Visualizzazione post con etichetta è internet bellezza. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta è internet bellezza. Mostra tutti i post

17.1.17

La misoginia diventa gruppo facebook: e la chiamavano parità e psicologici da salotti televisivi

ti potrebbe essere utile





analizziamo il  primo caso  e la prima parte del titolo 

Essi   --- come dice   l'amica   di blog  e  di facebook  Tina Galante    sulla  sua  bacheca  di facebook 


no condivise foto di ragazze di età che varia. E che potrebbero essere le loro madri, le loro sorelle, le loro figlie, le loro nipoti, le loro compagne. Foto rubate e che divengono fonte di indicibili ed orribili dichiarazioni. 


Infatti  [ per  il momento   solo verbale  e scritta  , ma  si  sa come spesso  accade   c'è il   forte  rischio  che si possa  passare  alle  vie  di  fatto    ] La violenza più perversa che diventa divertimento e modalità di incontro tra uomini che probabilmente non si conoscono ma che sono accomunati da un sentimento aggressivo e misogino e maschista da far rabbrividire. Cattiverie suggerite ed aggiudicate alle quali chi più ne ha più ne metta: come una gara a chi pensa ed esprime il più valido oltraggio alla Persona presa di mira. E fa paura, e fa rabbia.
E davanti a quelle spaventose conversazioni, vien da chiedersi dov'è il rispetto. Il rispetto, dov'è? E chi siete voi? Chi pensate di essere o chi volete sembrare quando inveite contro Volti e contro Corpi come se fosse l’atto più ovvio da compiere? E se fosse vostra sorella? Se fosse vostra madre o vostra figlia? Se fosse vostra nipote o la vostra compagna? Pensereste le stesse abominevoli cose? Le guardereste dall'alto del vostro sesso con la patologica presunzione di possederle e di utilizzarne ogni parte come se non fosse Persona? Suggerireste gli stessi trattamenti da riservare a Donne simili, molto simili alla Donna che vi ha messo al mondo?Anche i nomi che attribuite ai vostri gruppi sono impronunciabili, sono sporchi e sono volgari come lo sono le vostre intenzioni e le vostre mani e i vostri occhi. E mi chiedo se c’è qualcosa che vi emoziona, mi chiedo se vi fermate ogni tanto a guardare la luna, se correte mai contro il vento, se vi accade di sentirvi piccoli. Finiti. Umani. Semplicemente umani. Come lo sono le vostre vittime attraverso le quali cercate di elevarvi a chissà quale natura, a chissà quale realtà, a chissà quale possibilità.Come se la vita fosse di chi va distruggendola ad altre: a quelle altre che non hanno colpa e che devono essere libere di vestirsi come vogliono, di sorridere come vogliono senza rischiare di diventare vostri bersagli, vostre vittime e vostri tappeti su cui pulirsi bene le scarpe, prima di rientrare a casa e baciare la vostra madre, la vostra sorella, la vostra figlia, la vostra nipote, la vostra compagna.Gruppi facebook che tante Donne e numerose associazioni femminili [  e  non  ] stanno segnalando affinché si estinguano. Così come dovrebbe estinguersi tutto ciò che motiva, alimenta ed incoraggia atteggiamenti violenti ed oppressivi contro le Donne, contro la Donna.E la chiamavano parità. Ma non sarà parità fin quando una Donna non sarà libera di sorridere davanti ad una macchina fotografica senza essere definita nei modi peggiori e senza rischiare di subire e di soffrire quello di cui l’uomo è capace. E che crede gli spetta di diritto in quanto uomo, dimenticando di essere padre, fratello, figlio, nipote, compagno. Dimenticando di essere umano. Prima di tutto, umano.
  da http://www.ultimavoce.it/la-misoginia-diventa-gruppo-facebook-e-la-chiamavano/  eccetto le frasi in corsivo tra parentesi quadra  che  sono mie
In un commento  "non firmato"  all'articolo  questa vicenda mi ha colpito molto, voglio postare anche qui un commento che ho già postato ovunque si parlasse di questa storia.

