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7.11.22

se i fumetti sono per bambini come mi dicono i miei perchè li si usa come propaganda ed strumentale della storia ? il fiumetto vergognoso sul Milite Ignoto che il Ministero della Difesa si prepara a distribuire nelle scuole

canzone  consigliata  
 Dio  è morto  -  di Francesco  Guccini 
in particolare  questo  verso : Mi han detto  \che questa mia generazione ormai non crede\
in ciò che spesso han mascherato con la fede\ nei miti eterni della patria o dell'eroe



I fumetti rappresentano, nella storia dei media, l’ultima espressione che può coerentemente essere inscritta nell’universo iconografico delle stampe popolari (…). Il fumetto non nasce come prodotto rivolto ad un pubblico di bambini e ragazzi, anche se saranno loro a determinarne il successo e forse non a caso i suoi primi personaggi celebri sono dei veri e propri enfants terribles: caricature di bambini in eterna lotta con gli adulti. ” [Roberto Farnè, 2002, pp.224-225] dall'articolo "Eccetto Topolino". Il fumetto in Italia durante il regime fascista di Novecento.org E le dittature ed i regimi lo usano come propaganda e di recente per trasmettere un uso ideologico \ srumentale della storia vedere i fumetto su Norma Cossetto "Foiba rossa".

Infatti è  di qualche  giorno fa questa notizia 

Il 4 Novembre e l’incredibile fumetto bellicista della Difesa
Il governo esalta nelle scuole la vittima di un’inutile strage come “sacra salma” che “trionfalmente” giunge “al suo luogo d’eterno riposo”. Stretti dalle professioni di ortodossia (ultraliberista in economia, ultra-atlantista in politica estera) che hanno dovuto sottoscrivere per entrare a Palazzo, gli attuali eredi del fascismo […]

