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10.10.24

«Mi rimanevano 3 anni da vivere a causa di un tumore terminale, ma una nuova passione mi ha rimesso al mondo»

 Un tumore terminale che le lasciava tre anni di vita: «Pensavo che la mia vita fosse finita», ricorda la giovane mamma con angoscia. Poi qualcosa è cambiato e una nuova passione le ha permesso di rinascere, di riprendere in mano il suo futuro e combattere per rimanere il più a lungo

possibile con la sua famiglia, per veder crescere i suoi figli e trovare la felicità, giorno dopo giorno. Ora Michelle sogna di diventare un'atleta e partecipare al triathlon, nonostante non sapesse né nuotare né andare in bici, e questo obiettivo le ha dato modo di esplorare una nuova prospettiva: «Il cancro non mi definisce».

Il viaggio di Michelle

Michelle Hughes aveva 34 anni quando, dopo la nascita del suo terzo figlio, è collassata in casa. Non ci è voluto molto per la diagnosi: numerosi tumori ai polmoni e 15 cisti al fegato. Inoperabili. I dottori le hanno detto che le rimanevano tre anni. La prima reazione è stata terribile: «Improvvisamente ho perso la vita che avevo immaginato per me e la mia famiglia». Poi un sogno l'ha fatta uscire dal tunnel e ha iniziato un percorso per diventare una triatleta, pur non essendosi mai dedicata né alla corsa né al nuoto. Eppure da allora ha preso parte a 12 eventi podistici, tra cui una mezza maratona. Ad agosto ha completato un mezzo triathlon - come riporta il DailyMail - ripercorrendo il tragitto dall'ospedale dove ha ricevuto la diagnosi fino alla sua casa estiva. Proprio quest'impresa è stata trasformata in un breve documentario. Sui social scrive: «Tenevo in braccio il mio bebè di tre settimane ed ero seduta accanto a mio marito quando l'oncologo ha detto che mi restavano cinque anni di vita, probabilmente tre. Le mie bambine avevano cinque e due anni all'epoca». La consapevolezza di non avere molto tempo a sua disposizione l'ha spinta a vivere il più intensamente possibile: «Non avevo capito, allora, che la mia vita era appena iniziata. Mi era stato fatto il dono di sapere che sarebbe stata più breve di quella di molti altri, e dovevo smettere di stare seduta ad aspettare la morte». Alla Michelle è stato diagnosticato un raro sarcoma chiamato emangioendotelioma epitelioide (EHE), che ha origine nelle cellule che rivestono i vasi sanguigni, più comune tra i giovani, gli adulti di mezza età e le donne.Oggi ha 37 anni, sono passati tre anni dalla diagnosi, e ha realizzato il suo sogno: «A tutti i miei compagni che lottano contro il cancro, ai ai sopravvissuti, ai vincitori e a quelli che il cancro ha rubato, lo faccio per voi. Per noi. Ora sono una triatleta».

28.12.23

social legioni di complottisti da tastiera stanno mettendo in dubbio non solo la qualità ma anche la veridicità della straordinaria foto di Valerio Minato su Superga, il Monviso e la Luna, premiata dalla Nasa per la sua meraviglia.



Dando un occhiata alle bache dei followeras di fb  ho  appreso   che  Valerio Minato, un fotografo professionista di Biella, classe 1981, ha vinto il premio come foto del giorno della Nasa nel giorno di Natale

 

La foto,che ritrae in un immaginifico incastro la Luna, il Monviso e la basilica di Superga è stato premiato dalla Nasa e dalla Michigan Technological University.  Una  foto   attesa per sei lunghi anni, mostra una scena pittoresca con la Basilica di Superga, il Monviso e una meravigliosa Luna al tramonto nella sua fase crescente.



Si intitola “Cathedral, Mountain, Moon”, non serve, almeno si  spera  aggiungere altro.Ma  ecco  che      arrivano   i  ptrimi  commenti  : << “È falsa come una banconota da tre euro”.,“Photoshop”.,
“È solo uno che aveva molto tempo da perdere”.,“Ma a chi la date a bere? Il Monviso si trova dall’altra parte di Superga”.,“Manca solo E.T. poi il tarocco è completo >>Questi sono   una minima parte delle centinaia di commenti con cui ovunque sui social legioni di complottisti da tastiera  e  non  solo  stanno mettendo in dubbio non solo la qualità ma anche la veridicità della straordinaria foto di Valerio Minato su Superga, il Monviso e la Luna, premiata dalla Nasa per la sua meraviglia.
Ora, sarebbe pure una questione modesta rispetto all’eccezionalità  ed  alla  bravura    dello scatto, eppure è un riflesso impietoso dello stato drammatico di larga parte di questo Paese.
In pratica, qui abbiamo un fotografo di eccezionale talento e costanza che ha trascorso gli ultimi sei anni - SEI anni - della sua vita prima per capire se, come e quando un simile allineamento si potesse verificare, poi a trovare il luogo esatto - uno soltanto tra miliardi possibili - in un bosco di notte a 30 chilometri dalla città, e ritrovarsi esattamente nel luogo giusto, al momento giusto, col grado di sereno giusto affinché questo spettacolo straordinario potesse verificarsi, senza alcun fotomontaggio o intelligenza artificiale, finendo per essere anche premiato dal principale ente scientifico astronomico al mondo.
Però poi arriva manuelino77 o @noncielodikono ed  altra 
gente che fino a ieri mattina non sapevano nemmeno cosa fosse un teleobiettivo, ma oggi ci vengono a dire che è tutto un grande inganno e giurano che siamo ingenui e che uno scatto del genere è semplicemente impossibile. E che potranno farla pure alla Nasa, ma a loro no.
Ora Capisco essere ignoranti in ambito fotografico e tecnico , visto che ad un occhio in esperto può sembrare fotoshop e simili , ma un minimo di documentazione . Ma soprattutto quando si apprende che ha reso una cantoinata o ametti il tuomerrore \ la tua ignoranza o ti rifuggi in silenzio , non che come un idiota continui ad insistere ed adduci teorie assurde. Come Nicolò Oppicelli _ << Ho passato diverse ore a guardarla chiededomi quanto Valerio la avesse sognata e ricercata. Riguardo ai troppi commenti che girano sul web, beh...è facile nascondersi dietro commenti superficiali come generata con AI o "photoshopped", quando si guarda una fotografia straordinaria. Tali commenti ignorano l'incredibile abilità, la passione e l'impegno che stanno dietro la creazione di quella fotografia. La fotografia è una forma d'arte che richiede una visione unica e una dedizione senza pari: ogni scatto cattura un momento irripetibile, una storia non raccontata, un'emozione che parla al cuore. Invece di criticare, dovremmo celebrare la magia che queste immagini portano nelle nostre vite, ricordandoci che dietro ogni fotografia c'è un artista che ha messo a disposizione del mondo una parte di sé. >>
Concordo inoltre con Lorenzo tosa quando dice : <<E allora capisci. Non che ce ne fosse bisogno, ma realizzi, da una vicenda tutto sommato trascurabile come questa, come siamo finiti fino a questo punto, con quale livello fuori scala di abiezione e arroganza dell’ignoranza dobbiamo fare i conti ogni giorno su questioni molto più complesse e vitali, quando si parla di salute pubblica, giustizia, politica, voto.>>Alla  faccia   haters   odiatori   e ei  complottisti     sia vedendo le sue  foto    sul  suo  sito https://www.valeriominato.it/   sia  

