Di nuovo , salvo eccezioni,none potendo usare troppo la faziosita o l'obbiettività , si diserta la Storia si riduce alla cronaca nera soprattutto quella nera o gossip. Infatti i capi servizio dei media e i pubblicitari hanno già pronto isolito pezzo e sponsor sulle festivita natalizie anticipate
come si può ricordare qualcosa che non s'è compreso non è improprio fare memoria se non c'è verita ?appunto è ricordano che si ricerca la verità per me significa questo fare memoria non retorica e ipocrita . Perchè è proprio nel passato che si celano le risposte del presente .
Non tutti i misteri possono essere spiegati altrimenti non rimane più niente da scoprire ed approfondire
I giovani di Forza Italia si sono svegliati e hanno denunciato pubblicamente - ohibò - i pari età dei Giovani democratici, rei, secondo loro, di aver fatto il pugno chiuso durante il Congresso Nazionale a Napoli.Apriti cielo. Scandalo, vergogna, “comunisti”.Faccio sommessamente notare ai giovani berluschini che, tanto
per cominciare, il pugno chiuso non è solo un simbolo comunista ma libertario ed antifascista oggi Il saluto a pugno chiuso, con il braccio sinistro alzato, è considerato come espressione e manifestazione di solidarietà, di forza o di sfida. un gesto internazionale di resistenza e di lotta ovunque ci sia un diritto da difendere .Ma anche se lo fosse stato? Se anche fosse stato il pugno chiuso comunista? E quindi?Come se davvero potesse essere paragonato a un saluto romano.Nella loro sconfortante ignoranza i giovani di Forza Italia ignorano:
1. Che sulla Costituzione italiana c’è anche la firma di Umberto Terracini, fondatore e membro di spicco del Partito Comunista. 2. Che l’Italia non ha mai avuto un regime comunista, mentre per un ventennio è stata soffocata, massacrata e, infine, distrutta da una delle dittature più feroci, razziste e sanguinarie della storia dell’uomo. Per cui fare il saluto romano - quello sì - è illegale, oltreché criminale. 3. Che, al netto di tutte le enormi storture e contraddizioni, il Manifesto di Marx ed Engels su cui poggia il comunismo era un ideale (tradito e utopistico) di riscatto ed emancipazione delle classi oppresse, mentre il fascismo e, in particolare il nazismo, si basano sull’idea stessa della superiorità di una razza su un’altra, sulla soppressione dei diritti elementari, sull’eliminazione fisica degli oppositori, degli ebrei, degli “impuri”, dei fragili, dei deboli, degli omosessauli, dei “diversi”. 4. Che, se il fascismo in Italia è stato sconfitto e cancellato, lo dobbiamo anche e soprattutto ai comunisti. 5. Perché, se questo Paese ha leggi e conquiste degne di un Paese civile (dal suffragio universale al divorzio, dall’aborto ai diritti dei lavoratori), lo dobbiamo anche ai comunisti. 6. Perché il fascismo e il nazismo sono durati nei rispettivi aesie nei aesi simpatizzanti circa un ventennio e sono inscindibili dai rispettivi regimi e dittatori, mentre il comunismo ha oltre 150 anni di Storia, si è diffuso in tutto il mondo, in Italia è stato per un secolo simbolo, anche se con delle ambiguità , di : civiltà, progresso, democrazia, uguaglianza, senza mai governare, e l’orrore prodotto dal comunismo al potere non è stata la sua essenza ma una catastrofica - e forse -inevitabile degenerazione. 7. Che l’Italia è il Paese di Gramsci e di Berlinguer. Per tutte queste ragioni, e anche molto di più, alzare il pugno in Italia non solo non è motivo di vergogna, ma anzi, per milioni di persone, di profondo orgoglio. Invece che di un pugno chiuso, mi preoccuperei dei vostri alleati che fanno il saluto romano, si fanno ritrarre davanti ai busti del duce e indossano magliette della X Mas.
