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9.3.25

ergastolo per il femminicidio . legge seria anche se solo repressiva come le grida manzoniane o spot propagandistico ?




con il termine ‘femminicio s'indica l’uccisione di una donna in quanto donna: un omicidio radicato nella discriminazione di genere. Questo termine evidenzia una specica dinamica di violenza, spesso legata al possesso, al controllo o alla subordinazione, come è stato riconoscoiuto dalla legge del 2013 che lo ha introdotto per combattere la violenza contro le donne. , non ha ( da quel che ne capisco di garbugli giuridici e leggislastivi ), visto la proposta di legge della meloni, un riconoscimento giuridico vero e proprio. La nuova legge prevede pene severe, inclusa l'ergastolo, per chi commette omicidi motivati da odio o discriminazione nei confronti delle donne. Infatti la legge del 2013 cioè il Codice Rosso ha modificato il Codice penale e il Codice di procedura penale, introducendo misure di protezione per le vittime di violenza domestica e di genere pur considerata un passo importante nella lotta contro i femminicidi, essi continuano a rappresentare una grave piaga sociale in Italia. A parte la legge del 2013 l’unico riferimento istituzionale per ora si trova nel titolo della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, istituita dal Senato. Infatti l'uso del
termine in ambito giudiziario è complesso perché la legge si basa su categorie esistenti, come l’omicidio volontario e le aggravanti di crudeltà o motivi abietti e futili. Perché sia considerato femminicidio, deve emergere una matrice di violenza di genere, non sempre subito riconoscibile. Ci sono anche resistenze culturali: alcuni ritengono che ogni omicidio debba essere trattato senza distinzione di genere, mentre altri sottolineano la necessità di un riconoscimento specico. Pur senza valore legale,secondo alcuni , la sua diffusione ha favorito una maggiore consapevolezza e spinto le istituzioni a intervenire anche se con blande misure di prevenzione e contrasto”. Ecco che la Meloni , bisogna dargliene atto , ha deciso d'apportarvi delle modifiche fra cui l'innasprimento delle pene . Ma tale modifica potrebbe essere come dicono molti una legge di evidente incostituzionalità, come lo era quella sul delitto d’onore e quindi venga bocciata . Ma io credo che questo disegno di legge verrà approvato, perché nessuno oserà opporsi, dato che sarebbe etichettato come patriarca e maschilista e spalleggiatore dei femminicidi. e se dovesse essere impugnata davanti alla Corte costituzionale, e i giudici che la impugneranno saranno sottoposti a gogna mediatica e additati quali "amici dei femminicidi". E on credo che la Corte costituzionale avrà il coraggio di abbattere una legge palesemente incostituzionale per violazione del principio di uguaglianza, rischiando di essere a sua volta additata quale amica dei maschilisti? Prima o poi la legge verrà impugnata davanti alla Corte costituzionale, e i giudici che la impugneranno saranno sottoposti a gogna mediatica e additati quali "amici dei femminicidi". O piuttosto invocherà l'emergenza sociale e le millemila convenzioni internazionali contro il femminicidio e dirà che sì, c'è una sperequazione, ma l'emergenza sociale giustifica tutto? In attesa di capire se passerà il vaglio costituzionale, è politicamente un importante passo avanti, su cui le opposizioni lavoravano da tempo.Ma rischia come la maggior parte delle legggi italiane di rimanere l’ennesima legge inefficace ( ovvero la classica gria manzoniana )se non sarà accompagnata da un serio e profondo investimento culturale ed economico sull’educazione sessuo-affettiva, sulla violenza di genere e sulle radici patriarcali del femminicidio, che questo governo continua ostinatamente a negare. La repressione non basta, cara Meloni.Serve educazione, cultura, prevenzione. Tutte cose su cui siamo indietro di oltre mezzo secolo. E questo governo come quelli che si sono succeduti nella stortia repubblicana direttamente fermo al Medioevo. Altrimenti sarà la solita vuota e insopportabile propaganda securitaria sulla pelle delle donne. Infatti . L'inasprimento delle pene o l'introduzione di un reato non aumenta la sicurezza delle donne in pericolo. Occorrono investimenti per una rivoluzione culturale che passi dallo sgravio del lavoro di cura, dalla scuola e da incentivi seri e consistenti all'accesso al lavoro femminile. Senza autonomia economica non ci sono né libertà né parità né sicurezza. Senza un serio lavoro di educazione sessuale e sentimentale nella scuola, sarà difficile sradicare la concezione patologica di "possesso" dell'altro diffusa purtroppo anche tra i giovani. Temo, tuttavia, che una modifica del codice penale sia molto meno costosa e più redditizia in termini di consenso rispetto ad azioni concrete e efficaci che richiedono competenze, risorse e tempo per la loro realizzazione. Purtroppo in Italia come in Europa domina la logica dell'hic et nunc, mentre le scelte migliori richiedono visione, capacità di programmazione e soprattutto attenzione autentica al bene comune al di là degli interessi di parte. Perfetto. Niente da aggiungere se non che Si potrebbe, semmai, riflettere sulla necessità della prevenzione, dell'educazione, dell'azione culturale per cercare di arginare il fenomeno "femminicidi "... ma è un altro discorso, necessario ma difficile e complicato, inoltre dà poca visibilità, si presta poco alla propaganda, dà risultati sul lungo/lunghissimo periodo... dubito ci sia qualche politico interessato di maggoranza come d'opposizione, meglio norma spot, anche se, contraddittoria e ridicola ed una parvenza che almeno qualcosa è stata fatto

