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27.8.24

paraolimpiadi s'incomincia






Manca un giorno all'inizio delle Paralimpiadi e sembrerebbe che a Parigi si stia preparando una cosetta sobria anche per la cerimonia d'apertura di domani.
C'è un video che ha quasi 35 milioni di visualizzazioni su TikTok che mostra il triatleta paralimpico statunitense Brad Snyder, che è cieco, mentre cerca di afferrare la sua bici, che però non è nel posto in cui pensa lui. Il suo gesto, ripreso durante le Paralimpiadi di Tokyo, sembra quello di una persona che suona il pianoforte: il profilo ufficiale delle Paralimpiadi, che ha pubblicato il video, ci ha scherzato su aggiungendo alla scena una musica di Beethoven con la didascalia che dice «nel triathlon paralimpico si fanno nuoto, bici e pianoforte in aria».
Il profilo ufficiale delle Paralimpiadi sfrutta spesso le potenzialità di TikTok per rendere virali momenti buffi capitati agli atleti paralimpici: ci si trovano dentro cose come una pallonata in testa che fa cascare una cestista dalla carrozzina, ma anche molti gesti atletici spettacolari e spiegazioni su come funzionano gli sport paralimpici. Esiste dal 2020, ha 4 milioni e mezzo di follower e in generale i contenuti sembrano funzionare. L'anno scorso però l'approccio del profilo, che scherza anche sulle disabilità degli atleti, fu criticato e messo in discussione. Il punto del dibattito era: si può scherzare sulla disabilità? E fino a che punto?
Per Craig Spence, responsabile della comunicazione del Comitato paralimpico internazionale, la risposta è sì: «ridiamo con loro, non di loro», ha detto in varie interviste, spiegando poi che il profilo è gestito da una persona con disabilità che secondo lui ha la sensibilità giusta per capire quale sia il limite. Quella del comitato paralimpico in ogni caso è una strategia comunicativa consapevole, che già da tempo sta provando a liberare il movimento dalla retorica che descrive gli atleti paralimpici come «supereroi», «superumani» o «speciali»: quella retorica cominciò con grandi campagne pubblicitarie a Londra 2012 e fu portata avanti in parte anche nelle successive edizioni dei Giochi.




Alle Paralimpiadi di Tokyo Brad Snyder vinse poi l'oro: qui è all'arrivo accompagnato dalla sua guida Greg Billington (le “guide” sono quelle che accompagnano gli atleti con certe disabilità in alcune discipline dell'atletica) – Adam Pretty/Getty Images

Come   suggerisce pari  la   newsletter  de  ilpost.it

Gli sport paralimpici da guardare in silenzio, o quasi  .Ci sono atleti che pagherebbero (alcuni tennisti, per esempio) e altri per cui sarebbe un incubo: alle Paralimpiadi ci sono due sport di squadra in cui è necessario che il pubblico dal vivo stia completamente in silenzio. Sono il calcio a 5 per ciechi e il goalball, dove i giocatori sono totalmente o parzialmente ciechi, e il silenzio serve perché loro possano capire dove si trova la palla, che ha al suo interno dei sonagli per segnalare la posizione. Sia nel calcio a 5 per ciechi che nel goalball gli atleti indossano delle mascherine sugli occhi in modo da trovarsi tutti nella medesima condizione (visto che alcuni hanno parziali gradi di visibilità). Nel calcio però ci sono anche due giocatori vedenti: i portieri.
Il calcio a 5 per ciechi, che è solo maschile, si giocherà dall'1 al 7 settembre nel suggestivo stadio temporaneo creato sotto la Tour Eiffel apposta per i Giochi, quello in cui alle Olimpiadi si giocò il beach volley, che è già stato riadattato. Il campo è grande come quello da futsal, il calcio a 5 al chiuso classico, e ai lati ci sono delle pareti per tenere la palla sempre in gioco, senza rimesse laterali. Il torneo avrà 8 squadre divise in due gironi: l'Italia non ha mai partecipato e non c'è nemmeno quest'anno.



Lo stadio del calcio a 5 per ciechi sotto la Tour Eiffel (Sandra Montanez/Getty Images)


Il goalball è uno dei due sport che sono solo paralimpici e uno dei più divertenti di tutte le Paralimpiadi. Fu inventato nel 1946 per aiutare i soldati che avevano perso la vista durante la Seconda guerra mondiale. Si gioca tre contro tre su un campo rettangolare lungo 18 metri e largo 9, con due grandi porte sui lati corti del campo, alte un metro e 30 centimetri. Tutti i giocatori possono sia parare che tirare, e il silenzio può essere parte della strategia: per non dare punti di riferimento agli avversari spesso si cerca di far fare meno rumore possibile alla palla. Di goalball ci sono sia un torneo maschile che uno femminile, che si giocheranno tra il 29 agosto e il 5 settembre allo stadio Pierre de Coubertin di Parigi, ma in nessuno dei due ci sarà l'Italia.
Sia nel goalball che nel calcio a 5 per ciechi sono previste delle scontate deroghe al silenzio: quando si fa gol.



Il campo da goalball alle Paralimpiadi di Tokyo (Koki Nagahama/Getty Images)

  sempre  dalla stessa fonte

Come il villaggio olimpico è diventato paralimpico
Con pochi accorgimenti mirati in realtà, visto che era già stato concepito per essere accessibile a chiunque: nelle stanze per esempio gli interruttori della luce sono stati montati a 45 centimetri da terra, in modo che anche chi è su una carrozzina non faccia fatica a schiacciarli.
Dopo la fine delle Olimpiadi (l'11 agosto) il villaggio è rimasto chiuso per poco più di una settimana ed è stato riaperto il 21 agosto. In questi giorni sono state aumentate le rampe per le persone in carrozzina e sono stati aggiunti tappeti dove la pavimentazione era più pericolosa; è stata aumentata l'illuminazione di tutto il villaggio ed è cambiata un po' la disposizione dei tavoli e del cibo nei frigoriferi della mensa. Poca roba, insomma. Per il resto il villaggio è sempre quello, senza aria condizionata e con i letti di cartone. Qualche atleta arrivato in questi giorni ha già controllato: ci si può saltare sopra anche con le protesi. La cosa preferita degli atleti per ora è questa qui sotto: i mezzi motorizzati per muoversi più velocemente nel villaggio, che per le Olimpiadi non c'erano.








(Aurelien Meunier/Getty Images)



17.9.21

Da hobby a business: «Vendo cavalli arabi agli sceicchi» La bella avventura di una coppia teresina e del loro allevamento

la nuova sardegna del 16\9\2021

Da hobby a business: «Vendo cavalli arabi agli sceicchi»

La bella avventura di una coppia teresina e del loro allevamento

SANTA TERESA. Un cavallo che conquista per armonia e fascino. Destrieri che hanno appeal e che soprattutto si vendono. In alcuni casi diventano leggenda come Nopoli, un vero fenomeno negli Emirati arabi che per il palmares sconfinato viene chiamato appunto Legend. Ovviamente tutto questo ha un prezzo, i puledri allevati e addestrati con cura raggiungono quotazioni importanti. Alcune volte quelle necessarie per acquistare metà di un bell’appartamento in città. Un gioiello per pochi dunque e non per tutti. A Santa Teresa Gallura c’è un’azienda, l’allevamento del Ma, di Maurizio Muntoni e di Anna Teresa Vincentelli, che lavora e in silenzio produce eccellenze. Cavalli di razza araba che riforniscono le scuderie degli sceicchi più ricchi del pianeta che non badano a spese per portarseli a casa. Sembra il classico caso in cui l’impresa fa molto, molto di più della politica nell’esplorare nuovi e appetibili mercati. E l’apertura di un canale commerciale con gli Emirati Arabi si deve a intuito, passione e al lavoro piuttosto che ad accordi economici o patti bilaterali troppo spesso validi solo su carta ma in realtà ben poco efficaci.