se fossero ragazze a fare cose del genere non ci sarebbe alcuna sollevazione maschile, forse molti si sentirebbero onorati nel sapere che le ragazze pensano a loro mentre si masturbano, ma forse non sarebbero onorati nell’essere offesi e umiliati, ecco è questo che mi disgusta: non il fatto che questi si masturbino sulle loro conoscenti, la masturbazione è cosa normale (ma rubare immagini all’interessata, immagini che non erano per i tuoi occhi è infame, è violazione della privacy) ma l’umiliare, perchè “umiliamole”? Perchè le minacce di stupro? perchè disprezzi una bella ragazza che legittimamente ti suscita desiderio? Perchè preferisce sessualmente altri e non te? Solo questo? Allora sei uno sfigato, sei un perdente, sei tu da disprezzare non perchè “non scopi” o “non hai fortuna con le donne” ma perchè non accetti il fatto che una donna possa legittimamente desiderare sentimentalmente e sessualmente altri e non te.
Io sono maschio, sono eterosessuale, adoro il sesso, mi piacciono le belle ragazze, mi masturbo (ma non penso tanto alle mie conoscenti bensì alle scene di sesso in film e telefilm), e proprio perchè adoro il sesso detesto queste cose, questa non è lussuria, la lussuria è qualcosa di bello quando è consensuale , ricevere lo sperma, il sudore, gli umori della persona amata durante la passione sessuale è una cosa bella; qui non c’è nulla di bello, qui non c’è lussuria qui c’è solo volontà di umiliare le donne solo perchè non accetti i tuoi desideri sessuali e non sopporti che una ragazza ti dica no per un qualsiasi motivo


al secondo caso  quello  degli  psichiatri  \  psicologi   accademici    che   non hanno  il   contatto  con la realtà  e  sono  come   questi di questa  famosissima  ( talmente famosa  e  nota  che  mi vergogno   di  dire  qual'è ,  e \o  din mettere  il video    a  voi l'onore  di  riconoscerla  )  canzone  
( ....)
Che cosa posso dirvi? Andate e fate, tanto ci sarà sempre, lo sapete,
un musico fallito, un pio, un teorete, un Bertoncelli o un prete a sparare cazzate ! (..... )
Ma riporto questa  versione  alternativa  altrettanto valida


davanti  a  gente  che  fa   solo  da    scaricabarile     e parla  generalizzando  e  facendo  di   tutt'un  erba  un fascio  


i d'altro, perché dei giovani, di come vivono, di cosa vivono non ce ne importa nulla. Provate a trascorrere una mattina in un istituto tecnico e vedrete com'è l'inferno, passate una notte di sabato e contate i minorenni ubriachi, provate a vedere cosa c'è in un pomeriggio qualsiasi per un adolescente, nulla: genitori che lavorano e non pensano ad altro, il loro tempo connesso con chissà chi, nemmeno un prete per passeggiar… sono 25 anni che lo dico e lo scrivo, ma la gente è capace solo di scandalizzarsi per mezz'ora e poi torna nel proprio buco nero. troppo complicato assumersi una responsabilità, vero?

menomale c'è chi  gli  risponde    come si  dive
dal corriere  della sera  del  17\1\2017


LA LETTERA

«Non siamo tutti narcisi
Tanti ragazzi ci mettono
la voglia e il sudore»
Andrea, 20 anni, replica all’intervento di Antonio Polito: «C’è chi studia, lavora e aiuta in famiglia. Una gioventù che si è inventata nuove occupazioni; grazie a Internet, grazie alle start-up, grazie alla voglia di fare e alla fantasia»

di Andrea Chimenti


L’articolo di Antonio Polito
.


Buongiorno,
sono Andrea Chimenti, studente dell’università di Firenze e figlio di questa cultura narcisista come l’ha definita lei. Sarà l’ultima volta che estrapolo un concetto dal contesto del suo articolo; odio quando viene fatto da giornalisti e politici, sarei incoerente a farlo anch’io. Per questo vorrei focalizzarmi con lei sul totale. Mi dispiace ma lei di questa società moderna, di questi giovani, di questi ragazzi del nuovo millennio ha analizzato soltanto quello che risalta di più, e quello che risalta di più, in televisione, sui giornali e molto spesso sui media «tradizionali» è quello che ha descritto lei. Si è perso più di metà del mondo dei giovani italiani. Si è perso chi studia, chi lavora, chi aiuta in famiglia. Si è perso tutte quelle storie che non fanno numeri in televisione e sui giornali. Si è perso tutta quella gioventù che non trovando più le possibilità e i lavori che facevano i padri, si è inventata nuove occupazioni; grazie a Internet, grazie alle start-up, grazie alla voglia di fare e alla fantasia. Youtubers innovativi, sviluppatori di app, giovani agricoltori e giovani imprenditori nati grazie ai fondi Ue, ragazzi che affrontano studi innovativi, tutte queste persone, uomini e donne, sono dimenticate dai suoi discorsi.
Quello che le voglio dire è che il mondo narcisista che ha analizzato lei è solo una parte, e nemmeno così vasta, che ha creato questo mondo. Questo mondo ha creato anche molti che del narcisismo se ne fregano, e se ne fregano perché cresciuti da genitori capaci di fare i genitori, insegnanti che fanno gli insegnanti; e non da genitori che si permettono di fare gli insegnanti. Fare il genitore di un ragazzo di questo millennio è più difficile, perché come ha scritto lei il benessere si è abbassato, ma anche perché il mondo si evolve velocemente, il linguaggio, i media, la tecnologia. Infine, però, i principi sono gli stessi e se un genitore è capace di farli vedere e di trasmetterli, non importa del linguaggio, della tecnologia e di tutto il resto.
Si ricordi di vedere anche chi non viene mai raccontato e prenda le loro storie così da poter far vedere a quelli che ha descritto lei che in questo mondo l’unica cosa che conta è la voglia e il sudore, soprattutto il secondo. Non mi è piaciuto il suo articolo, troppo negativismo e nessuna propensione verso una soluzione o un riferimento da seguire. Un consiglio spassionato da un ragazzo di vent’anni: giornalisti e media in generale, raccontateci storie da cui poter imparare, raccontateci anche quello che secondo voi non va ma dateci sempre la parte positiva. Cercatela, c’ è sempre.



