 


  il backstage  che  trovate    sopra ( o qui  da suo  Facebook     se   non     si riesce  a  vedere  il  video )    ❤️ 15 Dicembre 2023, ore 18:52. Non perdetevi la chicca che arriva al secondo 20 ✈️  <<<  Condividetelo se vi va per aiutarmi a far capire che siamo circondati di meraviglia anche senza fotomontaggi o intelligenza artificiale 🙏💘 >>  non  mi  sembra  abbiato  usato  montaggi    digitali   . Ma  sopratutto  non è un fotografo  alla   sbaraglio o improvvisato ma uno che  ci mette  passione   e studio  vista  l'abilità   con cui  ha  saputo  immortale  con precisione   oraria  e    derl luogo di tale  fenomeno  . Infatti  ecco la     Spiegazione  di APOD: 25 dicembre 2023 – Cattedrale, Montagna, Luna (nasa.gov) :

 
Singoli scatti come questo richiedono pianificazione. Il primo passo è rendersi conto che un triplo allineamento così sorprendente ha effettivamente luogo. Il secondo passo è trovare la posizione migliore per fotografarlo. Ma era il terzo passo: essere lì esattamente al momento giusto... E quando il cielo era sereno, quella era la cosa più difficile. Cinque volte in sei anni il fotografo ha provato e trovato maltempo. Finalmente, solo dieci giorni fa, il tempo era perfetto e un sogno fotografico si è realizzato. Scattata in Piemonte, Italia, la cattedrale in primo piano è la Basilica di Superga, la montagna al centro è il Monviso, e, beh, sapete quale luna c'è sullo sfondo. Qui, anche se la Luna al tramonto è stata catturata in una fase crescente, l'esposizione era abbastanza lunga per la luce terrestre doppiamente riflessa, chiamato bagliore da Vinci, per illuminare l'intera parte superiore della Luna.

non so  cos'alòtro dire  davanti  a  tale bellezza   

31.10.23

Prato, la prof incinta dell'alunno 14enne condannata a 6 anni, il marito: «Quel bambino lo crescerò come fosse mio. Mia moglie? L'ho perdonata»

 


riordinando  i  giornali per  la  diferenziata     ho trovato  che    nei giorni  scorsi    c'è  stata   la  conclusione della  vicenda  processuale  della  professoressa di Prato che ha avuto un figlio da un suo alunno 14enne. La vicenda ha suscitato molto scalpore in Italia e ha avuto una vasta copertura mediatica. La  donna è stata condannata a sei anni di carcere per atti sessuali e violenza sessuale per induzione su minore


Qui  un sunto  della  vicenda 


I  giornali  ed  i media    parlano  anche della  reazione del marito per  le reazioni    " non violente   " nei  confronti  ella  moglie   e  del ragazzo  minorenne  . Il marito della donna, come riportato da Internapoli.it e Fanpage.it, ha dichiarato di voler crescere il bambino come se fosse suo .  Infatti    a Vanityfarair  ha  dichiarato :  «Non mi piace passare per quello che non ha colpe, in passato avevo commesso errori anche io. Abbiamo parlato dopo lo scandalo, come si fa fra persone civili. Tutto si può salvare se si analizza. Stiamo insieme sin da giovani, ne abbiamo passate tante».Uno di quei pochi uomini che  , non a  parole  ,  a saputo mettere in pratica  il perdono  ed  la  comprensione  , è riuscito  lucidamente  senza  farsi trasportare  dall'odio  ed  dal rancore  la  situazione   anche analizzandosi   senza  scaricare  tutto  su  di lei  ed  a mettere   da parte   la  sua mascolinità     e il suo orgoglio ferito    .Un altro   l'avrebbe lasciati al  loro  destino  ( nei  migliori  dei  casi )  oppure  insultata   ed stalkerizzata   se non addirittura  uccisa\i (  nel peggiore  dei casi  )  .  Un  uomo  cosa  , rara  parlo per  esperienza  personale ,  che mette    da parte  il suo  orgoglio  ferito  da  un  tradimento .Molto saggia la  ecisoe  :    « Molti pensavano che avrei lasciato mia moglie, ma il nostro rapporto, invece, si è rafforzato. Tutto si può salvare se si analizza. Stiamo insieme sin da giovani, ne abbiamo passate tante», spiega il marito della donna pratese al Corriere della Sera. Egli  dovrà badare da solo a due bambini, il quindicenne di cui è padre biologico e il bambino di 5 anni di cui ha rivendicato la paternità. «Ma per me non esiste differenza, sono i miei figli», precisa immediatamente.

