Visualizzazione post con etichetta ambiente. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ambiente. Mostra tutti i post

10.8.23

Paolo Fanciulli, il pescatore che ha ideato un metodo geniale per combattere la pesca illegale cioè a strascico

 non riuscendo     ad incorporare  il video    d'istangram riportato  sotto  sulla  vicenda  di paolo  fanciulli     ecco    che  riprendo    da  



Combattere la pesca illegale attraverso l'arte: alla scoperta di un museo di sculture sottomarino in Italia

Opere artistiche per contrastare la pesca a strascico: i ‘guardiani’ offrono una preziosa opportunità di ripresa alla biodiversità decimata da questa pratica illegale oltre a salvaguardare una specie minacciata e fondamentale per il clima.
DA VERONIQUE MISTIAEN  PUBBLICATO 10-02-2022

“È la pietra a dirmi che espressione conferirle: è pensierosa, tranquilla”, afferma la scultrice britannica Emily Young. Scolpisce con decisione, indossando una spessa giacca, un cappello di pelle e stivali rinforzati, mascherina e tappi per le orecchie, ma senza guanti, perché “devo sentire come reagisce la pietra, attraverso lo strumento”.



Traccia qualche linea qua e là, come riferimento per un occhio, la bocca, poi inizia a tagliare la pietra con una smerigliatrice angolare – uno strumento potente per tagliare il marmo – oppure con uno scalpello e una mazza.
“Taglio finché la pietra non mi dice cosa fare. Mentre scolpivo dietro il naso, dove sarebbe apparso l’occhio sinistro, ho incontrato un’ampia venatura bianca, che scendeva dall’angolo dell’occhio fino alla base del blocco di pietra. È la traccia di un evento geologico, ma sembrava una lacrima. Ho intitolato l’opera Il guardiano che piange”.



Le opere di Young, che è stata definita “la più grande scultrice britannica vivente”, sono in mostra e conservate in collezioni di tutto il mondo, ma è la prima volta che una delle sue creazioni viene esposta sul fondo del mare.
La scultura di 18 tonnellate di Young, The Weeping Guardian (Il guardiano che piange, N.d.T.), insieme
ad altri due enormi volti (The Gentle Guardian [Il guardiano gentile, N.d.T.] e The Young Guardian [Il guardiano giovane, N.d.T.]), che ha scolpito nel marmo di Carrara con l’aiuto di due colleghi nell’arco di cinque giorni, sono stati deposti sul fondale marino al largo della costa toscana presso Talamone (tra Firenze e Roma) nel 2015. Lì sotto, i suoi massicci guardiani di pietra proteggono la vita marina dalle reti dei pescherecci che pescano illegalmente di notte – e si spera continueranno a vigilare per migliaia di anni.
Lavorazione del marmo per l’opera “La Sirena” delle scultrici Lea Monetti e Aurora Avvantaggiato.
“The Young Guardian” (Il guardiano giovane, N.d.T.) di Emily Young. Le sculture sono realizzate in marmo di Carrara, e provengono dalle stesse cave dalle quali si riforniva Michelangelo.L’inusuale lavoro di Young si inserisce in un progetto in corso avviato da Paolo Fanciulli, un pescatore del posto, e dalla sua organizzazione non profit Casa dei Pesci, che mira a trovare modi creativi per proteggere il mare. Attualmente le sculture sottomarine a Talamone sono 39, e sono state posizionate tra il 2015 e il 2020, mentre altre 12 sono già pronte a raggiungerle, non appena ci saranno i fondi necessari.
I pescherecci a strascico trascinano le loro pesanti reti sul fondale marino, raschiandolo e distruggendo la posidonia (Posidonia oceanica), nota come erba di Nettuno, una pianta marina da fiore endemica del Mediterraneo, che forma ampi prati sottomarini e funge da nursery e santuario per molte specie marine. Inoltre, la posidonia ogni anno assorbe 15 volte più anidride carbonica di un’area di simili dimensioni della foresta pluviale amazzonica. Per queste ragioni, la posidonia è una specie protetta inclusa nella Direttiva Habitat dell’Unione Europea e nella Direttiva Quadro sulla Strategia per l’Ambiente Marino; per di più la pesca a strascico è illegale in Italia, entro le tre miglia nautiche dalla costa, ma siccome è molto redditizia, e siccome è impossibile presidiare tutti gli 8.000 km di costa italiana, questa pratica viene messa in atto lo stesso, di notte.
Ora sulla sessantina, Fanciulli pesca nella zona intorno a Talamone da quando era ragazzo. Negli anni ’80 iniziò a notare la devastazione causata dalla pesca a strascico e il conseguente impatto che questo aveva sul pescato dei pescatori locali come lui e sul loro sostentamento. Da allora tenta di contrastare questa pratica.
Nel 2006 ha collaborato con il comune di Talamone e alcune organizzazioni ambientaliste per calare sul fondo del Mediterraneo grosse bitte in cemento perché fungessero da “agenti segreti sottomarini”. L’operazione ha richiamato l’attenzione dei media, e Fanciulli è diventato un eroe nazionale – ma questo non è stato un deterrente sufficiente per i pescherecci illegali. La mafia locale ha contrattaccato, facendo in modo che lui non riuscisse a vendere il suo pesce al mercato, minacciandolo.
Doveva trovare un’altra strada. “Ha pensato: ‘Siamo in Italia. Siamo artisti. Mettendo insieme arte e conservazione potremmo avere un impatto maggiore’,” spiega Ippolito Turco, amico di Fanciulli e presidente della non profit Casa dei Pesci, che hanno creato con il supporto di varie associazioni culturali e ambientaliste.
Si sono rivolti alle cave di Carrara, chiedendo se potessero donare qualche blocco. Franco Barattini, patron di una delle cave più conosciute di Carrara – la cava Michelangelo, ovvero proprio il luogo dal quale l’artista si riforniva tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo per realizzare opere celeberrime e iconiche come il David e la Pietà – ha promesso di donare ben 100 blocchi di marmo.
Young, insieme agli artisti italiani Giorgio Butini e Massimo Lippi, e ad artisti di altri quattro Paesi, è stata invitata a realizzare delle opere. “Noi tutti abbiamo donato il nostro tempo. Ho pensato che fosse un bellissimo progetto, un ottimo modo per attirare l’attenzione sul problema”, afferma Young, il cui studio si trova nell’ex monastero di Santa Croce tra Pisa e Roma.
La Casa dei Pesci ha raccolto i fondi attraverso crowdfunding e donazioni, e Fanciulli e Turco hanno usato i loro contatti sul posto per organizzare le attività di trasporto e posizionamento delle sculture sul fondo marino. Pur avendo ottenuto tariffe “da amico”, la parte logistica viene a costare 5.000 € per ogni singola scultura.
Le opere sono state sistemate in cerchio, a quattro metri l’una dall’altra, intorno a un obelisco centrale, scolpito da Massimo Catalani, un altro artista italiano. Poco più in là sonnecchia una sirena, frutto della collaborazione tra la scultrice Lea Monetti e la giovane artista Aurora Vantaggiato, e poco oltre, tra le altre, c’è una figura distesa di Butini.
Proteggere i serbatoi di carbonio
Le sculture in marmo creano una barriera fisica per le reti dei pescherecci a strascico e contemporaneamente sono un museo sottomarino unico nel suo genere, accessibile a chiunque, tramite immersioni organizzate o individuali. “È davvero uno spettacolo sorprendente vedere con che facilità la natura si rigenera. Vogliamo portare la gente a osservare il fondo del mare e creare una nuova consapevolezza per uno sviluppo marino sostenibile”, spiega Turco.
L’iniziativa ha fermato completamente la pesca a strascico illegale nella fascia entro le tre miglia dalla costa davanti a Talamone, fino alla foce del fiume Ombrone, racconta Turco. “Ma ora le barche pirata si sono spostate a nord dell’Ombrone. La Casa dei Pesci ha in programma di proteggere anche questo tratto di mare, fino al confine del comune di Grosseto. Più a nord, starà ai pescatori e alle autorità degli altri comuni decidere cosa fare. Se tutti i piccoli pescatori e tutti i comuni seguissero l’esempio di Talamone non ci sarebbe più spazio per la pesca illegale e il mare potrebbe ripopolarsi”.
Nonostante questa vittoria, le vaste distese di posidonia, devastate dalle reti, probabilmente non si riprenderanno, afferma Fabrizio Serena, ricercatore senior associato CNR IRBIM (Istitute of Marine Biological Resources and Biotechnologies, Istituto di risorse biologiche marine e biotecnologie, N.d.T.) di Mazara del Vallo. Le alghe in genere si riproducono velocemente, ma il ciclo di vita della posidonia invece è molto più lento. “Per ottenere delle praterie di posidonia ben strutturate ci vogliono circa 30-40 anni e un ambiente protetto senza inquinamento né disturbo antropico, e questo oggi è praticamente impossibile”.
Quando una prateria di posidonia è compromessa, l’unica cosa da fare è cercare di proteggere ciò che ne rimane, aggiunge Serena. “A questo riguardo le statue di Talamone possono ancora proteggere i pochi prati di posidonia rimasti, e questa è un’importante azione di salvaguardia, un esempio unico nell’area del Mediterraneo”.
Le statue forniscono inoltre una struttura alla quale certi organismi possono attaccarsi e crescere. Dopo appena una o due settimane, le pietre erano già ricoperte da un sottile strato di microorganismi unicellulari (batteri, microalghe e funghi), racconta Serena. Un anno dopo o poco più, sulle sculture si erano insediati organismi più grandi, come cirripedi, ostriche, alghe, coralli, spugne, stelle marine e granchi.
Questa comunità strutturata ha, a sua volta, incoraggiato il ritorno di altre specie vegetali e animali. I pescatori hanno già notato che aragoste, polpi, saraghi e donzelle e anche un piccolo branco di delfini tursiopi (che non venivano avvistati da anni) sono tornati in queste acque.
I delfini, tuttavia, stanno creando problemi. “C’è un crescente conflitto tra i delfini e i pescatori perché la scarsità di cibo fa avvicinare gli animali alla costa, dove spingono i pesci nelle reti per poi cibarsene, danneggiando le reti”, spiega Enrica Franchi, ricercatrice presso l’Università di Siena. Il suo team sta collaborando con Fanciulli e i pescatori del posto per cercare di evitare che delfini e tartarughe marine (che in primavera ed estate si avvicinano alla costa per nidificare) rimangano impigliati nelle reti. L’anno scorso hanno avviato un progetto che prevede di dotare le reti di dispositivi acustici e a raggi ultravioletti per tenere a distanza delfini e tartarughe.
La speranza è che, negli anni, le sculture di Talamone siano sempre più pullulanti di vita marina. “Tra altri cinque-sette anni, se non interverrà il disturbo dell’uomo, il museo sottomarino potrebbe diventare un’area ricca di biodiversità e andare incontro, in una certa misura, alle esigenze di questo ecosistema”, conclude Serena. E le statue continueranno a vigilare in silenzio per migliaia di anni.
Le statue, afferma la scultrice Young, “sono un’impresa poetica di immaginazione, un atto di fede. Questo progetto si rivolge al futuro, e a prescindere dalla nostra presenza o meno, le statue resteranno, probabilmente per milioni di anni, portando una testimonianza della nostra umanità nel futuro ignoto, sotto forma di materiali lavorati dalla mano dell’uomo”.

