Cinzia Finco Pufffffff ... sempre bastian contrari ... anche quando ha fatto la seratona a Venezia c'è stato il malcontento tra i veneziani. Ma per chi non abita nei contesti proposti è comunque uno spettacolo. Per poter parlare di tutto dovrebbe fare puntate su puntate. Godiamoci quello che ci offre. Penso che anche a lui piacerebbe spaziare di più
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
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27.9.22
la strana fa,miglia di Gaber e La strana famiglia (40 anni dopo) di dado come cambia la tv e la massa italiana
20.11.21
Per capire la violenza bisognerebbe ascoltare le vittime e incoraggiarle a parlare.ecco perchè celebrò il 25 novembre anche se odio le giornate a tema
segnalo questa interessante iniziativa
Quando sei vittima di violenza, domestica, non sei solo una donna che ha subito un trauma con cui dovrà convivere tutta la vita.
Spesso sei anche una madre che ha condiviso quella violenza con i suoi figli, che la condivide, che ha il dovere di esorcizzarla.
In un sforzo continuo e in divenire: perché il violento non si arrende mai. Non è mai una dinamica post traumatica, ma sempre in elaborazione. Così come il pericolo e la minaccia.La natura dell'orco è quella di continuare nel suo intento distruttivo, utilizzando i mezzi a propria disposizione (altre persone, ricorsi legali, minacce sui social, aggressioni, violenza economica, subalterni o sottoposti, nuove partners, denigrazioni costanti, sistemando magari testimoni in case e macchine più comode per le ritrattazioni in tribunale) e soprattutto accanendosi sui figli a cui viene fatta pagare la non sottomissione della madre alla violenza.
In tutto questo, le istituzioni vanno a rilento.
Peraltro la vittima di violenza non può nemmeno indicare come catarsi la causa del suo calvario. Il suo calvario, pur avendo un' identità precisa, un nome e cognome, non può essere nominato. Benché indagato, rinviato a giudizio, conosciuto dalle forze dell'ordine e anche dal resto del mondo, gode di una sorta di complicità mafiosa per la quale può continuare ad agire indisturbato, (peraltro facendo pure altre vittime) ma da innocente fino a terzo grado di giudizio, così come vuole il nostro stato di diritto.La vittima di violenza si trova così in una sorta di alienazione in cui non può nemmeno giovarsi della parola condivisa come alleggerimento. Vive come una malata senza però poter dire di cosa soffre, legge negli occhi dei suoi figli la richiesta disperata di soluzione, e vive con la rassegnazione di dover morire di un male che non ha cura.La cura, in realtà, esiste: solidarietà e riprovazione sociale della violenza.E invece accade il contrario: solidarietà al carnefice e riprovazione sociale della donna che parla e che non è stata zitta, mettendo tutti in imbarazzo.Ogni giorno le donne muoiono di morte fisica, sociale, psicologica, e con loro muoiono i loro figli, semplicemente perché è più comodo accettare un uomo violento che non una donna che dice la verità.E Patrizia Cadau una dei relatori ne sa qualcosa: è una sopravvissuta e continua a denunciare la violenza e i suoi merdosi complici finché avrà respiro e lucidità per farlo.