10.1.14

odio non rete non serve la censura serve piuttosto l'etica e non violenza , leggi ,impegno

da  repuubblica   del  9\1\2014  un interessante  articolo  

Leggi, etica, impegno  "E la censura non serve"
Inchiesta intorno agli ultimi insulti comparsi su internet, a caccia di rimedi. Dire che l'odio nasce dal web è ridicolo. Ma il grido "nessuno tocchi la Rete" non porta da nessuna parte
di CARMINE SAVIANO


                                                       Caterina Simonsen (ansa)



L'urgenza è parlarne. Analizzare, confrontarsi, elaborare ipotesi operative. Perché il caso dei macabri commenti online indirizzati a Caterina Simonsen,Pierluigi Bersani prima, e ad Angela Merkel poi, entra nel dibattito sull'esercizio pubblico della comunicazione. E coinvolge il mondo del giornalismo. Tout court, non solo nella sua versione digitale. Di più: lo chiama ad un impegno sul legame futuro tra giornali, social media e lettori. Moderazione delle inconsulte esplosioni di rabbia, ruolo delle redazioni e delle testate, tutela della libertà d'espressione e condanna, netta, di ogni istigazione alla violenza.
I temi sul tavolo sono tanti. Ritornano ciclicamente e sono infiammabili. Basta pensare alle recenti polemiche che, sul caso Bersani, hanno coinvolto numerose testate d'informazione. Tra cui anche Repubblica.it. Dove esiste una squadra di moderatori che segue i commenti che appaiono in calce agli articoli. Una policy precisa: nessuna offesa, nessuna forma di violenza verbale è permessa. Qui, invece, le linee-guida del Guardian. Più difficile, se non impossibile, il controllo sulle pagine Facebook, in cui il social network continua ad essere estremamente carente.
In questi giorni sono state numerose le proposte formulate dagli addetti ai lavori. Iniziamo qui ricordando quelle che Vittorio Zambardino ha affidato a Wired. Sei punti. Sei tracce per iniziare a sondare il territorio, a "definire il problema". Si parte dai postulati. Tra cui: il bando al giornalismo delle emozioni, la dismissione dell'interminabile "guerricciola di religione intitolata Odio sul web" e la fine dell'integralismo "del Nessuno Tocchi La Rete che di digitale, cioè della flessibilità e della disponibilità a comprendere il nuovo che è propria della cultura scientifica, non ha assolutamente nulla".Poi la proposta. Il cui primo punto è l'analisi delle "leggi degli altri". Ovvero: "come il problema viene definito da altri paesi: analisi delle loro legislazioni, delle pratiche giudiziarie, della giurisprudenza". Il secondo punto riguarda i "diritti da non violare". Perché bisogna conoscere "cosa si è scritto nel campo dei diritti digitali, una corrente di pensiero che nel mondo non è che sia proprio a zero". Consigli per approfondire: Stefano Rodotà e il lavoro del gruppo coordinato da Andrea Rossetti all'università Bicocca di Milano.
Terzo passo, lo "stato dell'arte in Italia". Qui si tratta di formulare la domanda sulle "pratiche giurisprudenziali e lo stato (anche culturale) di chi si trova a giudicare di questi fatti". Il quarto punto riguarda "l'analisi delle policy dei social network e l'interazione tra questi e le autorità governative, qui, in Italia e altrove". Poi la raccolta del parere "delle polizie e dei giudici". Perché "bisogna sentire cosa ne pensano le agenzie di enforcement e coloro che stanno nei tribunali e nelle procure: che parlino allo scoperto una volta tanto, invece di fare il loro lobbying con parlamentari e istituzioni, con i singoli giornalisti e i direttori". Infine "ci vuole un punto di coordinamento e circolazione di questo lavoro. Di solito è ciò che fa un giornale, che, certo, può organizzare un convegno ma poi contano le cose scritte, le cose che vanno al grande pubblico".
Sul versante "etica dell'utente", arriva l'idea di Luca Bottura. Che in post intitolato "Una cosa civile" - pubblicato sul suo sito - rivolge un invito. Andare sulla pagine che raccolgono i commenti al malore di Bersani, "scegliere un tizio - ne basta uno - che esulta e gli augura la morte. Poi, se vi va, gli scrivete, in posta privata, per evitare flame, una cosa del tipo: credo che lei abbia scritto una cosa davvero incivile. Capita, sui social, di andare oltre. Siamo tutti fallibili. La cancelli, ci fa una figura migliore. Cordiali saluti. Poi guardate l'effetto che fa. Una (risposta) garbata li seppellirà. Forse".