Veronique Mistiaen è una giornalista pluripremiata che si occupa di questioni sociali e umanitarie, sviluppo globale e ambiente per le maggiori testate britanniche e internazionali. Seguila su Twitter.


Paolo Fanciulli, il pescatore che ha ideato un metodo geniale per combattere la pesca illegale

Hai mai sentito parlare di Paolo Fanciulli? Ecco coda questo pescatore ha ideato per combattere la pesca illegale

pesca illegale
Paolo Fanciulli, il pescatore che ha ideato un metodo (Foto Canva) – Orizzontenergia)

Quando parliamo di Paolo Fanciulli, facciamo riferimento a un pescatore che a partire dagli anni ottanta ha cominciato quella che è una vera e propria lotta per la salvaguardia dei mari, della nostra salute e soprattutto dell’ambiente che ci circonda. Lui, infatti, combatte assiduamente contro la pesca illegale, o per meglio dire a strascico: questa, infatti, se effettuata a tre miglia dalla costa può comportare delle conseguenze anche molto importanti per i nostri mari e anche per tutti noi. Va, infatti, a sradicare la vegetazione marina, a rovinare i fondali e causa anche dei danni a dir poco irreversibilità alla nostra biodiversità tanto preziosa.Inizialmente la sua è stata quasi una lotta senza risultati e, proprio per questo motivo, senza speranza. Questo, almeno, fino a quando non è stato raggiunto un anno fondamentale nella storia di questo pescatore: stiamo parlando del duemila sei, quando arriva a formulare l’idea che avrebbe rivoluzionato e cambiato una volta per tutte il suo modo di approcciarsi a questa lotta e anche di fare la differenza: per scoprire di cosa stiamo parlando, non dovete fare altro che continuare a leggere insieme a noi di Orizzonteenergia.

