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25.8.18

quando il tatuarsi non era moda ed aveva un suo perchè vero il Il padre del tatuaggio in Italia Gian Maurizio Fercioni







sulla pagina fb di www.vice.com/it ho sentito questa storia interessantissima storiache mi fa capire la differenza fra chi si fa un tatuaggio perchè lo sente e lo ritiene ( perchè effettivamente lo è ancora se ci pensiamo bene ) e chi invece lo fa per moda ed mologazione ( cioè perchè lo hanno tutti\e ) o per imitare i suoi beniamino cinematografico , musicale , televisivo, ecc
Sembrerò   vecchio  \ antiquato   ma    concordo  con lui quando  dice  : << "Tatuarsi la faccia sembra una roba molto da duri e invece per me è una roba un po' da cretini." >>  e  cndivido la  sua  filosofia   (  vedi  primo ulrl  sopra  ) 

ecco  l'intervista  \  testimonianza rilasciata  a  Vice



Abbiamo incontrato Gian Maurizio Fercioni, il padre del tatuaggio in Italia, per farci raccontare com'era tatuare quando nessuno lo faceva.

2.2.12

Aria di neve

(Foto di Cosimo Palazzo) 

È una Milano antica, una Milano da neve, da tazzinetta benefica, quella che vediamo in questi giorni. Una Milano che ascolta il suo cuore, che il cuore lo porge in Mano. Una Milano lenta, uggiosa, bianca, ingolfata. Ma pure così nuova, multicolore, brulicante di volti e storie. È la Milano dei "mezzanini" delle metropolitane, trasformati dal Comune in luoghi di accoglienza per senzatetto e poveri di ogni provenienza. È una Milano con tratti da reduce, paziente nella ricostruzione. Il calore nel gelo. I poveri espongono sé stessi, rallentano la frenesia delle mattine, ci mettono di fronte al nostro sorriso. È una Milano quasi da preghiera, solidale nel dolore. Linda.




5.12.09

... i mali minori .


 




… i mali minori vengono dal cuore
sono quelli dell’amore
anche se questi ci fanno più male,
ma è ben altro il tormento :
è la nostra anima che piange
nel sentir disprezzo e non voler vedere …

… le ingiustizie sociali ,la fame nel mondo ,i dispersi
di questi vagano nella notte in cerca di un rifugio,
soffrono le pene e cercano aiuto
nutrono speranze per non morire …

… credo che in questa vita,la nostra vita!
quella in cui viviamo molta gente viene umiliata ,
in un mondo condannato di padroni
dove l’egoismo cieco non vuol vedere …

… gente all’estremo delle forze ,i diseredati !
in miseria e povertà vengono abbandonati,
resi invisibili dalle lotte di potere
e con il mitra in mano un bimbo chiede aiuto …

… e le malattie ,le tante pestilenze
dallo sporco spande la piaga si diffonde.
Aiutateli! aiutiamoli!
aiutiamoci per non soffrire …

… sono solo che parole queste che io scrivo
io portavoce di un nulla , promotore senza una battaglia
nullità che vive su questa terra,
ma io canto! … canto la disperazione
per dare un pezzo di pane a un povero fanciullo …

… si ! ne son convinto!
sono i sacrifici quelli che non hanno fine,
ben altro occorre dove la terra trema,
dove il brivido della morte è sempre li presente
e parole vaghe non servono a nulla
le scrivo per voi ,per ricordare la vera fame …

… e tu fratello negro non ti disperare
nell’evoluzione di questo tempo tanta strada dovrai fare
i mali minori potrai avere,
e un giorno sarai alla pari
e la tua mano nera la bianca stringerai …

Il poeta narratore.


25.10.09

Carlo delle città

 


 

Don Gnocchi era l'infanzia. Non l'infanzia mutilata, lacera e macilenta. L'infanzia, e basta. La mia, innanzi tutto, perché la sua figura mi ha accompagnata fin dai testi scolastici. Perché la via a lui dedicata, a Bresso, sorge sul limitare della grande metropoli, nella periferia ancora disadorna, brulla e ingrigita. Perché le immagini che lo ritraggono, già circonfuso di un'aura sfuggente, hanno qualcosa di fanciullesco. Lo sguardo. Completamente libero, trasparente, senza sopraccigli, sconfinato sulla fronte spaziosa e infinita.
 