Le cause di queste cicliche esplosioni di violenza? "E' ridicolo pensare che sia colpa della rete. Online metto per iscritto le mie conversazioni. Sono cose che già dico al bar, per strada, nei corridoi. Il punto è che esiste un'aggressività diffusa legata alla crisi, al sentimento anti-casta. Internet è solo uno specchio di quello che c'è già", dice a Repubblica.it Giovanna Cosenza, professoressa di Comunicazione Politica a Bologna. "E non collegherei il problema della violenza verbale all'anonimato: chi offende è una persona con nome e cognome. Ingenua - perché rintracciabile - oltre che stupida. Il tema è l'assenza del faccia a faccia, una comunicazione a distanza che non diventa conversazione. Non ci si guarda negli occhi, non è presente il corpo dell'altro".
Poi l'avvertimento: "Non bisogna dimenticare che l'aggressività dipende anche dalle modalità con cui comunico. E la si può prevenire, in parte, con lo stile attraverso cui ci si pone. Abbassare i toni, e i politici potrebbero dare l'esempio, di certo aiuta. La comunicazione va gestita". E la soluzione - una strada verso la soluzione del problema - è nella società: diffondere un'etica della comunicazione utilizzando tutte le agenzie culturali di cui si dispone, dalla scuola ai partiti. Senza dimenticare, ancora, che "è folle incolpare internet: basta pensare che le radici mediatiche di questo fenomeno risalgono a vent'anni fa, alle prime fasi del talk show".
Su anonimato e politiche giornalistiche sulla moderazione dei commenti,interviene, su Wired, anche Fabio Chiusi. "Si può decidere di far sparire al più presto possibile i commenti di odio con politiche di moderazione molto severe, o addirittura eliminando la possibilità di commentare. Ma è arduo se non impossibile sostenere che così facendo si elimina il problema. Ammesso che lo sia". Perché si tratta di comprendere "che vietando l'idiozia non la si combatte, ma rende affascinante. E, soprattutto, la si nasconde". Il punto è capire che "i social media hanno questo enorme pregio di metterci di fronte all'imbecillità umana come al suo genio, di datizzare e mettere per iscritto entrambi, così che siano fruibili oggi e forse sempre. Un'opportunità inedita per capire noi stessi (non ipotetici avatar del virtuale) e la società in cui viviamo, più che per indignarci per avere finalmente realizzato quanto poco ci piaccia".
Da ricordare, infine, le parole di Arianna Ciccone, fondatrice del Festival del Giornalismo di Perugia. Che il 5 gennaio, poche ore dopo il malore di Bersani, scriveva su Valigia Blu, il blog collettivo sul "giornalismo che cambia":"Non si capisce questa pretesa di "bello" per la dimensione digitale. Siamo brutti, bruttissimi, cattivi, meschini, vigliacchi. In Rete c'è l'Umanità, la nostra umanità. Siamo tanti e la nostra bruttezza così messa in scena tutta insieme contemporaneamente spaventa, certamente. Quello che fa forse più tenerezza è la mancanza di senso estetico. Ecco: l'odio esige un certo stile. Tutto qui".

16.3.13

anche i matrimoni si fanno online Italia-Bangladesh, le nozze via Skype

cazzeggiando  su repubblica .it    vedo questo video ,di  un matrimonio  indiretta  su Skype  . Incuriosito

  leggo  il giornale  d'oggi  e  riporto l'articolo  qui  sotto  .  Questa  vicenda   mi ricorda  sia il film    (  foto sotto al centro preda  da  wikipedia  )   con Alberto Sordi   , visto  qualche tempo  fa ,Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata




sia   quiesto 'interessante  articolo    che  riporto  in parte  sotto

Le mogli per corrispondenza 


  di  Mauser  fonte  www.farwest.it 

Indubbiamente quello di sposarsi dopo aver creato un minimo di relazione con la futura sposa è un aspetto della vita normale, per cui il fenomeno di cui parliamo in questo articolo era spesso collegato alla fascia medio-bassa della popolazione.
Privi delle doti necessarie a intrattenere una signora o per mancanza di queste, alcuni uomini iniziarono a ordinare le spose ad amici e conoscenti in trasferta fuori città come noi ordiniamo cartoline e souvenirs agli amici in vacanza. «Trovami una moglie disponibile ed io me la sposo!» era pressappoco la richiesta.
Questi amici fuori sede, chiamiamoli così, intrallazzavano presso le loro conoscenze della città di destinazione, si informavano se una qualche fanciulla fosse stata disponibile, dopodichè prendevano accordi con la di lei famiglia circa il mantenimento, la dote e la forma legale del matrimonio.   continua    qui  sul sito