8.3.25

DIARIO DI BORDO SPECIALE 8 MARZO parte 2 ANNO Ⅲ Come la cultura woke mina le basi del femminismo, l’inganno di alcune battaglie giuste condotte in modo sbagliato

“I femminismi di fronte alla cultura woke”, Roma, Sabato 8 marzo dalle 10.00 alle 18.00, Fondazione Einaudi via della Conciliazione,10. Con Lucetta Scaraffia ci siamo incontrate e ci siamo chieste se fosse ancora possibile nel nostro paese ragionare su come la cultura woke, ma soprattutto l’estremismo woke, ha minato i principi fondamentali del femminismo, e su come la sua estremizzazione stia mettendo a repentaglio alcune delle conquiste delle donne.
Ne abbiamo parlato con la Fondazione Einaudi, che, grazie al grande spirito liberale, ha
accettato di ospitarci e di organizzarlo. Di questo ringraziamo di cuore il Presidente e tutto lo staff. Abbiamo deciso la data dell’otto marzo, perché in una giornata piena di retorica, ci sembrava giusto andare oltre le passerelle e cercare di esaminare ciò che sta accadendo nel mondo occidentale da molti anni, approfondendo alcuni temi, insieme ad autorevoli studiose e studiosi.
Con Silvia Niccolai affronteremo il tema della strumentalizzazione del diritto; Adriana Cavarero parlerà di maternità, tra parto aborto e gravidanza per altri; Olivia Guaraldo farà un quadro dei diversi femminismi contemporanei e della distanza tra loro; Luca Ricolfi, ci dirà se il patriarcato esiste ancora; Edoardo Albinati rifletterà sulla violenza maschile; Claudia Mancina ragionerà intorno al femminismo che si volta dall’altra parte di fronte alle donne ebree e il sette ottobre; Fabrizia Giuliani affronterà la tematica legata ai cambiamenti del linguaggio.Lucetta Scaraffia ed io, ci conosciamo da anni, siamo due donne molto diverse, abbiamo avuto percorsi diversi, ma il fatto che entrambe abbiamo sentito l’esigenza di confortarci insieme, è una cosa insolita in un tempo in cui rispetto ai diritti civili e i diritti delle donne incredibilmente, più si rivendica la “diversità” più nello stesso tempo si tendono a cancellare punti di vista diversi, si tende a mettere a tacere il dissenso. Si tende a soffocarlo in modo tutt’altro che democratico, tutt’altro che inclusivo. Sembra paradossale ma è così.Molte donne e molte persone LGBT, molte persone progressiste in questi anni, seppur dissentendo sulle modalità di alcune battaglie politiche, non si sono esposte perché temono la gogna e la messa al bando. Credo che sia arrivato il momento di non avere più paura di esporsi pubblicamente, e dire ciò che si pensa su ciò che accade in questo mondo in cui i principi liberali delle democrazie occidentali sono messi duramente a repentaglio. Bisogna svelare l’inganno di alcune battaglie giuste, condotte in modo sbagliato, che stanno mettendo in pericolo i diritti civili e i diritti delle donne. Bisogna liberarsi della prigionia dell’essere schiacciate tra la cultura woke e la cultura antiwoke dei Trump, degli Orban e dei Putin. Perché la parola pubblica torni ad essere libera, e come diceva Luigi Einaudi, “non le lotte o le discussioni devono impaurire, ma la concordia ignava e l’unanimità dei consensi”.