L'infanzia dunque, e, conseguentemente, l'interezza. Nulla di dolciastro, di patetico, di limitato nell'operosità di questo prete lombardo, sottile come un giunco. Se oggi siamo giunti alla consapevolezza che il bambino è persona completa e intatta, lo dobbiamo in gran parte a lui. Non si limitava ad accogliere, come testimonia Vincenzo Russo che, prima di diventare uno stimato professionista, è stato ospite del sacerdote. Lui voleva davvero che gli ultimi fossero i primi; non soltanto spiritualmente, ma effettivamente. Quel termine, "mutilatini", mi ha sempre impressionata, perché il diminutivo non riusciva ad attenuare l'immane tragedia d'una realtà che nulla concedeva al lezioso o al libresco. Quel termine ci diceva: esiste il dolore innocente, esistono individui sfregiati da un odio insensato e brutale, esistono e il loro grido si perde nel silenzio, anche in quello di Dio. E quindi non solo gli storpiati dalla guerra, ma gli svantaggiati di ogni tipo, disabili, emarginati. Bambini. Si torna sempre lì. Il bambino è l'emarginato per eccellenza, anche quando cresce forte, accudito e sano. Perché è basso, indifeso, barcollante. Ed ecco il motivo per cui pure noi, figli o ex-figli del benessere, non fatichiamo a identificarci in quelle fotografie d'infanti stecchiti, di calzoni corti cui spuntano incerti arti di cerbiatto, o rami d'inverno. E' la nostra vita che biascica, che spunta nuda e sola in un mondo impietoso.Don Carlo ha dimostrato che per loro, per noi, in quell'istante più isolato della nostra vita, c'è qualcosa. Dio? Il rispetto, innanzi tutto. Rammenta don Giovanni Barbareschi, prete partigiano, incarcerato per la sua attività antifascista, per anni stretto collaboratore del card. Martini: "Una delle frasi più belle che don Gnocchi mi disse prima di morire? 'Il primo atto di fede che un essere umano deve fare non è in Dio ma nella sua libertà di uomo, perché anche la libertà di uomo è un atto di fede'. E qui è tutto don Carlo".


Don Barbareschi rievoca le ultime ore di vita di Carlo Gnocchi alla comunità comunità pastorale San Martino in Lambrate - SS. Nome di Maria.

 

 

 



Ho voluto intitolare questo ricordo "Carlo delle città", non solo "dei mutilatini" o "dei bambini", proprio per questo suo essere "tutto" a partire dal "niente". Dalla città, vuota. La città teatro di guerre, sia materiali, sia interiori: le guerre dell'incomunicabilità, dell'angoscia e della solitudine. La città come luogo dell'assenza di Dio. La città disposta a tributare un omaggio formale ai profeti che la solcano, ma che ignora le concrete domande dei figli (oggi, le mamme della scuola intestata a don Carlo diserteranno la cerimonia di beatificazione, prevista per le ore 10 in Duomo, in segno di protesta contro i tagli del Ministero, che ha lasciato a casa 15 delle 60 maestre provocando seri disagi agli alunni, disabili gravi). Carlo, nome fatale per gli ambrosiani, non venga dunque vanificato su un altare, ma continui a percorrere queste vie. Se vogliamo che le nostre Ninive d'oggi conoscano ancora un respiro di speranza.

Daniela Tuscano

4.10.09

...il signore delle tempeste.