8.6.21
non esiste più un nazionalismo di una volta . Il forte di Alessandria dove fu sventolato nel 1821 per la prima volta il tricolore è un rudere
Vagonate di amianto, frigoriferi scassati e rifiuti abbandonati in un capannone. E poi i danni provocati dall’ailanto, l’albero del Paradiso Il forte di Alessandria assediato dai rifiutiLa Cittadella di Alessandria, gioiello militare, aggredita pure da erbacce e piante infestanti
Corriere della Sera 7 Jun 2021di Gian Antonio Stella
È un capolavoro di architettura bellica del Piemonte. Qui il 10 marzo 1821, per la prima volta nella storia d’Italia, sventolò il tricolore. Oggi, dopo tanti annunci e altrettanti abbandoni, è in queste condizioni
Un machete. Ecco cosa ci vorrebbe per solcare come Indiana Jones la giungla infestante che sbarra fino ai tetti certi passaggi tra una caserma e l’altra della Cittadella d’Alessandria. Che vergogna... C’è da arrossire davanti alle discariche di immondizia tra i ruderi degli edifici crollati. Alle vagonate di amianto, frigoriferi scassati e rifiuti velenosi abbandonati in un capannone in disuso dalla saracinesca sventrata. Ai resti di libri bruciati buttati qua e là. Alle tegole schiantatesi a terra dove «per legge non si possono toccare». Alle muraglie di vegetazione dietro le quali puoi solo intuire l’esistenza dei bellissimi bastioni settecenteschi. Agli alberelli che spuntano tra i comignoli. Agli alberi che si sono ingoiati i tetti facendoli crollare.«Colpa del Paradiso», sorridono amari Ileana Spriano, Sergio Serafini e i volontari del Fondo ambiente italiano che da dieci anni si prendono cura della fortificazione abbandonata. Meglio: dell’ailanto, «la pianta del Paradiso» di origine orientale introdotta a metà del 1700 ai tempi in cui il Piemonte basava buona parte delle sue fortune sulla produzione di seta. Pianta all’epoca donatrice di prosperità, ma infestante. Radici lunghissime. Stupefacente rapidità di crescita. Ti distrai, parte e non la tieni più. Al punto che può arrivare fino a trenta metri d’altezza: quella di un palazzo di dieci piani.
Troppo comodo, però, scaricare tutto sull’ailanto: i primi responsabili del disastro storico, ambientale, culturale, sono infatti coloro che se ne sono occupati a partire dal 1994, l’anno della disastrosa alluvione in Piemonte. Quando la Cittadella, costruita a partire dal 1728 e considerata «un capolavoro di arte militare unico nel suo genere, con il suo complesso di mura e fossati, a forma di stella a sei punte che diventano dodici nella cerchia esterna», fu invasa dall’onda di piena del Tanaro. Un disastro. Che spinse i militari a decidere di dismettere un po’ alla volta il bellissimo presidio logistico e passarlo ai civili. Da
un demanio a un altro, stesso Stato. Disastro bis: il primo cominciò a trascurare la proprietà che stava lasciando, il secondo ad attendere di avere la piena proprietà di tutto prima di darsi una mossa. Risultato: quando l’ultimo dei militari, Maurizio Sciaudone, se ne andò nel 2007 (per diventare un nemico della sciatteria amministrativa) era già in condizioni pessime. Destinate a peggiorare per l’assenza, a eccezione di un edificio preso in carico dai Bersaglieri per un loro museo e un’altra palazzina presa dai Beni culturali, di manutenzione. Finché nel 2011, grazie anche a una denuncia del «Corriere», il vuoto fu interrotto dal Fai il quale, d’accordo con il Comune che mise 150 mila euro, cominciò a prendersi cura del complesso monumentale. Un’azione proseguita negli anni grazie al progetto «Cittadella senza sbarre» del 2012 che prevedeva, d’intesa con Comune e Istituti Penitenziari, che le carceri alessandrine individuassero detenuti disposti a collaborare per la salvezza di quel patrimonio che andava in malora. Obiettivo centrale: «Il contenimento e l’estirpazione dell’ailanto».