(DI TOMASO MONTANARI – Il Fatto Quotidiano) – Stretti dalle professioni di ortodossia (ultraliberista in economia, ultra-atlantista in politica estera) che hanno dovuto sottoscrivere per entrare a Palazzo, gli attuali eredi del fascismo si accaniscono sulle nostre comuni libertà e sull’immaginario repubblicano. Così, in occasione della giornata delle Forze Armate, il Ministero della Difesa ha rilanciato con evidenza un fumetto dedicato alla storia del Milite Ignoto della Prima guerra mondiale, che – hanno denunciato Antonio Mazzeo e Giulio Cavalli – viene ora anche distribuito in molte scuole del Regno (come direbbe Ignazio Benito). Il fumetto in questione, realizzato nel 2018, è un’incredibile orgia di retorica militarista e nazionalista che si conclude con la solenne affermazione per cui l’Altare della Patria sarebbe “il luogo più sacro per gli italiani: una struttura imponente in cui sono riportati i simboli più sacri della nostra Nazione”.Ora, il vero modo per onorare lo sconosciuto soldato (che sento vicino: se non altro perché potrebbe essere il mio bisnonno Roberto, disperso sul Carso…) che giace in quell’imbarazzante catafalco, sarebbe spiegare alle ragazze e ai ragazzi di oggi l’insensatezza di quella guerra mostruosa e oscena, che papa Benedetto XV definì un’“inutile strage”. Bisognerebbe fare ascoltare in classe i discorsi interventisti del re, dei generali, di D’Annunzio, e poi leggere la pagina in cui George Orwell dice che non riesce a sentire quella retorica “senza sentire sullo sfondo il coro di pernacchie dei milioni di persone normali su cui questi alti sentimenti non esercitano alcuna presa”. E invece il fumetto della Difesa si apre con una tavola a tutta pagina in cui il generale Giulio Dohuet scandisce: “nel giorno in cui la sacra salma trionfalmente giungerà al suo luogo d’eterno riposo, in quel giorni tutta l’Italia deve vibrare all’unisono, in una concorde armonia d’affetti … tutti i cittadini debbono far ala alla via trionfale, unendosi in un unanime senso di elevazione idea nel comune atto di reverenza, verso il figlio e il fratello di tutti, spentosi nella difesa della madre comune”. Un intollerabile pippone di fronte al quale una diciassettenne o un quattordicenne sani di mente non potrebbero che reagire con una salva di scongiuri e, appunto, pernacchie.Il generale Dohuet era un acceso fautore della “straordinaria efficacia dei bombardamenti aerei con esplosivi e gas, capaci di stroncare ogni possibilità di resistenza nemica, materiale e morale”, e fu autore di una “dottrina della guerra aerea che ebbe successo … fino a essere considerata una delle componenti fondamentali dei grandi bombardamenti alleati sulla Germania nazista … e poi della strategia attualissima della guerra atomica” (così il Dizionario Biografico degli Italiani): forse è questa la celebrazione nelle scuole degli “italiani illustri” promessa dal programma elettorale di Fratelli d’Italia. D’altra parte, nella seconda tavola si affaccia l’altro eroe del fumetto, Cesare Maria de Vecchi di Val Cismon: quadrumviro della Marcia su Roma, ignobile ministro dell’Educazione nazionale di Mussolini, efferato governatore della Somalia italiana, dove “portò i metodi terroristici dello squadrismo fascista” (L. Goglia). Naturalmente il fumetto non racconta tutto questo, si limita ad esaltare il clima di esasperato nazionalismo in cui, poco dopo, si affermò il fascismo: e lo fa senza un solo accenno al baratro che si aprì per responsabilità anche dei protagonisti di quelle tavole. Del resto, l’Ente Editoriale dell’Esercito Italiano ha appena pubblicato un altro fumetto dello stesso autore – Marco Trecalli – che celebra l’ottantesimo anniversario della Battaglia di El Alamein con un titolo terrificante: “Mancò la fortuna, non il valore”. Ricordiamo che quella battaglia – nella quale gli italiani fascisti e i tedeschi nazisti furono sconfitti dagli Alleati – segna le sorti della Seconda guerra mondiale in Africa: e nelle scuole italiane non dovremmo certo celebrare il valore speso a fianco delle truppe di Hitler!
Antonio Mazzeo segnala il clima che accompagna la diffusione scolastica di questa roba: “Da nord a sud si moltiplicano le parate studenti-militari all’ombra dei pennoni con il tricolore per celebrare l’avvio dell’anno scolastico 2022-23: iniziative [compreso il ripetersi dell’alzabandiera] che per modalità, forme e narrazioni sembrano riproporre sempre più i modelli pedagogico-bellicisti del Ventennio fascista”. Nel 1935 una circolare impose l’alzabandiera in tutte le scuole, precisando che “l’alunno incaricato di alzare la bandiera, il migliore in studio e in condotta (…) innalzata la bandiera, … si volgerà verso i camerati sull’attenti e, ad alta voce, col braccio destro nella posizione del saluto romano, darà il comando: ‘Saluto al Re’, al quale i camerati risponderanno ‘Viva il Re’; e quindi ‘Saluto al Duce’, al quale i camerati risponderanno ‘A Noi’”.Merito, alzabandiera, nazionalismo, guerra: bentornati nell’incubo.

Ora  molti voi   si  chiederano  ma  come    _: ti commuovi  davanti  alla   storia     della vicenda del milite  ignoto .

   tanto da     scrivere  bellissime  recensioni  dei  film  :  


e ti  ricordi tuo prozio materno ragazzo   del 1898\99   che  mori  nelle   la guerra delle mine   più precisamente in quella di Monte Cimone se non ricordo male
Ed opra sputi nel piatto dove mangi  