Maurizio Muntoni, 60 anni portati benissimo, racconta il suo ingresso dalla porta laterale in questo mondo complesso che ha imparato a conoscere e a decifrare nel tempo grazie ad una dose fuori dal comune di passione ma anche di pazienza. Quella virtù che possiede chi sa attendere e non ha fretta di avere tutto subito. «L’avventura iniziò con un asinello che da bambino mio padre mi comprò per accontentarmi, poi a vent’anni il primo cavallo per le passeggiate. Iniziai il percorso sportivo agonistico con le gare di trek che mi diedero tante soddisfazioni e mi portarono a girare mezza Europa e a partecipare anche ai campionati del mondo», racconta Muntoni scavando nel libro dei ricordi. La vera svolta avviene intorno al 1990, quando rompendo gli indugi le attenzioni dell’allevatore si concentrano esclusivamente sul cavallo di razza araba. «Sono sempre stati un mio pallino. La mia prima cavalla araba la acquistai a Parma. Era versatile ed equilibrata lasciai il trek e abbracciai l’endurance (Le competizioni consistono in corse di resistenza su percorsi di varia natura ed un chilometraggio che varia dai 30 ai 160 km a seconda delle categorie) e la cavalla mi diede subito degli ottimi risultati». Erano gli anni pionieristici dell’allevamento e occorreva aumentare gli animali seguendo però l’unica direttrice possibile: la qualità. «Incrociai la cavalla con uno stallone dell’Incremento ippico e il puledro diede subito ottime performance sia nelle corse, che poi nell’endurance. Vincemmo i campionati europei con Mara Feola, un’amazzone di Santa Teresa molto brava e altre competizioni».



Ma la vera svolta si concretizzò incrociando le fattrici sarde in Francia con i ceppi migliori, soprattutto sui cavalli arabi e all’incontro fortuito ma solo fino ad un certo punto con il mondo degli sceicchi Hamdan e Mohamed che attraverso alcuni loro osservatori videro da queste parti l’argento vivo per le loro passioni sportive. «Nel 2001 vendemmo i primi tre puledri. Li acquistarono in blocco e non se ne pentirono, anche perché uno di loro è diventato una vera leggenda. Si tratta di Nopoli del Ma’, quello che loro chiamavano e chiamano Legend, un cavallo che negli Emirati arabi ha vinto tutto quello che c’era da vincere. Da allora posso dire che con loro si aprì un varco con la Sardegna, non solo con il mio allevamento. Scoprirono che qui si allevavano cavalli all’altezza. Un movimento importante di cui abbiamo beneficiato tutti», spiega l’allevatore nella struttura di Santa Teresa che ospita una settantina di cavalli. Quella di Nopoli è davvero una bella storia di cui Muntoni va giustamente orgoglioso anche perché condensa la sua filosofia di vita e un approccio all’allevamento dei cavalli fatto del giusto mix tra ragione e sentimento. «Il puledro quando aveva 5 mesi iniziò a zoppicare, il problema non cessava. Così il mio veterinario mi consigliò di andare a Perugia dove c’era una dottoressa molto brava e strumentazioni tecniche all’avanguardia. Lo ascoltai e seppi aspettare. Il cavallo aveva il menisco rotto, lo tenemmo fermo per un anno ma dopo scalpitava, o meglio volava e ottenne tutti quei risultati che ne hanno fatto una autentica star e quell’appellativo di Legend non arrivato per caso». Quella dell’infortunio poi per fortuna rientrato fu una grande lezione per l’allevamento (oggi costituito da 70 cavalli con la produzione di 10 puledri all’anno) che ha impostato il lavoro seguendo gli standard più all’avanguardia. «Abbiamo un metodo particolare. Li seguiamo durante l’arco della giornata. I puledri fino all’anno e mezzo mangiano la loro razione nei box, per evitare che il più forte sottragga il cibo a chi lo è meno. Facciamo noi il fieno con quattro tipi di erba e diamo il supporto con i mangimi con il giusto supporto di calcio. Poi li seguiamo con le telecamere e il momento del parto ha tutte le attenzioni del caso. “Eccetto lo scorso anno per il covid, vado sempre negli Emirati Arabi. Vedere i nostri cavalli comportarsi in maniera egregia è una soddisfazione enorme». E se dall’Isola, dove sono nati e allevati molti puledri raggiungono le grandi scuderie, questa volta grazie al Sardegna Endurance Festival 2021 ormai alle porte, con il suo Campionato mondiale per giovani cavalli organizzato all’Horse Country Resort di Arborea, il gotha è alle porte del regno di Eleonora.

5.7.21

Malika, la lezione per non buttare via i soldi e la vita


canzone  consigliata 
 Zucchero - Rispetto

lo so  che    vi sarete  , come il sottoscritto  rotti  gli zebedei  stufati diu sentire  parlare  di  marika     e  della sua  vicenda  e  di come ha  spesso i   suoi soldi   e della sua arrampicata  sugli specchi per  giustificarsi  , ma stavolta  (giurò che sarà  l'ultimo post  che dedicherò  a  tali vicende    salvi  chje  che  non s'avverera   la profezia  che  ho  fato    nel  post  precedente , cioè quella  di vederla  ospite  dala de 

filippi ed  affini  )   c'è  una ragazza  omossessuale  o  lgbt   per  usare  il politicamente  corretto    che   hja  avuto  una  situazione   come  qiella  di marika  ma   è  rimasta  fuori  ed  lontrano  dai media   e che  ha   una dignità  perchè non ha  chiesto  niente  a  nesuno  er  si  fa ed  si fattas un mazzo scosi  per  andare  a vanti  . Ma  ora  basta    parlare  lascio la parola   alla Lucarelli  

Malika, la lezione per non buttare via i soldi e la vita


Buongiorno signora Lucarelli, ho 22 anni, lavoro come babysitter, vivo in un appartamento in affitto a Milano, ho un cane e un gatto che non ho potuto portare con me, sono zia di quattro bambini stupendi (due in realtà devono nascere ma so già che saranno meravigliosi), convivo con la mia spettacolare fidanzata, sono un’ex ginnasta e ballerina, mi sono diplomata l’anno scorso dopo due anni di interruzione della scuola per poter lavorare, canto stonata sotto la doccia, ho le lenzuola di Harry Potter, amo la pizza e la tartare di salmone e mi piace tanto l’azzurro. A 18 anni e un mese sono scappata di casa perché la mia vita era diventata insostenibile: giusto un mesetto e mezzo prima mia mamma aveva scoperto nel peggiore dei modi la mia neonata relazione con una ragazza, naturalmente non l’ha accettata. Ho subito violenza verbale e fisica a casa mia, “alzi la voce” era la scusa, ma io la voce la alzavo per essere ascoltata, perché in tutto quel tempo nessuno si era fermato a chiedermi come stessi io che, da studentessa adolescente e povera di una scuola gesuita circondata da spocchiosi ragazzini con la puzza sotto il naso i cui genitori pagavano la mia borsa di studio, mi sono scoperta lesbica e sono stata la prima a non accettarmi.

