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7.11.24

perdono catarchico

  canzoni  suggerite

come fai a perdonare tutto e tutti ? soprattutto chi ti ha fatto del mle come testimoni questa citazione

Io non so perdonare. Né perdonare né dimenticare. È uno dei miei più grandi limiti forse, e il più lugubre. E meno che mai so perdonare quando una ferita mi è stata inferta da persone dalle quali mi aspettavo affetto, tenerezza, o sulle quali mi facevo illusioni positive. Non v'è uomo o donna colpevole verso di me che non sia finito nella Siberia dei miei sentimenti".

                                                                                                              Oriana Fallaci. 



 È vero che il perono no è una cosa facile soprattutto nel caso da te citato . Però allo stesso tempo è vero che il perdono fa bene a chi lo fa e non al perdonato, a me no che esso\a non sia realmente pentito , ma il perdono vero è quello che significa dimenticare, significa obliare definitivamente il passato e non è affatto semplice, soprattutto se chi chiede perdono ha commesso atti ingiusti e fatto volutamente soffrire chi avrebbe dovuto amare e proteggere o ha fatto la carogna . E se vuoi davvero il perdono, dovresti chiedere scusa prima e non quando sei in punto di morte --- ovviamente dipende da caso a caso come esempio tale  storia --- 

 

 perché, in questo caso, lasciando da parte il lato divino, è comunque nella maggior parte dei casi una richiesta egoistica che crea sensi di colpa ingiusti in chi resta. << Dal mio punto di vista, la morte non beatifica. Se uno in vita è stato volutamente crudele, egoista e indifferente alla sofferenza altrui, non diventa santo perché muore. A quello ci penserà il Divino, per chi crede, ma per chi ne ha subito i tormenti e le angherie, per coloro che restano, potrebbe essere una liberazione.Perciò ognuno ha il suo vissuto e non mi permetterei mai di giudicare sia chi è disposto a perdonare sia chi non lo fa.>>  Claudia K. Domeniconi in un comento a questa storia   sempre  dello stesso  gruppo

 

8.1.23

Donna si impicca davanti al padre: «Preparavo il cappio a Laura da un mese per farla desistere»

 Mi  chiedo  visto     che   spesso   i metodi   drastici  non funzionano    e non servono  come   dimostra  la   notizia  sotto riportata   a che  serve  auto   analizzarsi  . Ma  poi   la risposta  vola  nel vento   perché   se  non fosse  cosi  sarei  o già  suicida  o    più  depresso di quello   che  sono   .  Nel riportare la notizia   , di cui trovate sotto l'articolo     evito   ulteriori  commenti   per  non speculare  e e  scadere  nella  morbosità   \  curiosità  inutile   su  una  tragedia nella  tragedia   . Mi limito   quindi  a riportare il fatto   senza  ulteriori  commenti  cercando   il più  possibile di smontare il  detto    riportato   in data  7  gennaio    (  vedi  foto  a  sinistra  )    da  ilcalendariofilosofico.it    soprattutto per evitare   che chi è depresso  possa  fare  un gesto di emulazione  .





  da  https://www.msn.com/it-it/notizie/italia/


Donna si impicca davanti al padre: «Preparavo il cappio a Laura da un mese per farla desistere»

                       di Niccolò Dainelli • il  mattino   Ieri 13:09




Da un mese Laura provava il suicidio. Ma suo padre preparandole il cappio per impiccarsi l'aveva sempre fatta desistere. L'uomo, con questa strategia psicologica aveva sventato il suicidio della figlia per giorni poi, però, lo scorso 2 gennaio la donna, di 55 anni, ha compiuto il gesto estremo e si è impiccata.La strategia psicologica del padre, un uomo di Chieri, aveva sempre funzionato. Ma il 2 gennaio si è rivelata del tutto inutile perché Laura ha infilato il collo nel cappio e ha deciso di dare un calcio alla sedia, impiccandosi come aveva progettato di fare da tempo. La 55enne era seguita da un centro di salute mentale piemontese. Il padre ha spiegato ai carabinieri che le prove andavano avanti da tempo: «Anche quella mattina siamo saliti in soffitta, c’era già la corda appesa alla trave».

Secondo quanto riferisce La Repubblica, il padre ha raccontato agli investigatori tutta la dinamica del suicidio. A differenza di tutte le altre volte, quando l'uomo le ha chiesto di sfilarsi la corda dal collo e scendere dalla sedia, lei non lo ha fatto: «Le ho detto di scendere, di non farlo. Ho cercato in ogni modo di aiutarla. Non ci sono riuscito». Il padre ha tentato di salvare la figlia chiamando il 118. Insieme a un vicino di casa ha tagliato la corda e ha provato a rianimarla senza successo. «Non ho detto a nessuno delle sue prove, nessuno sapeva del nostro segreto», ha detto ai carabinieri. Ora la procura svolgerà gli approfondimenti del caso, anche se resta difficile immaginare un possibile reato commesso dal padre.

30.4.21

intervista ad Alice Merlo che Tra insulti e complimenti, Alice Merlo porta avanti la sensibilizzazione sul tema del'aborto farmacologico, pratica molto osteggiata in Italia.

