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18.3.25

DIARIO DI BORDO N 108 ANNO Ⅲ “Meravigliosamente strani”, la docente fa supplenza in una classe con studenti senza smartphone .,Striscione osceno al posto del Tricolore: l'oltraggio al monumento ai Caduti

  da   www.orizzontescuola.it/ del 14\3\2025 


“Meravigliosamente strani”, la docente fa supplenza in una classe con studenti senza smartphone. Sui social è polemica: “Senza cellulare nel 2025 è un abominio”, “Giusta la ribellione digitale”


Un fenomeno in controtendenza sembra poter emergere nelle scuole: in aumento il numero di studenti che rifiutano l’uso dello smartphone. Il post virale su X racconta di una classe soprannominata “degli strani”, dove alcuni ragazzi hanno scelto di

disconnettersi, preferendo libri e atlanti ai dispositivi digitali.
La ribellione silenziosa contro la dipendenza digitale
Il fenomeno degli “strani” rappresenta una reazione alla crescente dipendenza da smartphone che, secondo recenti studi dell’Università Bicocca di Milano, colpisce oltre il 25% degli adolescenti italianiLa ricerca Eyes Up, presentata a febbraio, ha evidenziato come l’uso precoce dei dispositivi digitali influisca negativamente sul rendimento scolastico, con effetti particolarmente marcati sulle competenze linguistiche e matematiche.“Uno di loro non ha MAI avuto un cellulare. Tre suoi compagni non lo usano più”racconta l’insegnante nel post virale, descrivendo una scena quasi surreale nell’era digitale: ragazzi che leggono classici come “Il Gattopardo” o studiano storia usando atlanti cartacei. La scelta controcorrente sembra riflettere quanto suggerito dall’Istituto Superiore di Sanità, che ha inserito “uscire dalla dipendenza da smartphone” come primo consiglio per il benessere nel 2025.Un movimento in crescita tra i giovani Il rifiuto dello smartphone non è più un caso isolato ma sta diventando un vero movimento di consapevolezza digitale. A Verona, qualche settimana fa, centinaia di studenti hanno partecipato a un evento sulla nomofobia (la paura di restare disconnessi), discutendo i rischi dell’iperconnessione. Secondo uno studio citato durante l’incontro, l’uso eccessivo di dispositivi mobili può favorire disturbi come il deficit di attenzione e iperattività.“Mio figlio (universitario) ha disinstallato Instagram perché ci perdeva troppo tempo”, commenta un utente sotto il post originale, mentre un altro racconta: “Un suo collega ha rinunciato allo smartphone ed è tornato al cellulare di vecchia generazione”. Tali comportamenti riflettono una crescente consapevolezza dei rischi dell’abuso tecnologico, che secondo l’ISS include effetti negativi su sonno, concentrazione e relazioni sociali.Tra critiche e apprezzamenti: il dibattito è aperto .Non mancano le critiche a questa tendenza: “Nel 2025 senza telefono è un’abominio”, scrive un utente, definendo “assurda” la demonizzazione della tecnologia. Altri sottolineano come rinunciare completamente a uno strumento così potente sia “una scelta radicale e poco lungimirante”, soprattutto per studenti di un liceo scientifico. Tuttavia, i sostenitori di questa “ribellione digitale” vedono negli “strani” un segnale di speranza per il futuro. “Sono supplenze che mi riaccendono le speranze”, commenta un insegnante, mentre altri apprezzano il ritorno alla normalità rappresentata dalla lettura e dallo studio tradizionale.Il fenomeno degli “strani” sembra così inserirsi in un più ampio ripensamento del rapporto con la tecnologia, in un’epoca in cui l’Istituto Superiore di Sanità consiglia di “stabilire zone smartphone-free” nelle case e le scuole, come è noto, hanno vietato l’uso del cellulare in classe fino alle medie, anche per scopi didattici.


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IL GIORNALE   18\3\2025

prima  di riportare  la secona storia   devo fare  una premessa. Non concordo   con la  retorica eccessivamente  patriottarda che  poi  sarebbe   vista  la  sotilissima e  la bile  differenza   qu.ella  nazionalistica  . Ma  tali gesti  di cui si  parla  sotto   sono  offensivi   e poco rispettosi   verso quelle persone morte , a prescindere  che   ci credessero e  quindi andarono  volontari  o  perchè   furono    costretti  cioè mandati al macello   dal  potere  . 