23.10.21

quando la passione è più forte delle offese federica 22 arbitro donna , trekking per sole donna nasce l'associazione Abbarra

 Lo  so che   nn è l'8 marzo  ma tali storie   non hanno  una  data  fissa  o istituzionalista. Perchè  anche le  donne hanno le  loro storie . 




Concludo il post d'oggi con un altra storia presa da 

Masomah Ali Zada era ancora molto piccola quando i genitori decisero di scappare dall’Afghanistan dei Talebani, che non amano le donne, e non amano nemmeno gli Hazara, il gruppo etnico cui appartiene la famiglia Ali Zada.
Scappano in Iran, ma anche lì la vita non è semplice: non ottengono lo status di rifugiati, non hanno i documenti. Masomah e sua sorella Zahra non possono nemmeno andare a scuola. Sono discriminate e isolate, ma trovano conforto in una vecchia bicicletta usata. Imparano a pedalare, a correre spensierate, a sognare successi talmente impensabili che non hanno nemmeno il coraggio di raccontarseli.
Dopo qualche anno, però, la famiglia pensa che la situazione nel loro paese sia migliorata, e decidono di
tornare a Kabul. All’inizio sembra vada tutto bene: Masomah e Zahra possono finalmente frequentare una scuola vera, fanno sport e le loro doti non passano inosservate. Sadiq Sadiqi, ex ciclista diventato allenatore, fa entrare le due sorelle nella squadra nazionale di ciclismo femminile.
Sembra una favola: Masomah e Zahra ora hanno 17 e 19 anni, e in poco tempo Masomah diventa la più forte della squadra. Indossa un foulard sotto il casco da ciclista, si allena per le strade di Kabul e continua a inseguire quel sogno indicibile: le olimpiadi.
Ma in realtà le cose non vanno affatto bene: andare in bicicletta non è semplice per una donna a Kabul, e così piovono insulti, offese, frutta, uova. E addirittura proiettili. I talebani minacciano le ragazze e il loro allenatore: non vogliono donne in bicicletta. Le due sorelle non vogliono smettere, e continuano ad allenarsi per le strade di Kabul, sfidando divieti e tabù. Finché un giorno Masomah viene picchiata per strada da uno sconosciuto, Sadiq Sadiqi viene rapito. È tutto troppo pericoloso.
Grazie a un documentario prodotto dal canale Arte, Patrick Communal, un avvocato francese appassionato di ciclismo, scopre la storia e le difficoltà delle due sorelle afghane, e si adopera per farle accogliere in Francia, insieme alla loro famiglia come rifugiati. Ci riuscirà nel 2017.
Oggi Masomah Ali Zada è a Tokio, e gareggia nella squadra dei rifugiati.
Il sogno per lei si è avverato.

(Il documentario di Arte si chiama “Les petites reines de Kaboul”, di Katia Clarens, Pierre Creisson, Xavier Gaillard, 2016)

9.6.21

da una famiglia di giocatori e nata una giocatrice . il caso di regina baresi

 ancora  calcio  ?  purtroppo  si    ,  quando  in  esso    ci sono storie  di passione e vero sport     (  vedere   post  precedente  )  e  forti  legami   familiari   come    il caso di Regina Baresi  .


Sorrisi Regina Baresi impegnata a fare il nodo alla cravatta al padre Beppe:

Nel calcio fast and furious di oggi, è una mosca bianca. Diciassette stagioni con la stessa maglia, da quando andava alle medie ai giorni nostri, vigilia dei 30 anni da celebrare il 26 settembre prossimo. Regina Baresi è stata l’ultima bandiera dell’Inter, capace di battere di un anno il percorso di longevità di papà Beppe. La scorsa settimana sui social ha comunicato, non senza commozione, l’addio al mondo del pallone, preparandosi alla fase 2.0 della sua vita.

Regina, lei lascia nell’età che per i suoi colleghi maschi è l’apice della carriera. Perché la vita professionale dei calciatori è più lunga?

«Diciamo che gli uomini guadagnano rispetto a noi cifre infinitamente superiori e non hanno fretta di aprirsi una seconda strada per quando smetteranno. A 30 anni mi devo reinventare ma ho altri progetti e nuove sfide da abbracciare che, spero, mi aiuteranno a colmare la nostalgia per il pallone».

A 29 anni lascia lo sport agonistico «Gli uomini guadagnano molto e hanno tempo per pensare al dopo Spero di poter restare nell’ambiente per ora voglio suonare chitarra»

Come è stato il primo giorno da ex?

«Non me ne sono ancora resa pienamente conto, probabilmente quando comincerà il campionato avvertirò la mancanza dei piccoli gesti e le abitudini del quotidiano. Di diverso finora direi che c’è stato solo l’impegno per montare il video che ho pubblicato su Instagram».

Scelta naturale o sofferta?

«Non è stato semplice decidere di lasciare prima l’Inter e il calcio in generale. Inizia una vita nuova, ma dopo averci riflettuto sono convinta».

Si è consultata con suo papà o suo zio Franco?


«Con lo zio no, ci sentiamo poco. Però ho affrontato il discorso con i miei genitori, che mi hanno appoggiato in maniera incondizionata. Sanno che è la soluzione più giusta 
Non le è pesato mantenersi fedele allo stesso club, precludendosi altre esperienze?
«Non avrei potuto fare altrimenti, avendo avuto mio padre come esempio. Non mi è costato fatica, anzi è stata una scelta d’amore per l’Inter» 
Dal suo osservatorio privilegiato ha assistito a tutte le fasi di sviluppo del calcio femminile, dalla nascita fino all’esplosione dopo il Mondiale francese del 2019.».

«Il movimento è in continua crescita, ma è servita tanta pazienza per arrivare a questo livello di seguito e di notorietà. Fino a pochi anni fa sembrava impensabile che i club più celebri di Serie A potessero avere squadre femminili, e invece è successo. Il Mondiale ha fatto da moltiplicatore di attenzioni e visibilità, siamo sulla strada giusta».

Deve convincere un genitore a iscrivere la propria bambina a calcio, invece che a danza. Che argomenti usa?