Pesca illegale, la lotta del pescatore di Paolo Fanciulli

pesca illegale
Paolo Fanciulli, il pescatore che ha ideato un metodo (Foto Canva) – Orizzontenergia)

Il duemilasei, infatti, rappresenta una tappa a dir poco fondamentale e indispensabile nella storia del pescatore Paolo Fanciulli ma anche, più in generale, di quella che è la lotta contro la pesca non legalizzata, intensiva e spesso dannosa per tutto l’ecosistema marino che ci circonda, ci supporta e ci permette di vivere come facciamo ogni giorno anche senza esserne realmente consapevoli. Proprio in quest’anno, infatti, egli insieme alla sua onlus e con l’aiuto di aziende e cittadini volontari ha installato delle strutture di marmo lungo i fondali dei mari toscani.L’obiettivo di queste sculture è molto specifico ed è, dunque, proprio quello di andare a ostacolo e per tanto ostruire la pesca illegale e soprattutto ormai fuori controllo. Questo avviene perché le reti di un pescatore, nel momento in cui si scontrano con queste sculture, vengono irrimediabilmente danneggiate e strappate, rendendo così impossibile continuare e portare avanti questa attività.

pesca illegale
Paolo Fanciulli, il pescatore che ha ideato un metodo (Foto Canva) – Orizzontenergia)

E’ inutile sottolineare come, sin da subito, questa idea del pescatore ha avuto un effetto positivo per i nostri mari e soprattutto nel limitare l’azione incontrollata che si stava ormai verificando da anni, se non addirittura decenni, a discapito proprio della natura. Proprio in queste zone, al giorno d’oggi, è stato possibile ottenere un ritorno quasi totale della biodiversità marina, l’ecosistema è rinato e soprattutto questo è diventato un vero e proprio museo marino che ha permesso di sviluppare anche degli itinerari di turismo sostenibile. Insomma, Paolo Fanciulli ha senza dubbio rivoluzionato la pesca e potrebbe anche aver fatto un passo non indifferente nella lotta contro l’inquinamento.


 e  da 





26.2.23

Marco Carta, olbiese trapiantato a Verona e l’attenzione particolare per l’ambienteLa sua innovativa fabbrica di detergenti ha sistemi che riducono l’utilizzo di plastica

 «Con Mr.Carta 100 per cento Eco lancio la sfida alle multinazionali»

Olbia
Marco Carta da Olbia ha avuto tante vite. Se si vuole dividere in modo più semplice, il primo tempo è finito a 40 anni. Quando si è dimesso da manager in una multinazionale. «Lì è stato fischiato
l’intervallo, poi è iniziato il secondo tempo». Dalla candeggina in pastiglie all’ultima impresa, con il lanciò di una linea di detergenti plastic free. L’olbiese Marco Carta, 52 anni, fondatore di Smapu Group, azienda con sede a Verona specializzata nella produzione di beni di consumo nel settore della detergenza, igiene casa e cura della persona, con la nuova linea “Mr. Carta 100% Eco”, ha ufficialmente lanciato la sfida sugli scaffali dei supermercati alle più grosse multinazionali del settore. L’azienda, con meno di dieci anni di attività, compete con gruppi storici della distribuzione, già nel 2016 la candeggina in pastiglie Smapiù è stata eletta prodotto dell’anno, battendo la concorrenza agguerrita dei più importanti marchi del settore. Oltre la candeggina in pastiglie, realizzata in diverse profumazioni e formati, nello stabilimento veronese di Marco Carta si producono additivi e smacchiatori per bucato, sgrassatori per cucina e prodotti per il Wc, anticalcare, profumatori,

disinfettanti. Negli ultimi mesi del 2022 è stata lanciata una nuova linea dedicata al mercato del Pet, ma soprattutto è stata realizzata la prima linea di detergenti senza plastica con imballo esclusivamente di carta. «Il nostro piccolo barattolo di candeggina da 40 pastiglie è l’equivalente di un flacone di 5 litri di candeggina liquida e consente per ogni acquisto un risparmio di 500 grammi di plastica – racconta Carta –. Avendo prodotto e commercializzato circa 4 milioni di pezzi, questo sistema ha fatto risparmiare solo negli ultimi 3 anni 2 mila tonnellate di plastica al nostro pianeta, il nostro impegno è volto a migliorare l’ambiente che ci circonda, e oggi grazie al nuovo imballo Mr.Carta 100%Eco la plastica verrà totalmente eliminata». Gioventù olbiese Così il secondo tempo inizia a 40 anni, senza dimenticare la gioventù vissuta ad Olbia. «Sono legato a Olbia da splendidi ricordi, i compagni di bAsket, i tanti amici d'infanzia, i compagni di scuola, con i quali ancora oggi conservo uno splendido rapporto di complicità – racconta Marco Carta –. Figlio di Nicola e Giorgina, gli storici segretari del liceo Scientifico “Mossa” e del Classico “Gramsci”, oggi ottantenni, che vivono a Olbia, ho frequentato le scuole elementari a San Simplicio vicino alla casa dei miei nonni, le medie alla Pais e il diploma all’istituto Tecnico “Deffenu”. Dopo gli studi universitari in materie economiche e i master in comunicazione e marketing, sono arrivato a ricoprire importanti posizioni manageriali nel marketing di imprese conosciute e di riferimento nei loro settori». È stato a capo della direzione marketing di multinazionali del largo consumo, lavorando a Milano, Roma, Treviso e infine a Londra. Dopo quindici anni da dirigente si dimette, nel 2014 fonda Smapu Group realizzando i marchi Smapiù, AntesWC e oggi Mr.Carta 100% Eco. Il libro Ora la scelta di raccontare questa seconda vita in un libro intitolato “da Marco Carta a Mr. Carta”, dove rivela i segreti per aprire gli occhi davanti agli scaffali dei supermercati e anche la sua storia, l’infanzia, piazza Regina Margherita, l’epoca dei paninari, gli storici matinée in discoteca al “Nuovo Parco”, le serate invernali al Capricorno, le notti estive al Tartarughino, alla Bomboniera e al Sottovento. «Il libro racconta dei falsi miti della sostenibilità, dell’innovazione dell’industria del largo consumo, degli scaffali dei supermercati, delle multinazionali, di come le pubblicità condizionano quotidianamente le nostre coscienze – spiega – ma anche delle abitudini del consumatore e la mia sfida con la prima linea di detergenti senza plastica». Con Mr. Carta 100% Eco l’olbiese ha voluto sfidare l'abitudine, le credenze più radicate: per la prima volta, infatti, un packaging totalmente in carta racchiude detersivi in pastiglie di ogni genere. Quello per la candeggina ha ricevuto nel 2022 il premio per l’innovazione alla Plma di Amsterdam, la più importante fiera internazionale largo consum0

30.12.21

storie di mare : Plastica: dal mare ai costumi da bagno ., “Ho deciso di vivere su una barca” La storia della cagliaritana Marta Magnano

 da  ioacquaesapone 

La startup “Ogyre” si basa sui principi dell’economia circolare ed è la prima realtà italiana ad aver trasformato in business la pesca dei rifiuti

                                      Ven 22 Ott 2021 | di Domenico Zaccaria | Ambiente



Coinvolgere i pescatori nel recupero dei rifiuti di plastica in mare. Trasformare questi scarti in un filato per realizzare costumi da bagno. E finanziare con la loro vendita l’attività dei pescherecci. È un perfetto esempio di economia circolare quello messo in piedi dalla startup “Ogyre”, un progetto a vocazione sociale ideato da Antonio Augeri e Andrea Faldella; il nome deriva dalle “ocean gyres”, le correnti oceaniche fondamentali per l’ecosistema, oggi tristemente famose perché intrappolano la plastica in grandi isole di rifiuti. Ogni anno 11 milioni di tonnellate di questo materiale finiscono in mare, mettendo a rischio la vita di 1,4 milioni di specie. I pescatori, in teoria, sarebbero i soggetti più facili da coinvolgere in un’attività di pulizia. Ma in pratica la realtà – almeno in Italia – è diversa: le normative vigenti assimilano i rifiuti marini quelli speciali; di conseguenza i costi e la responsabilità penale sono a loro carico, tanto che spesso sono costretti a rigettarli in mare invece di riportarli a terra. Grazie ad “Ogyre”, invece, i pescatori vengono regolarmente remunerati e sollevati dagli oneri di conferimento dei rifiuti; la plastica, una volta riportata a riva, viene stoccata per essere poi riciclata e trasformata in nuovo materiale. Un modello che chiude il cerchio con la realizzazione di costumi da bagno “plastic-positive”, prodotti con un filato ricavato proprio dalla plastica, il cui ricavato sostiene il finanziamento dei pescherecci. 