DIARIO DI BORDO SPECIALE 8 MARZO parte 1 ANNO Ⅲ .Storie didonne Silvia Baldussu, la pilota delle Poste «Non esistono lavori per solo uomini» Romana con radici nell'isola, 48 anni, due figli, è primo ufficiale su Bocing 737 ., Grazia Pinna in campo nel 1979: «Sono stata la prima ad arbitrare in Italia» ., I dimenticati dell’arte: storia di Luisa Giaconi ( 1870-1908 ), la poetessa silenziosa ., Cinque straordinarie donne per ragionare sull’8 marzo “Womeness” ocumentario in onda su Sky

  canzone  suggerita     
Pane  e rose  -  Casa  del vento

 Visto    che  è  un   po' difficile  per  me  uomo,  che  pur  combattendo  anche interiormente   il proprio sessimo \  maschilismo  e   riportando post    contro ua  cultura  misogina  e sessista   perchè le  done siano trattate meglio,  parlare  \  scrvere un pensiero   compiuto e non retorico   \ banale sulla  giornata  del 8 marzo   che in realtà dovrebbe essere  tutto l'anno non  solo una  giornata  ,  raccontero   delle  storie prese  dalla rete  . Più  precisamnte     da  la nuova   sardegna    e     dalla  già citata  su  queste  pagine  della  rivista   arttribune 
una piattaforma di contenuti e servizi dedicata all’arte e alla cultura contemporanea, nata nel 2011 grazie all’esperienza decennale nel campo dell’editoria, del giornalismo e delle nuove tecnologie.





Grazia Pinna in campo nel 1979: «Sono stata la prima ad arbitrare in Italia»