E non lo dice un comunista, che anche solo per un fatto anagrafico non sono mai stato in quanto avevo 13 anni quando era cauto il muro e poi l'urss . Solo uno che cono-sce in quantro vissuto a i. tempi della guerra frefdda e ha vissuto lo scontro ideologico familiare tra fascismo e comunismo ed ha studiato, letto e sentito entrambe le forme di ideologia e di pensiero conosce e rispetta la Storia. È ora che lo facciate anche voi. Siete giovani. Non è mai troppo tardi.
rileggendo i vari link della cronologia , per cercare ispirazione per un post e per .... uso personale sono capitato nell'articolo riportato sotto . E devo dire che esso l'articolo evidenzia molto bene i grossi limiti dell'impostazione ministeriale sulla riforma dell ' insegnament della storia nelle scuole .
Tuttavia aggiungerei, da appassionato di storia e figlio di una ex insegnante di lettere delle scuole medie , che bisognerebbe oltre a criticare tale riforma spendere anche due parole sull'impostazione fortemente universitaria degli stesori del testo. Essi sono abituati a concepire la cultura attraverso la loro iperspecialistica competenza su campi molto ristretti e non si rendono conto che la cultura di base che la scuola deve dare è cosa molto diversa. L'ampiezza culturale è purtroppo cosa piuttosto rara da trovare negli accademici, la loro tendenza è a stringere il campo, e dare per scontato che si sappia di cosa si sta parlando , cosa validissima quando si va sullo specialistico, ma che non ha senso quando si deve formare culturalmente dei giovani. La storia serve o almeno dovrebbe servire per capire il mondo, non per allestire antiquaria settoriali. Forse , scondo alcuni insegnanti più secialisti di me semlòice profano , la lettura di Hegel o Nietzsche farebbe loro molto bene, come pure evolvere da un provincialismo ottocentesco molto ancora (purtroppo) è ancora in voga da noi. Ma soprattutto uscire \ andare oltre al fatto che l’Occidente con la sua storia , dal XV\VI secolo in poi ,dí colonialista esistenza è anche razzista ha deciso che doveva essere unica fonte accettabile .
Hanno fatto discutere e continuano a far discutere le “Nuove indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione” elaborate da una commissione coordinata dallo storico Ernesto Galli della Loggia e dalla pedagogista Loredana Perla per conto del ministro leghista dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, storico del diritto romano. Non entro nel merito della composizione della commissione, molto articolata, e dotata anche di vari
esperti, ma viene da chiedersi chi, tra i tanti professori universitari, abbia potuto scrivere la frase che si legge a pagina 69: "Solo l’Occidente conosce la storia. Altre culture, altre civiltà hanno conosciuto qualcosa che alla storia vagamente assomiglia, come compilazioni annalistiche di dinastie o di fatti eminenti succedutisi nel tempo; allo stesso modo, per un certo periodo della loro vicenda secolare anche altre civiltà, altre culture, hanno assistito a un inizio di scrittura che possedeva le caratteristiche della scrittura storica. Ma quell’inizio è ben presto rimasto tale, ripiegando su se stesso e non dando vita ad alcuno sviluppo; quindi, non segnando in alcun modo la propria cultura così come invece la dimensione della storia ha segnato la nostra. È attraverso questa disposizione d’animo e gli strumenti d’indagine da essa prodotti che la cultura occidentale è stata in grado di farsi innanzi tutto intellettualmente padrona del mondo, di conoscerlo, di conquistarlo per secoli e di modellarlo". Insomma, è evidente l’impianto fortemente eurocentrico e nazionale, non senza l’esaltazione anche dell’imperalismo e del colonialismo. Posso non condividere (e non condivido affatto, perché capire il mondo di oggi guardando solo il proprio ombelico è praticamente impossibile), ma come si fa a dire che la storia è stata scritta solo in Occidente? Roba da matita rossa e blu cari colleghi professori! Avete mai sentito parlare del grande storico cinese Sima Qian del II-I secolo a.C.? E per amor di patria mi limito solo alla Cina, la cui storia forse non sarebbe male conoscere visto che è e sarà sempre più uno – piaccia o no – dei grandi protagonisti della storia