LO STATO DI SALUTE DEL MARE
Si tratta della prima realtà italiana ad aver trasformato la pesca dei rifiuti in business. Una pratica semplice perché non richiede implementazioni tecnologiche, ma sfrutta le reti dei pescatori che quotidianamente vivono il mare; oltre che per l’ecosistema, è vantaggiosa per la salute dell’uomo e porta benefici per la pesca, per il turismo e per le comunità locali. I rifiuti raccolti vengono stoccati direttamente a bordo in appositi sacchi e, una volta a terra, vengono smistati, catalogati e smaltiti correttamente attraverso istituti di ricerca e Ong partner: così si può studiare lo stato di salute del mare e mappare rifiuti e tipologia di impatto sugli ecosistemi marini. Partito la scorsa primavera, il progetto vede già coinvolti i porti di Cesenatico, Goro e Porto Garibaldi, con sette pescherecci partner attivi che recuperano in media oltre 50 chili di rifiuti plastici al mese; nei prossimi mesi si punta ad inaugurare almeno altri 3 porti e ad arrivare fino a 60 pescherecci.     

“Ho deciso di vivere su una barca”

La cagliaritana Marta Magnano, la velista dell’anno 2021, dopo l’Erasmus in Germania, ha trasformato la sua passione per la vela in uno stile di vita all’insegna dell’ecosostenibilità

Lun 06 Dic 2021 | di Marzia Pomponio | Attualità

dal suo istangram  
Marta Magnano, 30 anni, di Cagliari, istruttrice di vela e socia della Lega Navale Italiana, già a 13 anni è diventata aiuto-istruttrice di vela per i bambini sugli Optimist. Ha gareggiato in varie regate nazionali e internazionali. Dal 2019 vive su Churingas, una Grand Soleil del 1982 sulla quale organizza gite e ospita bambini ai quali insegna il rispetto per il mare e la natura.  Per la scelta di lasciare la terrafema e vivere su una barca a giugno è stata premiata “Velista dell’anno” nella sezione “Tag Heuer Passion”, dedicato a chi ha saputo tramutare la passione per la vela in uno stile di vita. È stata tra le organizzatrici di “Sail for women” (Vela per le donne), la più grande manifestazione velistica a scopo benefico d’Italia, finalizzata all’acquisto di strumenti di screening oncologico in collaborazione con “Salute Donna Onlus”. La pagina Instagram è marta_magnano. La pagina Facebook è Marta Magnano - Boat Sweet Boat. 
L’infanzia l’ha trascorsa sui fondali marini della sua Cagliari, ad ammirare la flora e la fauna marina che ha imparato ad amare guardando le videocassette di Jacques Cousteau regalate dai genitori. È allora che è nata la passione per il mare. A 11 anni il primo corso di vela e il sogno inconscio di andare a vivere in barca. Marta Magnano, classe 1990, laureanda in medicina, istruttrice di vela, il grande salto lo ha compiuto nel 2019, quando ha lasciato la terraferma per vivere a bordo di una barca a vela di 10 metri. «Ho fatto per gioco un giro su un portale di barche usate e ho scoperto che erano alla portata di una studentessa lavoratrice come me. L’ormeggio sarebbe costato quanto un affitto. Così è diventata la mia casa». 



Con Churingas è stato amore a prima vista. Il nome deriva da una pietra sacra indossata dagli aborigeni dell’Oceania durante le navigazioni. Con l’aiuto degli amici della Lega Navale Italiana di Cagliari l’ha ristrutturata all’insegna dell’ecosostenibilità: ha installato pannelli solari e termoisolanti e per la pulizia e manutenzione usa solo prodotti naturali, che sceglie con meticolosità ogni anno al Salone Nautico di Genova – dove è ormai un’ospite fissa e molto richiesta – e che poi fa conoscere ai suoi numerosi followers, conquistati durante il lockdown, quando la skipper sarda ha pensato di rendersi utile per chi era costretto a stare chiuso in casa, raccontando le sue avventure in mare, mostrando com’è fatta una barca, come funziona e organizzando micro lezioni di vela.

Quali reazioni ha suscitato la tua scelta di vivere su una barca?      
«All’inizio ero considerata una pazza, invece durante il lockdown, quando la pandemia ha costretto tutti a fare i conti con se stessi, molti hanno riscoperto il valore della vita all’aria aperta e l’importanza di fare scelte libere, quello che
ci rende veramente felici, che ci fa stare bene a prescindere dalla società».

In un post hai scritto che al vestito costoso preferisci spendere in esperienze e il tuo sabato preferito non è in giro per locali, ma in mare “con quei pochi con cui vale la pena stare”. Proponi un tuo stile di vita fatto di essenzialità.  
«Ereditato dagli ambienti sportivi che ho sempre frequentato e dall’esperienza avuta al mio rientro a Cagliari, dopo otto mesi in Germania con l’Erasmus, quando per un mese ho vissuto senza corrente perché i precedenti inquilini avevano lasciato una morosità di 800 euro. In preda al panico, per conforto, ho chiamato un amico colombiano. «Da dove vengo io tanta gente non ha una casa, né la corrente, né l’acqua potabile, di cosa ti lamenti tu che hai una casa e un futuro?», mi ha risposto. Quelle parole mi hanno fatto riflettere. Ho iniziato a vivere come si faceva in passato: mi svegliavo con la luce, ho salutato la tv che tanto manda in onda solo spazzatura, ho ripreso a leggere, a suonare la chitarra, i capelli li asciugavo al sole durante le belle giornate, mi sono riempita casa di candele. Quando poi ho fatto il trasloco in barca ho dovuto scegliere quello che veramente mi serviva, perché non c’entrava tutto, e questo mi ha fatto pensare ancora una volta che tanto di quello che abbiamo in casa è superfluo».    