Ma ora  veniasmo all'articolo  tratto  da    da  repubblica  del 16\3\2013

di VLADIMIRO POLCHI

In un appartamento di Dhaka (capitale del Bangladesh), Henrietta si sposa alla presenza di testimoni e del delegato di governo. Il suo futuro marito Bidrohi è a 7mila chilomentri di distanza in un ufficio di Roma. A collegarli due computer portatili e una connessione internet. Il loro "sì" commosso è viaggiato veloce sulle onde di Skype .

In un appartamento della sua città in Bangladesh Henrietta è con i testimoni e il delegato di governo. Il marito Bidrohi è in un ufficio di Roma
QUANDO Bidrohi si è sposato non mancava nulla. Né i testimoni, né il completo scuro, né la sua voce rotta dall'emozione. Mancava giusto la sposa. O meglio, Henrietta c'era, elegantemente vestita, ma la sua voce era lontana più di 7000 chilometri. Mentre Bidrohi sedeva in un ufficio di Roma, la sua futura moglie stava in un appartamento di Dhaka, capitale del Bangladesh.A collegarli due computer portatili e una connessione Internet. E così il loro "sì" commosso è viaggiato veloce sulle onde di Skype. È la nuova "moda" esplosa tra le comunità migranti: i matrimoni a distanza.distanza.«Nelle comunità bengalesi,indiane e pakistane in Italia —racconta Shobin Islam, segretariodell’associazione Italia-Bangladesh — i fidanzamenti a distanza sono cosa comune.La novità sono le nozze via internet:una pratica in nettacrescita». Il fenomeno è diffusoanche negli Usa, come testimoniaun recente articolodel New York Times: i “proxymarriages” tradizionalmenteriservati ai militari in missionesi stanno ora estendendoanche alle comunità immigrate.In alcuni Paesi, infatti, imatrimoni a distanza sono legalmentericonosciuti, comenel caso del Bangladesh: «In Italia --conferma Shobin--so di almeno una decina di coppie bengalesi che si sono unite via Skype».

È il caso appunto di Bidrohi e Henrietta: musulmano lui,cristiana lei.





 La loro pare una storia da film: «Ho lasciato il Bangladesh otto anni fa — ricorda Bidrohi — facevo il giornalista, ma ero perseguitato dai fondamentalisti che hanno bruciato la mia biblioteca.

Sono arrivato a Roma come rifugiato e oggi lavoro come mediatore culturale per una cooperativa. In patria ho lasciato la mia fidanzata. Nel 2010 l’ho ritrovata su Facebook e l’unico modo per portarla in Italia era il ricongiungimento familiare



. E dunque  sposarla». Ma Bidrohi non può rimettere piede in Bangladesh,troppo pericoloso. E allora? «La soluzione è arrivata dal web. L’11 gennaio 2011 ci siamo sposati via Skype. Lei era a Dhaka a casa di un’amica buddista, con due testimoni, un avvocato e un impiegato del governo. Io ero a Roma negli uffici di due amici che lavorano per Blog. tv». Le nozze, legalmente registrate in Bangladesh,hanno consentito agli sposi di ricorrere al ricongiungimento familiare. E così dal 12 marzo 2012 Henrietta vive a Roma col suo Bidrohi.
«Siamo di fronte a una sorta di matrimoni per procura — ragiona Mara Tognetti, che insegna Politiche migratorie alla Bicocca di Milano — che si avvalgono delle nuove tecnologie.
È un’ulteriore declinazione di quello spazio affettivo transnazionale che si va diffondendo: nuove modalità di fare famiglia non più connotate dal vivere sotto lo stesso tetto. Certo — aggiunge Tognetti — dietro queste nozze a distanza possono talvolta celarsi matrimoni di comodo,per garantire l’ingresso
in Italia dei migranti». Resta  il fatto che nel nostro Paese i matrimoni misti e tra stranieri sono in forte aumento,«per questo dobbiamo guardare  con attenzione a questi fenomeni, che possono anticipare tendenze future».

25.2.13

occhio al pc se avete bimbi piccoli Pedofilia, abusi e adescamenti: i nuovi orchi navigano in Rete

musica  di sottofondo  bambini di Paola  Turci 

ho deciso di fare anzi meglio a riprendere ( vedere archivio del vecchio blog ) questo post dopo questa news mi pare  sull'unione  sarda   o la nuova  sardegna di qualche  giorno fa  



Il rapporto di Meter sui pericoli per i bambini nell'era digitale

di Luigi Barnaba Frigoli 

Adulti senza scrupoli che, utilizzando internet, adescano minori ignari per soddisfare le loro insane prurigini pedofile. Un fenomeno subdolo e inquietante che, purtroppo, in un'era dominata dalle nuove tecnologie come quella attuale, risulta essere sempre più all'ordine del giorno. 