Una bandiera rosa con una scritta oscena, a sostituire il tricolore accanto ad uno dei principali monumenti cittadini. Atto goliardico di pessimo gusto oppure gesto a connotazione politica, ad opera magari di militanti femministe o transfemministe? In assenza di rivendicazioni dell'atto, questa è la


domanda che stanno ponendosi a Pistoia, a seguito di quanto avvenuto nelle scorse ore. Ignoti hanno infatti preso di mira il monumento ai Caduti situato in piazza San Francesco (che i pistoiesi conoscono familiarmente come piazza Mazzini) rimuovendo al contempo la bandiera italiana. Ed al posto del tricolore, è stato issato uno striscione rosa con la scritta "Zoccole sempre", poi rimosso. A denunciare l'episodio è stata Emanuela Checcucci, consigliera comunale di Forza Italia nella città toscana e membro della maggioranza, non nascondendo lo sdegno.
"Non so chi possa avere fatto questo gesto. Certo è, che, colui o colei che si è preso l'arbitrio di togliere il tricolore e sostituirlo con una bandiera con una frase incomprensibile, è sicuramente un soggetto ignorante - il suo pensiero, espresso in una nota sui social - nel vero senso del termine, cioè che non che non sa, non conosce il valore che ha il tricolore e che oltraggiare la bandiera è un reato. Auspico pertanto che le telecamere di zona abbiano individuato il soggetto che ha fatto questa bravata". Sulla questione è intervenuta anche l'europarlamentare della Lega Susanna Ceccardi: anche l'esponente del Carroccio, nel condannare quanto avvenuto, chiede che vengano individuati i responsabili. E rilancia l'ipotesi che indicherebbe nel gesto una provocazione di stampo ideologico.
“Quanto accaduto a Pistoia è un atto vergognoso e inaccettabile. La sostituzione del tricolore accanto al monumento ai caduti di Piazza San Francesco con una bandiera contenente scritte provocatorie è un oltraggio alla memoria di chi ha sacrificato la propria vita per la nostra Patria. Si tratta di un gesto grave che non può essere minimizzato né sottovalutato - ha detto Ceccardi - questo è un affronto non solo alla nostra storia e ai nostri eroi, ma anche a tutti gli italiani che credono nei valori dell’identità nazionale e del rispetto per chi ha difeso la libertà del nostro Paese. È inaccettabile che si tenti di strumentalizzare simboli così importanti per mere provocazioni ideologiche. Auspico che le autorità competenti individuino e perseguano i colpevoli con la massima severità. La nostra bandiera è il simbolo dell’unità nazionale e del sacrificio di milioni di italiani. Non permetteremo che venga calpestata dall’arroganza di chi non ha rispetto per la nostra storia e la nostra identità".

10.5.20

«Lettere dall’Italia», il brano cantato in tutti i dialetti . un nuovo inno nazionale

questo  dovrebbe essere  il  vero   inno nazionale  . Che  descrive  :  tutte le  sofferenze e dolori , le   gioie  ,  le  diversità  etniche ed  linguistiche  che  ancora   resistono  nonostante      sia unita    politicamente   dal  1861   (    secondo altri  dal 1918    con l'acquisizione  del   trentino  e  del friuli )  linguisticamente  dal  1954  (  con la  televisione  )


10.11.14

speriamo che con il centenario della grande guerra il 4 novembre sia giornata di memoria condivisa e sia ricordato senza becera retorica e a 360 gradi

In sottofondo   l'esecuzione avvenuta   Il 27 luglio 2009 a Forte Dossi Delle Somme di  Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura de il  brano "Del Soldato in Trincea" composto per il film di Ermanno Olmi "Torneranno i prati" al termine del concerto dedicato al centenario della Prima Guerra mondiale