 

 

…c’era freddo fuori ed era di inverno

la neve cadeva e l’ultima farfalla se ne andava,

anche il passero fuggiva

e in un covone di paglia si annidava

 ombre sui muri animavano alberi spogliati

e dalle appassite foglie brillavano colori ,

mentre lupi gitani cantavano la loro malinconia

una melodia che chiedeva amore…

 

…e seguivo il lamento ,il loro canto !

un messaggio di tristezza che  la tempesta avvertiva:

e vi fu furia nel creato ,nel olimpo!

 culla della mia poesia,

il signore delle tempeste distruggeva ogni cosa 

insinuava tra le genti il funebre lamento

e  le dolci creature  non respiravano più  aria pura…

 

…e fu squarciato il cielo e le saette aprirono le acque

e tutto intorno il mare fu tempesta ,

le scannate pecorelle fuggirono dai germogli

e la rugiada si nascose tra i cespugli ,

tutto intorno scorreva sangue

e di morti abbandonati  in larghi rivi,

cani che banchettavano gli avanzi dei signori

e nel giorno ,il buio appariva…

 

…e di amore nacque dalla mente spoglia

 e gli ignobili gli fecero ferocia,

la croce di Gerusalemme il dio prega

 e la candida fanciulla a lui ci crede,

e dai tenebrosi rovi volarono aquile reali

volteggiavano e salivano dove non c’è più nessuno

dove la mia sete ora  si fa di sale e   non si placa

l’amore mio lo colgo nella dolce musa…

 

…e tu, tu dio dell’immenso ,

il figlio tuo lo accogli nel patrio tetto lo consacri,

tu che al suo lato siedi accanto per te egli prega

e di giubilo la novena:

oh figlio! figlio mio diletto

sia così il reo destino ,il benedetto!

a perdonare ogni volontà il cuore crede….

 

il poetanarratore.

29.8.09

...la donna santa !

…la donna santa!

 

…purea e casta ti fece l’universo ,fosti tu; una santa!

una madonna incoronata ,messa lì in quella chiesa ,

al Dio ti concedesti , la donna immacolata!

a te ,si prostrano finti volti ,a volte macchiati di lorda pelle

e davanti a te le ginocchia si consumano

e vanno a invocare voti di un desiderio per una  amata …

 

…ti chiamano :la vergine Maria ,la santa!

la madre del divino che sulla terra venne per salvare  il cielo

i formicatori senza scrupoli che dal incesto crebbe la lussuria ;

e ti ho pregata donna ;madonna incoronata!

ti ho implorata per la pietà verso i piccoli innocenti

per l’avarizia dei grandi e  la debolezza dei latenti …

 

ma tu ;forse non mi hai udito ?

le mie preghiere vane non erano ascoltate ,

mi hai messo tra i tuoi servi del creato a professare la parola

ad ascoltare quella melodia ,le note di una poesia,

quella che parla del solo amore ,io messaggero inutile e sospiro!

gioisco adesso  del dono che mi hai riservato…

 

…e fu salvezza! lampi in tempesta spaccarono il cielo

il figlio dell’uomo fu crocifisso e ai suoi piedi portiamo la salvezza

la croce che lui portò su questa terra infame,

ed io ,ti ho seguita per anni,dietro a una processione

quando ancora in me c’era passione,

ora ti prego solo con la mente

recito il rosario con la corona tra le mani

alleluia…alleluia…alleluia madonna santa…

 

…ma tutta questa farsa per gli scettici è solo arroganza

questa disperazione sfoggia inutili chimere ,pianti e malinconie!

e sotto un tiglio vado a prendere frescura

chissà! la madonna santa mi potrà benedire

 e togliermi di dosso la fattura?

portami con te nell’antico tempo col pensiero

dove i principi erano più sani e le parole le più vere,

dove il viandante tra le case trovava il ristoro

e i bambini aspettavano felici il Natale…

 

…e tu ora donna! donna di questa terra

perché anche tu non sei santa?

fai soffrire e piangere innocenti

e a cuori innamorati li trafiggi,

scegli solo il disgraziato e il demone migliore,

e fai finta di essere madonna

 e porta in te le anime più pure…

 

…FALLO! 

ll poeta narratore.

17.5.09

...e annaffio i fiori.


 

…e annaffio i fiori,scovo tra le foglie ali di farfalla

il meglio della vita ,per donarvi un semplice sorriso,

camminare con le ali della fantasia

far si che un’anima spera

trova la forza ancora per sognare…

 

…e annaffio l’eterna fonte

dove gocce d’acqua zampillano speranze,

dove un amore prega per volermi bene

nasconde triste il suo dolore

non vuole più farsi innamorare,

e annaffio vita ,la mia preferita !

quel poco che mi resta all’ultima fermata

lì anime sconvolte attendono la sete…

 

…sono tante le domande,poche le risposte

solo un cenno io ti posso dare :

regalarti ancora i miei versi ,per poter gioire

uniti in una sola idea ,fare dell’amore oggetto di piacere

la  solidale iniziativa,

trovarsi un giorno tutti insieme ,cantare in coro

la bella poesia…


il poeta narratore.