Mi sono rimboccata le maniche, ho lasciato la scuola, ho lavorato e mi sono potuta addirittura permettere di andare in vacanza con i MIEI soldi sudati con il MIO lavoro.

A maggio di due anni fa sono tornata a casa con mia mamma, ci siamo più o meno riappacificate nonostante lei continuasse a non accettare la mia sessualità. Ho lavorato e nel mentre a settembre sono tornata a scuola. Poi un infortunio, ho lasciato il lavoro per riuscire bene a scuola, ho chiesto la disoccupazione per avere un aiuto perché comunque a casa di mia mamma pagavo l’affitto della mia stanza. Avevo circa, tra tutto, 450 euro di spese al mese escluso il cibo. Di disoccupazione ne prendevo 670,40. O sarebbe dovuto essere così. Ho chiesto la disoccupazione a metà gennaio, con i tempi dell’inps sarebbe dovuta arrivare a febbraio, ma è iniziata la pandemia. Ho visto la mia disoccupazione a maggio. Nel frattempo pagavo a rate la macchinina di mia nonna che intendeva poi regalarmi all’ottenimento della patente di guida (che non potevo, e non posso tuttora, permettermi). Ho arrancato per mesi. Mi sono arrangiata. Mi sono diplomata, ho subito iniziato a lavorare e a settembre ho preso casa con la mia fidanzata. Tutto da sola. Con grandi difficoltà. E non cerco compassione o pacche sulla spalla, sono fiera di ciò che ho fatto e so di non essere l’unica ad averlo fatto.

Mia mamma non mi ha cacciata di casa, ma mi ha reso la vita talmente invivibile per la seconda volta che sono dovuta scappare, di nuovo, definitivamente. Ho preso la decisione di andare via dopo il mio primo stipendio: mi sono presentata al lavoro con un occhio nero e dopo mille domande ho deciso che era ora di finirla.

Da sola con la mia compagna abbiamo affrontato un isolamento, poi la quarantena, gli stipendi quasi dimezzati per sei mesi perché lavoravamo entrambe in un locale nell’ambito della ristorazione. Ho lasciato l’università a cui mi ero iscritta perché la retta non potevo permettermela. Ho rinunciato al mio sogno di studiare e me ne sono costruita un altro: vivere.

Ho deciso di scriverle perché ho sempre pensato che ci fosse qualcosa che non andava nella storia di Malika. Ci sono centinaia di ragazzi come me e come Malika che si ritrovano senza famiglia, ma nessuno riceve 150mila euro da persone che donano loro i soldi per ripartire. E soprattutto nessuno li sputtana in una Mercedes che non serve per ripartire, basta una Twingo usata del 2012 come la mia, che è già un lusso. Sa cosa avrei fatto io con tutti quei soldi? Per prima cosa avrei prenotato privatamente la risonanza magnetica al cervello che aspetto da mesi. Poi avrei fatto la patente. Avrei pagato la retta dell’università. Mi sarei messa una piccola cifra da parte per coprirmi le spalle MENTRE LAVORO. E il resto lo avrei dato a tutte le altre persone che hanno bisogno.

Sono arrabbiata. Perché tutti meritano di ricostituirsi una vita dopo che la propria viene distrutta. Farlo è difficile, io ci sto provando ma a volte sembra davvero impossibile. Malika nella sfortuna (perché ciò che è successo a lei non dovrebbe succedere a nessuno) ha avuto la fortuna di avere un paese che le è stato accanto e un aiuto economico a ripartire. Eppure non se lo meritava. Sa cosa penso? Che chi sta male e davvero ha bisogno, non chiede aiuto. Io non ho mai chiesto aiuto perché mi sento debole, perché non voglio attirare attenzioni su di me. E quando sono andata via di casa con 100 euro in tasca e nemmeno le mie mutande che mia mamma non mi ha mai dato, la prima cosa che mi sono chiesta non è stata “come farò senza soldi e senza vestiti?”, il primo pensiero è stato “e ora come cazzo faccio senza l’abbraccio di mia mamma? Senza sapere che è dalla mia parte? Senza una famiglia? ”. Ce l’ho fatta signora Lucarelli, da sola. Ce la sto facendo. Ho ancora strada da fare ma ce la sto facendo. E sono indignata per come Malika si è comportata


                                    ******


Grazie per questa lettera onesta, forte e priva di retorica, cara A. Io credo che la ricostruzione di una vita debba passare anche attraverso gli sfizi, specie a 22 anni, ma bisogna essere trasparenti fin dall’inizio. Malika ha peccato in questo. Non doveva avventurarsi in promesse di beneficenza e psicologo, era sufficiente un più asciutto “i soldi mi serviranno a vivere con leggerezza i miei 22 anni, ne ho bisogno” e le avremmo perdonato tutto.

25.5.21

silenzio sui fatti di Stresa-Alpino-Mottarone

Sentendo  e leggendo  della  tragedia della funivia di Stresa-Alpino-Mottarone,  è come se  fossi bloccato    da  non riuscire   a  scrivere  niente  ., Infatti   1 )  sono ancora stravolto  come tutte le volte che sento o vedo la morte o eventi catastrofici  sia dovuti a noi uomini sia dovuti alla natura  imprevedibilità  del caso \ destino  2) non so cosa dire senza  scadere in banalità  e ovvietà  3 )  c'è  chi lo fa  ( bene o male ) per mestiere o perché  riesce a trovare  le parole adatte rispetto  a me  davanti a tali eventi .Ecco quindi scusatemi l'abuso retorico ma meglio un grande  silenzio che mille parole inutili che portano  molto spesso alla  morbosità .  Mi  auguro che  


[...] Mai come oggi, insomma, è indispensabile arrivare quanto prima a capire bene cosa è successo. E quali sono eventuali colpe e colpevoli. Non ci possiamo permettere in un momento così, in cui questa tragedia pugnala un Paese che tenta di ripartire e riacquistare fiducia, che un’altra inchiesta evapori in nuvolaglie di perizie, controperizie, ricorsi, controricorsi ... Quelle famiglie tradite da una fune che non si doveva rompere hanno diritto ad avere giustizia. E troppe volte altre famiglie non l’hanno avuta.

                              Gian Enrico Stella  corriere  della sera  24\5\2021 

Concludo con un altra  citazione musicale, stavolta diretta  ed esplicita,  che per  una coincidenza  è  in onda  radiofonica la  canzone da  cui ho preso il ritornello famoso pezzo  De  Andreiano   in questo momento  in cui sto scrivendo le ultime parole di questo post

[...]
Cos'altro vi serve da queste vite ?
Ora che il cielo al centro le ha colpite
Ora che il cielo ai bordi le ha scolpite


con questo è  tutto alla prossima .