Lo so che  con questo post   perderò amici\che  ,  specie  quelli  che  ancora  sono  legati << ai miti
da  facebook
eterni dea patria  e dell'eroe (  
cit. musicale ) >> e giudicano chi parla di queste cose  come  quelle  di cui riporto sotto   un disfatta o  uno che non ha   rispetto  di coloro   sono morti   combattendo  e  menate  varie  .
Purtroppo la grande  guerra  anche  questo  è stato . Ed  solo  ricordando a  360 gradi  che il  4  novembre  smetterà  d'essere  solo qualcosa  di retorico e  vuoto  ed  diventerà  una  giornata  condivisa   .  E  sarà definitivamente  identità collettiva   e  di tutti  . E certi  fatti come   quello   della  prima  storia   sia  recuperati dall'oblio  Ma  ora  basta  è veniamo  alle storie  del post  d'oggi

da  https://www.facebook.com/apibeco.milano
La prima è quella del Comandante Giovanni Airaldi di Cuneo . la  cui  storia  è raccontata  in (  vedere  copertina a sinistra )  Il caso Arialdi  di Gerardo Unia |-  Editore L'Arciere - 2002 - pp. 139 - ISBN 8886 398 913 .

Egli  fu  un  Tenente Generale che si oppose allo scriteriato massacro dei suoi uomini.Giunto al fronte ad ottobre 1915 al comando della 23ª divisione, è costretto a mandare i suoi soldati all’attacco di forti posizioni austriache sul basso Carso: posizioni quali il monte Sei Busi e Vermegliano, vero e proprio baluardo difensivo imperiale sulla via per Trieste. A più riprese agli uomini di Airaldi sono richiesti attacchi all’arma bianca, alternati ad attacchi dimostrativi per “distrarre” il nemico da azioni su altri settori del fronte: azioni che costarono 
Il Generale Airaldi scrisse così al suo superiore, il generale Guglielmo Pecori Giraldi, al comando del VII Corpo d’Armata, che non intendeva più mandare all’attacco le sue truppe per azioni dimostrative, a meno che non si volesse esporre le truppe ad inutile sacrificio. Airaldi fu uno dei pochi Autentici Ufficiali Generali a mettere in discussione gli ordini superiori, perché convinto che non fosse possibile effettuarli con successo neppure a prezzo dei maggiori sacrifici, mentre è ovvio che questi si possono e devono affrontare soltanto a patto che sia almeno probabile il conseguimento dei risultati voluti. Insomma, Airaldi vedeva la totale inutilità degli attacchi ordinatigli, ma soprattutto della morte dei suoi uomini.
La sua franchezza ed umanità, naturalmente, fu malvista: Airaldi fu destituito e messo a riposo, dimenticato da tutti fino alla sua morte, avvenuta nel 1935.

agli uomini delle brigate Trapani e Napoli perdite ingenti a cui si assommarono feriti e mutilati.



la seconda che  può essere  approfondita   da   questo   due  pagine http://www.cjargne.it/alpinortis_1.htm e per  i successivi sviluppi    http://www.cjargne.it/alpinortis.htm   da  cui è tratta  la  foto  a sinistra  del monumenti     è fatta da due persone che lottano perchè nelle celebrazioni per il centenario della grande guerra ci sia  << il REINTEGRO a pieno titolo dei fucilati del ‘15-’18 nella memoria nazionale.Vittime come gli altri.
Soldati che hanno sofferto come gli altri. il primo protagonista è il sostituto procuratore di Padova Sergio Dini, ex magistrato militare, che ha già chiamato in causa il ministro della difesa Pinotti. «Assistendo a luglio al concerto di Redipuglia, dove il maestro Muti ha radunato orchestrali di tutti i Paesi belligeranti, il presidente Napolitano ha fatto un passo importante di riconciliazione con l’ex nemico. Ora manca solo la riconciliazione con noi stessi, l’abbraccio ai ragazzi della mala morte. Le Forze armate dovrebbero capirlo, a meno che non vogliano negare che quelle esecuzioni — dal loro punto di vista — siano servite a qualcosa. Se i fucilati ebbero una funzione, essa sia riconosciuta. Non farlo sarebbe accanimento. Anche perché si fucilarono solo soldati semplici, povera gente. Vogliamo portarci dietro ancora. >>
Il secondo il sindaco Edimiro Della Pietra, Il primo a far erigere , il primo in anche il primo in Europa monumento ai fucilati.  << È accaduto diciotto anni fa a Cercivento, sui monti della Carnia, sul luogo di una delle più ingiuste esecuzioni, il pra dai fusilâz, un prato che per decenni i valligiani rifiutarono di falciare in segno di protesta. Una memoria tenace, passata di bocca in bocca, che ha dato vita a un corpus di memoria orale ancora vivissimo e al quale nel ‘96 mettendosi contro le autorità militari rischiando una denuncia di apologia direato, ha voluto dar forma di monumento. >>