Cagliari
 «Se credi che il mio arbitraggio non vada bene, il fischietto prendilo tu». Grazia Pinna, 81 anni, natali a Carloforte e fiorentina d’adozione «per amore», quarantasei anni fa è diventata così la prima donna arbitro d’Italia. «Negli anni Settanta ero presidente della squadra che aveva appena disputato la partita di un torneo dilettantistico della Uisp. La provocazione del direttore di gara, seduto al tavolino del mio bar a Campi Bisenzio, non mi spaventò. Andai all’Unione italiana sport per tutti, mi iscrissi al corso per arbitri, e dopo un anno ero sul campo di Firenze a dirigere la mia prima partita, in mezzo agli uomini che quel giorno me ne dissero di tutti i colori».
Correva l’anno 1979, la notizia, per l’epoca, era sensazionale: «Arrivarono duecento giornalisti da tutta la provincia. Mi chiamavano l’arbitro col rossetto». Il primo fischio d’inizio partita, al femminile, fu quella domenica al “Barco” di Firenze, per Castello–Fiorenza. Divisa nera, pantaloncini che lasciavano ammirare le gambe più sexy della domenica, moneta verso il cielo, palla al centro: «Tutto è iniziato quando il direttore di gara di una partita dove giocava la mia squadra mi lanciò la sfida perché gli contestai un rigore. Mi disse “fallo tu visto che sei tanto brava”. E io non persi tempo». Grazia Pinna, che vive ancora a Firenze, al contrario della sorella gemella Vittoria che ha sempre vissuto a Cagliari, non nega di esserne stata molto orgogliosa: «La Figc non accettava donne, le porte erano chiuse, mentre alla Uisp si potevano fare i corsi». La prima volta in campo? «Una grande emozione, era un avvenimento per tutti, soprattutto per i giornalisti che si precipitarono allo stadio per scrivere di me. I primi minuti sono stati terribili, avevo paura di condizionare la partita, poi credo di essere entrata perfettamente nel ruolo».Non sono mancati pregiudizi e scorrettezze: «Uno spettatore mi insultò dicendomi che come donna potevo essere brava soltanto a letto. Mi girai, lo guardai dritto negli occhi e gli dissi “sì può darsi, ma certamente non con te”. L’ispettore mi disse che era vietato replicare al pubblico, però ormai era andata». Sotto la pioggia e sotto la neve, la bella Grazia non si tirava indietro: «Mai. Quando mi chiamavano ero sempre pronta a partire. Devo dire che sono stata sempre molto severa, anche se i giocatori non si sono mai lamentati. Piuttosto il pubblico sì, dagli spalti sentivo spesso borbottare». I cronisti sportivi erano tutti a bordo campo: «Quel giorno si dimenticarono di darmi penna e cartellino, dunque scordai di segnare il primo gol. La partita si concluse due a uno, ma io ero talmente stordita dall’emozione che non mi resi conto quale squadra vinse». “L’arbitro col fondotinta”, “l’arbitro col rossetto”: «I titoli dei giornali erano spesso così, io però non mi sono mai offesa, anzi, in partita portavo anche i gioielli».La passione per il calcio l’ha sempre avuta fin da ragazzina: «Il mio idolo era ovviamente il grande Gigi Riva, ma seguivo anche l’arbitraggio di Sergio Gonella. Io ho portato in campo la mia sensibilità, insegnando ai ragazzi la sportività di una stretta di mano a fine partita. E quando entravano in campo dicevo loro di salutare il pubblico». La celebrità le ha fatto arrivare lettere di ammiratori da tutto il mondo, oltre che dall’Italia: «Mi scrissero perfino dal Messico. Volevano sposarmi, ma anche se all’epoca ero vedova non mi interessava».Fra i corteggiatori avvocati e professori: «Qualcuno mi mandò il biglietto aereo per raggiungerlo». Le donne arbitro? «Se oggi sono importanti, anche a livello internazionale, forse un pochino lo devono al mio coraggio di indossare i pantaloncini corti e fischiare qualche rigore. Avrei voluto tanto arbitrare in Serie A, ma all’epoca le porte erano blindate, non ci volevano». Ora che le donne arbitro scendono in tutti i campi di Serie A e non solo e sono numerose anche in Sardegna, Grazia Pinna è felice: «Quando iniziai avevo 36 anni. Non vorrei essere presuntuosa, penso che sia un po’ anche merito mio: sono stata la prima in Italia».
                                      (ilenia mura)


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I dimenticati dell’arte: storia di Luisa Giaconi, (1870-1908)
la poetessa silenziosa Originaria di Firenze, morì solo a 38 anni. La sua poesia, che affascinava Dino Campana, attende ancora di essere riscoperta. Anche dagli editori


Per guadagnarsi da vivere copiava le opere degli artisti del passato, mentre in segreto scriveva liriche intense e appassionate nella Firenze di fine Ottocento, che piacevano a Dino Campana
Schiva e riservata, Luisa Giaconi (1870-1908) era nata in una famiglia aristocratica ma non agiata.Il padre Carlo discendeva dalla nobiltà sassone ed aveva sposato Emma Guarducci, ma era un semplice insegnante di matematica, che si spostava in diverse città italiane per il suo lavoro. Soltanto alla sua morte Luisa poté tornare nella natia Firenze, dove terminò i suoi studi all’Accademia di Belle Arti. Dopo il diploma trascorreva le sue giornate nei musei fiorentini a copiare i capolavori, mentre affinava la sua sensibilità poetica, anche grazie all’amicizia con il suo vicino di casa Enrico Nencioni, critico letterario ed esperto di letteratura inglese. Erano “taciturne giornate”, come le aveva definite il suo caro amico Angiolo Orvieto, fondatore della rivista Il Marzocco, dove uscirono i suoi primi versi a partire dal 1899, a seguito della delusione causata dal fallimento della casa editrice Paggi, dove Luisa aveva a lungo sperato di pubblicare le sue poesie.
Nello stesso anno la Giaconi iniziò una relazione amorosa con il giornalista e professore di letteratura inglese Giuseppe Saverio Gargàno, che collaborava con la stessa rivista. “L’interesse di Giaconi”, scrive Nicolò Bindi, “sta nell’invisibile, nel tentativo di rappresentare ciò che l’occhio, o l’orecchio, può arrivare ad intuire, ma non a vedere o sentire concretamente. Da qui, il legame con la dimensione onirica, chimerica, nel desiderio di un’altra dimensione priva dei dolori e del rumore tipici della modernità”. I suoi componimenti, di evidente matrice simbolista, risentono di letture variegate, che vanno da Dante a Leopardi fino all’ Ecclesiaste, con un interesse spiccato per la filosofia di Schopenhauer. Tra i suoi pochi ammiratori spicca Dino Campana, colpito da versi come “Li autunni non furon che eterne primavere velate di pianto; e la vita fu sogno e l’amore fu sogno, e parvero sogni le luci delli astri, e la dolcezza dei fiori, ed il tempo, e la morte. Poi che noi siamo sogni”. Tra le poesie più note di Giaconi figura Dianora: Campana lo propose al suo editore, che lo inserì per errore in una raccolta del poeta.  