«Gli direi di valutare cosa appassiona la figlia e se sarà il calcio, di considerare che non ci sono sport solo maschili o solo femminili. Ma sappia che bisogna mettere in conto anni di sacrifici e rinunce».

Lei ha subìto pregiudizi?

«Da piccola sì. Quando al parco si formavano le squadre per giocare, i maschi partivano dal presupposto che non fossi capace. Poi li stupivo».

Il suo cognome è stato ingombrante?

«Qualche volta ho sentito i commenti di chi insinuava che avessi il posto in squadra perché ero figlia di Baresi. Non ne ho fatto un cruccio. Per me è un orgoglio».

Modelli a cui si è ispirata?

«Ronaldo il Fenomeno, avevo il numero 9 per l’ammirazione nei suoi confronti».

Il momento che non dimenticherà?

«La stagione 2018-2019, l’anno in cui vincemmo il campionato di B, senza perdere una partita. Fummo promosse, ci sentivamo la squadra più forte al mondo, eravamo un gruppo molto unito».

La delusione maggiore?

«In questa stagione l’esclusione dal derby, il non essere stata utilizzata nemmeno un minuto nella gara più sentita ed emozionante dell’anno».

E ora cosa farà da grande?

«Mi piacerebbe restare in quest’ambiente ma non come allenatore. Magari come commentatrice, ruolo che ho già svolto. Intanto imparerò a suonare la chitarra e mi migliorerò in cucina».

Se le propongono il reality?

«Perché no? Ma più che al Grande Fratello mi vedo bene all’Isola dei Famosi e soprattutto a Pechino Express. Amo l’avventura, e visiterei, dopo tanti anni in ritiro, posti esotici e curiosi».

La decisione Consigli dallo zio? No, ci sentiamo poco. I genitori mi hanno appoggiato Ora inizia una vita nuova


4.2.16

Teatro San Carlo, il baritono al direttore: "Facciamo presto, c'è il Napoli"

credevo che  la passione  calcistico  fosse assopita  ed   inglobata  dalla tv  , visto che  gli   stadi sono   sempre  o quasi   (  vuoi per paura dei violenti , vuoi per motivi di sicurezza  es empio quando si vieta  ai tifosi  di una squadra    ospite  di seguirla   perchè essa  gioca in casa  dell'avversario  )  invece

 da  http://napoli.repubblica.it/sport/  4\2\2016  

Il tifo per il Napoli conquista anche i protagonisti della lirica: ieri sera, il baritono Filippo Morace, che interpreta il barone Mirko Zeta, in occasione dell'ultima recita de "La Vedova Allegra" in un teatro San Carlo sold out, ha confessato in diretta il suo amore per la squadra azzurra di calcio prima in classifica. Nell'attaccare la strofa dell'aria del terzo atto si è rivolto al direttore d'orchestra, Maurizio Agostini, dicendo: "Maestro, facciamo presto che c'è il Napoli in tv". Il pubblico ha dimostrato di gradire l'esortazione a scena aperta di Morace arrivata quasi alla fine della rappresentazione e poco prima dell'inizio della gara tra Lazio e Napoli poi vinta dagli azzurri per 2-0.


5.3.14

Ian McKinley. Perde un occhio giocando a rugby: torna ad allenarsi e segna due mete

secondo alcuni potrà sembrare   macchino follia .Ma  per me  è passione   , di ripresa  , non  farsi schiacciare  \  deprimere  dalla  vita  .Proprio come avvenne  con un mio prozio   che perse   durante  una battuta  di caccia  grossa  l'occhio  sinistro    ( non ricordo se  gli spararano accidentalmente  o  era  partito  un colpo dal suo fucile) e  continuo  ad andare  a caccia   fino  ad  una  \  due  settimane  prima di morire  e  continuò ad  esercitare la professione di pediatra  .


Perde un occhio giocando a rugby: torna ad allenarsi e segna due mete

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Udine, 4 marzo 2014 
 Dalla maglia dei campioni del Leinster a quella della Leonorso Udine nella serie C italiana. Domenica, nella partita interna contro l’Oderzo, la squadra di Udine ha schierato un giocatore speciale,Ian McKinley. Irlandese, 25 anni, di Dublino, McKinley nel 2010 era una star del rugby e con la maglia del Leinster aveva già disputato da protagonista molti match internazionali.Purtroppo nel gennaio di quell'anno’anno un tragico incidente di gioco gli causòla perdita della vista all’occhio sinistro e lo costrinse a dire addio alla carriera. Il rugby però è sempre stata la sua vita e dopo essersi diplomato allenatore, Ian McKinley nel 2012 è arrivato in Italia, entrando nello staff tecnico della Leonorso.Da qualche mese però la sua carriera da giocatore ha visto la luce in fondo al tunnel. Da quando la federazione internazionale ha autorizzato la sperimentazione di speciali occhiali, la voglia di tornare a giocare è prevalsa. Così ieri c’è stato il grande ritorno in campo e McKinley con una prova maiuscola ha trascinato i compagni alla vittoria per 65 a 5 contro i veneti, segnando inoltre ben due mete e due calci di punizione. Il rugby ha ritrovato un campione.
Fonte: Il Gazzettino


22.10.13

Voglia di cantare, ma non ci sono solo i talent show ed immigrazione

Due  storie  quando ad emigrare  o fissi o  temporaneamente  p  sono anche gli artisti  .  Ecco le due  storie    che  vi propongo   dai giornali locali  in questo  caso la nuova sardegna  .
La  prima   è quella  di gavino Angius    dalla  nuova  ed Gallura  di 22\10\2013
di Sebastiano Depperu 