26.4.16

risposta al sindaco di Corsico . La storia della Resistenza raccontata attraverso la vita di un giovane partigiano italo-somalo ed altre storie resistenti









Primna di iniziare  il post  d'oggi   aggiornamento  al  post   sul  sindaco (  ?  )  di Corsico   vedere  miei precedenti post  )




Corsico si   è  ribella al sindaco che vieta Bella Ciao alle manifestazioni del 25 Aprile






Come  ad  ad Alghero  ( dove  anni fa un sindaco di   centro destra   fece la stessa  cosa  del sindaco  di questa  cittadina  )  semplicemente non può vietarla.





 ecco adesso le storie  d'oggi 


Giorgio Marincola, il partigiano nero “morto per la libertà” La storia della Resistenza raccontata attraverso la vita di un giovane partigiano italo-somalo


“Sento la patria come una cultura e un sentimento di libertà, non come un colore qualsiasi sulla carta geografica. La patria non è identificabile con dittature simili a quella fascista. Patria significa libertà e giustizia per i popoli del mondo. Per questo combatto gli oppressori”.
Sono queste le parole che il partigiano Giorgio Marincola pronunciò ai microfoni di Radio Baita, emittente fascista torinese, prima di venire quasi ammazzato di botte dagli ufficiali che lo avevano catturato. A trasmetterla su scala nazionale sarà Radio Londra, rendendo queste parole tra le più belle e significative della Resistenza.
Giorgio MarincolaGiorgio Marincola era italiano. E somalo. Nato il 23 settembre 1923 a Mahaddei Uen, un presidio militare italiano a 50km da Mogadiscio dal sottufficiale Giuseppe Marincola e Ashkiro Hassan. Poiché esistevano leggi che impedivano il mescolamento tra italiani e somali, in quanto considerati “razza inferiore”, la loro unione non venne vista di buon occhio da nessuno. Quando arrivò il momento di rientrare in patria, fu chiaro ad entrambi che l’unica possibilità di salvezza per i bambini era quella di andare in Italia insieme al padre. Giorgio fu lasciato in custodia agli zii a Pizzo Calabro mentre Isabella, di qualche anno più giovane, andò ad abitare con il padre e la nuova moglie a Roma.
A Pizzo Giorgio si distinse per la sua intelligenza e le sue doti fisiche. Visti gli ottimi risultati ottenuti a scuola, il padre decise di portarlo con sé a Roma, per frequentare il Liceo. Fu proprio nella capitale che l’unico ragazzo di colore della scuola conobbe Pilo Albertelli, noto antifascista cattolico, che trasmise a Giorgio l’amore per la libertà e la patria. Finito il Liceo si iscrisse alla facoltà di medicina, con il sogno di diventare specialista in malattie tropicali e di tornare in Somalia.
I fatti avvenuti il 16 ottobre 1943 però, cambiarono i suoi piani: il rastrellamento del ghetto ebraico di Roma lo scioccò al punto di chiedere ad Albertelli di poter passare all’azione. Il professore lo accontentò subito, aggregandolo al gruppo partigiano della Zona Parioli. Il giovane somalo era ufficialmente diventato il primo partigiano nero d’Italia.
Tra il febbraio ed il maggio 1944 venne trasferito dal comando militare del partito nella provincia di Viterbo e partecipò alla liberazione di Roma. La sua lotta, però, non si fermò: nonostante la sua città fosse libera, Marincola decise di continuare la Resistenza arruolandosi nelle file dell’intelligence militare britannica, lo Special Operations Executive. Nell’agosto 1944, come membro della missione Bamon, fu paracadutato oltre la linea nemica con compiti di guerriglia, collegamento e addestramento delle nuove leve partigiane.
L’anno dopo, durante un rastrellamento, venne arrestato, condotto al carcere di Biella e costretto a parlare ai microfoni di Radio Baita. Non avendo letto il copione che gli era stato dato fu pestato e deportato al Polizeilicher Durchganglager di Bolzano, uno dei campi di concentramento nazisti nella penisola con l’ordine di “non ucciderlo ma farlo soffrire”. Il lager venne liberato il 30 aprile 1945, quando le ostilità erano cessate in gran parte dell’Italia. Davanti all’offerta di ritirarsi in Svizzera da uomo libero, il giovane italo-somalo preferì unirsi ad una banda partigiana della Val di Fiemme.
Il 4 maggio del 1945 un’autocolonna di SS in ritirata, dopo uno scontro a fuoco attaccò i villaggi di Stramentizzo e Molina di Fiemme, dandoli alle fiamme: questo costò la vita a 27 persone. A Stramentizzo i partigiani morti furono undici. Uno di loro era Giorgio Marincola, il partigiano nero morto per la libertà.


Il suo volto è diventato il simbolo della Repubblica, lo abbiamo visto e rivisto in tutti questi anni. Ora, questa bella ragazza sorridente ha un nome. Ecco la storia di Anna
da  https://medium.com/italia/ di Giorgio Lonardi e Mario Tedeschini Lalli


Ancora poche settimane fa, l’8 marzo, per celebrare 40 anni dell’ingresso della prima donna nel corpo della polizia locale - la prima donna “ghisa” - e insieme i 70 anni del voto alle donne, il Comune di Milano ha installato davanti al municipio un pannello con una celebre fotografia: la ragazza sorridente che sbuca dalla pagina del Corriere della Sera il giorno della proclamazione della Repubblica, nel giugno 1946.




E’ stato così per anni, per decenni. La foto di Federico Patellani è stata utilizzata per illustrare articoli e libri, mostre e manifestazioni politiche e le occasioni si moltiplicheranno avvicinandoci alle celebrazione del 70° anniversario del referendum del 2 giugno 1946: una foto-icona, una splendida ed anonima donna chiamata a impersonare la gioventù e la speranza di un Paese che guardava avanti dopo il fascismo e la guerra.
Oggi, a tanti anni di distanza, lo splendore di quel sorriso resta, il significato di quello scatto anche, ma l’anonimato non c’è più: quel simbolo ha un nome e un cognome e una storia che proponiamo alla vigilia delle celebrazioni del 25 aprile. [ ......  ] continua qui  


Canessa, l'anti-eroe partigiano che per mezzo secolo nascose le sue imprese

A distanza di un anno dalla sua morte, Livorno sembra essersi dimenticata di Mario Canessa, il Perlasca labronico, il poliziotto-partigiano che per mezzo secolo non raccontò a nessuno le sue imprese per salvare ebrei, antifascisti e soldati in fuga. Gerusalemme gli ha dato l'onorificenza più solenne, il suo nome è  scolpito nel "Giuardino dei giusti"
  

LIVORNO. Nell’era in cui anche l’ultimo tronista pretende di dirti via twitter se ha mangiato la melanzana in salmì o il politico new style fa il gigione con la sciarpa da tifoso, figuriamoci se un tipo come Mario Canessa non sembra un marziano: è stato una figura di anti-eroe che per mezzo secolo ha tenuto la bocca chiusa anche in casa, senza raccontare a nessuno delle vite di ebrei, soldati prigionieri e perseguitati antifascisti che aveva salvato quand’era stato mandato, lui giovane studente di giurisprudenza alla Cattolica, a lavorare come poliziotto in Valtellina.

  leggi anche
Mario Canessa, il poliziotto che salvava gli ebrei



ed ancora altre  storie   si potrebbero raccontare  , ma  è meglio  onde  evitare   sbadigli  e  d'annoiare , chiudere  qui  per quest'anno 



14.2.16

Luttwak choc: “Regeni? Magari l’ha ucciso un’amante. Se uno fa cose pericolose, se ne assuma i rischi”

  Lo  so che  dovrei  stare  zitto  ,  come lo sono stato  fin ora  , per rispetto   alla  famiglia   , non basta quanto ne   parlano  i  giornali  specie  quelli di una determinata  fazione politica  . Ma  certe    cose   non poso passare  sotto  silenzio  . Strano     che   i familiari    non si siano  incazzati  non abbiano preso posizione  contro simili  affermazioni   di Luttwak