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   sempre  dalla  stessa  fonte  


Cinque straordinarie donne per ragionare sull’8 marzo

“Womeness”, in onda in prima visione su Sky Arte sabato 8 marzo, è il docu-film che descrive cinque influenti donne del nostro tempo a partire dal tema del corpo, inteso come “catalizzatore di accadimenti”


                                    Setsuko Klossowska de Rola con Yvonne Sci


Sono la scrittrice Dacia Maraini, la politica e attivista per i diritti civili Emma Bonino, l’artista verbo visiva Tomaso Binga, la pittrice e scultrice giapponese (moglie del pittore Balthus) Setsuko Klossowska de Rola e la compositrice e cantante iraniana (in esilio) Sussan Deyhim le cinque protagoniste di Womeness, il docu-film in onda – in prima visione – su Sky Arte sabato 8 marzo. In occasione della Giornata internazionale dei diritti delle donne, Sky Arte propone dunque la terza opera scritta e diretta dall’attrice e regista Yvonne Sciò, che prosegue così il proprio itinerario alla scoperta dell’universo femminile.Su Sky Arte una prima visione al femminile per l’8 marzoLe voci scelte appartengono a quelle di “cinque donne autentiche, diverse per nazionalità, estrazione e vissuto, ma uguali nel sentire” spiega la regista, motivando la selezione compiuta per Womeness. “Mi piaceva, in particolare, l’idea che le loro parole, a distanza, fluissero in un unico filo conduttore del racconto. Da una parte Dacia Maraini, Tomaso Binga ed Emma Bonino raccontano sé stesse, la loro infanzia e

Emma Bonino con Yvonne Sciò
le loro conquiste, che hanno intriso gli ultimi sessant’anni della nostra storia recente, e tirano le somme della condizione femminile nell’Italia che è stata gettando uno sguardo verso quella che sarà” prosegue Sciò. 
In relazione, infine, alle due presenze internazionali, la regista afferma: “Sussan Deyhim, cantante e performer iraniana, mi racconta quei momenti drammatici della rivoluzione in Iran e dell’impossibilita di poter tornare nel suo Paese, in quanto donna ed artista, e apre al ricordo della sua collaborazione con Shirin Neshat e Richard Horowitz, suo compagno e Golden Globe awarded scomparso durante la post produzione del film.” Con Setsuko Klossowska de Rola, Sciò raggiunge Villa Medici, a Roma, alla ricerca delle tracce del tempo trascorso dall’artista in quella storica sede: “sono poi infinitamente grata a Setsuko di avermi regalato il racconto della sua vita e della sua rivoluzione silenziosa fatta da giovanissima seguendo in Italia, contro ogni pregiudizio, il pittore Balthus” conclude la regista.
I contenuti del sito di Sky Arte sono curati da Artribune. Scoprite a questo link tutte le novità di palinsesto e le news che arricchiscono il portale.  






9.3.24

8 marzo : festa, commerazione ? o festas e commemorazione ?

