Ha percorso tutte le strade per provare a salvare la figlia, colpita da una grave malattia epatica. E nel 2016 ha deciso di evadere il fisco e usare i soldi delle tasse per sostenere le spese di una cura sperimentale negli Stati Uniti. Otto anni più tardi questo padre, un artigiano di 72 anni, sarà costretto ad affrontare un processo: è accusato di dichiarazione fraudolenta. La storia arriva dal Tribunale di Ivrea, dove pochi giorni prima di Natale si è celebrata l’udienza preliminare al termine della quale il gup
Annamaria Tiseo ha disposto il rinvio a giudizio.l'inchiesta ha mosso i primi passi in seguito a un accertamento dell’Agenzia dell’entrate e alla successiva segnalazione in Procura. L’imputato è titolare di una piccola società individuale nel Canavese e opera nel comparto della meccanica. Nel 2015 la figlia trentenne si ammala: le viene diagnosticata una grave patologia epatica. Inizia così un calvario tra medici e terapie, ma nulla sembra funzionare. Una soluzione potrebbe essere un trapianto d’urgenza. Ed è a questo punto che l’imprenditore decide di tentare il tutto per tutto e affrontare le spese per consentire alla donna di curarsi negli Stati Uniti, a Boston, dove può accedere a una terapia sperimentale. I costi, però, sono elevati e l’artigiano ha bisogno di liquidità per affrontare il viaggio e i passaggi sanitari (dall’intervento alla degenza).La strada che individua è quella dell’evasione fiscale: accantonare le tasse per un anno, consapevole che prima o poi l’Agenzia dell’entrate sarebbe tornata a bussare alla sua porta. Ed è quello che è successo. Stando al capo d’imputazione, il 73enne avrebbe fatturato operazioni inesistenti per circa 79 mila euro, evitando poi di versare poco meno di 14 mila euro di Iva all’Erario. Da qui l’accusa di dichiarazione fraudolenta. L’uomo, difeso dall’avvocato Edoardo Carmagnola, ha ammesso le proprie responsabilità e sta già rientrando del debito con il fisco attraverso un piano di rateizzazione che comprende interessi e sanzioni. Nonostante il procedimento amministrativo sia concluso e le rate vengano regolarmente pagate, il procedimento penale è andato avanti con la logica del doppio binario: non contestare l’accertamento e versare l’ammanco, infatti, non estingue il reato che c’è e permane. Ad aprile si aprirà il dibattimento ed è in quella sede che il difensore porterà ai giudici gli elementi per sostenere che l’imputato ha agito in stato di necessità: pagare le cure alla figlia, che poi è deceduta. La storia fiscale dell’imprenditore è priva di macchie: non risulta che in passato abbia evaso altre volte le tasse. Non solo, ha sempre pagato regolarmente lo stipendio all’unico dipendente che aveva, compresi i contributi. Nel 2016, prima di scegliere di non adempiere ai propri doveri con lo Stato, l’uomo avrebbe tentato di mettere in vendita la propria casa e chiesto un prestito a una finanziaria: entrambi i tentativi si sono rivelati infruttuosi. L'unica soluzione che trova per avere i soldi necessari è evadere il fisco: fattura operazioni inesistenti per circa 79mila euro, evitando poi di versare poco meno di 14mila euro di Iva all'Agenzia delle entrate. Una cifra che sapeva gli sarebbe stata richiesta e che sta già inziiando a restituire. L'uomo non ha mai negato le sue responsabilità e sta già restituendo il dovuto, comprese sanzioni e interessi, a rate, dopo la conclusione del processo amministrativo. Ma il procedimento penale è ancora attivo: anche se il debito si estingue, il reato rimane. E l'imputato dovrà ora affrontare un nuovo processo.