Questo è il punto: quella bella ma mefitica pianta infestante ha trovato nella Cittadella un ambiente ideale. Anche sui tetti. Tra la copertura e le tegole, infatti, gli edifici del complesso hanno uno strato di sabbia e di terra per contenere i danni causati da un eventuale colpo di cannone. I militari lo sapevano. E via via che spuntava una piantina la rimuovevano prima che crescesse. La dissennata indifferenza al problema, in perenne attesa d’un grande e straordinario intervento risolutivo (perché mai spendere pochi spiccioli al giorno invece che aspettare un megaprogetto di archistar e appalti milionari?) era stata catastrofica. Sei anni dopo il riavvio della manutenzione, nel 2018, le cose andavano meglio. Ma la scelta di «rallentare» il coinvolgimento a rotazione di una decina di detenuti (un centinaio in tutto, peraltro lodati per la dedizione) e le chiusure dovute alla pandemia hanno interrotto il percorso. Con danni incalcolabili. Dicono tutto le nostre foto, scattate la settimana scorsa. Giudicate voi. C’è chi dirà, sdrammatizzando: proprio lunedì 14 scade un bando di Invitalia per «l’affidamento dei servizi tecnici propedeutici alla realizzazione dell’intervento di “conservazione e valorizzazione della Cittadella militare di Alessandria”». Totale: 1.391.117,99 euro più Iva. Evviva? Niente affatto: sono solo soldi iniziali e «propedeutici» per poi cominciare chissà quando (campa cavallo!) i lavori veri e propri. E arrivano (se arrivano) cinque anni dopo l’impegno nel marzo 2016 di Dario Franceschini per lo stanziamento di 25 milioni mai arrivati. Più altri 5 della Regione, mai arrivati neppure quelli, denunciano gli ambientalisti. Cinque anni: quanto impiega una «pianta del Paradiso» a crescere di tre metri e più. Quanto c’è da aspettare ancora: un altro decennio, due, tre? Aveva ragione Guido Ceronetti. Quando all’inizio degli anni Ottanta, stremato da quanto era stato costretto a vedere, scriveva nel suo Un viaggio in Italia parole sconsolate: «C’è qualcosa d’immorale nel non voler soffrire per la perdita della bellezza, per la patria rotolante verso chi sa quale sordido inferno di dissoluzione, non più capace di essere lume nel mondo». E non è solo una questione di patrimonio architettonico o monumentale. Quella straordinaria Cittadella d’Alessandria oggi lasciata al degrado è stata un po’ la Betlemme dell’Italia. Perché fu lì, il 10 marzo 1821, che sventolò il primo tricolore del nostro Paese. C’è chi ha scritto che i tre colori non erano ancora il bianco, il rosso e il verde e che non erano verticali ma orizzontali: può darsi, ma era la prima bandiera scelta per l’Italia. E il colonnello Guglielmo Ansaldi, che aveva preso il comando della piazzaforte, tuonò: «Cittadini, lo stendardo del dispotismo è per sempre curvato a terra fra noi. La patria che ha gemuto finora sotto il peso di obbrobriose catene, respira finalmente l’aure soavi di fraternità e di pace. Cittadini! L’ora dell’italiana Indipendenza è suonata!». Come andò a finire si sa. Gli idealisti che avevano puntato tutto («Se ci allontaniamo per poco dalle leggi di militare disciplina vi siamo trascinati dal supremo bisogno della patria...») sulla presunta volontà di Carlo Alberto di avviare un processo costituzionale e spingere per l’unità d’Italia furono traditi nei loro ideali, nelle loro speranze, nei loro sogni. Peggio: duecento anni dopo la patria per la quale spesero la vita, anche andando a morire per la libertà altrui come Santorre di Santarosa in Grecia, non si è manco ricordata di loro.
8.4.21
"Il disagio chi lo vive non lo vanta": Francesco Scioni, in arte Shony da Sant'Elia smonta il mito trap criminale con la sua Desaparecido
Cercavo materiale per un post ( lo leggerete a breve è ancora in word progress ) e su https://youtg.net/canali/culture ho trovato questa bela notizia proveniente dal mondo rap \ hip hop .
CAGLIARI. "Ancora con questa gara a chi sarà Don Vito". E "il disagio chi lo vive non lo vanta". E ancora: "Da dove provieni vieni già additato. Zona popolare quindi un derivato. Pare criminale anche un incensurato". Versi, veloci, in musica di Francesco Scioni, in arte Shony, 31 anni, che in due minuti e diciassette del video "Desaparecido" - girato interamente a Sant'Elia - smonta l'artefatta mitizzazione di molti protagonisti della scena trap, che millantano radici nei quartieri popolari e più violenti, ma non sanno bene nemmeno quale sia il Codice di avviamento postale. Un pezzo in controtendenza, quello di Shony, cresciuto al Cep e trasferito a Sant'Elia a 12 anni: due quartieri popolari di Cagliari, dove la strada bisogna conoscerla. E non necessariamente mitizzarne le devianze: "La mia", spiega, "vuole essere una po' una critica su questo trend soprattutto della trap italiana di mitizzare la criminalità come se fosse la gara a chi ha la fedina penale più sporca". Un passaggio di desaparecido fa riferimento a "palazzi che sanno di Eldorado": "Questo quartiere", raccota Sciony, "è pieno di brave persone e di risorse urbane anche se molte di esse sono abbandonate a loro stesse, ma c'è da dire che negli anni il posto è migliorato tanto".