12 febbraio 2016 | di Gisella Ruccia
Luttwak choc: “Regeni? Magari l’ha ucciso un’amante. Se uno fa cose pericolose, se ne assuma i rischi”




“Giulio Regeni ammazzato dai servizi segreti egiziani ? Questa è mera speculazione, non sappiamo assolutamente niente su questi servizi segreti, che sono un’entità su cui non c’è nessuna informazione. Magari Regeni è stato ucciso da un’amante, da un poeta o da chissà chi”. Sono le parole choc pronunciate dal politologo americano Edward Luttwak ai microfoni de La Zanzara (Radio24), sulla tragica morte di Giulio Regeni, il giovane ricercatore universitario ucciso in Egitto. “E’ vietato assolutamente picconare il governo egiziano” – ammonisce Luttwak – “perché è quello che ha salvato l’Egitto e anche l’Europa dal regime dei Fratelli Musulmani, la più grossa minaccia esistente. Il governo egiziano ci sta proteggendo. E’ più che un alleato per l’Italia, una barriera protettiva, una diga. Un disappunto, una critica o qualsiasi dichiarazione italiana che eroda l’Egitto sono irresponsabili. Il governo italiano non deve dire niente”. E aggiunge: “Gli italiani sono liberi di viaggiare dove vogliono, sono liberi di esprimersi come vogliono, sono anche liberi di scrivere per Il Foglio o per Il Manifesto, però quando loro fanno queste cose ci sono conseguenze. Il governo italiano deve solo intervenire solo quando c’è una violazione dei diritti umani dalle autorità e non cominciare ad accusare un regime sulla base di nessun fatto”. Luttwak rincara: “Tutti facciamo cose pericolose e irresponsabili e prendiamo rischi. Quando però io prendo un rischio, ad esempio quando faccio SCUBA (immersione subacquea, ndr), non chiedo certo a un governo di compromettere i suoi interessi per quello che succede a me qualora io muoia. Le indagini sulla morte di Regeni? Il governo italiano può agire in maniera amministrativa, senza nessuna pubblicità o dichiarazioni ufficiali di ministri che possano suonare come critiche al governo egiziano”
 Ora  capisco  che la politica  Usa   è quella  di difendere  i propri interessi    cioè i nemico del mio nemico  è mio amico  e  poi  subito  dopo diventa  mio nemico  .  Ma   voi  direte   un opinionista  non fa  conto   è un vecchio rincoglionito  Obama non è più cosi  , ecc.  .  Invece  io  , datemi pure  dell'anti americano   sai  cosa  me ne  frega  ormai ci sono abituato  ,  ma Edward Nicolae Luttwak  non è  un semplice  opinionista  ma consulente strategico del Governo americano.Quindi uno che  nega  per  giunta  in  malafede le  prove  ormai sempre  più schiaccianti  e  butta  merda   su chi non può più difendersi   perchè morto  è    , per essere gentile   con   rispetto per  i coglioni  un Coglione della peggiore  specie  . Mi fermo qui   onde  evitare   di abbassarmi  al   suo livello  ed  evitare    da parte  di amici e   familiari (  mi  era  successo in passato  con la  famiglia   di  Carlo  Giuliani   ma questa  è un altra storia  )  accuse  di strumentalizzazioni e speculazioni   sul loro figlio .  E  ritorno al mio silenzio  


sulla vicenda   . os a che dopvrebbero fare  anche i media  evitando   di chiamare   ed  intervistare  simili stronzi  cretini   per avere  qualche pagina    e ascolto in più  

10.11.14

speriamo che con il centenario della grande guerra il 4 novembre sia giornata di memoria condivisa e sia ricordato senza becera retorica e a 360 gradi

In sottofondo   l'esecuzione avvenuta   Il 27 luglio 2009 a Forte Dossi Delle Somme di  Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura de il  brano "Del Soldato in Trincea" composto per il film di Ermanno Olmi "Torneranno i prati" al termine del concerto dedicato al centenario della Prima Guerra mondiale

Lo so che  con questo post   perderò amici\che  ,  specie  quelli  che  ancora  sono  legati << ai miti
da  facebook
eterni dea patria  e dell'eroe (  
cit. musicale ) >> e giudicano chi parla di queste cose  come  quelle  di cui riporto sotto   un disfatta o  uno che non ha   rispetto  di coloro   sono morti   combattendo  e  menate  varie  .
Purtroppo la grande  guerra  anche  questo  è stato . Ed  solo  ricordando a  360 gradi  che il  4  novembre  smetterà  d'essere  solo qualcosa  di retorico e  vuoto  ed  diventerà  una  giornata  condivisa   .  E  sarà definitivamente  identità collettiva   e  di tutti  . E certi  fatti come   quello   della  prima  storia   sia  recuperati dall'oblio  Ma  ora  basta  è veniamo  alle storie  del post  d'oggi

da  https://www.facebook.com/apibeco.milano
La prima è quella del Comandante Giovanni Airaldi di Cuneo . la  cui  storia  è raccontata  in (  vedere  copertina a sinistra )  Il caso Arialdi  di Gerardo Unia |-  Editore L'Arciere - 2002 - pp. 139 - ISBN 8886 398 913 .

Egli  fu  un  Tenente Generale che si oppose allo scriteriato massacro dei suoi uomini.Giunto al fronte ad ottobre 1915 al comando della 23ª divisione, è costretto a mandare i suoi soldati all’attacco di forti posizioni austriache sul basso Carso: posizioni quali il monte Sei Busi e Vermegliano, vero e proprio baluardo difensivo imperiale sulla via per Trieste. A più riprese agli uomini di Airaldi sono richiesti attacchi all’arma bianca, alternati ad attacchi dimostrativi per “distrarre” il nemico da azioni su altri settori del fronte: azioni che costarono 
Il Generale Airaldi scrisse così al suo superiore, il generale Guglielmo Pecori Giraldi, al comando del VII Corpo d’Armata, che non intendeva più mandare all’attacco le sue truppe per azioni dimostrative, a meno che non si volesse esporre le truppe ad inutile sacrificio. Airaldi fu uno dei pochi Autentici Ufficiali Generali a mettere in discussione gli ordini superiori, perché convinto che non fosse possibile effettuarli con successo neppure a prezzo dei maggiori sacrifici, mentre è ovvio che questi si possono e devono affrontare soltanto a patto che sia almeno probabile il conseguimento dei risultati voluti. Insomma, Airaldi vedeva la totale inutilità degli attacchi ordinatigli, ma soprattutto della morte dei suoi uomini.
La sua franchezza ed umanità, naturalmente, fu malvista: Airaldi fu destituito e messo a riposo, dimenticato da tutti fino alla sua morte, avvenuta nel 1935.

agli uomini delle brigate Trapani e Napoli perdite ingenti a cui si assommarono feriti e mutilati.