LA DENUNCIA L'allarme arriva dall'associazione Meter, sodalizio sociale con sede ad Avola (in provincia di Siracusa), fondato nel 1989 da don Fortunato Di Noto proprio per tutelare l'infanzia a 360 gradi. Impietosi i dati contenuti nell'ultimo rapporto divulgato in questi giorni. Un dossier che punta i riflettori su molte delle principali emergenze che interessano il mondo dei piccoli. Come il moltiplicarsi del numero di bambini con meno di 13 anni che aprono profili su Facebook e sugli altri social network all'insaputa dei genitori, esponendosi alle insidie dei cyber-orchi (1.274 le segnalazioni arrivate a Meter lo scorso anno contro le 1.087 del 2011). 
LA ZONA OSCURA Ma a destare preoccupazione e sconcerto sono anche i numeri relativi al proliferare dei siti internet pedopornografici: oltre 100mila quelli scoperti dal 2002 a oggi, di cui 35mila individuati negli ultimi due anni. E questo solo per quel che concerne il web “visibile”. Quello, cioè, tradizionale, accessibile a tutti. L'ultima frontiera della cyberpedofilia, infatti, è rappresentata dal cosiddetto “deep web”. Si tratta di una sorta di sottorete internet, ad accesso più ristretto, quindi più subdola e difficilmente individuabile dalle autorità preposte (altamente specializzati in Italia sono gli agenti della Polizia Postale) dove sta aumentando in maniera pressoché incontrollabile la divulgazione di immagini che ritraggono minori in pose osé se non addirittura video di abusi e sevizie. In questa parte nascosta dell'universo internet sono stati ben 56.357 i siti finiti nel mirino negli ultimi mesi. Un mondo oscuro “a parte”, insomma; un luogo virtuale, che consente ai pedocriminali di tutto il pianeta di “incontrarsi” e di scambiarsi materiale indecente in perfetto anonimato. Una “free zone” 550 volte più vasta rispetto al web tradizionale, dove vengono illecitamente trafficati quasi 600 miliardi di file, che forze dell'ordine, agenzie educative ed enti in prima linea per la prevenzione fanno sempre più fatica a tenere sotto controllo. 
GEOGRAFIA DEGLI ORCHI Il rapporto redatto da Meter riguarda anche la geografia dei siti pedofili. In questo senso, l'osservazione dei domini conferma il ruolo di spicco dei Paesi Europei nell'utilizzo della Rete per la diffusione di materiale a contenuto pedopornografico e, in particolare, della Russia che con le estensioni .ru e .su copre 571 degli oltre 1.500 siti segnalati negli ultimi tempi. L'Asia è rappresentata in primo luogo dal Giappone con il dominio .jp (267 siti), l'Africa in egual misura dalla Libia e dalle Isole Mauritius (rispettivamente 80 e 79), l'America dagli Stati Uniti (67) e l'Oceania dalle Isole Cocos (37). 
Non esente dal giro, purtroppo, l'Italia. Anche la Penisola, infatti, ricopre il suo piccolo, squallido ruolo all'interno del panorama della criminalità pedofila in rete con 36 siti individuati. Più in generale, ad alimentare la rete pedopornografica mondiale è sicuramente l'Europa, che da sola detiene il 50,7 per cento della fetta di questa amara torta. 
SEXTING Ancora, il rapporto Meter mette l'accento anche su nuovi, preoccupanti fenomeni che serpeggiano tra i giovanissimi parallelamente al diffondersi di internet. A cominciare dal sexting. Un neologismo composto dalle parole inglesi sex (sesso) e texting (digitare), che indica l'abitudine ad avere conversazioni a sfondo sessuale con amici o sconosciuti, arrivando anche a scambiarsi foto e filmati in atteggiamenti più che espliciti. Il risultato (tralasciando ovviamente le implicazioni sociologiche e psicologiche di questa vera e propria moda) è che i minori, più o meno inconsapevolmente e comunque senza riflettere sulle conseguenze, diventano essi stessi produttori di materiale pedopornografico, esponendosi al rischio di essere ricattati oppure di finire sugli schermi e nelle grinfie elettroniche delle persone sbagliate. Per comprendere l'entità del fenomeno anche in questo caso sono eloquenti i numeri: nel 2012 sono stati (parlando solo dei casi accertati) 5.640 i minori rimasti vittima di questo insano e sprovveduto giochetto. 
FACEBOOK E CO Da questo punto di vista, la diffusione dei social network tra gli adolescenti - o meglio l'uso di questi ultimi senza debita supervisione da parte degli adulti – può contribuire ad amplificare il rischio. Da uno studio effettuato nel mese di novembre 2012 dallo staff di Meter nelle scuole primarie di Avola (770 gli alunni complessivamente intervistati) emerge che il 99 per cento dei bambini (di età compresa tra i 9 e i 10 anni) possiede un profilo su Facebook, quasi sempre attivato dopo aver falsificato età e identità. La conclusione? «È impressionante - osserva Meter - come bambini così piccoli abbiano la libertà, senza alcun controllo da parte dei genitori, se non marginale, di utilizzare i social network, che vengono percepiti più come un gioco che non come mezzo di comunicazione». 