E voi? Festeggiate la donna o i diritti della donna?I discorsi sul genere polarizzano ancora molto l’opinione pubblica. E questa è già la prova di quanto siamo tutti prevenuti e di come non ci consideriamo uguali.
L’uguaglianza deve partire dalla mentalità del privato prima ancora che dallo Stato. Infatti   dopo il mio  speciale  sull'8  marzo  e    il post   <<  Donna,vita, libertà contro la cultura della guerra e della morte /e basta retorica alla mimosa…. >>  di Pier Luigi Raccagni  e  qello di Cristian   Porcino che   sono   , sopratutto  il primo  ,   anche   una  risposta  a chi  vedendo   la mia  fotodella manifestazione     d'ieri   (  la  trovate  fra quelle    messe nel mio reportage   ) mi  chiede   : << Ma cosa c'entrano quelle bandiere con la giornata dell'8 marzo ?  >> . Ecco quindi  che  i dubbi  già  espressi  prima di  me  da  questi video  di story  impact  italia   ( I   II  )   mi  risuonano   nella mente    .Ed  ho  qui  deciso     di    riprorli .  Per  voi la  festa  delle  donna   è   un giorno di festa   o  commemorazione   ? voi  cosa ne pensate  avete  festeggiato  ,  commemorato , o  festgeggiato   commerando  ?    c'è  la parità   dei sessi  oppure  dobbiamo  ancora  arrivarci   scrivetelo se  vi  va  nei  commenti  . 

8.3.23

La storia della 17enne che rifiutò di sposare l’uomo che aveva abusato di lei dice oggi nella giornat del 25 novembre «Fuggite da chi non vi rispetta »

Oggi la giornata internazionale contro la violenza di genere  2023  Riporto   chi la  conosce   già  può  saltarla   . Annche  se  andrebbe   far  apprendere  i  giovani  un pezzo di storia  d'italia   e  che  il   femminicidio  non è  solo  omicidio  .La storia della 17enne che rifiutò di sposare l’uomo che aveva abusato di lei .  Infatti   Il rispetto reciproco, il rifiuto della violenza, il contrasto verso ogni forma di discriminazione, brutalità e sopruso sono un impegno e una responsabilità per tutti. La violenza  soprattutto quella  verso le  donne  non è un destino, dobbiamo andare oltre lo stigma dell’irreversibilità. La strada da fare  tanta, ma la violenza e le  sue  origini ed le  cause    si possono   e  si devono   combattere offendo alle vittime un’alternativa, attraverso una rete di protezione e assistenza che le accompagni in un percorso di affrancamento e liberazione ».

Qualcuno  leggendo  quest'articolo mi  dirà  , ma  è  dell'anno scorso    che  fai  ricicli  gli articoli  ?  Sarà pure  così  ma  certe testimonianze     di  chi  ha  vissuto   in prima  persona  una    doppia  violenza sia  fisica   sia morale  dalla  società  dell'epoca   più  retrograda d'oggi    come  la  sua  non hanno    data  di scadenza  






 



L'OTTO M'ARZO con Stefi Pastori Gloss

lo so che. quando riporterò questo evento  


Ciao 👋invito oggi pomeriggio ad ascoltarci in radio 📻👂

Il giorno in cui si celebrano le donne nella loro integrità ricordando quanto invece sia dimenticata (parliamo non solo dell'incendio della fabbrica in cui perirono tantissime OPERAIE di un secolo fa senza tutela, ma anche delle discriminazioni salariali che OGGI interessano le lavoratrici) 
Ivana Posti e Stefi Pastori Gloss faranno una bella chiacchierata in radio dalle 15:30 dell'8 marzo, in replica poi su Radio Moncalieri. 
Seguiteci su Spreaker dalle 15,30
L'opera pittorica invece è di Giorgia Selena Cassandro, rappresenta una donna dal cuore appeso con forte riferimento simbolico al tema trattato, per la serie Condividere è cultura.