Vero sono cresciuto con il mito della Brigata Sassari e la mia città è stata sede della fondazione del 152 Ma soprattuto perchè fu oltre ad una grande carneficina il primo processo di sprovincializzazione e
d'identità nazionale oltre a completare l'unità d'italia intrapesa con il Risorgimento . No differenzio Patriotismo e Nazionalismo identificandomi con il Primo . Infatti La differenza tra patriottismo e nazionalismo può sembrare a prima vista sottile. In realtà scava un solco profondo tra l'amore verso il proprio territorio e l'odio per tutto ciò che è straniero. Lo spiegano  benissimo e magistralmente  : il politologo Maurizio Viroli in ( foto a destra ) Nazionalisti e patrioti : il  fumetto  La  cura   testo di Francesco  Artibani e   disegni  di Ivo Milazzo   contenuta    in 150° Storie d'Italia. Vol. 1: lungo cammino. Dalla Roma antica alla prima guerra mondiale  che consiglio vivamente .  E  poi se  si  guarda  il  film   La scelta  di maria   nelle  note  finali   ci si rende  conto  che coloro  che   alcuni di coloro    che   curano  l'istituzione   dell'evento il milite  ignoto   furono antifascisti   e  paerteciparono ad    alla resistenza \  guerra  di liberazione       che porto  alla nostra   costituzione  
E  quindi tale patrimonio  di storie  ,  di scelte ,  di morti mandati  a morire vedi i film citati nelle   righe   precedenti  se i nazionalista  ( ma  anche no )  oppure  se sei a 360 gradi e    senza preconcetti   c'è   il  film Uomini contro del 1970 diretto da Francesco Rosi, liberamente ispirato al romanzo di Emilio Lussu Un anno sull'Altipiano,  non dev'essere dimenticato perchè la storia del nostro paese fu fatta anche da loro .
Quindi ben vengano tutte le opere artistiche, i fumetti, in questo caso , istituzionali o non, che ricordano tali eventi /storie fondanti della nostra storia nazionale su cui ancora ad un secolo e più di un distanza non abbiamo ed non riusciamo /vogliamo fare i conti ed andare avanti ed ancora alcune sono ancora aperte per il silenzio ed l'oblio imposto dalla guerra fredda ( Le foibe e l'esodo delle ex terre irredenti \ confine orientale ) oltre per forti contrapposizioni ideologiche ( gli anni di Piombo ed tangentopoli , il berlusconismo ) . Ma purché essi non siano usati strumentalmente ideologicamente per raccontare ed esaltare solo una versione di comodo . Siano   quindi  , raccontati a tutto tondo come per  esempio   il secondo film citato nelle righe precedenti che dice alla fine cosa fecero i protagonisti della commissione del milite ignoto ed il loro rapporto con i successivi eventi storici Cosa che è mancata in questo fumetto promosso dal ministero della difesa

10.11.14

speriamo che con il centenario della grande guerra il 4 novembre sia giornata di memoria condivisa e sia ricordato senza becera retorica e a 360 gradi

In sottofondo   l'esecuzione avvenuta   Il 27 luglio 2009 a Forte Dossi Delle Somme di  Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura de il  brano "Del Soldato in Trincea" composto per il film di Ermanno Olmi "Torneranno i prati" al termine del concerto dedicato al centenario della Prima Guerra mondiale

Lo so che  con questo post   perderò amici\che  ,  specie  quelli  che  ancora  sono  legati << ai miti
da  facebook
eterni dea patria  e dell'eroe (  
cit. musicale ) >> e giudicano chi parla di queste cose  come  quelle  di cui riporto sotto   un disfatta o  uno che non ha   rispetto  di coloro   sono morti   combattendo  e  menate  varie  .
Purtroppo la grande  guerra  anche  questo  è stato . Ed  solo  ricordando a  360 gradi  che il  4  novembre  smetterà  d'essere  solo qualcosa  di retorico e  vuoto  ed  diventerà  una  giornata  condivisa   .  E  sarà definitivamente  identità collettiva   e  di tutti  . E certi  fatti come   quello   della  prima  storia   sia  recuperati dall'oblio  Ma  ora  basta  è veniamo  alle storie  del post  d'oggi

da  https://www.facebook.com/apibeco.milano
La prima è quella del Comandante Giovanni Airaldi di Cuneo . la  cui  storia  è raccontata  in (  vedere  copertina a sinistra )  Il caso Arialdi  di Gerardo Unia |-  Editore L'Arciere - 2002 - pp. 139 - ISBN 8886 398 913 .