 La protagonista della storia  d'oggi,  che  poi  è  anche  quella  della  foto  del manifesto   che riporto a  destra   ,  si  si chiama Alice  Merlo  ha  26  anni ,  uno spirito libero  o meglio  una  di quelle  nuove  femministe     da quel  che  si vede    sul  suo  account   di  fb    , una  ragazza  coraggiosa    tanto  da  rompere un tabù .  Infatti   , come  potete   notare  dalle  mie  domande  sotto  riportate  , Tra insulti per   a ver proposto   di vedere  l'aborto non solo     come  dramma   e senso di colpa  , Alice Merlo porta avanti mettendoci la  faccia   la sensibilizzazione sul tema dell'aborto
farmacologico, pratica molto osteggiata in Italia. che è diventata testimonial della pillola abortiva RU486. Una giovane ragazza ventiseienne, nata e vissuta a Genova. A settembre del 2020 Alice ha deciso di interrompere volontariamente una gravidanza indesiderata ricorrendo ad un aborto farmacologico. Fin qui  niente  di eccezionale   visto    che succede    tutti i giorni  o quasi   . Il  fatto  che  io reputo  eccezionale  è che   come raccontano  diversi siti femminili  soprattutto  , in particolare  https://www.donnemagazine.it/alice-merlo-chi-e/ a meno di sei mesi dall’accaduto la giovane ha deciso di fare della sua esperienza personale una testimonianza per tutte le donne , di metterci la  faccia   ,  di non nascondersi  , è  di  accettare   critiche ( alcune comprensibili  \ legittime  , altre  meno) e  d insulti  anche  pesanti e  personali .  Infatti   visto     che  Lei   è diventata testimonial della campagna pro-aborto farmacologico sostenuta dall’UAAR, l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti. ed  ha sottolineato come in rete gira molta disinformazione sulla RU486, così ha deciso di prendere in mano la situazione e sensibilizzare su questo tipo di aborto .  Sentendo   su   https://rep.repubblica.it/audiovideo/audio-rubrica/rep/rubrica/maree  e   leggendo  la  sua  storia   fra  siti  che trovate  a   fine post    ho deciso d'intervistarla


Iniziamo a sciogliere il ghiaccio con una domanda banale ed forse scontata per chi conosce il problema ma non tanto per chi si approccia a tali temi che differenza c'è l'interruzione volontaria di gravidanza con la terapia farmacologica e l'aborto chirurgico?

L’aborto farmacologico è una procedura medica che prevede l’assunzione di due principi attivi a distanza di 48 ore l’uno dall’altro: il mifepristone (conosciuto col nome di RU-486) che interrompe lo sviluppo dell'embrione e un farmaco della categoria delle prostaglandine, che ne determina l’espulsione. La RU486 può essere presa in ospedale e in consultorio, dopodiché la persona va a casa e 48 ore dopo si reca in ospedale per il day hospital.
L’intervento chirurgico, definito isterosuzione, consiste nel rimuovere embrione ed endometrio dall'utero per mezzo di un'apposita cannula mentre la paziente è in anestesia totale.

Come fai a dire ho abortito e ne sono felice?

Lo dico perché è così. Sono serena, grata e felice. Serena perché era la scelta giusta per me, grata e felice perché ho potuto usufruire di un mio diritto senza scontrarmi con l'obiezione di coscienza, che in Italia è un enorme problema, e potendo scegliere la terapia che ritenevo migliore per me.

Come sei arrivata a questo: «Il nostro vissuto ha un valore e deve di diritto entrare nel dibattito pubblico. Solo così potremo superare lo stigma intorno all'aborto.
Perché è un diritto imprescindibile delle persone quello di autodeterminarsi. E sarebbe bello che, in futuro, chi accadesse all'IVG non dovesse scontrarsi con la riprovazione sociale e/o con l'imposizione del senso di colpa e del dolore.»?

Per troppo tempo le persone non hanno potuto parlare dei propri aborti con sollievo e gratitudine, o se lo facevano la società ricordava immediatamente loro che dovevano sentirsi in colpa, provare vergogna e considerare se stesse delle assassine o delle fallite. Ecco, tutto questo deve cambiare. Sta finalmente cambiando, ma bisogna accelerare, perché le donne devono poter scegliere serenamente cosa fare col proprio corpo senza scontrarsi col bigottismo, con l’obiezione di coscienza e con la riprovazione sociale.
Dire “io ho abortito” è già un fatto rivoluzionario in una società che dopo più di quarant'anni continua a non parlare serenamente di IVG. Dire “io ho abortito e sto benissimo” serve a cambiare mentalità, a sradicare pregiudizi e stereotipi, a combattere l’obiezione di coscienza. Io e milioni di altre persone siamo la prova vivente che l’aborto può essere un sollievo, e di conseguenza pretendiamo che l’accesso all’aborto sia il più facile e sereno possibile.

Secondo te la 194 va modificata e se si dove?