Ora è vero che  l'evento  sarà gia stato trasmesso  , vista la mia pubblicazione tardiva , e quindi lo si dovrà recuperare nell'archivio dell'emittente radiofonica.
  Per coloro che si fossero persi la diretta, eccoci qui, https://fb.watch/j9nyL2sNoF/ oppure  
Ma  visto il calibro delle autrici vale la pena di pubblicarlo e farlo circolare perché  come  dice   la  curatrice Story Impact Italia introducendo  questo  video  




Festeggiare è un diritto, ma ricordarsi il significato dell'8 marzo è un dovere!
Ogni donna ha il diritto di essere se stessa, di esprimere la propria personalità e di lottare per ciò in cui crede. La forza delle donne non sta nell'imitare gli uomini o nel cercare di conformarsi a stereotipi di genere, ma nel valorizzare le proprie qualità uniche e nell'affermare la propria individualità.
La festa della donna è un'occasione per celebrare la forza e il coraggio delle donne di tutto il mondo, e per ricordare che la lotta per l'uguaglianza di genere è ancora in corso. Sostenere le donne nella loro lotta per i diritti e per l'uguaglianza è un impegno che riguarda tutti, uomini e donne, e che può portare a un mondo migliore e più equo per tutti.

7.3.23

Giornata della donna, nel lavoro e nel diritto al voto affondano le radici dell’emancipazione




ha  perfettamente  ragione     l'articolo riportato sotto. L'8 marzo     fa parte  del  calendario    civile  italiano  .


 di Luca Casarotti*


Rappresentanza politica, occupazione, uguaglianza. Sono i capisaldi su cui si sono basate e si basano le rivendicazioni femminili. Dal movimento operaio del primo ’900 alla Resistenza e alla Costituzione repubblicana. Fino a oggi, con gli scioperi dell’8 marzo


Rappresentanza politica, occupazione, uguaglianza. Sono i capisaldi su cui si sono basate e si basano le rivendicazioni femminili. Dal movimento operaio del primo ’900 alla Resistenza e alla Costituzione repubblicana. Fino a oggi, con gli scioperi dell’8 marzo
Nel 1977 Bianca Guidetti Serra pubblica “Compagne”, un libro che avrebbe fatto epoca, come l’anno in cui è uscito. Avvocata, partigiana (a lei Primo Levi ha indirizzato l’unico biglietto spedito dalla prigionia), militante della sinistra comunista, Guidetti Serra mette in pagina, con una cura speciale per la varietà del parlato, le interviste che da qualche tempo va raccogliendo tra le donne torinesi che hanno fatto la Resistenza. Donne diverse, ma tutte accomunate dall’aver variamente vissuto il partigianato e dalla consapevolezza che a determinarne la scelta antifascista siano state due fondamentali rivendicazioni: il lavoro e il diritto di voto.
Dignità della vita attraverso il lavoro, dunque, e rappresentanza politica: era questa l’impostazione della questione femminile in seno al movimento operaio primo-novecentesco, come la si legge negli atti dei congressi della seconda Internazionale e nella cui storia è la genesi stessa dell’8 marzo. L’8 marzo 1917, appunto, a Mosca un’imponente manifestazione per i diritti delle donne aveva anticipato la Rivoluzione d’ottobre.
La Costituzione italiana nomina la condizione della donna in tre punti. Rispetto al principio d’eguaglianza, che non ammette distinzioni di sesso: affermazione tanto importante da venire al primo posto, nel catalogo delle discriminazioni bandite dall’articolo 3. Rispetto ai diritti del lavoratore riconosciuti all’articolo 36, che il 37 precisa essere diritti anche della donna lavoratrice. Rispetto all’elettorato, attivo e passivo, e alla capacità di ricoprire gli uffici pubblici, da garantire in condizione di parità a donne e uomini (articoli 48, 51 e 117).
Ancora una volta: dignità della vita attraverso il lavoro e partecipazione alla cosa pubblica nel segno dell’uguaglianza sostanziale. Prova, da un lato, che la temperie raccontata nel libro di Guidetti Serra ha un corrispettivo nella Carta fondamentale, nel momento in cui l’antifascismo è chiamato a farsi esperienza costituente. E prova, dall’altro, che la società che esprime la Costituzione è innervata da quelle disuguaglianze: non ci sarebbe stato altrimenti bisogno di nominarle, di auspicarne il superamento fin dal patto fondativo dello Stato nuovo.
Settantacinque anni dopo, alcune organizzazioni del movimento operaio hanno cambiato pelle, non solo in Italia: talvolta hanno disconosciuto l’identità precedente. Un esempio: a rivendicare di aver sfondato il soffitto di cristallo è una presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che proviene da una tradizione opposta a quella del partigianato che ha scritto in Costituzione la parità di genere, anche in politica. Gli studi sul lavoro povero hanno accertato che l’occupazione non è sempre uno strumento sufficiente di emancipazione, una garanzia di salvezza dall’indigenza: specie per le donne, specie se sole e con figli. Contrariamente a quanto si dice, le politiche dell’impiego e quelle assistenziali non sono alternative, ma complementari.
Nonostante i mutamenti, però, l’origine della Giornata della donna nella storia delle lotte operaie non smette di esercitare la sua forza sul presente. La dimostrazione è nello strumento che i movimenti femministi hanno praticato negli ultimi anni per l’8 marzo: lo sciopero.