15.3.09

GRAZIE!

caroamico_titoloA me non interessa sapere quel che fai nel tuo Paradiso.


Il Grande UOMOrino-logo-PR


 


Io voglio sapere se ancora soffri,

per che cosa soffri, insomma se ancora piangi!

Se osi sognare di osservare ancora la passione del tuo cuore.

A me non interessa sapere quanti anni avresti nel mondo di oggi,

 insomma se oggi saresti giovane o vecchio,

Io voglio sapere se rischieresti di sembrare un pazzo per amore,

per i tuoi sogni mancati, per l'avventura divina di non essere più qui.

A me non interessa sapere quali pianeti

sono in quadratura con la tua luna.

Io voglio sapere se hai toccato il centro del tuo proprio dolore,

se sei stato aperto ai tradimenti della vita

o se ti sei ritirato e chiuso per paura di ulteriore dolore! triste_PV__

Voglio sapere se puoi star seduto con il dolore, il mio o il tuo,

senza far niente per nasconderlo, o mascherarlo o immobilizzarlo.

Voglio sapere se puoi stare con la gioia, la mia o la tua;

se puoi danzare selvaggiamente

e lasciare che l'estasi ti riempia

fino alla punta delle dita e delle dita dei piedi

senza ammonirci di stare attenti, di essere realisti,

o di ricordare le limitazioni dell'umano.

A me non interessa se la storia che hai raccontato fosse vera.

Voglio sapere se puoi deludere altri per essere vero con te stesso.

Se puoi sopportare l'accusa di tradimento e non tradire la tua anima.

Voglio sapere se puoi essere fedele e quindi affidabile.

calcio 2Voglio sapere se puoi vedere la bellezza da lassù

anche quando non è carina tutti i giorni,

e se puoi nutrire la tua vita della Sua presenza.

Voglio sapere se puoi vivere con il fallimento, il tuo e il mio,

e ancora ergerti sulla riva di un lago,

tirare un sorriso e gridare all'argento della luna piena, e urlare con tutto il fiato:

“SÌ! VOGLIO!!” giovane uomo che piange

A me non interessa sapere dove vivi ora

Oppure quanti Angeli sono li con te …

Voglio sapere se puoi alzarti dopo una notte di pena e di disperazione,

addolorato e ferito fino alle ossa e fare ciò che c'è da fare per i tuoi cari.

A me non interessa sapere chi sei ora

e perchè ora non sei più qui tra noi.

Voglio sapere

se sarai al centro del fuoco insieme a me

e non ti ritirerai nell’estasi e nell’oblio di un Inferno infame.

Non mi interessa sapere dove o cosa o con chi hai pregato,

se ancora ti inchini al tuo Dio che hai davanti a te.

Voglio sapere che cosa ti sostiene dall'interno

quando tutto il resto cade giù,

compreso il tuo Dio che oggi mi appare

fragile, attonito, inutile e deridente!

Voglio sapere se puoi stare da solo con te stesso,

Voglio sapere se veramente ti piace la compagnia che sento dentro

E che mi dai nei momenti vuoti.

VOGLIO SAPERE SE,

il 23 Marzo di ogni anno che verrà …..

 RIUSCIRAI A SOPPORTARMI!!!

Ciao Rino, ti ho immensamente amato! 100

Dedico a te, al tuo ricordo,

all'anniversario della tua dipartita .....

il mio Post n°100!

Rino 01


n.d.r.....