Hai annunciato su Instagram la vendita di Churingas per nuovi progetti. Quali?  
«Il mio sogno è girare il mondo, ma per farlo devo iniziare da casa. Il giro dell’Italia lo farò con una barca che dovrà essere un concentrato di prodotti e soluzioni innovative per l’autosufficienza, che vuol dire prodursi la corrente elettrica con pannelli solari e seadamp (per ottenere l'energia sia dal Sole che dal mare) e l'acqua potabile dal mare, tenendola pulita con prodotti bio premiati all’ultimo Salone Nautico di Genova. Spero, inoltre, abbia vele 100% biodegradabili. Nel giro coinvolgerò scolaresche e circoli sportivi, promuovendo tematiche ambientali legate al mare, una grande risorsa sfruttata spesso in modo sbagliato, vedi quando lo inquiniamo, quando peschiamo troppo, quando milioni di barche si concentrano tutte in Sardegna ed erodono le coste, per cui ci troviamo senza spiagge».   

Un altro sogno è usare il mare come terapia preventiva per bambini. 
«In molti Paesi esteri, dove la vela è addirittura lo sport nazionale come il calcio, già esistono figure professionali specializzate nella medicina della vela. Credo in una medicina che debba anzitutto investire sulla salute prima della malattia. Oggi i medici sono diventati talmente bravi a curare le malattie da dimenticare l’importanza di non ammalarsi».                                                   


 

Boat sweet boat



30.9.21

l'amore vince sulla malattia , . PER CHI VIVE UN MOMENTO PARTICOLARE DELLA PROPRIA VITA, E HA SMESSO DI CREDERE NELL'AMORE, la vita è tutta un film , dopo uno shock anafilattico ha ripreso in mano la sua vita CHI LAVORA CON PASSIONE, A OGNI ETÀ,

da    https://storiedeglialtri.it/  di Carmelo  Abate (  carmeloabbate@storiedeglialtri.it  oppure   https://www.facebook.com/carmeloabbate1971 )    : <<   persone semplici, pure, nel cuore e nei sentimenti. Mi fanno pensare a mia madre e a mio padre, che purtroppo non c’è più. A tutte quelle persone umili che ogni giorno, nel loro piccolo, hanno tenuto la barra dritta e hanno contribuito a rendere grande il paese in cui viviamo >> Ogni storia racconta un pezzo di vita degli altri, ma finisce per toccare corde sensibili dentro ognuno di noi. Emozioni che ci fanno sentire meno soli, e più vicini a persone che non conosciamo.


. PER CHI  VIVE UN MOMENTO PARTICOLARE DELLA PROPRIA VITA, E HA SMESSO DI CREDERE NELL'AMORE
Lei è Maria. Nasce a Napoli nel 1951. Cresce in una famiglia umile, ha nove fratelli che cura come figli, appena può lascia la scuola e trova lavoro in fabbrica. Ha 16 anni, cammina per strada, incrocia gli occhi di un ragazzo che la fissa con insistenza. Piacere, mi chiamo Salvatore, scusami, ma non riuscivo a smettere di
guardarti. Maria sorride, gli stringe la mano, non la lascia più. Si sposano, in pochi anni nascono Luisa e Giuseppe. Maria si occupa dei figli e della casa, Salvatore è tutto il suo mondo. Si punzecchiano, bisticciano, poi fanno pace a passo di valzer. Maria cammina per strada vestita di tutto punto, gli uomini la guardano, Salvatore digrigna i denti, lei gli schiocca un bel bacio. Passa il tempo, i figli crescono, Maria e Salvatore riscoprono la gioia di stare insieme, viaggiano spesso, loro due, soli, mano nella mano sulle note di Celentano. È il 2009, Maria ha 58 anni, è in vacanza con la famiglia, d’improvviso si mette a urlare, dalla bocca le escono improperi e insulti. Salvatore è attonito. Amore calmati, che succede? Maria non sa, non riesce a spiegarsi, ha paura. Lui la stringe a sé. Stai tranquilla, va tutto bene. I giorni passano, Maria ha continui sbalzi d’umore, i medici fanno tante ipotesi, l’ultima è la più brutta. Alzheimer in fase avanzata. Maria si aggrappa al marito. Adesso cosa succede, che cosa ne sarà di me, di noi? Salvatore la tiene tra le sue braccia finché non si calma. Passano gli anni, Maria non riconosce più i figli, neanche i nipoti, vuole solo il marito, lo chiama, lo cerca, sempre, ovunque. Salvatore cucina i suoi piatti preferiti, impara a metterle lo smalto, fa venire il parrucchiere ogni settimana, e quando Maria ha lo sguardo lontano, le sussurra all’orecchio. Amore mio, ricordi quanto ci piaceva ballare? Maria gli fa una carezza. Come sei bello! La sua vita è tutta in quegli istanti, nei sorrisi, negli sguardi, nel ti amo sussurrato fino all’ultimo giorno della sua vita. Sono passati due anni, Salvatore ancora le parla. Ogni notte, prima di addormentarsi, la vede, corre tra le sue braccia, digrigna i denti. Maria lo guarda, gli fa il verso, e ride, ride.

guardarti. Maria sorride, gli stringe la mano, non la lascia più. Si sposano, in pochi anni nascono Luisa e Giuseppe. Maria si occupa dei figli e della casa, Salvatore è tutto il suo mondo. Si punzecchiano, bisticciano, poi fanno pace a passo di valzer. Maria cammina per strada vestita di tutto punto, gli uomini la guardano, Salvatore digrigna i denti, lei gli schiocca un bel bacio. Passa il tempo, i figli crescono, Maria e Salvatore riscoprono la gioia di stare insieme, viaggiano spesso, loro due, soli, mano nella mano sulle note di Celentano. È il 2009, Maria ha 58 anni, è in vacanza con la famiglia, d’improvviso si mette a urlare, dalla bocca le escono improperi e insulti. Salvatore è attonito. Amore calmati, che succede? Maria non sa, non riesce a spiegarsi, ha paura. Lui la stringe a sé. Stai tranquilla, va tutto bene. I giorni passano, Maria ha continui sbalzi d’umore, i medici fanno tante ipotesi, l’ultima è la più brutta. Alzheimer in fase avanzata. Maria si aggrappa al marito. Adesso cosa succede, che cosa ne sarà di me, di noi? Salvatore la tiene tra le sue braccia finché non si calma. Passano gli anni, Maria non riconosce più i figli, neanche i nipoti, vuole solo il marito, lo chiama, lo cerca, sempre, ovunque. Salvatore cucina i suoi piatti preferiti, impara a metterle lo smalto, fa venire il parrucchiere ogni settimana, e quando Maria ha lo sguardo lontano, le sussurra all’orecchio. Amore mio, ricordi quanto ci piaceva ballare? Maria gli fa una carezza. Come sei bello! La sua vita è tutta in quegli istanti, nei sorrisi, negli sguardi, nel ti amo sussurrato fino all’ultimo giorno della sua vita. Sono passati due anni, Salvatore ancora le parla. Ogni notte, prima di addormentarsi, la vede, corre tra le sue braccia, digrigna i denti. Maria lo guarda, gli fa il verso, e ride, ride.
PER CHI NON SMETTE MAI DI CREDERE NEI SOGNI
Loro sono Robin e Judith. Vivono a Francoforte, in Germania. Robin lavora come ingegnere, Judith in una radio. Sono appassionati di cinema, divorano film e serie tv. È il 2014. Robin e Judith si concedono una vacanza a Praga, camminano per la città finché trovano il punto esatto in cui è stata girata una scena di Mission Impossible. Robin fa per scattare una foto, poi si blocca. Tesoro, e se ti facessi una proposta indecente? Judith sgrana gli occhi, Robin scoppia a ridere. Tranquilla, intendevo che sarebbe divertente ritrarci nello stesso posto e nella stessa posa degli-------------
 
