   https://rep.repubblica.it/audiovideo/audio-rubrica/rep/rubrica/maree  e   leggendo  la  sua  storia   fra  siti  che trovate  a   fine post    ho deciso d'intervistarla


Iniziamo a sciogliere il ghiaccio con una domanda banale ed forse scontata per chi conosce il problema ma non tanto per chi si approccia a tali temi che differenza c'è l'interruzione volontaria di gravidanza con la terapia farmacologica e l'aborto chirurgico?

L’aborto farmacologico è una procedura medica che prevede l’assunzione di due principi attivi a distanza di 48 ore l’uno dall’altro: il mifepristone (conosciuto col nome di RU-486) che interrompe lo sviluppo dell'embrione e un farmaco della categoria delle prostaglandine, che ne determina l’espulsione. La RU486 può essere presa in ospedale e in consultorio, dopodiché la persona va a casa e 48 ore dopo si reca in ospedale per il day hospital.
L’intervento chirurgico, definito isterosuzione, consiste nel rimuovere embrione ed endometrio dall'utero per mezzo di un'apposita cannula mentre la paziente è in anestesia totale.

Come fai a dire ho abortito e ne sono felice?

Lo dico perché è così. Sono serena, grata e felice. Serena perché era la scelta giusta per me, grata e felice perché ho potuto usufruire di un mio diritto senza scontrarmi con l'obiezione di coscienza, che in Italia è un enorme problema, e potendo scegliere la terapia che ritenevo migliore per me.

Come sei arrivata a questo: «Il nostro vissuto ha un valore e deve di diritto entrare nel dibattito pubblico. Solo così potremo superare lo stigma intorno all'aborto.
Perché è un diritto imprescindibile delle persone quello di autodeterminarsi. E sarebbe bello che, in futuro, chi accadesse all'IVG non dovesse scontrarsi con la riprovazione sociale e/o con l'imposizione del senso di colpa e del dolore.»?

Per troppo tempo le persone non hanno potuto parlare dei propri aborti con sollievo e gratitudine, o se lo facevano la società ricordava immediatamente loro che dovevano sentirsi in colpa, provare vergogna e considerare se stesse delle assassine o delle fallite. Ecco, tutto questo deve cambiare. Sta finalmente cambiando, ma bisogna accelerare, perché le donne devono poter scegliere serenamente cosa fare col proprio corpo senza scontrarsi col bigottismo, con l’obiezione di coscienza e con la riprovazione sociale.
Dire “io ho abortito” è già un fatto rivoluzionario in una società che dopo più di quarant'anni continua a non parlare serenamente di IVG. Dire “io ho abortito e sto benissimo” serve a cambiare mentalità, a sradicare pregiudizi e stereotipi, a combattere l’obiezione di coscienza. Io e milioni di altre persone siamo la prova vivente che l’aborto può essere un sollievo, e di conseguenza pretendiamo che l’accesso all’aborto sia il più facile e sereno possibile.

Secondo te la 194 va modificata e se si dove?

Il movimento transfemminista lo dice molto chiaramente: vogliamo l'obiezione di coscienza fuori dalla sanità pubblica. Le 194 è una legge nata male, perché non è stata lungimirante: era sì doveroso inserire l'obiezione di coscienza per chi già praticava ai tempi, per tutelare il diritto alla libertà di scelta e il diritto del lavoratore. Ma bisognava pensare alle future generazioni, chiarendo subito che l'IVG sarebbe stata parte integrante della formazione in ginecologia. Invece oggi ci troviamo una legge che tutela e fa fare carriera a chi obietta, e lascia sole le persone che vogliono abortire.
Inoltre parte integrante della legge 194 erano i consultori. Dove sono oggi? Dove sono i finanziamenti, la formazione, il personale? Lo Stato ha tagliato tutto quello che poteva tagliare, penalizzando un servizio fondamentale.

Saltando di palo in frasca visto che ti occupi dei diritti di tutti tutte tutt* e dici che: «Il #ddlZan contro l'omobilesbotransfobia, la misoginia e l'abilismo è una legge necessaria e urgente.» ti chiedo che ne pensi delle obiezioni delle femministe anche lgbtq+, quindi non solo pillonisti e company ad alcuni articoli fondanti?


Che se ti definisci femminista ma non difendi i diritti delle persone trans e non binary, allora sei solo una Adinolfi qualunque.
Trovo vergnoso, inaccettabile e meschino che persone che hanno vissuto sulla propria pelle lo stigma e la discriminazione, siano oggi in prima linea per voler togliere diritti alle persone trans e non binary.

Secondo me la discussione del decreto zan è come quello sulla legge sull'aborto ci vuole un compromesso tra cattolici e laici, ma soprattutto tra movimenti femministi quello nuovo e radicale (il tuo) e quello classico (vedi l'url della pagina facebook I-dee  )  tu cosa ne pensi?

Quando si parla di diritti che incidono concretamente sulla vita delle persone, non esiste compromesso. Non esiste equilibrismo, non esiste lotta al ribasso.
Anche perché abbiamo visto cosa succede quando le leggi vengono fatte sul compromesso: la 194 non funziona oggi ed è una conquista continua per una persona accedere all'aborto. Non voglio di certo che la stessa capiti col DDL Zan, vorrebbe dire non aver imparato niente dalla Storia.
Il mio femminismo non è radicale o nuovo, la corrente a cui sento di appartenere è quella del femminismo intersezionale, presente in Italia da più di 25 anni. Non siamo radicali, siamo consapevoli che tutte le battaglie sono collegate tra loro. Se il DDL Zan passerà escludendo dalle tutele le persone trans e non binary sarà una sconfitta per tutte le persone. Perché come posso gioire per una legge che esclude le categorie più oppresse, marginalizzate e discriminate?




emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...