L'Italia riabilita i fucilati

L’ultima ferita della Grande guerra
“L’Italia riabiliti i militari fucilati"

Rumiz_-_31.10.2014-001

di Paolo Rumiz

REINTEGRO a pieno titolo dei fucilati del ‘15-’18 nella memoria nazionale.Vittime come gli altri. Soldati che hanno sofferto come gli altri. Manca questo riconoscimento perché possa dirsi completa in Europa la partecipazione dell’Italia alle onoranze ai Caduti della Grande guerra. I principali Paesi belligeranti— Francia, Germania, Inghilterra — ci hanno pensato da tempo, con atti politici, interventi presidenziali, monumenti, e l’aggiornamento delle liste dei Caduti. Quasi ovunque i condannati sono stati tolti dal ghetto della vergogna e della rimozione. Manca il nostro Paese, quello che ha fatto più largo uso della giustizia sommaria: 750 fucilati con processo,200 colpiti da decimazione per estrazione a sorte, e un numero incalcolabile di soldati uccisi per le vie brevi dai loro ufficiali o dai carabinieri per codardia, ribellione o episodi di pazzia.
«Se non ora, quando?», si chiede il sostituto procuratore di Padova Sergio Dini, ex magistrato militare, che ha già chiamato in causail ministro della difesa Pinotti. «Assistendoa luglio al concerto di Redipuglia, dove il maestro Muti ha radunato orchestrali di tutti i Paesi belligeranti, il presidente Napolitano ha fatto un passo importante di riconciliazione con l’ex nemico. Ora manca solo la riconciliazione con noi stessi, l’abbraccio ai ragazzi della mala morte. Le Forze armate dovrebbero capirlo, a meno che non vogliano negare che quelle esecuzioni — dal loro punto di vista— siano servite a qualcosa. Se i fucilati ebbero una funzione, essa sia riconosciuta. Non farlo sarebbe accanimento. Anche perché si fucilarono solo soldati semplici, povera gente. Vogliamo portarci dietro ancora questo anacronismo di classe?».
E dire che l’Italia è stata uno dei primi Paesia porre il problema con film (Uomini contro, di Francesco Rosi), con libri e ricerche storiografiche. Ed è stato anche il primo in Europaa erigere un monumento ai fucilati. È accaduto diciotto anni fa a Cercivento, sui monti della Carnia, sul luogo di una delle più ingiuste esecuzioni, il pra dai fusilâz, un prato che per decenni i valligiani rifiutarono di falciare in segno di protesta. Una memoria tenace, passata di bocca in bocca, che ha dato vita a un corpus di memoria orale ancora vivissimo e al quale nel ‘96 il sindaco Edimiro Della Pietra, mettendosi contro le autorità militarie rischiando una denuncia di apologia direato, ha voluto dar forma di monumento. 
Quella di Cercivento è una storia che riassume le altre. È il giugno del ‘16. Gli austriaci stanno sfondando su Vicenza con la Strafexpedition. Nella zona del Monte Coglians c’è il battaglione alpini Tolmezzo, considerato infido dagli ufficiali «forestieri» per via dei cognomi mezzi tedeschi dei carnici arruolati e dei tanti di essi che hanno lavorato da emigranti in terra d’Austria. Hanno una perfetta conoscenza del terreno, ma gli alti comandi non si fidano a sfruttarla e insistono a ordinare azioni suicide. Quando viene deciso un attacco alle rocce della cima Cellon in pieno giorno e senza supporto di artiglieria, alcuni soldati suggeriscono di compiere l’assalto colfavore della notte. È quanto basta perché il comandante,un napoletano di nome Armando Ciofi, coperto dal tenente generale Michele Salazar, comandante della 26ª divisione, gridi alla «rivolta in faccia al nemico» e ordini la corte marziale.