mondiale. Si propone, in maniera alquanto sciatta, una certa egemonia storiografica che non tiene minimamente conto di un dibattito pluridecennale sulla storia globale all’interno della quale leggere le storie nazionali. Ovviamente ci sono state molte reazioni da parte di consulte universitarie, società scientifiche, singoli studiosi alquanto sgomenti dopo la lettura del testo. Non è passata inosservata anche la forte sottovalutazione, se non il “disprezzo”, della preistoria: Si afferma infatti: "Non appare indispensabile, nell'ultimo biennio della scuola primaria, svolgere un programma articolato che proceda dalla preistoria alla storia antica, soffermandosi su tutti gli snodi fattuali delle età greca e romana. E invece necessario che fin dall'inizio venga acquisita una conoscenza - anche elementare, purché correttamente impostata - di eventi, personaggi, quadri cronologici e processi storici delle epoche più antiche. Ciò vale soprattutto per l'epoca in cui si sviluppò la civiltà greco-italico-romana che costituisce la base della nostra storia nazionale, e in buona parte anche di quella europea. In questa prospettiva, la conoscenza di alcuni fatti e processi salienti risulta imprescindibile nella formazione di ogni individuo mediamente acculturato. Starà all'insegnante stabilire priorità e gerarchie tra di essi, valutandone sia la rilevanza epocale, sia l'esemplarità rispetto alla attuale concreta esperienza di vita". Il ministro in una intervista al Corriere della Sera lo ha ribadito: "Dedicheremo due interi anni delle elementari a studiare i greci e i romani e l’impatto del Cristianesimo sul mondo classico. Si studieranno come civiltà del Mediterraneo in terza elementare, dove si contrae la parte dedicata ai dinosauri e alla preistoria. E poi sarà raccomandata un’attenzione alla parte più recente della storia: dalla Seconda guerra mondiale alla fine del secolo scorso". Insomma, si salti pure qualche millennio di preistoria, il passaggio dal nomadismo alla sedentarietà, l’affermazione dell’agricoltura, la nascita della complessità sociale e delle prime forme di “città”: a cosa serve tutto ciò? Si passi subito al mondo greco, alla bellezza classica, agli etruschi e ai popoli italici, ai romani e al loro impero mondiale (quando eravamo noi a dominare il mondo!). Chi scrive è un archeologo, che sa bene come sia produttivo con i bambini, quando per esempio visitano uno scavo archeologico o un museo, far scoprire loro i materiali, i reperti, cioè alcune delle fonti materiali per ricostruire la storia. È un esercizio estremamente prezioso anche sotto il profilo didattico, come sanno bene i docenti, che da anni si sforzano di “fare storia” non limitandosi solo al racconto, ma anche mettendo a disposizione di bambine e bambini materiali, strumenti, documenti. Tutto il contrario di quello che prevedono le “Indicazioni”: "Anziché mirare all’obiettivo, del tutto irrealistico, di formare ragazzi (o perfino bambini!) capaci di leggere e interpretare le fonti, per poi valutarle criticamente magari alla luce delle diverse interpretazioni storiografiche, è consigliabile percorrere una via diversa. E cioè un insegnamento/apprendimento della storia che metta al centro la sua dimensione narrativa in quanto racconto delle vicende umane nel tempo". Nessuno pensa di formare “piccoli storici” ma un docente vuole far ragionare sui fatti storici i propri allievi a partire dai dati e non solo ripetere anno dopo anno la stessa storiella! Ecco, appunto, meglio storielle e magari un po’ di indottrinamento sulla storia nazionale, invece dell’osservazione, del rapporto diretto con le fonti e dello spirito critico per cercare di capire il passato e il presente di mondo in rapido cambiamento, nel quale vivono bambini e ragazzi disorientati e che la scuola solo grazie a una conoscenza storica (e in generale al sapere critico) potrebbe aiutarli a cercare una bussola.
Purtroppo questa è la proiva che noi italiani ( salvo rari casi come le iniziative del Fai ) oltre a non saper fare i conti con la nostra storia recente , cioè dal risorgimento ad oggi , non amiamo la nostra storia o non la sappiamo valorizzarla se non per farci belli e vantarcene al diu fuori dei nostri confini .