la seconda che  può essere  approfondita   da   questo   due  pagine http://www.cjargne.it/alpinortis_1.htm e per  i successivi sviluppi    http://www.cjargne.it/alpinortis.htm   da  cui è tratta  la  foto  a sinistra  del monumenti     è fatta da due persone che lottano perchè nelle celebrazioni per il centenario della grande guerra ci sia  << il REINTEGRO a pieno titolo dei fucilati del ‘15-’18 nella memoria nazionale.Vittime come gli altri.
Soldati che hanno sofferto come gli altri. il primo protagonista è il sostituto procuratore di Padova Sergio Dini, ex magistrato militare, che ha già chiamato in causa il ministro della difesa Pinotti. «Assistendo a luglio al concerto di Redipuglia, dove il maestro Muti ha radunato orchestrali di tutti i Paesi belligeranti, il presidente Napolitano ha fatto un passo importante di riconciliazione con l’ex nemico. Ora manca solo la riconciliazione con noi stessi, l’abbraccio ai ragazzi della mala morte. Le Forze armate dovrebbero capirlo, a meno che non vogliano negare che quelle esecuzioni — dal loro punto di vista — siano servite a qualcosa. Se i fucilati ebbero una funzione, essa sia riconosciuta. Non farlo sarebbe accanimento. Anche perché si fucilarono solo soldati semplici, povera gente. Vogliamo portarci dietro ancora. >>
Il secondo il sindaco Edimiro Della Pietra, Il primo a far erigere , il primo in anche il primo in Europa monumento ai fucilati.  << È accaduto diciotto anni fa a Cercivento, sui monti della Carnia, sul luogo di una delle più ingiuste esecuzioni, il pra dai fusilâz, un prato che per decenni i valligiani rifiutarono di falciare in segno di protesta. Una memoria tenace, passata di bocca in bocca, che ha dato vita a un corpus di memoria orale ancora vivissimo e al quale nel ‘96 mettendosi contro le autorità militari rischiando una denuncia di apologia direato, ha voluto dar forma di monumento. >>

L'Italia riabilita i fucilati

L’ultima ferita della Grande guerra
“L’Italia riabiliti i militari fucilati"

Rumiz_-_31.10.2014-001

di Paolo Rumiz

REINTEGRO a pieno titolo dei fucilati del ‘15-’18 nella memoria nazionale.Vittime come gli altri. Soldati che hanno sofferto come gli altri. Manca questo riconoscimento perché possa dirsi completa in Europa la partecipazione dell’Italia alle onoranze ai Caduti della Grande guerra. I principali Paesi belligeranti— Francia, Germania, Inghilterra — ci hanno pensato da tempo, con atti politici, interventi presidenziali, monumenti, e l’aggiornamento delle liste dei Caduti. Quasi ovunque i condannati sono stati tolti dal ghetto della vergogna e della rimozione. Manca il nostro Paese, quello che ha fatto più largo uso della giustizia sommaria: 750 fucilati con processo,200 colpiti da decimazione per estrazione a sorte, e un numero incalcolabile di soldati uccisi per le vie brevi dai loro ufficiali o dai carabinieri per codardia, ribellione o episodi di pazzia.
«Se non ora, quando?», si chiede il sostituto procuratore di Padova Sergio Dini, ex magistrato militare, che ha già chiamato in causail ministro della difesa Pinotti. «Assistendoa luglio al concerto di Redipuglia, dove il maestro Muti ha radunato orchestrali di tutti i Paesi belligeranti, il presidente Napolitano ha fatto un passo importante di riconciliazione con l’ex nemico. Ora manca solo la riconciliazione con noi stessi, l’abbraccio ai ragazzi della mala morte. Le Forze armate dovrebbero capirlo, a meno che non vogliano negare che quelle esecuzioni — dal loro punto di vista— siano servite a qualcosa. Se i fucilati ebbero una funzione, essa sia riconosciuta. Non farlo sarebbe accanimento. Anche perché si fucilarono solo soldati semplici, povera gente. Vogliamo portarci dietro ancora questo anacronismo di classe?».
E dire che l’Italia è stata uno dei primi Paesia porre il problema con film (Uomini contro, di Francesco Rosi), con libri e ricerche storiografiche. Ed è stato anche il primo in Europaa erigere un monumento ai fucilati. È accaduto diciotto anni fa a Cercivento, sui monti della Carnia, sul luogo di una delle più ingiuste esecuzioni, il pra dai fusilâz, un prato che per decenni i valligiani rifiutarono di falciare in segno di protesta. Una memoria tenace, passata di bocca in bocca, che ha dato vita a un corpus di memoria orale ancora vivissimo e al quale nel ‘96 il sindaco Edimiro Della Pietra, mettendosi contro le autorità militarie rischiando una denuncia di apologia direato, ha voluto dar forma di monumento. 
Quella di Cercivento è una storia che riassume le altre. È il giugno del ‘16. Gli austriaci stanno sfondando su Vicenza con la Strafexpedition. Nella zona del Monte Coglians c’è il battaglione alpini Tolmezzo, considerato infido dagli ufficiali «forestieri» per via dei cognomi mezzi tedeschi dei carnici arruolati e dei tanti di essi che hanno lavorato da emigranti in terra d’Austria. Hanno una perfetta conoscenza del terreno, ma gli alti comandi non si fidano a sfruttarla e insistono a ordinare azioni suicide. Quando viene deciso un attacco alle rocce della cima Cellon in pieno giorno e senza supporto di artiglieria, alcuni soldati suggeriscono di compiere l’assalto colfavore della notte. È quanto basta perché il comandante,un napoletano di nome Armando Ciofi, coperto dal tenente generale Michele Salazar, comandante della 26ª divisione, gridi alla «rivolta in faccia al nemico» e ordini la corte marziale.
Il processo si svolge di notte, in una cornice lugubre, nella chiesa che il prete di Cercivento, terrorizzato, è obbligato a desacralizzare. Sul processo incombono le circolari Cadorna, che chiedono «severa repressione»,diffidano da sentenze che si discostino «dalle richieste dell’accusa» e ricordano il «sacro potere» degli ufficiali di passare subito per le armi «recalcitranti e vigliacchi». Gli accusati sono decine, e ciascuno ha nove minuti per l’autodifesa.
Un’ora prima dell’alba, la sentenza. Quattro condanne alla fucilazione. Tutti carnici: Giambattista Corradazzi, Silvio Gaetano Ortis, Basilio Matiz e Angelo Massaro, emigrante in Germania che ha scelto di rientrare «perservire la patria». Mentre lo portano via grida: «Ecco il ringraziamento per quanto abbiamo fatto». Il prete, don Zuliani, confessa i morituri. È sconvolto, propone inutilmente disostituirsi ai soldati davanti al plotone. Dopo, non vorrà più rientrare nella chiesa «maledetta» e diverrà balbuziente a vita. La prima scarica uccide tre condannati, solo Matiz è ferito e si contorce urlando. Lo rimettono sulla sedia. Nuova scarica e non basta ancora. Perché sia finita ci vogliono tre colpi di pistola alla testa.
La gente assiste senza parole. Solo un vecchio grida: «Vigliacchi di italiani, siete venutia portare guerra! Con gli austriaci abbiamo sempre mangiato, e voi venite ad ammazzarci i figli!». L’ufficiale risponde secco: «Vecchio taci, che ce n’è anche per te». L’intero reparto sarà trasferito per punizione sull’altopiano di Asiago e lassù, un po’ di tempo dopo, il comandante Ciofi sarà fatto secco in zona non battuta da fuoco nemico, quasi certamente per vendetta. Settant’anni dopo, il nipote di Gaetano Ortis, un militare di carriera, chiederà la revisione del processo, ma il tribunale militare di sorveglianza di Roma risponderà con una beffa che resterà nella storia: la domanda non può essere accettata «perché non presentata dall’interessato».
Pure Caporetto sarà pagata da soldati semplici. L’allora vescovo di Treviso, Longhin: «Sei tedeschi saranno come questi nostri sciaguratiitaliani, cosa ci resterà? Qui si fucila senza pietà. Preghiamo». E intanto nessuno toccherài veri responsabili della disfatta, i generali Capello o Badoglio. Il secondo sarà addirittura promosso. Diversa la sorte di Andrea Graziani, noto per avere fucilato uno che l’aveva guardato con la cicca in bocca. A guerra finita sarà trovato morto lungo la ferrovia dopo il passaggio del suo treno. Ma molto piùa lungo si trascinerà nella memoria nazionale il senso di un’irrisolta ingiustizia.