PER CHI CREDE CHE UN PICCOLO GESTO PUÒ CAMBIARE IL MONDO

Leah stringe i pungi, è arrabbiata da morire. Corre a casa, prende un foglio, scrive una frase a caratteri cubitali. Si piazza lungo la strada. I passanti la osservano. Ragazzina, che cosa stai facendo? Leah indica il foglio. Non si vede? Sto scioperando per il clima e l'ambiente
Leah. Vive a Kampala, in Uganda. È una bambina intelligente, curiosa. Mano nella mano con il nonno, passeggia nei boschi, ammira gli alberi, si diverte ad abbracciare i tronchi per annusarne la corteccia. Sono belli, forti, indistruttibili. Cresce, ha 14 anni, esce di casa per andare a scuola. Vede un automobilista gettare qualcosa dal finestrino. Leah gli urla dietro, poi si guarda intorno. La strada è piena zeppa di rifiuti. Come ha fatto a non accorgersene prima? Raccoglie le cartacce, le butta, ma al ritorno da scuola ne trova altre. Leah stringe i pungi, è arrabbiata da morire. Corre a casa, prende un foglio, scrive una frase a caratteri cubitali e torna indietro. Si piazza lungo la strada, in piedi, immobile. I passanti la osservano. Ragazzina, che cosa stai facendo? Leah indica il foglio. Non si vede? Sto scioperando per il clima e l’ambiente. Tutti i giorni Leah salta la scuola, gira la città, sosta agli angoli delle vie, mostra a tutti il suo cartello, parla, spiega le sue ragioni a chiunque voglia ascoltare. I genitori provano a farla ragionare. Tesoro, è molto bello quello che stai facendo, ma come la metti con lo studio? Vuoi farti bocciare? Leah li guarda indignata. Cos’è più importante, salvare il pianeta o andare a scuola? Mamma e papà sono spiazzati. I mesi passano, che piova o ci sia il sole, Leah continua a camminare con il suo cartello giallo e il suo messaggio bene in vista. Un giorno si trova a ripercorrere i vecchi sentieri che faceva con il nonno. Si guarda intorno, e ha una stretta al cuore. Che fine hanno fatto i miei bellissimi alberi? Leah piange dalla rabbia, grida, urla, poi corre in un negozio, compra dei semi e comincia a scavare. Quanti erano? Cento, duecento, mille? Costi quel che costi li ripianterà tutti. Scava come una pazza, ce l’ha a morte con il mondo intero. Dei rumori la riportano alla realtà. Leah alza gli occhi. Davanti a lei c’è un gruppetto di persone. Leah riconosce qualcuno dei volti incrociati per strada. Le sorridono. Siamo qui per darti una mano.
Scopri le altre donne che hanno superato limiti e barriere.
PER CHI SA CHE UN SORRISO VALE PIÙ DI TANTE MEDICINE

Lui è Salvatore. Nasce nel 1993 a Massa Lubrense, in Campania, tra il profumo di limoni e di salsedine. Trascorre un’infanzia spensierata, resa unica dall’amore di una famiglia verace. Ha 15 anni, conosce Alessia, un angelo dagli occhi verdi che gli ruba il cuore. Salvatore stringe la sua mano e va incontro alla vita. Si diverte a cucinare torte e paste fresche con la nonna, si iscrive alla scuola alberghiera, vuole diventare chef
È il 2014. Salvatore ha 21 anni, non si sente bene. Fa tanti esami, soffre di un grave deficit del sistema immunitario. Il medico è chiaro. Dimenticati di stare dietro ai fornelli, è troppo rischioso. Salvatore ascolta incredulo, poi crolla, si disfa in mille pezzi. Lacrime, paura, serate intere a piangere sulle panchine di fronte a Capri. Alessia lo abbraccia, lo stringe forte. Amore, tu puoi farcela, puoi cambiare vita, io sono con te, non ti lascio. Salvatore non scommetterebbe un soldo bucato su se stesso, ma si fida del suo angelo. Si iscrive a Economia, sgobba, suda, sputa sangue. Alessia è al suo fianco, sempre. Salvatore si laurea, prende un master, trova lavoro per piccole aziende locali, ottieni i primi risultati, ma la sua maledetta salute lo riporta giù. Soffre, non molla. Alessia lo sorregge nei momenti di difficoltà. Forza amore, andiamo, cambiamo vita, ricominciamo, noi due, insieme possiamo farcela. Si trasferiscono a Milano, una città grande che mette paura, soggezione. Salvatore e Alessia diventano grandi all’improvviso, stretti l’uno nelle braccia
dell’altra. Passano giorni interi a piangere in una umile cameretta, a cercare calore negli sguardi degli sconosciuti. Si sorreggono, non mollano, vanno avanti. Dopo sei anni di incertezze, arrivano le prime gioie. Firmano il mutuo, comprano la macchina, trovano un lavoro stabile e tanti amici. Oggi sono ancora lì, con gli occhi pieni di sogni, determinati e pronti a lottare. Se c’è una cosa che Salvatore ha imparato, è che l’amore è la medicina più forte. Devo tutto a te angelo mio, cuore mio, prego che il signore ti ripaghi per tutto il bene che mi hai fatto, e per la forza che continui a darmi.

-------

PER CHI VUOLE VIVERE LA MAGIA DEL CINEMA


attori. Judith è entusiasta. Se proprio dobbiamo, allora facciamo le cose per bene. Girano per negozi, recuperano un abito da sera, due cappotti neri, si vestono, si truccano, poi tornano sul ponte e scattano la foto. Robin è soddisfatto. Sono identico a Tom Cruise! Tornati dalla vacanza appendono la foto in salotto, la ammirano in silenzio, poi si guardano negli occhi. Stai pensando anche tu la stessa cosa? Fanno una lista dei loro film preferiti, scovano le location, pianificano le vacanze e, ciack, si gira! Volano negli Stati Uniti. Cappellino, barbetta, sguardo
crucciato, e Robin si trasforma in Forrest Gump. Raggiungono la Nuova Zelanda armati di bastoni e mantelli, solo per scoprire che la montagna di Lo Hobbit è stata ricreata al computer. Ballano a mille gradi sottozero come in La La Land, aspettano delle ore per sedersi sulla stessa panchina di Colpa delle stelle, passeggiano per il lago di Como con l’armatura ricavata da vecchie pentole. E Games of Thrones? Judith è irremovibile. Dobbiamo farlo, per forza! Impiegano giorni per realizzare l’abito di Khaleesy, una volta sul posto, si dannano per trovare la giusta angolazione, e quando finalmente è tutto pronto, ecco l’immancabile passante che sbuca dal nulla. Tutto da rifare, e risate a non finire. Ogni anno le vacanze di Robin e Judith si trasformano in una maratona cinematografica. Una volta a casa, si siedono sul divano con bibita e popcorn, riguardano le scene, sognano, ridono. È meglio di un film. Strano, folle, ma in fondo, perché no?