LUOGOSANTO Da Luogosanto a Roma con la passione per musica e la voglia di cantare. Gavino Angius nella capitale respira aria di musica ovunque. E lì si esibisce spesso. «Ho iniziato a muovere i primi passi nella musica a 5 anni, come tutti, nelle recite scolastiche – racconta – gli insegnanti hanno notato la mia vena artistica». Ma il vero artefice della carriera del musicista gallurese è senza dubbio il fratello: chitarrista, artista, amante della musica e dell'arte, paroliere. «Devo tutto a lui. Grazie alle sue lezioni di chitarra e di basso sono entrato a far parte del suo gruppo Emme42 come bassista e corista. Esperienza che è servita a capire che questa
sarebbe stata la mia strada. Dopo tante esperienze sentivo dentro di me l'esigenza di conoscere a fondo l'arte del canto. Così ho deciso di trasferirmi a Roma per studiare. Dove ho sentito, da subito aria di musica ovunque. Questo mi ha fatto capire che ero sulla strada giusta ma, soprattutto, nel luogo giusto. Ovviamente per un ragazzino di Luogosanto che si ritrova a Roma tutto è gigantesco e la propria autostima si riduce notevolmente. Devo dire grazie ai miei genitori per i sacrifici, per permettermi di portare a termine gli studi ed è proprio per loro che non ho mollato». Nel frattempo, sono arrivati i primi lavori in televisione grazie alla sua insegnante di canto, Mariagrazia Fontana, i provini televisivi, i concerti nei locali romani e le collaborazioni con alcuni nomi del panorama musicale italiano, il musical «Actor Dei» all'aula Nervi in Vaticano, alcune pubblicità e la collaborazione con Stefania Orlando. Ma anche le prime incisioni. «Con esse anche le prime delusioni, le porte chiuse in faccia, i continui no da parte di produttori, autori di programmi televisivi, i famosi talent show,ma anche gli inaspettati compromessi ai quali ho sempre detto no. 
 Chi vuole intraprendere questa strada deve sapere che niente è dovuto. I programmi televisivi che invitano aspiranti artisti ai tanti casting sparsi per l'Italia sono specchietti per le allodole: rovinano chi ha trascorso anni studiando, facendo gavetta per due lire o gratis, chi trascorre il tempo a scrivere canzoni». 


  sempre   sulla nuova  ma del 18\10\2013  la  seconda   . Stavolta  d'emigrazione parziale   è quella  di Nita Magdalena Holt  una  pianista  statunitense  molto affermata  che  ha scelto  di risiedere in Gallura  , ma  quando deve lavorare  deve  andare  fuori  facendo la spola fra la  Sardegna e  gli Usa  e viceversa  

OLBIA È nata negli Stati Uniti, la gioventù l’ha trascorsa tra il Messico e il Venezuela, gli studi li ha fatti tra Irlanda e Francia, ma poi un giorno si è imbattuta nella Sardegna e non l’ha più abbandonata. Dal 2003 Nita Magdalena Holt vive a Olbia. O meglio vive a Olbia quando gli impegni non la portano lontano. Sì, perché lei è una pianista molto affermata, di quelle dal curriculum ricco di nomi e di incontri e molto spesso è in giro per il mondo con il suo pianoforte. La prima volta nell’isola risale al 1999, una scelta d’amore, che poi è diventata una scelta di vita. Dopo quattro anni, infatti, l’artista si è stabilita a Olbia, dove nel 2006 ha fondato il centro culturale Homero de Magalhaes, intitolato al maestro brasiliano, suo professore. «Un progetto – spiega la Holt - nato con l'intento di avvicinare la gente al linguaggio musicale e fare in modo che le persone, quando sentono parlare di Bach o Chopin possano pensare immediatamente alla loro musica». In questi anni la pianista, nonché docente di pianoforte, ha organizzato eventi in città e ha preso parte anche ad altri, spesso in collaborazione col regista Fabrizio Derosas. «Ma purtroppo qui si fa fatica a trovare spazi. Negli ultimi anni ho fatto da traduttrice, da voce narrante, mi sono esibita con il mio pianoforte, ma per lavorare bisogna andare altrove». E, infatti, lei non sta ferma un attimo. Questa estate ha suonato in Francia, Irlanda, Turchia, Kurdistan. E addirittura in Iraq. «E’ un posto di cui mi sono innamorata, mi è piaciuto da morire, la gente è molto accogliente. Il brutto è che non puoi fare a meno di vedere
i risultati della guerra. Tremila anni di storia calpestati». In Medioriente la pianista ha suonato alcuni brani molto poco noti di Beethoven, che figureranno in un ciclo di seminari che terrà prima a Olbia, nella sede della Cna ai primi di novembre, e poi negli Stati Uniti, ai primi del 2014. Sempre a gennaio la Holt terrà a Olbia un seminario sul clavicembalo ben temperato di Bach, che poi bisserà anche a Parigi e Dublino. Nell’attesa, oggi e domani l’artista sarà prima a Cagliari e poi ad Alghero all'evento per la celebrazione dei 25 anni della rivista "Poesia" con un reading dedicato a Seamus Heaney, premio Nobel nel 1995. Infine, ha anche partecipato alla selezione del concorso "Visioni Italiani" col film “Percorsi immobili di un passeggero clandestino”, in cui figura come pianista e voce recitante. Un film ambientato in Irlanda, ma con molte scene girate a Olbia. (info: http://magdalenaholt.com/)

16.3.12

Fra cielo e cielo


Fra cielo e cielo

Nello specchio d’acqua
riflesse fra cielo e cielo
due immagine radiose
un viso e un fiore
l’arcobaleno gioca su loro
l’amore tutto colora
felicità averti incontrata
come quel fiore
il raggio del sole