CYBERBULLI Non espressamente monitorato dal dossier di Meter, ma comunque diffuso tra le nuove generazioni, è anche il fenomeno del cyberbullismo, ovvero le molestie messe in atto da adolescenti nei confronti di altri adolescenti utilizzando email, messaggistica istantanea, blog e via dicendo. Senza tralasciare, anche in questo caso, Facebook, Twitter e gli altri social network. Stando a un rapporto del Telefono Azzurro, relativo al 2011, in Italia un ragazzo su cinque ha scoperto in Rete informazioni false sul proprio conto. Menzogne e accuse che in certi casi possono trasformarsi in minacce e persecuzioni. Un altro studio, del 2008, ha rilevato che su un migliaio di studenti delle scuole medie inferiori e superiori del nostro Paese circa il 15 per cento è stato vittima di bulli via chat, sms o posta elettronica.  (....)  
Questo perché, si legge nelle dichiarazioni d'intenti dell'associazione, «non basta solo la denuncia demandata alle forze di polizia, non basta solo un report o statistiche per la repressione o per stroncare il turpe commercio pedopornografico, ma ci vuole anche una rete capillare di persone competenti e motivate, capaci di collegarsi con la società in cui vivono, perché si crei una mentalità di vigilanza, di sostegno e protezione dell'infanzia come tale, rendendo l'abuso, e l'omertà che lo copre con i suoi paludosi silenzi, un crimine insopportabile per la coscienza collettiva». 
Affidandosi a questa convinzione, dal 2002 l'opera di sensibilizzazione dello staff di Meter sul rischio rappresentato dalle nuove tecnologie per i minori ha raggiunto e coinvolto complessivamente oltre 18mila persone, tra cui 8.190 studenti, grazie a iniziative nelle scuole, convegni, dibattiti, corsi di formazione e incontri privati, organizzati in tutta Italia, da Roma a Savona, da Messina a Bari, passando per Siracusa, Marsala, Milano, Catania e Padova. 
Ma, fortunatamente, sono molte le organizzazioni a tenere costantemente puntati i propri radar sulle insidie e sui problemi che riguardano i giovanissimi. Il già citato Telefono Azzurro, l'Unicef, l'associazione Prometeo solo per citarne alcune. 
I RISULTATI E proprio in virtù dell'opera meritoria di queste realtà, che operano a stretto contatto con le forze dell'ordine, molti casi di pedofilia o di molestia nei confronti dei minori sono stati scoperti e sbaragliati. L'ultimo in ordine di tempo in Sicilia, ancora una volta grazie a Meter. Una segnalazione effettuata alla Procura di Siracusa proprio dal fondatore don Fortunato Di Noto ha infatti permesso di individuare e denunciare un uomo di 35 anni per aver adescato on-line un ragazzino di 11. Il sacerdote aveva ricevuto il racconto del padre del fanciullo, che era stato contattato da uno sconosciuto su Facebook ed era stato oggetto di alcune proposte di natura sessuale. 
Dopo l'esposto di Meter, i magistrati hanno immediatamente autorizzato la Polizia Postale ad agire sotto copertura e dopo avere conquistato la fiducia del pedofilo, fingendosi a loro volta ragazzini sul social network, i cyberagenti sono riusciti ad ottenere un appuntamento con il sospettato, mettendolo di fronte alle sue responsabilità. Un caso eloquente, e purtroppo non isolato, dove le autorità hanno potuto intervenire, tra le prime volte in Italia, in virtù della Convenzione di Lanzarote, adottata anche dal nostro Paese lo scorso autunno. 
LA CARTA DI LANZAROTE Si tratta di una serie di norme riconosciute a livello internazionale, che consentono, una volta inserite nei codici penali vigenti, di contrastare la pedocriminalità e i nuovi fenomeni di sfruttamento sessuale dell'infanzia. 
Tra i capisaldi della Convenzione (fatta propria, oltre che dal governo italiano, anche da Danimarca, Francia, Grecia, Malta, Olanda, San Marino, Serbia, Albania e Spagna) l'introduzione di nuovi reati prima non previsti, come l'istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia e, appunto, l'adescamento attraverso internet. 
La Convenzione, inoltre, prevede pene più severe per i maltrattamenti in famiglia, l'associazione a delinquere a danno dei minori, la prostituzione e la pornografia minorile. 
Uno strumento importante, insomma, per condurre una battaglia sempre più ostica, ma che è necessario vincere a tutti i costi.