ambiente


-------
PER CHI HA IL CORAGGIO DI ALZARSI IN PIEDI E DIRE BASTA

Lei è Eunice. Nasce a Tryon, negli Stati Uniti, nel 1933. Il padre si barcamena tra mille lavori, la madre è una predicatrice religiosa. Eunice ha 6 anni, va in chiesa, ascolta il suono dell’organo, rimane stregata. Mamma, posso provare a suonarlo? Muove le mani, riproduce la canzone appena sentita. La madre è sbalordita. Figlia
mia, tutto questo da dove salta fuori? Eunice prende lezioni di pianoforte, suona Mozart, Bach, Beethoven, sogna grandi palcoscenici. Ha 10 anni, sta per esibirsi davanti alle persone più importanti della città. Ha il cuore a mille, cerca mamma e papà tra il pubblico, li saluta, poi assiste a una scena strana. I suoi genitori sono costretti a cedere il posto a una coppia di bianchi. Eunice salta in piedi, punta il dito. Non suonerò più una nota se la mia mamma e il mio papà non restano dove sono. Cala il silenzio, e l’imbarazzo. Eunice non si piega, viene accontentata. Il concerto è un grande successo, ma lei non è felice. Si sente umiliata. Giura a se stessa che diventerà la prima pianista nera di musica classica. Cresce, tenta l’ammissione in una scuola prestigiosa, gli insegnanti si congratulano. Hai talento, ma questo non è il tuo posto. Eunice piange di rabbia. Odia la sua pelle scura, è stanca di ricevere oltraggi, si fa chiamare Nina Simone e si esibisce nei nightclub. Un discografico le offre un contratto, Nina non ha niente da perdere. Suona con musicisti famosi, diventa una pianista e cantante di successo. Ma dentro di lei c’è sempre quel senso di vuoto. È il 1963. Nina ascolta una notizia sconvolgente. Quattro bambine nere sono state uccise in un attentato mentre erano a catechismo. Nina stringe il pugno, forte, fino a sanguinare. Prova rabbia, dolore, ma anche qualcosa di nuovo. Pesta le dita sul pianoforte, urla. Poi si guarda allo specchio, e sorride. Compone canzoni di protesta, canta contro il razzismo, inneggia all’uguaglianza. Riceve critiche, insulti e minacce. I suoi dischi tornano indietro spezzati in due, la carriera di Nina Simone cola a picco. Ma la piccola Eunice resta in piedi, con il dito puntato.


--------


Dopo lo shock anafilattico, Silvia si è affidata a un nutrizionista, e ha intrapreso un percorso psicologico che l’ha aiutata a riprendere in mano la sua vita.


Lei è Silvia. Vive a Firenze. Ha 20 anni. Si sveglia, fa per alzarsi, ma il corpo è rigido, non risponde ai comandi. Silvia si spaventa, urla. Mamma, papà, aiuto! La portano in ospedale, il medico non ci gira intorno. Signorina, lei ha la sclerosi multipla, tra dieci anni sarà in sedia a rotelle. Silvia ingoia lacrime amare, la sua vita viene sopraffatta dalle terapie e dal dolore. Nasconde a tutti la verità, ne parla solo con Roberto, il fidanzato, ma non pronuncia mai il nome della malattia. La Signora, così la chiama. Rinuncia agli amici, al lavoro, si sente un peso per tutti. Un solo desiderio la tiene in piedi, diventare madre. I medici la sconsigliano, lei tira dritto. Si aggrappa a Roberto e dopo anni di tentativi nasce la piccola Chiara. Negli occhi della sua bambina, Silvia cerca la forza di reagire, non la trova. Passano tre anni. È sera, Silvia fa la solita iniezione prima di andare a dormire, il suo corpo ha una reazione violenta, sussulta, si muove a scatti, poi d’improvviso tutto diventa buio. Silvia riapre gli occhi e si trova davanti a una scena assurda, impossibile. Il suo corpo è steso a terra, e lei lo sta osservando dall’esterno. Non prova nulla, anzi, finalmente il dolore è sparito, si sente libera, in pace. Silvia cerca la Signora. Portami via con te, basta, sono stanca. Si sente sempre più leggera, finché un pensiero le attraversa la mente. Tra qualche ora Chiara si sveglierà, cercherà la sua mamma, e piangerà tanto. Silvia si agita, gira gli occhi nella stanza. Bambina mia, figlia mia, dove sei? Qualcosa la tira verso l’alto, ma lei si oppone con tutta se stessa. Deve andare dalla sua piccola, adesso, subito. C’è una luce accecante, poi i suoi polmoni si riempiono d’aria. Silvia apre gli occhi, si guarda intorno. È tornata, è viva. Oggi Silvia ha 53 anni, da quel giorno la sua mente e il suo corpo si sono ripuliti. Ha smesso di piangersi addosso e ha ricominciato a vivere. Ha capito che il vero nemico era dentro di lei, e nel momento in cui l’ha affrontato, è tornata libera. Non è guarita, ma non è più una malata.