Pietro Atzeni

7.3.09

Luca aveva 33 anni... ed era gay è non è stato cantato a San remo


Ora che le polemiche   suscitate   dalla  canzone  ( musicalmente  è buona  , soprattutto perchè ha   avuto  buon gioco  di farsi accompagnare  da  una   ,  da  quell poco  che  da  profano  ne  capisco  ,  bellissima   voce  femminile  )   di  povia Luca  era  gay  il cui testo :  secondo  l'autrice  di eka.iobloggo.com/ : << (...)  Secondo me c'è poco da dire/da lamentare: fa cagare, e non solo per il tema decisamente opinabile, poco e mal argomentato ( che si studi Freud, prima di citarlo in maniera errata) ed alquanto idiota (tizio era gay, adesso sta con lei...), sapientemente studiato per provocare tutto il marasma che si è portato dietro -per non parlare di Luxuria sempre in televisione, (....)  Fa cagare, punto. >> qui il   resto dell'articolo  in questione  )  , sono mature   per  parlare  " pacamente   "  (  per parafrasare  un  noto politiko italiano   che    ha  capito  dopo varie  batoste    di farsi da parte  )   di   tali argomenti   e  proporre  , vedi titolo , la storia    di un 'altro Luca  .
L'occasione  viene  da un post  riportato  Dall'altro nostro (   per   chi ha  anche  blogger  come   blog  principale  e solo  l'account  in splinder    ) blog  riporto  qui l'url  per chi non lo ricordasse o non  lo conoscesse  ancora  www.ulisse-compagnidistrada.blogspot.com pubblico questa  toccante  storia  riportata  dalla  cdv  (   sia   in  splinder  sia  in blogger  )  daniela  tuscano  .

<<


Riceviamo e volentieri pubblichiamo.



Cara Daniela,
Povia afferma che il "suo" Luca ex gay in realtà porta un altro nome, ora ha 58 anni, è sposato, ha una figlia e ha finalmente raggiunto felicità e benessere interiore.
Io invece voglio raccontarti d'un altro Luca. Che si chiamava proprio così, e la cui storia è un po' diversa da quella cantata a Sanremo.
Luca aveva 33 anni quando ci ha lasciati! Ma la sua energia è ancora dentro tutti coloro che l'hanno conosciuto. Come a me e a Matteo.

Io e Matteo siamo due volontari di una pubblica assistenza di Firenze, e ci venne chiesto se volevamo fare un servizio di assistenza domiciliare in una casa vicino a dove abitavamo noi. L'impegno era soltanto per due volte alla settimana e si trattava di preparare la cena, se lo sapevamo fare, oppure andare a fare la spesa, perché questa una viveva sola e non poteva uscire perché malata. Negli altri giorni altri volontari a svolgevano questo servizio, ma eravamo liberi di andare a trovarla ogni volta che volevamo.


Così io e Matteo accettammo; in fondo bastava organizzarci per chi dei due andava a comprare le cose mentre l'altro preparava la cena. Sarà la solita vecchina o vecchino solo senza famiglia, o con la famiglia che se ne fregava, pensammo. Dissi a Matteo: "Perché non facciamo un salto domenica sera a vedere un po' com'è la situazione? Così ci organizziamo di conseguenza". E così, la domenica, andammo all'indirizzo che ci avevano dato. Aprimmo con le chiavi forniteci dall'organizzazione in quanto il padrone di casa non sempre era in grado di alzarsi dal letto.
Ci trovammo in un piccolo salotto molto accogliente, con un gran divano che prendeva tutta la parete e dava di fronte alle finestre spalancate su un piccolo giardino molto ben curato. In un angolo, su una sedia a dondolo c'era un ragazzo molto giovane, con una sigaretta tra le dita, molto magro e pallido. Ci disse buonasera e io e Matteo ci guardammo un po' stupiti. Si presentò dicendo di chiamarsi Luca e che era lui il bisognoso di assistenza perché malato di Aids; se questo ci avesse creato problema, lui avrebbe capito e richiesto altre persone. Io, superato il primo momento d'imbarazzo, mi avvicinai e mi presentai e gli dissi che per quanto mi riguardavanon ci sarebbero stati problemi. Non ci furono neanche per Matteo. Così cominciò la nostra avventura con Luca. Cominciammo ad andare due volte, che poi diventarono tre, poi quattro, e tutte le domeniche sere restavamo a cena con lui. Divenne la nostra vita. E noi la sua. Non passava momento libero che non fossimo con Luca. Aveva lasciato i genitori a 20 anni per andarea vivere da solo con il suo compagno, ma tutto in gran segreto, perché i genitori rifiutavano totalmente l'idea di avere un figlio gay. Quando andavano a trovarlo, doveva cacciare di casa il compagno perché, se lo avessero visto in compagnia di un uomo, da solo in casa, sarebbe successo il finimondo.

Questo è durato per 10 anni, fino a quando il suo compagno è morto per Aids. Luca aveva contratto la malattia due anni prima che morisse il suo compagno, e per i tre anni che sono seguiti prima della sua morte, aveva tagliato i ponti con tutti. I genitori sono venuti a sapere che il loro figlio era gay e pure malato soltanto dopo la morte del partner, perché glielo aveva rivelato lui stesso. Da quel momento i genitori non erano più esistiti per Luca, e lui, di conseguenza, aveva cambiato serratura alla porta e annullato il contratto telefonico. Comunicava solo con il cellulare.
Quando ha cominciato a stare molto male si è rivolto alla nostra associazione per chiedere se poteva avere assistenza domiciliare. Così siamo entrati in gioco noi. Tra noi era nato un legame fortissimo, un'amicizia senza limiti. Matteo aveva due videoregistratori e ne portò uno a casa di Luca. Io ho circa 500 film, ogni volta gli facevamo scegliere tra generi diversi. Nei periodi in cui stava meglio e aveva voglia di uscire, lo portavamo al cinema, sua grande passione, in giro per la Toscana. Poi cucinavamo di tutto facendo un gran casino, e lui rideva come un matto.
Per l'unico Natale passato insieme, gli comprammo l'albero e anche il regalo. L'albero non lo aveva più fatto da quando era mancato il suo compagno. Trascorremmo insieme anche l'ultimo dell'anno. Anche di sesso parlavamo. Tra noi erano caduti tutti i muri. Eravamo diventati una famiglia. Ma cosa importante, eravamo riusciti a farlo sorridere di nuovo.