Il movimento transfemminista lo dice molto chiaramente: vogliamo l'obiezione di coscienza fuori dalla sanità pubblica. Le 194 è una legge nata male, perché non è stata lungimirante: era sì doveroso inserire l'obiezione di coscienza per chi già praticava ai tempi, per tutelare il diritto alla libertà di scelta e il diritto del lavoratore. Ma bisognava pensare alle future generazioni, chiarendo subito che l'IVG sarebbe stata parte integrante della formazione in ginecologia. Invece oggi ci troviamo una legge che tutela e fa fare carriera a chi obietta, e lascia sole le persone che vogliono abortire.
Inoltre parte integrante della legge 194 erano i consultori. Dove sono oggi? Dove sono i finanziamenti, la formazione, il personale? Lo Stato ha tagliato tutto quello che poteva tagliare, penalizzando un servizio fondamentale.

Saltando di palo in frasca visto che ti occupi dei diritti di tutti tutte tutt* e dici che: «Il #ddlZan contro l'omobilesbotransfobia, la misoginia e l'abilismo è una legge necessaria e urgente.» ti chiedo che ne pensi delle obiezioni delle femministe anche lgbtq+, quindi non solo pillonisti e company ad alcuni articoli fondanti?


Che se ti definisci femminista ma non difendi i diritti delle persone trans e non binary, allora sei solo una Adinolfi qualunque.
Trovo vergnoso, inaccettabile e meschino che persone che hanno vissuto sulla propria pelle lo stigma e la discriminazione, siano oggi in prima linea per voler togliere diritti alle persone trans e non binary.

Secondo me la discussione del decreto zan è come quello sulla legge sull'aborto ci vuole un compromesso tra cattolici e laici, ma soprattutto tra movimenti femministi quello nuovo e radicale (il tuo) e quello classico (vedi l'url della pagina facebook I-dee  )  tu cosa ne pensi?

Quando si parla di diritti che incidono concretamente sulla vita delle persone, non esiste compromesso. Non esiste equilibrismo, non esiste lotta al ribasso.
Anche perché abbiamo visto cosa succede quando le leggi vengono fatte sul compromesso: la 194 non funziona oggi ed è una conquista continua per una persona accedere all'aborto. Non voglio di certo che la stessa capiti col DDL Zan, vorrebbe dire non aver imparato niente dalla Storia.
Il mio femminismo non è radicale o nuovo, la corrente a cui sento di appartenere è quella del femminismo intersezionale, presente in Italia da più di 25 anni. Non siamo radicali, siamo consapevoli che tutte le battaglie sono collegate tra loro. Se il DDL Zan passerà escludendo dalle tutele le persone trans e non binary sarà una sconfitta per tutte le persone. Perché come posso gioire per una legge che esclude le categorie più oppresse, marginalizzate e discriminate?




1.8.14

Un gesto sbagliato a scuola, ma dopo anni rimedia e fa commuovere




Letter
Non è mai troppo tardi per rimediare ai propri errori e lo dimostra la storia di un uomo tormentato dal senso di colpa per aver commesso un gesto sbagliato quando aveva solo 12 anni a scuola. James Berardi – preside della Grizzly Hill Elementary School – si è visto recapitare una lettera scritta a mano, firmata e accompagnata da 300 dollari. Nella lettera, il mittente spiegava che 17 anni fa, quando frequentava la scuola ed aveva solo 12 anni, aveva rubato dei soldi che dovevano essere destinati ad una gita scolastica o alla festa di fine anno.Ho fatto irruzione a scuola”, ha scritto l’autore della lettera, di cui non è stato reso noto il nome, “poco prima della fine dell’anno scolastico. Ho rubato il denaro di alcune classi (che lo avevano messo da parte per una gita o per la festa di fine anno) e, dall’ufficio del preside, ho rubato alcuni oggetti che erano stati confiscati. Ho rotto qualche serratura e i telai di alcune finestre. Non so esattamente quant’è costato riparare i danni, né quanti soldi avevo rubato. Secondo i miei calcoli, dovrebbero essere 300 dollari. Ho allegato alla lettera questa cifra per rimediare a ciò che ho fatto, per cercare di risarcire i danni e riparare ai miei errori”. La lettera, infine, si chiudeva con questa frase: “Se, a scuola, lavora ancora qualcuno che si ricorda di questo episodio e ritiene che 300 dollari non siano sufficienti a coprire i danni, non esitate a contattarmi”.Il preside Berardi ha subito contattato l’ex allievo per ringraziarlo del bellissimo gesto e per comunicargli che i soldi inviati erano più che sufficienti. Ed ha commentato, visibilmente commosso: “Mi auguro che questo gesto gli abbia dato la serenità che stava cercando. Forse l’ha fatto per liberarsi da un grosso peso o dal senso di colpa”.Secondo gli insegnanti della Grizzly Hill School la lettera vale molto più del denaro che conteneva, perché ha dato agli studenti un’importante lezione di vita. “Questa persona ha fatto una cosa sbagliata”, ha sottolineato Willow De Franco, “E forse si è sentita così male e così in colpa per aver fatto scelte sbagliate, che alla fine ha deciso di rimediare al suo errore”.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...