------


. PER CHI LAVORA CON PASSIONE, A OGNI ETÀ

Linda, la figlia di Margaret, ha scritto un libro in cui racconta la storia della sua instancabile mamma.
Lei è Margaret. Nasce a Monaghan, in Irlanda del Nord. Perde la mamma quando è molto piccola, cresce con le sorelle e il papà in una casa dal tetto di paglia. Ha 5 anni, si ferma Home
Lei è Margaret. Nasce a Monaghan, in Irlanda del Nord. Perde la mamma quando è molto piccola, cresce con le sorelle e il papà in una casa dal tetto di paglia. Ha 5 anni, si ferma davanti allo specchio, guarda i suoi capelli, prende le forbici e zac, li taglia tutti. Le sorelle inorridiscono, lei sorride soddisfatta. Voglio fare la parrucchiera. Cresce, fa chilometri in bicicletta per raggiungere il salone della città. Lava i pavimenti, intanto guarda, osserva ogni gesto, impara. È il 1952. Margaret si trasferisce a Chorley, in Inghilterra. Vuole aprire il primo negozio tutto suo, ma il paese ne ha già uno, e non cercano personale. Margaret si morde le labbra, lavora come infermiera, taglia i capelli gratis alle pazienti. Durante un ballo conosce Frank, è amore a prima vista. Si sposano, poco dopo arriva la prima figlia. È il 1956. Margaret mette la sua bambina nella culla, poi sente dei rumori, guarda dalla finestra, urla. Quel benedetto salone sta finalmente chiudendo i battenti. Margaret corre in soggiorno, sistema il tavolo, uno specchio, tira fuori gli attrezzi del mestiere e appende un cartello in giardino. Capelli da Margaret. Aspetta per ore, finché dalla porta fa capolino la prima cliente. Margaret estrae le forbici. È il momento più bello della sua davanti allo specchio, guarda i suoi capelli, prende le forbici e zac, li taglia tutti. Le sorelle inorridiscono, lei sorride soddisfatta. Voglio fare la parrucchiera. Cresce, fa chilometri in bicicletta per raggiungere il salone della città. Lava i pavimenti, intanto guarda, osserva ogni gesto, impara. È il 1952. Margaret si trasferisce a Chorley, in Inghilterra. Vuole aprire il primo negozio tutto suo, ma il paese ne ha già uno, e non cercano personale. Margaret si morde le labbra, lavora come infermiera, taglia i capelli gratis alle pazienti. Durante un ballo conosce Frank, è amore a prima vista. Si sposano, poco dopo arriva la prima figlia. È il 1956. Margaret mette la sua bambina nella culla, poi sente dei rumori, guarda dalla finestra, urla. Quel benedetto salone sta finalmente chiudendo i battenti. Margaret corre in soggiorno, sistema il tavolo, uno specchio, tira fuori gli attrezzi del mestiere e appende un cartello in giardino. Capelli da Margaret. Aspetta per ore, finché dalla porta fa capolino la prima cliente. Margaret estrae le forbici. È il momento più bello della sua vita. I giorni passano, il salotto di casa è un via vai di persone, il marito si lamenta. Mica si può vivere così! Margaret promette che smetterà appena la figlia inizierà la scuola. Il primo giorno di Elementari, il marito le ricorda la promessa. Margaret annuisce. Lo so, lo so, oggi stesso annuncio la chiusura. Frank la guarda storto. Non ci provare, sei troppo brava, piuttosto concedimi di farti da assistente. Tra una piega e uno shampoo, il tempo scorre in fretta. È il 2021. Margaret annuncia con orgoglio di aver raggiunto i 65 anni di attività. Le clienti scoppiano in lacrime, sono disperate. Maggie cara, non avrai intenzione di andare in pensione, vero? Margaret sgrana gli occhi. In pensione? Ma non scherziamo! Ho 91 anni, non sono mica morta.

15.6.21

"La mia fuga dal Covid isolata nel Grande Nord Ma ora sogno l’Italia" L’intervista alla travel blogger Valentina Miozzo



in sottofondo IL passo e l'incanto - GianMaria Testa A volte capita che il disco o una canzone che stai ascoltando sia attinente alla storia che stai leggendo . Infatti questo è uno dei casi . La storia che vado a riportare è quella di
Valentina Miozzo di VIAGGIARE LIBERA Il Circolo Polare Artico è un punto di vista diverso sul mondo: qui si impara che di tante cose si può fare a meno (anche del sole, per un po’!) e si osservano gli effetti più evidenti dei cambiamenti climatici.
Ecco una sua intervista rilasciata a Giacomo Talignani   su  repubblica  del 15\6\2021


                             


 
Ha indossato la mascherina una sola volta, per metterla sugli occhi e riuscire a dormire: fuori, nel suo lockdown in pieno Artico, c’erano 24 ore di luce. Quando qui scattava il coprifuoco, lì l’aurora boreale.
Assembramenti? Nessun rischio: al massimo 28 persone in tutto il Paese. Così Valentina Miozzo, 28 anni, ha vissuto la pandemia al Circolo polare artico. Viaggiatrice irrefrenabile, esperta di turismo sostenibile, blogger e autrice di Viaggiare Libera, la giovane modenese, dopo la prima ondata di Covid, si è trovata a un bivio: sperare nella ripresa del turismo o partire. A ottobre 2020 ha accettato un lavoro in una guesthouse dell’Artico a Kongsfjord, estremo nord della Norvegia, 4mila chilometri da casa, dove di Covid non si è mai sentito parlare. È finita in una sorta di lockdown perenne, con limiti dettati solo dalla natura.
Il risultato è che è ancora lì, felice.

Come ci si sente a vivere il lockdown nell’Artico?
«Bene, sono appena tornata dalle Svalbard, ora sono alle Lofoten, dove resterò per i prossimi due mesi.
Anche qui di Covid non c’è traccia.
Fino a poco tempo fa ho vissuto a Kongsfjord, 28 abitanti, tanta natura e nessun rischio di assembramenti, se si escludono le renne».
Come è iniziata la sua avventura?
«A marzo 2020 dovevo partire per le Seychelles come guida, ma è stato tutto cancellato. Avendo gestito per 10 anni un agriturismo, avevo fatto domanda per questa guesthouse e mi hanno chiamata».
Ha vissuto un lockdown tutto suo.
«Sì, una sorta di lockdown perenne. Qui è molto isolato in inverno, c’è tanto ghiaccio, bufere di neve, il primo supermercato è a 40 chilometri, l’ospedale a 300. È tutto concentrato nel paesino: le notti polari sono state dure, poi è arrivata la luce costante. Difficile abituarsi».
Si è sentita sola?
«Mai. Qui ho trovato amici e Eugenia, italiana, che lavorava nella guesthouse. Insieme abbiamo anche viaggiato alle Svalbard, un posto meraviglioso. Ci tornerò».
Come è stato il suo rapporto con la pandemia?
«Per quasi 8 mesi, di Covid ho letto solo su Internet. Dove abitavo zero casi. La mascherina l’ho messa una volta, sugli occhi, per dormire. Le uniche regole erano dettate dal meteo».
Ha pensato a vaccini e green pass?
«Non ci sto capendo molto. Per ora resto qui. Poi affronterò quello che andrà fatto, forse tornerò in Italia a ottobre, dipende dalla pandemia».
Quindi non ha vissuto limitazioni?
«Qui i limiti li fornisce la natura: comanda il mare, il vento, la neve. La gente di qui mi dice che la crisi climatica si sente: la banchisa non si forma più e c’è più caldo d’estate».
Ci vuole coraggio per vivere nell’Artico?
«Mi parlano di coraggio quando viaggio da sola, io rispondo che ci vuol coraggio a viaggiare in gruppo.
Sono partita pensando di restare tre mesi e tornare a gennaio in Italia, ma se fossi tornata sarei dovuta rimanere e non avrei finito il mio lavoro. Ho deciso di restare qui».
E con il cibo come è andata?
«Mi sono adattata. Andavamo al supermercato a 40 km. Qualche volta mi è arrivato il pacco da giù con parmigiano e tortellini. Ci metteva due mesi ad arrivare, ma che gioia!».
Sta pensando di trasferirsi lì?
(Ride). «Non credo, anche se la Norvegia pensa molto al benessere delle persone. Però più viaggio più adoro il mio Paese. Il mio sogno è ricreare in Italia un agriturismo, una base-nido da dove ripartire. Di sicuro, non smetterò mai di viaggiare: soprattutto alla scoperta dell’Artico».
©RIPRODUZIONE RISERVATA f
Ho vissuto in un villaggio di 28 abitanti, dove il virus non è mai arrivato La mascherina?
La usavo solo per dormire

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...