Egli  fu  un  Tenente Generale che si oppose allo scriteriato massacro dei suoi uomini.Giunto al fronte ad ottobre 1915 al comando della 23ª divisione, è costretto a mandare i suoi soldati all’attacco di forti posizioni austriache sul basso Carso: posizioni quali il monte Sei Busi e Vermegliano, vero e proprio baluardo difensivo imperiale sulla via per Trieste. A più riprese agli uomini di Airaldi sono richiesti attacchi all’arma bianca, alternati ad attacchi dimostrativi per “distrarre” il nemico da azioni su altri settori del fronte: azioni che costarono 
Il Generale Airaldi scrisse così al suo superiore, il generale Guglielmo Pecori Giraldi, al comando del VII Corpo d’Armata, che non intendeva più mandare all’attacco le sue truppe per azioni dimostrative, a meno che non si volesse esporre le truppe ad inutile sacrificio. Airaldi fu uno dei pochi Autentici Ufficiali Generali a mettere in discussione gli ordini superiori, perché convinto che non fosse possibile effettuarli con successo neppure a prezzo dei maggiori sacrifici, mentre è ovvio che questi si possono e devono affrontare soltanto a patto che sia almeno probabile il conseguimento dei risultati voluti. Insomma, Airaldi vedeva la totale inutilità degli attacchi ordinatigli, ma soprattutto della morte dei suoi uomini.
La sua franchezza ed umanità, naturalmente, fu malvista: Airaldi fu destituito e messo a riposo, dimenticato da tutti fino alla sua morte, avvenuta nel 1935.

agli uomini delle brigate Trapani e Napoli perdite ingenti a cui si assommarono feriti e mutilati.



la seconda che  può essere  approfondita   da   questo   due  pagine http://www.cjargne.it/alpinortis_1.htm e per  i successivi sviluppi    http://www.cjargne.it/alpinortis.htm   da  cui è tratta  la  foto  a sinistra  del monumenti     è fatta da due persone che lottano perchè nelle celebrazioni per il centenario della grande guerra ci sia  << il REINTEGRO a pieno titolo dei fucilati del ‘15-’18 nella memoria nazionale.Vittime come gli altri.
Soldati che hanno sofferto come gli altri. il primo protagonista è il sostituto procuratore di Padova Sergio Dini, ex magistrato militare, che ha già chiamato in causa il ministro della difesa Pinotti. «Assistendo a luglio al concerto di Redipuglia, dove il maestro Muti ha radunato orchestrali di tutti i Paesi belligeranti, il presidente Napolitano ha fatto un passo importante di riconciliazione con l’ex nemico. Ora manca solo la riconciliazione con noi stessi, l’abbraccio ai ragazzi della mala morte. Le Forze armate dovrebbero capirlo, a meno che non vogliano negare che quelle esecuzioni — dal loro punto di vista — siano servite a qualcosa. Se i fucilati ebbero una funzione, essa sia riconosciuta. Non farlo sarebbe accanimento. Anche perché si fucilarono solo soldati semplici, povera gente. Vogliamo portarci dietro ancora. >>
Il secondo il sindaco Edimiro Della Pietra, Il primo a far erigere , il primo in anche il primo in Europa monumento ai fucilati.  << È accaduto diciotto anni fa a Cercivento, sui monti della Carnia, sul luogo di una delle più ingiuste esecuzioni, il pra dai fusilâz, un prato che per decenni i valligiani rifiutarono di falciare in segno di protesta. Una memoria tenace, passata di bocca in bocca, che ha dato vita a un corpus di memoria orale ancora vivissimo e al quale nel ‘96 mettendosi contro le autorità militari rischiando una denuncia di apologia direato, ha voluto dar forma di monumento. >>

L'Italia riabilita i fucilati

L’ultima ferita della Grande guerra
“L’Italia riabiliti i militari fucilati"