Rino è venuto a mancare all'affetto dei suoi cari il 23 Marzo 2007, a soli 19 anni e tre mesi, dopo nove mesi di dignitosa lotta contro una LEUCEMIA FULMINANTE! Era un ragazzo dolce, sano, forte, sorridente e nobile perfino. Vi offro il suo ricordo perché io stesso, perennemente illuminato dal suo amore rivelato,  NON dimentichi più il suo valore e la Sua grandezza!








by forzaragazzi

23.2.09

Le mie radici




Ho trovato le mie radici
guardando verso il cielo,
le mie, quelle di prima
erano sepolte sottoterra, spezzate
ridotte in mille pezzi
perdute e confuse
come sterpaglia secca pronte a bruciare
strappate violentemente dalla storia
umiliate da un tempo freddo e gelido,
ora si trovano lì
radicate tra nuvole e azzurro
curate dal silenzio
ed anche un sibilo di vento
può essere frastuono
per un albero trapiantato
in alto...lontano
dove mi riparo
distante dalla fatica di sentire
anche quando non voglio
la vita e la morte in ogni cosa.

22.2.09

Senza titolo 1294

Vienimi più vicina


 


Vienimi più vicina


qui


accanto al cuore


senti


senti come batte forte


cosa mai sarà


tu cosa pensi


su


fammi vedere radiosi i tuoi occhi


che mi scoppia il petto


non lasciarmi così nell’incertezza


il mio cuore è tra le tue mani


ora


non senti


sono un passerotto che trema


e pende dalle tue labbra


in attesa del suo destino


 


Pietro Atzeni

12.1.09

oggi piove

oggi piove


dammi un minuto di te


oggi tutto è grigio


e tu sembri sfuggirmi


lacrime di pioggia


bagnano tutto


anche la mia mente


non si vede nulla


niente più golfo


lontano quella sottile linea


ha mescolato tutto


piove e scende la tristezza


giorno melanconico


cerca di te


nemmeno un saluto veloce


e piove


tutto si vela


nessun calore a riscaldarmi


nemmeno quel raggio potente


che esce e mi sorride


oggi può riempirmi di te


piove


e piove


il cielo non ha colore


il mare ha chiuso il suo divenire


in onde insignificanti


e piove sull'asfalto


passi insignificanti


passi senta mete


passi vuoti


che cercano


piove su me


e sento le gocce gravi


pesanti


perchè piove


ti cerco


mentre piove e il mio cuore


sembra lacerarsi


piove e mi hai lasciata sola


altro ha rubato la tua attenzione


potrà il sole ridarmi


tutto di te


piove e non finisce di piovere....


 


10.11.08

L'eterna madre


 



Se n'è andata all'improvviso, subito dopo l'esibizione per Roberto Saviano. Aveva 76 anni Miriam Makeba: simbolo della terra ha avuto il destino del vento, che soffia in ogni dove, e non si ferma mai.

E' morta lontano dalla sua patria, perché lei, così profondamente africana, non conosceva alcun padre. Lei era solo e definitivamente madre, "Mamma Africa", e, come tutte le madri, si riuniva in ogni dove, risorgeva nel più sperduto anfratto, si trovava lì, quando echeggiava nella notte il lamento d'un figlio.

Solo una madre è sempre uguale a sé stessa. Non cittadina del mondo, bensì mondo: cosmo, pianeta. Simbolo anche, certo. Ma simbolo di carne, simbolo perché donna, perché umana. Nata nel Paese simbolo del più odioso dei simboli, il Sudafrica dell'apartheid, era normale per lei accorrere e soccorrere le mille apartheid quotidiane, le apartheid dei bianchi che dall'Africa hanno tratto origine, i Sudafrica italiani che impediscono a uno scrittore di creare, perciò di vivere. I Sudafrica che spengono le voci libere, i Sudafrica delle squadracce fasciste che, fedeli alla loro linea di morte e di sangue, assaltano senza vergogna i canali della pubblica informazione. I Sudafrica d'una polizia con lo sfollagente che, per tua somma umiliazione, non trova di meglio che apostrofarti come "comunista" o "frocio". I Sudafrica della "gente perbene" che scheda i clochard, i Sudafrica dell'ignoranza, del maschilismo e della miseria. I Sudafrica in cui noi stessi ci rinchiudiamo, quando la rassegnazione, lo sconforto, la desolazione ci afferrano e ci dilaniano. Quando ci arrendiamo al Male.