Diventammo anche la voce dello scandalo per gli inquilini. Quel via vai di uomini in quella casa. Se incrociavamo qualcuno, non ci salutavano o ci guardavano di traverso.
Poi venne aprile. Quella sera, quando arrivammo noi, lo trovammo a letto. Non riusciva neanche a parlare. Trovai il numero di telefono del medico e lo chiamai subito. Mi disse che si trattava d'una nuova crisi, di dargli quelle medicine di sempre e che, se Dio avesse voluto, si sarebberipreso. Non si riprese più. Quella notte noi rimanemmo lì. Io nel letto con lui, Matteo sul divano. Nella notte ci lasciò. Svegliai Matteo per avvisarlo. Lui chiamò il medico, che accorse subito. Poi di nuovo facemmo il nostro lavoro. Lavammo Luca, lo vestimmo e aspettammo che l'ambulanza lo portasse via. Solo quando si udì la sirena, quelli del primo piano chiesero cosa fosse successo. Per mia fortuna non avevo voglia di parlare, se no non so se sarei riuscito a controllarmi. Neanche Matteo rispose.
Dopo che l'ambulanza si fu allontanata, io e Matteo ci guardammo negli occhi gonfi per il pianto e per la notte insonne. E in quella, Matteo fece un gesto che, lì per lì, mi sorprese: in quel momento, nel giardino, davanti a quegli occhi curiosi e indifferenti, mi baciò. Matteo è eterosessuale e solo più tardi capii che quel bacio era per Luca, per provocazione a quella gente che per quei 7 mesi che noi eravamo stati lì, non si era mai presentata a chiedere se avesse bisogno di qualcosa.
Questa storia ci ha lasciato una grande ferita, che ha portato me e Matteo a non vederci quasi più. Io non faccio volontariato da quasi due anni. Matteo lo sento ogni tanto per telefono. Ci incontriamo il giorno del compleanno di Luca per andare insieme a messa. Non essendo parenti, non abbiamo saputo neanche dov'è sepolto, anche se forse dentro di noi, in realtà non lo vogliamo sapere.Preferiamo ricordarlo nella nostra intimità. Per Matteo è stata la prima esperienza con una persona sofferente che poi è morta. Per me, invece, la seconda. Il 2 gennaio del 1991 ho perso mia madre per leucemia.

                                                              Daniele Bausi
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Dovrei concludere  qui  ., ma datro che ci sono  ne  approfitto    per  rispondere   alla  grilo  a chi   mi scrive  (  nell'email  riportasta  sotto  i post  , o a quella di splinder  )  o  mi  sms    chiedendomi  e  scrivendomi :
1)   visto  che  parlate   di gay  , lesbiche  , siete per  caso gay  o lesbiche  ?
2) il  vostro sito  è  una  comunità   omosessuale  ?
3)   se  sei  etero  perchè  .......  ti schieri con quella  feccia  e  malati  ed  esibizionisti  bvedi le  loor  pagliacciate  di  gay  pride   e adesso lesbo pride  ? che voglionoisposarsi  ed  adottare bambini  non c'è più   religione  , roivinano la  famigflia  , ecc 
4)  e  altri commenti  neofascisti  e razzistici   che  mi viene  il disgusto   solo  a  ripeterlli e  a riportarli  .

Lo sò che  dovrei fare  come dante  non curarti di loro  , ma  certe cose  mi fanno vergognare   oltre che  (  come  mi  è sucesso   quando  ho visto  il film Philadelphia  del 1993, diretto da Jonathan Demme con Tom Hanks) piangere  nel vedere  che un uomo o  una donna  nel 21  secolo  sia  discriminagto per  le  sue scelte sessuali  .