Il processo si svolge di notte, in una cornice lugubre, nella chiesa che il prete di Cercivento, terrorizzato, è obbligato a desacralizzare. Sul processo incombono le circolari Cadorna, che chiedono «severa repressione»,diffidano da sentenze che si discostino «dalle richieste dell’accusa» e ricordano il «sacro potere» degli ufficiali di passare subito per le armi «recalcitranti e vigliacchi». Gli accusati sono decine, e ciascuno ha nove minuti per l’autodifesa.
Un’ora prima dell’alba, la sentenza. Quattro condanne alla fucilazione. Tutti carnici: Giambattista Corradazzi, Silvio Gaetano Ortis, Basilio Matiz e Angelo Massaro, emigrante in Germania che ha scelto di rientrare «perservire la patria». Mentre lo portano via grida: «Ecco il ringraziamento per quanto abbiamo fatto». Il prete, don Zuliani, confessa i morituri. È sconvolto, propone inutilmente disostituirsi ai soldati davanti al plotone. Dopo, non vorrà più rientrare nella chiesa «maledetta» e diverrà balbuziente a vita. La prima scarica uccide tre condannati, solo Matiz è ferito e si contorce urlando. Lo rimettono sulla sedia. Nuova scarica e non basta ancora. Perché sia finita ci vogliono tre colpi di pistola alla testa.
La gente assiste senza parole. Solo un vecchio grida: «Vigliacchi di italiani, siete venutia portare guerra! Con gli austriaci abbiamo sempre mangiato, e voi venite ad ammazzarci i figli!». L’ufficiale risponde secco: «Vecchio taci, che ce n’è anche per te». L’intero reparto sarà trasferito per punizione sull’altopiano di Asiago e lassù, un po’ di tempo dopo, il comandante Ciofi sarà fatto secco in zona non battuta da fuoco nemico, quasi certamente per vendetta. Settant’anni dopo, il nipote di Gaetano Ortis, un militare di carriera, chiederà la revisione del processo, ma il tribunale militare di sorveglianza di Roma risponderà con una beffa che resterà nella storia: la domanda non può essere accettata «perché non presentata dall’interessato».
Pure Caporetto sarà pagata da soldati semplici. L’allora vescovo di Treviso, Longhin: «Sei tedeschi saranno come questi nostri sciaguratiitaliani, cosa ci resterà? Qui si fucila senza pietà. Preghiamo». E intanto nessuno toccherài veri responsabili della disfatta, i generali Capello o Badoglio. Il secondo sarà addirittura promosso. Diversa la sorte di Andrea Graziani, noto per avere fucilato uno che l’aveva guardato con la cicca in bocca. A guerra finita sarà trovato morto lungo la ferrovia dopo il passaggio del suo treno. Ma molto piùa lungo si trascinerà nella memoria nazionale il senso di un’irrisolta ingiustizia.