Ed  Grazie  alle  discussioni sul  gruppo  facebookiano   prima guerra mondiale    in merito  alle  fucilazioni  dei soldati italiani durante il primo conflitto mondiale




Dai racconti del  viaggio   di  Paolo Rumiz sui luoghi della Prima Guerra Mondiale pubblicati  su  repubblica   e poi  ripresi  con  extra n un DVD inedito  (  vedere  foto sionistra  )  , .
Se sono passato a  vedere  il 4 novembre come giornata  nel bene  e nel male  come  giornata  di ricordo  e  di memoria , attraverso due  stadi . Il  primo i  festeggiamenti forzati ( nonno paterno   e  suoi  fratelli  , almeno  quelli che  ho conosciuto io  ,  tutti fascisti    che ti "obbligavano "  in cambio delle paste  ad andare , idem la scuola elementare anche se Dal 1977 in poi, a causa di una riforma del calendario delle festività nazionali introdotta per ragioni economiche con lo scopo di aumentare il numero di giorni lavorativi con la legge 5 marzo 1977 n. 54, è stata resa "festa mobile" che cadeva nella prima domenica di novembre. Nel corso degli anni '80 e '90 la sua importanza nel novero delle festività nazionali è andata declinando .   Il  secondo  ,    ed  in parte  è ancora  cosi  . Infatti sono  riandato   per  fare  foto  alla  ricorrenza  ma       non sono andato nè  alle funzioni religiose  nè dopo la deposizione   della corona  al monumento  cittadino  ,  al rinfresco con le autorità  ) ,  a vedere  le  celebrazioni ufficiali   una cosa  retorica   fatta   da  <<  Geniali dilettanti  in selvaggia  parata  >> (  da  Linea Gotica - ex CSI   qui  il testo  e  le note storiche  di  questa  canzone )  . E  celebravo  in silenzio (  e credo che continuerò a farlo per  tutti gli altri  3  anni delle celebrazioni del centenario   ) come antidoto alla retorica militaresca  
 e  fuori da   qualunque   la morte  di mio prozio  materno un ragazzo del  1899  morto  a 18  su una mina a  caporetto ,  e sepolto ora    nel cimitero  ricordavo  i racconti indiretti  di mìo  padre   di un suo zio ufficiale  medico   sull'altipiano d'Asiago   

  








11.7.14

Vuoi sviluppare l’intuizione? Ecco come faccio io


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Ecco  , per  chi mi dice    : <<  m<  tu  ti droghi  ?  .,  hai  amici  nei servizi segreti  ? ., sei un medium  esperto di magia  ? ed  altre menate  varie  ,  quando riesco  ad intuire  quello che  succederà   di un evento  . Ecco  come   riesco ad  essere molto perspicace  senza  uso  di mezzi dannosi ed artificiali  (  eccesso di alcool  e di droghe  )  ed   azzeccarci  al  70-90 %   , c'è  sempre  un  10-20 % d'errore  .

  tratto  da  

Vi siete mai trovati nella situazione in cui il vostro “istinto” vi ha detto una cosa, ma la vostra mente razionale ne ha detta un’ altra? Ti è mai capitato di essere in una situazione in cui il suo “istinto” ti ha detto una cosa, ma la tua mente razionale ne ha detta un’altra? Se hai seguito il tuo cervello, piuttosto che la tua intuizione, c’è una buona probabilità che hai finito per rimpiangere la tua decisione. La tua intuizione è il leader del tuo subconscio, purtroppo, molte persone non riescono a darle il giusto rispetto, ma se impariamo ad ascoltare questa bussola interna potrebbe aiutarci a prendere decisioni migliori e a vivere una vita più appagante.
“L’ intuizione è come il sottile sapere, senza mai avere alcuna idea del perché lo sai”, spiega Sophy
Burnham, autore del bestseller The Art of Intuition, The Huffington Post. “E ‘diverso dal pensiero, è diverso dalla logica o l’analisi … E’ un fatto senza che si abbia la conoscenza di saperlo.”
E ‘il ragionamento inconscio, la guida che ti costringe a girare a sinistra quando tutti i segni possono essere rivolti a destra. E’ spesso il sussurro dentro che può portare ai migliori risultati possibili, se si vuole solo imparare a lasciarsi andare e darle una possibilità.
L’intuizione è comunemente associata con il misticismo New Age o ad un modo di pensare metafisico, ma non deve essere così. La nostra intuizione era qui molto tempo prima che qualcuno ne abbia fatto parola e sarà qui per molto tempo dopo.
“C’i sono delle evidenze scientifiche aneddotiche combinate con gli sforzi di ricerca che suggeriscono che l’intuizione è un aspetto critico del modo in cui gli esseri umani interagiscono con il nostro ambiente e di come, in ultima analisi, prendiamo molte delle nostre decisioni”, ha detto Ivy Estabrooke dell’Ufficio of Naval Research, che sta indagando sul potere dell’intuizione che ha aiutato le truppe a prendere decisioni importanti e rapide durante il combattimento.
Che si tratti di decidere quale lavoro fare, in quale direzione girare quando ci siamo persi, o come gestire un conflitto in famiglia, l’intuizione a volte conosce meglio della mente razionale la soluzione. Il problema è che molti di noi hanno seppellito quella vocina così profondamente interna, ed è molto difficile sentire o percepire dove ci sta guidando.
La buona notizia è che la tua intuizione è ancora lì, devi semplicemente imparare di nuovo ad ascoltarla, proprio come facevi quando eri un bimbo.
Infatti Se avete dato ascolto alla vostra mente razionale, piuttosto che alla vostra intuizione, c’è una buona probabilità che abbiate finito col rimpiangere la vostra decisione.
La propria intuizione è il leader subconscio a cui molte persone non riescono a dare il giusto valore . Ma imparare ad ascoltare questa bussola interna potrebbe aiutarvi a prendere decisioni migliori e vivere una vita più appagante.
“Io definisco l’ intuizione come il sottile sapere, senza però avere alcuna idea del perché lo si sa”, spiega Sophy Burnham, autore del bestseller The Art of Intuition, The Huffington Post. “E ‘diverso dal pensiero, è diverso dalla logica o l’analisi … E’ un sapere senza saperlo.”
E ‘il ragionamento inconscio, la guida che ti costringe a girare a sinistra quando tutti i segni possono essere rivolti a destra. E ‘spesso il sussurro interiore che può portare ai migliori risultati possibili, se solo s’ imparasse a lasciarsi andare e dargli una possibilità.
L’intuizione è comunemente associata con il misticismo New Age o un modo di pensare metafisico, ma non deve essere così. La nostra intuizione era qui molto tempo prima che qualcuno trovasse una definizione per essa, e sarà qui per molto tempo dopo che altre parole di moda saranno scomparse.
“C’è un crescente corpo di evidenze aneddotiche, combinato con seri sforzi di ricerca, che suggerisce come l’intuizione sia un aspetto critico del modo in cui l’ essere umano interagisce con il proprio ambiente e di come, in ultima analisi, prendiamo molte delle nostre decisioni”, ha detto Ivy Estabrooke dell’Ufficio della Naval Research, che sta indagando il potere dell’intuizione e che ha aiutato le truppe a prendere decisioni importanti e rapide durante il combattimento.
Che si tratti di decidere quale lavoro fare, quale direzione prendere quando ci si sente persi, o come gestire un conflitto in famiglia, l’intuizione a volte conosce meglio della nostra mente razionale. Il problema è che molti di noi hanno seppellito quella vocina così profondamente dentro, abbiamo una grande difficoltà nel sentire o percepire dove ci sta guidando.
La buona notizia è che la vostra intuizione è ancora lì, si deve semplicemente imparare ad ascoltarla di nuovo.
Lavorare su come diventare più intuitivo richiede di adottare abitudini più sane e una mentalità sana. Queste sono cose che sono buone per il vostro benessere mentale, emotivo e fisico, non importa quale sia il vostro obiettivo finale. E se coltivati ?? regolarmente, potrebbero aiutarvi a migliorare i vostri processi decisionali e a godere di più felicità generale.