*
Quello di Luca Casarotti, presidente di Anpi Pavia Centro, è il quarto degli interventi sulle date fondanti della Repubblica affidati all’Istituto pavese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea

17.2.23

che noia che barba questo politicamente . basta una vignetta dubbia ed ambigua per scatenare polemiche ed accuse di misogenia verso chi ci lotta ogni gior

Nei giorni scorsi ho condiviso sul mio account  facebook questa vignetta /meme dall'ironia ambigua ed stereotipata perché credevo ( ed credo ancora ) come dico nel corso  nella discussione fb e nelle ultime righe qui sul blog   che tali luoghi comuni e stereotipi possono e devono  essere combattuti con le loro stesse armi e provando a smontarli con l'ironia e il dialogo .

E' vero  che  la  vignetta  \ meme (  riportato  a sinistra )     condiviso  perché credevo fosse ironico non avevo idea che esso fosse misogino. Credevo fosse si un luogo comune stupido ma non misogino . Ma  poi  riflettendo    sulle osservazioni fattami  durante le  discussione(   che  trovate  qui    )       in particolare    



Ho   capito     che   questo  tipo  di  satira  \  ironia      cioè  : << Si   per  No    , No   per  Si  >>  che    è oltre  uno stereotipo  \ luogo  comune  alla base di tutta la retorica del cosiddetto consenso in caso di stupro  e quindi ala alla base o meglio l'anticamera femminicidio o della violenza di genere contro cui combatto  sia  quello  pubblico  \  sia  quello   , come avreste   potuto notare ,nei miei  post   condivisioni  e dai mie articoli del nostro blog  e  la  sua  appendice    facebookiana  . Ma  purtroppo  nessuno  è  perfetto (  mi riferisco   ance a me  stesso  )  a volte capita di cadere negli stessi stereotipi \ luoghi comuni tossici contro  cui  si  combatte   . Quindi prendo atto della delle osservazioni fatemi dalle altre amiche \ compagne di strada nei commenti precedenti a questo post. mi serviranno    spero   a non ricaderci più .  Infatti   la  penso  come  

Stefi Pastori
Da filosofa umanista e scrittrice impegnata dal 2013 nella sensibilizzazione circa le discriminazioni di genere, avverto nei commenti tanta rigidità da parte di noi donne (metto dentro anche me) ma faccio autocritica: ormai gli uomini non possono più scherzare su nulla (e questo, purtroppo, perché non sappiamo prendere certe cose con leggerezza, che non è superficialità) ti abbraccio

Perchè  s'è vero  che i molti  commenti  della   della  discussione  prima  citata       c'è    una  certa  . rigidità mentale ma    se  nei  comenti principali   essa  è  critica anche se a tratti è esagerata che spiega e ti fa capire  dove  hai  sbagliato    ma  c'è  anche    quell'altra    che non ti aiuta e ti fa rimanere ed continuare se non peggiorare nell'errore .  
Quindi  sarebbe  opportuno integrare la lotta  e  la   sensibilizzazione alle agli stereotipi ed  discriminazioni di genere  con  le  stesse armi   con cui    vengono  diffusi  gli stereotipi  \  canoni  tosici  del  femminicidio  e  della  violenza      di genere  \  stupro  \  stalking     ed   finirla    con il  politicamente     corretto   ed   sostituirlo  dal  buon senso 


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...