La cinviltà nuragica rilanciata da francesi e tedeschi Storia di YE6-CT 1giorno/i
(ANSA) - CAGLIARI, 12 OTT - Mille anni di storia misteriosi. Almeno per i libri che in Italia hanno formato decine di generazioni di studenti: per molto tempo zero o poche tracce di civiltà nuragica nelle lezioni in classe dei maestri e dei professori. Sui testi pure, al massimo un piccolo paragrafo. Nuraghi e pozzi sacri però piacciono e incuriosiscono sempre di più: a Parigi, davanti a una platea di 200 tra esperti, rappresentanti delle istituzioni e media, sarà presentato lunedì un documentario che invita a rileggere la Sardegna e il Mediterraneo durante l'età del bronzo e del ferro , tra il 1800 e l'800 a.C., sulla base delle nuove tecnologie, dei nuovi scavi e delle nuove impostazioni delle ricerche.
Il lavoro "Sardegna, il mistero della civiltà dei Nuraghi", realizzato dal gruppo audiovisivo Gedeon sarà trasmesso poi sabato 19 alle 20.50 sul canale televisivo franco-tedesca Arte, molto seguito dagli appassionati di cultura in entrambi i Paesi. Per la Sardegna i classici due piccioni con una fava: dall'Europa potrebbero ripartire dibattito e interrogativi sulla scomparsa "culturale" di una civiltà millenaria come quella dei nuraghi . E poi c'è l'inevitabile indotto turistico: sarà uno spot archeologico che può creare nuovi fan dell'Isola.
"Lo scopo è quello di far conoscere una civiltà millenaria che stranamente è poco conosciuta, mentre è quello che chiamiamo in archeologia un unicum: ha una storia veramente unica - spiega all'ANSA Isabelle Catteddu, famiglia sarda originaria di Cuglieri, nell'Oristanese, consulente scientifica, archeologa che vive e lavora in Francia, all'Inrap - Oggi, con i nuovi mezzi scientifici, possiamo capire meglio l'evoluzione di questa civiltà. È molto importante fornire questi ultimi risultati perché il discorso, a proposito della Sardegna nuragica, è anche occupato da quella che chiamiamo fantarcheologia. Leggende e favole ce ne sono sempre a proposito delle civiltà del passato, però ci sono tanti nuovi risultati scientifici da condividere con tutta la comunità in Italia e fuori".
"Questo documentario - sottolinea l'esperta - permetterà una nuova lettura didattica grazie al lavoro e alle testimonianze dei miei colleghi archeologi che scavano e studiano i siti nuragici. In Sardegna i nuraghi fanno parte del paesaggio. Ma poca gente può spiegare cosa è successo. E quello che mi dispiace di più è vedere che questa civiltà è poco studiata a scuola". Nuovi approcci: "Secondo me un lavoro eccezionale è stato fatto da Mauro Perra, nel Nuraghe Arrubiu, a Orroli.Perché lui lavora in un modo interdisciplinare. Significa che va a cercare 'dietro il nuraghe' e studia anche il territorio. Lavora
con specialisti delle scienze paleoambientali e dunque prova a far parlare anche i campioni di terra, pollini, grani, carboni e riesce a ricostruire e a capire come cambia l'ambiente intorno al nuraghe. Poi con le datazioni possiamo vedere le trasformazioni, le crisi ambientali ed economiche. È un lavoro che incrocia diverse scienze e in questo modo si può far parlare anche i reperti quasi 'invisibili'".
Dunque - chiarisce Catteddu - è un modo che chiaramente ci aiuterà a capire questa civiltà. Perché scavare tutti i nuraghi è impossibile, sono quasi 8.000 ancora in piedi, a cui vanno aggiunti centinaia di altri monumenti, anche se non sono tutti conservati benissimo - ammette - Con i droni e gli scanner possiamo 'attraversare' i muri e capire meglio la costruzione: è importante capire come è stato fatto un nuraghe. Ma la domanda sarebbe anche: perché sono stati costruiti tutti questi nuraghi? Nuove domande, ma anche tanti misteri, per questo nel documentario parliamo di mistero della civiltà nuragica. C'è un potenziale immenso, anche se i risultati sono già numerosi. Oggi i mezzi scientifici possono aiutarci ad andare ancora più veloci e più avanti. Ogni scavo ci porta nuovi dati entusiasmanti come dimostra il lavoro molto preciso di Alessandro Usai a Mont'e Prama".