 sia perchè le piaghe   ( io condanno di più la 2 in quanto :   sono cose diverse vedere i collegamenti citati. Ma soprattutto perchè  :1)  spessissimo anche  se   come  dice  una degli esperti   d'antipedofilia   Loredana Morandi  : <<  non sono la stessa cosa. La pedopornografia è il commercio della pornografia su minori, la pedofilia invece è la malattia e la perversione dell'acquirente delle foto. Ovvero: chi scatta foto e gira filmati pedopornografici potrebbe non essere pedofilo, ma di fatto è certamente la più schifosa razza di criminale esistente per il dolore che provoca a creature innocenti. >>  Infatti   molto spesso la pedofilia è in molti casi degenerazione della  pedopornografia . E poi non è detto che un pedopornografo pratichi anche la pedofilia o viceversa anche se per la maggior parte delle associazioni dell'infanzia e  anti pedofile    è difficile pensare di scindere le due cose. )  della pedopornografia e pedofilia

veicolata attraverso internet che merita una lotta a 360 gradi. Scuola, genitori, società civile, mondo dell’associazionismo devono mobilitarsi prima che questa «peste» continui a mietere vittime . 
Lo so che a molti  , non solo i mie  amici\conoscenti   con prole  o nipoti  darà fastidio il fatto che un single non i faccia i c...i suoi si metta a pontificare ( mettere il nbaso si diceva una volta ) sulle loro decisioni \ metodo d'educare i figli .Ma purtroppo la pedofilia o la pedo pornografia ( per no parlare di cyber bullismo , ma non è questo l'argomento del post ) sta avendo il sopravvento .E poi e qui ( ed   questo   una  delle origini di questo post  )n  mi rivolgo agli amici\che , conoscenti e\o semplici utenti di facebook e degli altri social network , che mettono come  foto di profilo e\o negli album fotografici le foto del proprio figlio\an o nipote ma non lo sapete che esse posso essere preda di sporchi  pedofili visto chela privacy in rete è una chimera ? .
Come difendersi allora  ?   sempre  secondo  l'articolo prima  citato  : << (....)  La domanda, allora, nasce spontanea: cosa è possibile fare per proteggere i più piccoli da questa vasta, pericolosa, tentacolare selva oscura? Come spesso accade, di grande utilità possono rivelarsi educazione e prevenzione. Ma un aiuto può arrivare anche dalle realtà in prima linea in questa battaglia sempre più dura. La stessa associazione Meter, ad esempio, che, nel suo piccolo, di risultati ne sta ottenendo parecchi. Il tutto, grazie a un centro di ascolto, (collegato al numero verde 800.455270) cui rivolgersi per chiarimenti o segnalazioni. Una mano tesa ai genitori che in una decina d'anni ha fornito supporto e sostegno a centinaia di famiglie. In particolare, quelle di Sicilia, Lazio, Lombardia e Veneto, regioni che si confermano ai primi posti per numero di richieste. Tre, invece, i casi emersi nel 2012 dalla Sardegna . Importante, anzi fondamentale, resta comunque la prevenzione, capillare, nelle scuole e nelle parrocchie. >> . Infatti  un primo passo   sarebbe   quello  da   parte dei genitori   e parenti ( nonni , zii , cuigni ) di  non mettere pubblico sui sociual network o blog le foto di bambini . Controllando o chiedere alle maestre o ai docenti di scuola media ( perchè dopo i 14 non c'è più niente da fare o è più difficile , parlo per esperienza personale controllare il voler essere se stessi \ il slegarsi dalle pressioni dela famiglia dei ragazzi\e ) ad un uso consapevole e criticop della rete e dei cellulari


ecco cosa suggerisce  http://www.commissariatodips.it/
 e quest'altro sito  http://www.webalice.it/jack.rota/pclandia%20kids/difesa.htm, anche se per  i filtri è antiquato perchè  ormai i bambini  ( ad esempio mia  nipote  acquisita  nipote  di un cugino di mio padre , riesce  ed  ha  6  anni  ad usare  l'ipad  e l'aifone  e le nuove  tecnologie  ) al di sotto dei  10 anni sanno già smanettare  e   con un po' di pratica  riescono ad  aggirare i filtri . Ma  soprattutto  fare pressioni sui politicanti   ( di destra , sinistra  , centro  ) perchè  :1 )
 non siano candidati  persone  del genere  

  2)  sia  ripristinato  l'osservatorio nazionale  sulla  pedofilia 

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...