Ecco le  mie risposte  .
1)    qui parlo per  me  ,  gli altri  non sò  se  vogliono possono replicare nei  commenti  , non lo sono  . E  se poi lo fossi  vi cambierebbe  qualcosa  ? 
2  )  ma  prima  d'aprire  quella  cloaca di boccca  ti sei accorto    d'aver   collegato bocca  con il  cervello  ?  l E’ stato anche dimostrato che una quota significativa di individui eterosessuali può manifestare dei comportamenti omosessuali in circostanze in cui l’accesso all’altro sesso è impedito o reso impossibile per le più varie ragioni (scuole, servizio militare, carceri, etc.).
E’ anche importante fare una istinzione tra l’orientamento sessuale omosessuale (il fatto cioè di avere preferenza esclusiva per una sessualità di tipo omosessuale) ed il comportamento omosessuale. Il comportamento omosessuale è infatti piuttosto comune nell’adolescenza, mentre la prevalenza dell’orientamento sessuale omosessuale nell’adulto è di circa il 7% nei maschi e di circa il 4% nelle femmine (anche se si ritiene che questi dati siano stimati per difetto).
In tutti i paesi europei l’omosessualità è considerata un comportamento assolutamente legale purché venga messa in atto da individui considerati in grado di intendere e di volere e consenzienti.
E per finire l’omosessualità è scomparsa da diversi anni anche dai manuali psichiatrici non essendo più considerata una malattia psichiatrica.Infatti    già  da  (  trovate la  copertina sotto  di un suo libro  )  Alfred Adler(1870 –1937) psichiatra e psicoanalista austriaco .
L’omosessualità non è una malattia".  Infatti  egli  : <<   (...)  . Nella fase dello sviluppo, il bambino affronta problemi e situazioni creando stratagemmi che ricava dalla propria esperienza e dal confronto con quelle degli altri, soluzioni che adotta come schemi del suo comportamento, ai quali si conformeranno da allora le sue risposte. Le ricerche della psicologia individuale hanno inoltre dimostrato che un bambino sarà tanto più perverso quanto più sarà accresciuto in lui il senso di inferiorità. Naturalmente sotto questa chiave anche l'educazione assume un senso di primaria importanza: un padre-tiranno, che offusca la personalità espressiva del figlio, può essere causa dell'insicurezza dello stesso, creando un grave senso di inferiorità, ed egli si oppone all'autorità del padre in modo nascosto, acquisendo le doti tipiche del perverso. Stessa cosa accade se la madre é forte e possessiva: il bambino avrà, un domani, un forte senso di scoraggiamento e quindi di repulsione verso la donna. La fuoriuscita dallo schema tradizionale fa sì che l'omosessuale sia scarsamente adattabile alla vita sociale, dove infatti egli è condannato ad essere considerato immorale. E' molto complicato curare l'individuo omosessuale perché si tratta di una nevrosi individuale costituita in età giovanile: é necessario estirparne l'omosessualità acquisita nell'infanzia, quindi rilevare in modo preciso la distanza dal partner sessuale, evidenziare l'aspetto dell'antisocialità ed infine sciogliere il senso di superiorità adottato per compensazione. L'omosessualità, come si diceva, é un fattore di educazione dell'infanzia. La vasta diffusione di questo fenomeno, normale nei tempi antichi come tutt'oggi in ogni classe sociale, fa ad Adler dedurre che l'omosessualità sia una perversione non curabile.>> (  tratto dalla sua biografia su   filosofico.net  )  Può sembrare assurdo doverlo ripetere nel 2006 ma l’Associazione Americana di Psicologia è stata costretta, nel corso di una settimana di convegni appositamente organizzati a New Orléans, a ribadire le posizioni stabilite ufficialmente nel lontano 1975.“L’omosessualità non è una scelta ma una condizione naturale, dunque non vi si può guarire” ha affermato l’Associazione degli Psicologi di fronte alle pressioni dei movimenti cosiddetti “ex-gay” come Exodus, secondo cui sarebbe possibile guarire dall’omosessualità abbracciando la fede religiosa. “Chi afferma il contrario - puntualizzano gli organizzatori - fa riferimento a pratiche religiose e non scientifiche, sul cui reale funzionamento non esistono prove scientifiche e che anzi possono essere fonte di discriminazione sociale.”Al convegno scientifico hanno trovato spazio anche associazioni come “Truth Wins Out”, che è da tempo impegnata nel portare alla luce le truffe e i raggiri che spesso stanno dietro ai presunti guaritori dal 'male' dell’omosessualita'.
3)  solo perchè  ......   con l'ano  e con la  bocca    non sono diversi da noi   .  Non sono malati   e tutti esisbizionisti , esperienza  personale  ( ne  ho conosciuto    e   alcuni li  frequento tutt'ora    ed altri non faccio nomi  per  privacy   e perchè  essere homosex  oggi     viene considerato oggi un tabù  e non mi và   ed0'essere  coresponsabile  d'averlo messo   alla  pubblica  gogna  , scrivono quoi  da  noi  ) .
Io  ho forti dubbi  sull'adozione   dei bambini a  coppie  gay e  Lesbiche    e non mi piace il matrimonio  omosessuiale   meglio  un pacs  o il solo matrimonio   laico in comune  )  .   i gay  pride  sarebbero delle    carnevalate   ( pagliacciate  non mi piace   come termine  )   se  non ci fosse  una cultura  (    sia  a destra , sopratu tto per  esperienza personaloe  e per  qule che vedo e sento  ,  sia   a sinistra  e ila  storia  di P.P.Pasolini lo dimostra  )  Poi  condivido  in parte   (  pnon  mi dilungo  , poer  non annoiarci   , ma sopratutto     perchè  chi mi legge   sa  cosa  condivido  d''esspo  ,  cmq    se  volete   sui  può approfondire  nei commenti   o  in  privato  )  quello che ha detto  nel discorso  di parlamentare   di cui riporto sotto la  prima parte Carmen Montón,  ministro del governo zapatero (  ha lo stesso ruolo di mara  Carfagna  )  che ha collaborato alla stesura della legge per il riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso. É corrispondente alla "nostra" Mara Carfagna. durante  l'iter legisloativo   della  legge di Zapatero  suoi matrimoni omosex 




trovate buzzintercultura.blogspot.com/ più  precisamente  qui se   non avete  voglia  di   cercare  nel suo archivio  .

  con questo è tutto alla prossima 

1.1.09

Senza titolo 1135

maglia


Imprigionami
nel tuo mondo,
avvolgimi
nei tuoi pensieri,
legami, possiedimi
senza tregua.
Insegnami a sfiorarti il cuore
con rispetto, costanza, amore.
Come delicata bimba
una carezza profonda e vera.

elena ©Copyright

21.10.08

Foa, addio poeta



Vittorio Foa (1910-2008)



Addio, poeta. Non riesco a usare un "ciao" nel salutarti, perché "ciao" deriva, in fondo, da "schiavo", e tu la schiavitù l'hai sempre combattuta. "Addio" ha un andamento venusto e solenne. E la tua pupilla, dietro gli occhiali spessi, nenniani, implacabilmente novecenteschi, splendeva arguta e satura di gioventù. Eppure, non riesco che a pronunciare un commiato antico. Addio. Roccioso come quercia, come zolla smossa dal sole. Libero, sì, del colore rosso della giustizia, dell'umanità secolare, del colore rosso delle bandiere al vento, quando ritrovarsi era lotta e costruzione. Poeta perché uomo, poeta perché minoranza, poeta perché ragazzo, ribelle ragazzo, scardinatore di regole e implacabile come un soldato senz'armi. La tua arma era la lancia acuta del pensiero laico e solenne. Addio, poeta della fiducia. Incrollabile nell'ottimismo, pugnace nell'intravedere un frizzo verde nel fango che ti circondava, che ci circonda. Addio, poeta d'un sole feroce. Addio, poeta dei contrasti e dei colori decisi. Sei mancato quando più avevamo bisogno di te, sei mancato restando fino all'ultimo. E, mancando, ci hai insegnato che ognuno deve percorrere in solitario il suo tratto di strada. Non sei scivolato via. Hai infuso in noi un fuoco immenso. Addio, poeta dei tumulti e dei canti. Non temiamo questo saluto, perché hai comunque vinto. Il tuo tratto era la fierezza, uomo fuggitivo e spigoloso. Degno dell'attimo, ci hai donato tutto. Addio, poeta, nostra metà migliore.


Daniela Tuscano

27.9.08

Senza titolo 894

g24

Vorrei aprirmi come gemma tra le tue braccia
vorrei sognare e vivere...
...vivere....
vorrei assaporare tutto di te
con voracità
e lentezza,
con passione
e dolcezza,
con la gioia dell'attimo
e la tranquillità del domani.....

elena

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...