A ottobre in Francia è uscito un dossier speciale sulla civiltà nuragica nella rivista Archeologia, aperta al grande pubblico. "Ora - conclude l'archeologa - facciamo conoscere una rilettura di questa civiltà alla luce dei nuovi risultati e delle nuove tecnologie". (ANSA).
Concludo questa triologia sul 25 aprile provando a dire una risposta alla domanda del titolo .
Una delle risposte alla domanda su il perchè ed come sia stato possibile che molte centinaia di migliaia di italiani, anche in buona fede, abbiano potuto credere ( sottoscritto compreso fino ai 14\16 anni visto che avevo nonno paterno e prozii fascisti ) fino ad oggi ad una certa pubblicistica contro la Resistenza è che a furia di dirlo ( prima con la classica pubblicistica dei reduci e simpatizzati fascisti e dei neofascisti ed poi dei post fascisti e pseudo antifascisti con a caso storici revisionisti \ negazionisti come appunto Giampaolo Pansa ( le cui tesi sono smontate da “Mal di Pansa” di Tanio Romano libro da me citato precedentemente fra la bibliografia consigliata sul mio post sul 25 aprile e di cui trovate a sinistra la prima di copertia e sotto a destra la quarta ) che hanno fatto si che l’antifascismo sia diventato sinonimo di comunismo. E allora hanno avuto gioco facile presso una popolazione che è ancora poco o mal informata ( vedi il mito di italiani brava gente o del fascismo \ mussolini ha fattoanche cose buone ) informata su chi era il Duce e sui suoi numerosi crimini. Ma sopratttutto in quanto ha detto qualche giorno fa Alessandro Barbaro in una trasmissione tv
Ma allora molti mi chiederanno che allora è stata tutto rosa e fioriu e che le violenze non sono avvenute ? Si ci sono state ed la resistenza non ne fu immune a violenza soprattutto dopo . Ma un conto è dirlo , contestualizzandolo e verificandolo ( guerra civile , brutalità del regime , vendette private nel dopo guerra , nazionalismi nel caso del confine orientale , ecc ) un altro è : ommettendo , inventando , decontestualizzando , non verificando le fonti , ecc ma sopratutto come dice Barbaro nel video sotto basandosi solo ed esclusivamente sulle memorie . bisogna quindi vincere L’illusione, cioè che nell’atroce guerra civile che insanguinò l’Italia dall’8 settembre ’43 al 25 aprile ’45, ed a anche dopo fino al 1948 si possa tracciare una linea netta di demarcazione, da una parte solo buoni, nobili e generosi. Dall’altra solo infami e assassini. Non fu così, perché la vita non è così. E tantomeno la guerra ed il dopo guerra . E raccontare che nelle bande partigiane si nascondevano anche personaggi ignobili, capaci di gesti crudeli come quello di cui fu vittima il giovanissimo ( foto sotto al centro )
www.avvenire.it
Franco Passarella, il partigiano liceale, ucciso in Val Camonica il 25 giugno 1944 a 18 anni , non significa denigrare la Resistenza, ma contribuire a renderla più vera e più credibile, liberandola da sovrastrutture retoriche e da mitologie inutili e fastidiose. Questo post vu.ole essere anche la una risposta a un commento a questo mio post su facebook dove il post può anche essere inteso dal punto di vista culturale e non politico
Questo forse è il pensiero più fascista che uno possa esprimere in questo periodo. Viviamo in democrazia e non tolleriamo che al Governo ci sia un avversario politico. Si potrebbe rifare la marcia su Roma per modificare lo status quo. Ma ricadremmo a parti invertite nell’errore del secolo scorso.