Il video
pubblicato su YouTube viaggia verso le diecimila visualizzazioni buon segno rispetto agli altri video idioti , spesso inventati e iperealistici , del genere trap
20.1.18
riflessioni varie ( ripredere un libro interrotto , siamo o non siamo italiani , imigrazione e le generalizzazioni malpaciste )
colonna sonora
La puntata è stata molto interessante, accontentare tutti è impossibile infatti
- il cd La terra,la_guerra,una_questione_privata e in particolare Dietro la linea Gotica - Csi
- Inno Nazionale - Luca Carboni
- IO NON MI SENTO ITALIANO - GIORGIO GABER
- madrepatria vibrazioni polemiche dala terra di buon gusto play list di spoty fay di Lorenzo Sileci alias elchino
La prima riflessione d'oggi è una riflessione " letteraria " . Dopo aver letto i due ( e credo per come si è concluso ne esca un altro ) ultimi libri di Saviano : La paranza dei bambini e bacio feroce ed ho lasciato interrotto ( managgia a me che vedo prima i film \ serie tv e poi leggo i libri dovrei fare il processo inverso ) , ma credo che mi farò coraggio e faro la stessa cosa di cui parlo oggi , Suburra di Carlo Bonini,Giancarlo De Cataldo . Mi sono detto : basta mafia\e e sisema corrotto ( band a della magliana , Mafia capitale , ecc ) e d guardando fra la pila di libri da leggere ho trovato un libro lasciato a metà : Il libro di Johnny ( edizione filologica \ criica de il partigiamno jonny ) di Beppe Fenoglio
In un primo momento, Beppe Fenoglio aveva ideato un unico grande ciclo di Johnny, che partiva dagli anni del liceo di Alba, proseguiva con il corso ufficiali a Roma, l'8 settembre, il complicato e pericoloso ritorno in Piemonte e l'adesione alla guerra partigiana, fino al passaggio dai garibaldini ai badogliani, a cui seguirono i vari scontri e la morte di Johnny. Successivamente, però, Fenoglio riscrisse la prima parte di questo suo ambizioso "progetto" narrativo, facendo di Primavera di bellezza un romanzo autonomo. Tagliò tutta la parte iniziale e aggiunse un finale che non c'era. E mise mano alla seconda redazione del Partigiano Johnny, che poi abbandonò. In questa edizione, curata da Gabriele Pedullà, viene per la prima volta ricostruito il continuum narrativo del grande romanzo, così come Fenoglio l'aveva inizialmente pensato e concepito. E la saga di Johnny, frammento dopo frammento, riemerge in tutta la sua forza storica e romanzesca. da https://www.lafeltrinelli.it/libri
Oltre i motivi spiegati nell'articolo riportato sopra , a farmelom interrompere , ci sono : 1) l'abbondandare e la presenza d'intere frasi dovute al fatto che lui pensasse e scrivesse in inglese e poi traducesse in italiano 2) la lingua 3) la tormentata vicenda editoriale ( qui maggiori dettagli ) che lo porto a riscriverlo e farne diverse stesure . Infatti usci postumo perr morte prematura dell'autore .
Ma a farmelo riprendere sono 1) il senso di colpa che mi viene , nel non portare alla fine libnri anche pessimi e noiosi ., 2) che fu un autore fiero ed indigesto a certi partigiani perchè descrisse la resistenza senza filtri e senza retorica oltre la vulgata eroica ., 3) perchè a parlarne ( come feci io con i miei primi post del blog quando ancora era splinder ) o a farne un disco o concerto come hanno fatto gi ex Csi con il live La terra, la guerra, una questione privata Pubblicato nel 1998, è la registrazione di un concerto dedicato alla memoria e all'opera di Beppe Fenoglio tenutosi il 5 ottobre 1996 ad Alba, nella chiesa di San Domenico.( .... continua wikipedia : La terra,la_guerra,una_questione_privata ) prova quieste emozioni : << Picchia duro. Riascoltata un anno dopo la registrazione della serata ci ha turbato. Abbiamo deciso di fermarla, trasformarla in un disco. Un disco eccessivo che non si può tenere nascosto né si può consumare a cuore leggero. Difficile da gestire. Non è un disco live, nemmeno un concerto, è una serata in onore e a memoria di Beppe Fenoglio. Un luogo, un pubblico, un contesto irripetibile. (Giovanni Lindo Ferretti) >>
la seconda è nata da un cazzeggio su https://www.facebook.com/gelocalcronacaitaliana/ da cui ( chi mi segue anche sui social lo sa ) prendo e riporto tali news \ storie .