Ed  Grazie  alle  discussioni sul  gruppo  facebookiano   prima guerra mondiale    in merito  alle  fucilazioni  dei soldati italiani durante il primo conflitto mondiale




Dai racconti del  viaggio   di  Paolo Rumiz sui luoghi della Prima Guerra Mondiale pubblicati  su  repubblica   e poi  ripresi  con  extra n un DVD inedito  (  vedere  foto sionistra  )  , .
Se sono passato a  vedere  il 4 novembre come giornata  nel bene  e nel male  come  giornata  di ricordo  e  di memoria , attraverso due  stadi . Il  primo i  festeggiamenti forzati ( nonno paterno   e  suoi  fratelli  , almeno  quelli che  ho conosciuto io  ,  tutti fascisti    che ti "obbligavano "  in cambio delle paste  ad andare , idem la scuola elementare anche se Dal 1977 in poi, a causa di una riforma del calendario delle festività nazionali introdotta per ragioni economiche con lo scopo di aumentare il numero di giorni lavorativi con la legge 5 marzo 1977 n. 54, è stata resa "festa mobile" che cadeva nella prima domenica di novembre. Nel corso degli anni '80 e '90 la sua importanza nel novero delle festività nazionali è andata declinando .   Il  secondo  ,    ed  in parte  è ancora  cosi  . Infatti sono  riandato   per  fare  foto  alla  ricorrenza  ma       non sono andato nè  alle funzioni religiose  nè dopo la deposizione   della corona  al monumento  cittadino  ,  al rinfresco con le autorità  ) ,  a vedere  le  celebrazioni ufficiali   una cosa  retorica   fatta   da  <<  Geniali dilettanti  in selvaggia  parata  >> (  da  Linea Gotica - ex CSI   qui  il testo  e  le note storiche  di  questa  canzone )  . E  celebravo  in silenzio (  e credo che continuerò a farlo per  tutti gli altri  3  anni delle celebrazioni del centenario   ) come antidoto alla retorica militaresca  
 e  fuori da   qualunque   la morte  di mio prozio  materno un ragazzo del  1899  morto  a 18  su una mina a  caporetto ,  e sepolto ora    nel cimitero  ricordavo  i racconti indiretti  di mìo  padre   di un suo zio ufficiale  medico   sull'altipiano d'Asiago   

  








1.11.12

patria e radici

continuando il discorso del post precedente sul  4  novembre    ,  non è  assolutamente  vero che io  odio il mio paese   ecco la mia  concezione  di patria 

versione degli "Stornelli d'esilio" di Pietro Gori, interpretata da Franco Trincale nel vinile "Canti per la libertà". 

Dedicato di cuore a tutti i VERI anarchici.





le altre due  non abbiano bisogna  di spiegazione   e presentazione  , ma  comunque trovate qui  qualcosa  

invece riprendo il tema  delle radici   gia  trattato  nei post precedenti di questo  blog   lascio la  parola a Gianluca Medas   e ad un pezzo  del suo spettacolo    tenuto  a  tempio  al festival dei sapori ( 15-21 ottobre   2012  )   vedere   post  precedenti  .

Gianluca Medas -- voce narrante
Andrea Congia -- chitarra classica

È un'alleanza stretta da tempo immemore quella dell'uomo con il Vino, e in omaggio  per celebrare la storia dello squisito nettare: Lunedì 15 Ottobre, alle ore 19:00,  Gianluca Medas  ha raccontato  di quando Dioniso danzava sulla terra rivelando ai mortali il segreto dell'inebriante bevanda  .Nel 
Reading letterario si è parlato della Storia del Vino, dietro la quale sono  (  cosi come  tutti  gli antichi 


da http://sardegna-del-sud.mondodelgusto.it/ in particolare  qui  dovete trovate maggiori news  su tali collana  


sapori  e mestieri    raccolti il lavoro e la cultura dell'uomo, proponendo la rievocazione dei miti e delle leggende che riguardano questa tradizione e appoggiandosi all'accompagnamento musicale della chitarra classica di Andrea Congia.
dalla rete 
Un Racconto che si arrampica su per i tralci arricciolati, seguendo la sinuosa curva degli acini per tuffarsi nelle fini nervature delle foglie a cuore: una storia che nasce nella notte dei tempi e che rivela come la preziosa coltivazione della Vite, in Sardegna, abbia preceduto persino l'arrivo dei fenici. Bevanda euforizzante, avvolgente, inebriante, il Vino rinvigorisce l'uomo, educandolo alla moderazione: chi voglia realmente possedere lo spirito di questa bevanda divina, sentiero che apre all'uomo la strada al rapimento estatico, non può concedersi eccessi, pena la perdizione e lo smarrimento. 
Il Mito, le Leggende, gli Dèi: echi di un mondo antico raccolti e raccontati da Gianluca Medas per riscoprire un sapore e un profumo della nostra Terra, l'aroma di un patto millenario sancito con la Natura rievocato in una Storia accompagnata dal suono di una chitarra stuzzicata dal tocco di Andrea Congia.

iil caso d Suor Genevieve piange davanti alla salma di Papa Francesco piange davanti alla salma di Papa Francesco . amicizia o violazione del protocollo ? seconmdo me la prima .

Suor Genevieve infrange il protocollo e piange davanti alla salma di Papa Francesco: chi è l'amica di Bergoglio? Ah, perché piangere inf...