Potete  iniziare  con un esercizio semplice  semplice  : mettetevi sdraiati  su letto o  sull'amaca   se  siete in giardino  ,  prendete  la  radio mettete  a  basso  volume  una stazione  che trasmetta   solo musica  o eventi sportivi  (  mondiali  o  olimpiadi  )  chiudete  gli occhi ed  immaginatevi   come prosegue quell'azione o  evento  oppure    la  canzone  . Se poi volete   aumentare  o siete   abituati  a  farlo  Ecco i 7 modi per poterlo fare , proposti  dal , Eccetto il  corsivi  che  sono   i l mio metodo   per  applicarli   alla  vita  di tutti  i  giorni  , dal primo url  sopra  citato    :

1. Meditazione: Trascorri del tempo in silenzio, semplicemente ascoltando  la radio , la  tcìv , i rumori e  le voci della strada  ,  del vicinato , o della  campagna  
2 Comunione con la natura. Obiettivo quello di stare a contatto con essa una volta ogni singolo giorno.
3. Creatività: Sfrutta il tuo artista interiore disegna, scrivi, dipingi o fai musica anche semplicemente muovendo le mani in aria o battendole sul tavolo o tamburellando le dita 
4. Imparare ad ascoltare: In generale, ascoltare gli amici, le famiglie, il silenzio, e te stesso. Anche le semplici chiacchiere da bar e da strada .
5. Sii corpo cosciente: Impara ad apprezzare i piccoli segni e segnali dal tuo corpo, quando ti dice che è stanco, gioioso, ha bisogno di amore, o di ammalarsi.
6.Lasciare andare le  idee ed  i pensieri  non c’è bisogno per  forza   di controllare e di bloccare\ fermare tutto. La vita continua a anche se non la controlli o no! Relax.
7. Pensare positivo o quanto meno trovare un equilibrio   fra il negativo  ed  i positivo  facendo  dieta   di cose  negative   e  delle  cose  inutili   cioè   battere  e levare  


 Uno studio del 2013 sulla rivista Psychological Science ha scoperto che essere di buon umore potenzia tutte le nostre capacita, quindi, sorridi!



per   chi invece  volesse iniziare   a  sviluppare   La capacità innata di intuire ecco un link interessante   

  N.B  ovviamente  le   frasi in grassetto sono mie   e riportano  miei esperienze  e  metodi  che uso 

Sviluppare l’intuizione non è difficile se si tiene conto del fatto che stiamo parlando di una qualità che ognuno di noi possiede fin dalla nascita ma che, purtroppo, perdiamo precocemente  per pura  d'essere emarginati  o giudicati strambi o peggio cassandre  poiché viviamo in una società dominata dalla razionalità . 
Infatti   chi manifesta  troppo  tale sua capacità viene    visto come un matto  o  un sgnatore  o peggio un illuso . 




Ma  me ne frego perchè  : << Ma io sono fiero del mio sognare, di questo eterno mio incespicare e rido in faccia a quello che cerchi e che mai avrai...!!(Francesco Guccini) >>
Sviluppare l'intuizione per migliorare la propria vita
Sviluppare l’intuizione significa migliorare la propria esistenza aprendo un dialogo con la nostra interiorità che ci può, in questo modo, condurre verso le scelte migliori, attingendo ad una nuova energia positiva creatrice di abbondanza e gioia. Ma  soprattutto  ci serve  come allenamento contro la durezza della vita  


In più intuizione e deduzione sono due abilità che tornano utili in tutti gli aspetti della vita, quindi affinarle non fa che bene.
Chi sviluppa l’intuito riesce sempre a percepire molto più di quanto riescano a percepire i suoi simili.

Esercizi pratici per migliorare l'intuito
L’intuizione è una capacità che migliora con l’allenamento, ecco perché vi propongo alcuni esercizi che vi aiuteranno a sviluppare l’intuizione:

Esercizio 1
Ogni volta che vi arriva una lettera prendete in mano , possibilmente senza  ovviamente leggere  chi è il mittente   la busta e cercate di immaginare cosa potrebbe contenere al suo interno.

Esercizio 2
Prima di rispondere al telefono cercate di visualizzare  se  compare   un numero senza il nome memorizzato  , oppure   immaginando   se  c'è  l'anonimo  , chi è che vi sta chiamando.

Esercizio 3
Scegliete un filmato su Youtube e, dopo aver disinserito l’audio, guardate le immagini per 1 minuto. A questo punto bloccate il video e iniziate a scrivere su un quaderno quante più ipotesi possibili su come seguirà il filmato. Cercate di visualizzare quali saranno le immagini che seguiranno. A questo punto riattivate l’audio e guardate interamente il video per verificare se la vostra previsione è esatta. La  stessa  cosa si può fare  anche  chiudendo  gli occhi  per    10\30  secondi  o  davanti ad un film  , fiction  o  semplicemente una pubblicità  appena uscita    e  immaginare   come procederà  o  di cosa si tratta 
Esercizio 4
Si comincia sedendosi in un luogo tranquillo. La schiena rimane diritta e il corpo completamente rilassato. Respirate normalmente. Abbandonate ogni idea, immagine o emozione lasciando che la loro energia diminuisca. Lasciate che escano dalla vostra mente come delle nuvole spinte dal vento. Portate la vostra attenzione sul punto che si trova in mezzo alle sopracciglia, al centro della fronte. A questo punto visualizzate il colore viola cercando di fissare la vostra attenzione il più a lungo possibile. Concludete l’esercizio ripetendo per tre volte la seguente affermazione: “Mi apro al prodigio dell’intuizione!”


altri esercizi , ovviamente  se siete  i coloro  che uniscono l'irrazionale   al razionale  o  se  s'intende  tale  percorso in   modo spirituale  e religioso  in questi due  url qui  sotto

http://www.psicologianeurolinguistica.net/2011/10/sviluppare-lintuito-con-il-ragionamento.html
http://www.progettoevolutivo.it/crescita-personale/il-potere-dellintuizione/


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...