Rumiz_-_31.10.2014-001

di Paolo Rumiz

REINTEGRO a pieno titolo dei fucilati del ‘15-’18 nella memoria nazionale.Vittime come gli altri. Soldati che hanno sofferto come gli altri. Manca questo riconoscimento perché possa dirsi completa in Europa la partecipazione dell’Italia alle onoranze ai Caduti della Grande guerra. I principali Paesi belligeranti— Francia, Germania, Inghilterra — ci hanno pensato da tempo, con atti politici, interventi presidenziali, monumenti, e l’aggiornamento delle liste dei Caduti. Quasi ovunque i condannati sono stati tolti dal ghetto della vergogna e della rimozione. Manca il nostro Paese, quello che ha fatto più largo uso della giustizia sommaria: 750 fucilati con processo,200 colpiti da decimazione per estrazione a sorte, e un numero incalcolabile di soldati uccisi per le vie brevi dai loro ufficiali o dai carabinieri per codardia, ribellione o episodi di pazzia.
«Se non ora, quando?», si chiede il sostituto procuratore di Padova Sergio Dini, ex magistrato militare, che ha già chiamato in causail ministro della difesa Pinotti. «Assistendoa luglio al concerto di Redipuglia, dove il maestro Muti ha radunato orchestrali di tutti i Paesi belligeranti, il presidente Napolitano ha fatto un passo importante di riconciliazione con l’ex nemico. Ora manca solo la riconciliazione con noi stessi, l’abbraccio ai ragazzi della mala morte. Le Forze armate dovrebbero capirlo, a meno che non vogliano negare che quelle esecuzioni — dal loro punto di vista— siano servite a qualcosa. Se i fucilati ebbero una funzione, essa sia riconosciuta. Non farlo sarebbe accanimento. Anche perché si fucilarono solo soldati semplici, povera gente. Vogliamo portarci dietro ancora questo anacronismo di classe?».
E dire che l’Italia è stata uno dei primi Paesia porre il problema con film (Uomini contro, di Francesco Rosi), con libri e ricerche storiografiche. Ed è stato anche il primo in Europaa erigere un monumento ai fucilati. È accaduto diciotto anni fa a Cercivento, sui monti della Carnia, sul luogo di una delle più ingiuste esecuzioni, il pra dai fusilâz, un prato che per decenni i valligiani rifiutarono di falciare in segno di protesta. Una memoria tenace, passata di bocca in bocca, che ha dato vita a un corpus di memoria orale ancora vivissimo e al quale nel ‘96 il sindaco Edimiro Della Pietra, mettendosi contro le autorità militarie rischiando una denuncia di apologia direato, ha voluto dar forma di monumento. 
Quella di Cercivento è una storia che riassume le altre. È il giugno del ‘16. Gli austriaci stanno sfondando su Vicenza con la Strafexpedition. Nella zona del Monte Coglians c’è il battaglione alpini Tolmezzo, considerato infido dagli ufficiali «forestieri» per via dei cognomi mezzi tedeschi dei carnici arruolati e dei tanti di essi che hanno lavorato da emigranti in terra d’Austria. Hanno una perfetta conoscenza del terreno, ma gli alti comandi non si fidano a sfruttarla e insistono a ordinare azioni suicide. Quando viene deciso un attacco alle rocce della cima Cellon in pieno giorno e senza supporto di artiglieria, alcuni soldati suggeriscono di compiere l’assalto colfavore della notte. È quanto basta perché il comandante,un napoletano di nome Armando Ciofi, coperto dal tenente generale Michele Salazar, comandante della 26ª divisione, gridi alla «rivolta in faccia al nemico» e ordini la corte marziale.
Il processo si svolge di notte, in una cornice lugubre, nella chiesa che il prete di Cercivento, terrorizzato, è obbligato a desacralizzare. Sul processo incombono le circolari Cadorna, che chiedono «severa repressione»,diffidano da sentenze che si discostino «dalle richieste dell’accusa» e ricordano il «sacro potere» degli ufficiali di passare subito per le armi «recalcitranti e vigliacchi». Gli accusati sono decine, e ciascuno ha nove minuti per l’autodifesa.
Un’ora prima dell’alba, la sentenza. Quattro condanne alla fucilazione. Tutti carnici: Giambattista Corradazzi, Silvio Gaetano Ortis, Basilio Matiz e Angelo Massaro, emigrante in Germania che ha scelto di rientrare «perservire la patria». Mentre lo portano via grida: «Ecco il ringraziamento per quanto abbiamo fatto». Il prete, don Zuliani, confessa i morituri. È sconvolto, propone inutilmente disostituirsi ai soldati davanti al plotone. Dopo, non vorrà più rientrare nella chiesa «maledetta» e diverrà balbuziente a vita. La prima scarica uccide tre condannati, solo Matiz è ferito e si contorce urlando. Lo rimettono sulla sedia. Nuova scarica e non basta ancora. Perché sia finita ci vogliono tre colpi di pistola alla testa.
La gente assiste senza parole. Solo un vecchio grida: «Vigliacchi di italiani, siete venutia portare guerra! Con gli austriaci abbiamo sempre mangiato, e voi venite ad ammazzarci i figli!». L’ufficiale risponde secco: «Vecchio taci, che ce n’è anche per te». L’intero reparto sarà trasferito per punizione sull’altopiano di Asiago e lassù, un po’ di tempo dopo, il comandante Ciofi sarà fatto secco in zona non battuta da fuoco nemico, quasi certamente per vendetta. Settant’anni dopo, il nipote di Gaetano Ortis, un militare di carriera, chiederà la revisione del processo, ma il tribunale militare di sorveglianza di Roma risponderà con una beffa che resterà nella storia: la domanda non può essere accettata «perché non presentata dall’interessato».
Pure Caporetto sarà pagata da soldati semplici. L’allora vescovo di Treviso, Longhin: «Sei tedeschi saranno come questi nostri sciaguratiitaliani, cosa ci resterà? Qui si fucila senza pietà. Preghiamo». E intanto nessuno toccherài veri responsabili della disfatta, i generali Capello o Badoglio. Il secondo sarà addirittura promosso. Diversa la sorte di Andrea Graziani, noto per avere fucilato uno che l’aveva guardato con la cicca in bocca. A guerra finita sarà trovato morto lungo la ferrovia dopo il passaggio del suo treno. Ma molto piùa lungo si trascinerà nella memoria nazionale il senso di un’irrisolta ingiustizia.