Miriam Makeba cantava la gioia. Che non è solo assenza di dolore, né si limita alla superficiale felicità. Cantava un sentimento intimo, esclusivo, irrinunciabile, il sentimento dell'appartenenza al sangue, la fierezza e l'orgoglio di sentirsi figli e integri, quel valore della quotidianità che nessun tiranno potrà mai scalfire, perché la dignità umana è dentro di noi, scolpita nel volto di ognuno.

I regimi dittatoriali non si accaniscono subito sulle persone. Bensì sui simboli. Perché, se è vero che il simbolo può diventare feticcio, è anche vero che rappresenta l'icona dell'ineffabile. Uno dipinto, un racconto, un brano musicale, un ritmo di tamburi riecheggiano ataviche libertà, primordiali struggimenti, fermano l'occasione, l'anello che non tiene, aprono le porte della conoscenza. Intessono, con finissimi sistri d'argento, un inno alla nostra inafferrabile unicità.

Ma le dittature, inumane e immanenti, non possono che sterminare l'involucro. Materia bruta, annientano la materia. Ma il canto, la poesia, il colore è cielo. E il cielo, quando sposa la terra, la rapisce da sé. Miriam lo sapeva. Grazie, eterna madre.



Daniela Tuscano








10.10.08

Nel limite

Autunno viene il suo passo breve
e la voce fonda.


Un vento si è levato stamattina
d’oro e di porpora al dopo pioggia.


Fresco un fruscio fiorisce per i viali,
eco di suoni rappresi nel petto.


Ecco che si colora
la terra di un volubile vestito.


Figure provvisorie,
volteggi rarefatti
nei recinti del tempo


Il mio sguardo si arrende
sospeso al limitare del mistero.


Sono miei questi giorni
che piegano all’inverno,
io fragile lembo
che la terra raccoglie.


© francesco ballero - ottobre 2008

27.9.08

Senza titolo 894

g24

Vorrei aprirmi come gemma tra le tue braccia
vorrei sognare e vivere...
...vivere....
vorrei assaporare tutto di te
con voracità
e lentezza,
con passione
e dolcezza,
con la gioia dell'attimo
e la tranquillità del domani.....

elena

11.9.08

Biotecnologia avanzata?

Girando come uno spider in giro per la Rete mi sono imbattuto in questa pagina. Bel sito. Riporto il punto che mi ha più incuriosito: "[...] quando viene concepito un bambino, il cuore umano inizia a battere prima che il cervello sia formato. Ciò ha portato i medici a chiedersi da dove provenga l’intelligenza necessaria ad avviare e regolare il battito cardiaco. Con sorpresa di tutto il mondo medico, gli scienziati della HeartMath, hanno scoperto che il cuore ha un cervello proprio. Sì, proprio così, UN VERO e AUTENTICO cervello formato con autentiche cellule cerebrali. E’ molto piccolo, ha soltanto all’incirca quarantamila cellule, ma è un cervello in tutto e per tutto, ed è esattamente tutto ciò di cui il cuore ha bisogno. Questa è stata una scoperta di enorme importanza e conferma la veridicità delle affermazioni di coloro che per millenni hanno parlato, o scritto, di“Intelligenza del Cuore” . Ho cercato su Internet altri riferimenti ma non ho trovato poi molto. Mentre leggevo l'articolo però mi è tornato in mente un religioso, un mistico dell'Europa dell'est (e del quale in questo momento non mi sovviene il nome) che affermava la stessa identica cosa più di vent'anni fa'. Aggiungeva il fatto che in questa parte di cuore è contenuta tutta la nostra esistenza - nascita, vita, morte - manco fosse una memoria EPROM nella quale è presente una specie di subroutine che "gira" autonomamente rispetto al cervello e registra le buone e le cattive azioni  facilmente "pesabili" da chi dovrebbe valutare se permetterti di reincarnarti nuovamente tra gli umani piuttosto che tra i toporagni o i delfini. Volendo credere alla sopravvivenza dell'anima dopo la morte si verificherebbe che chi accoglie l'anima del defunto ha la possibilità di osservare questa minuscola "scatola nera" e indicare di conseguenza il "varco" che le compete ed impedendole di fatto di sceglierne un altro. Ipotesi affascinante...

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

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