Ed  Grazie  alle  discussioni sul  gruppo  facebookiano   prima guerra mondiale    in merito  alle  fucilazioni  dei soldati italiani durante il primo conflitto mondiale




Dai racconti del  viaggio   di  Paolo Rumiz sui luoghi della Prima Guerra Mondiale pubblicati  su  repubblica   e poi  ripresi  con  extra n un DVD inedito  (  vedere  foto sionistra  )  , .
Se sono passato a  vedere  il 4 novembre come giornata  nel bene  e nel male  come  giornata  di ricordo  e  di memoria , attraverso due  stadi . Il  primo i  festeggiamenti forzati ( nonno paterno   e  suoi  fratelli  , almeno  quelli che  ho conosciuto io  ,  tutti fascisti    che ti "obbligavano "  in cambio delle paste  ad andare , idem la scuola elementare anche se Dal 1977 in poi, a causa di una riforma del calendario delle festività nazionali introdotta per ragioni economiche con lo scopo di aumentare il numero di giorni lavorativi con la legge 5 marzo 1977 n. 54, è stata resa "festa mobile" che cadeva nella prima domenica di novembre. Nel corso degli anni '80 e '90 la sua importanza nel novero delle festività nazionali è andata declinando .   Il  secondo  ,    ed  in parte  è ancora  cosi  . Infatti sono  riandato   per  fare  foto  alla  ricorrenza  ma       non sono andato nè  alle funzioni religiose  nè dopo la deposizione   della corona  al monumento  cittadino  ,  al rinfresco con le autorità  ) ,  a vedere  le  celebrazioni ufficiali   una cosa  retorica   fatta   da  <<  Geniali dilettanti  in selvaggia  parata  >> (  da  Linea Gotica - ex CSI   qui  il testo  e  le note storiche  di  questa  canzone )  . E  celebravo  in silenzio (  e credo che continuerò a farlo per  tutti gli altri  3  anni delle celebrazioni del centenario   ) come antidoto alla retorica militaresca  
 e  fuori da   qualunque   la morte  di mio prozio  materno un ragazzo del  1899  morto  a 18  su una mina a  caporetto ,  e sepolto ora    nel cimitero  ricordavo  i racconti indiretti  di mìo  padre   di un suo zio ufficiale  medico   sull'altipiano d'Asiago   

  








emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...