Roberto Padrin promette di andare fino in fondo per capire cosa non ha funzionato nel programma di Rai 1 “Meraviglie” di Alberto Angela - Pagina Fan Ufficiale, che mercoledì sera ha fatto tappa sulle Dolomiti. La puntata ha ottenuto il record di spettatori ma per i bellunesi si è rivelata una delusione profonda, perché tutto il servizio è stato girato in provincia di Trento con qualche citazione per Bolzano e nessuna per gli altri territori interessati (via Corriere delle Alpi più precisamente qui ). Infatti secondo il corrieredellealpi : << [....] è necessario andare oltre il piagnisteo di chi vede Trento e Bolzano approfittare di privilegi sempre più odiosi, perché il problema principale della puntata di “Meraviglie” è stata la disinformazione: «Quando si fa un servizio pubblico servirebbe una maggiore accuratezza», rileva Irma Visalli, che da assessore provinciale si occupò dell’iter per il riconoscimento delle Dolomiti a Patrimonio dell’umanità. «Io a un certo punto ho smesso di sentire la voce di Angela perché ero rapita dalle immagini che erano davvero fantastiche. Il servizio aveva degli aspetti positivi, ma anche alcuni errori clamorosi e pochi contenuti e su questo il rammarico è inevitabile, perché c’è molto da dire sulle Dolomiti». Nel complesso, però, la Visalli cerca di essere positiva: «Credo che oggi ci siano più persone che conoscono le Dolomiti e va bene così» >>
La puntata è stata molto interessante, accontentare tutti è impossibile infatti
Cinzia Finco Pufffffff ... sempre bastian contrari ... anche quando ha fatto la seratona a Venezia c'è stato il malcontento tra i veneziani. Ma per chi non abita nei contesti proposti è comunque uno spettacolo. Per poter parlare di tutto dovrebbe fare puntate su puntate. Godiamoci quello che ci offre. Penso che anche a lui piacerebbe spaziare di più
Gestire
Marta Fassi Forse si poteva dare spazio ad altri luoghi ma almeno è stato bello ed interessante
Gestire
Rita Rielli In un programma di poche ore qualcosa viene sacrificato. Sempre
si vede proprio di come l'essere italiani sia solo un fatto storico-politico , ma non antropologico \ cuturale . Nessuno è profeta in patria e chi lo dice viene deriso ed accussato di disfattismo come le due cnzoni citrate all'inizio ( mi scuso per chi mi segue da vecchia data se le ripropongo ma purtroppo è cosi non c'è niente da fare abbiamo fatto l'italia ma non abbiamo fatto gli italiani e non cisomno riusciti la monarchia, il fascismo , la repubblica ) .
Confermo i suoi limiti , per quel poco che sono riuscito a vedre , causa abbuiocco e cattiva prgrammazione rai : leputtanate fesserie iniziano presto le cose interessanti , quando va bene dalle 21.30 . E la continua pubblicità nonostante si paghi ( anche se non possiedi tv ) un lauto canone , neppure fosse un tv commerciale \ privata . . Ma allo stresso tempo dico che era un ottima trasmissione e gli divo di fregarsene e ed andare avanti . La perfezione assoluta non esiste .La prossima sarà migliore e riuscirà meglio
La terza deriva , sempre tramite la pagina faceboook di geolocal , da la Gazzetta di Modena del 20\01\2018
Gloria del ristorante Glamour in via Mazzoni chiuso per 15 giorni dal questore di Modena: «Penalizzata da connazionali che stanno in strutture e non cercano integrazione» Infatti come dichiara lei stessa : «Sono ormai 25 anni che vivo a Modena e qui, con mio marito e la mia famiglia, abbiamo investito nella nostra attività che consiste in un negozio ed un pubblico esercizio. Qui abbiamo la nostra vita, sono mamma di quattro figli, la più grande frequenta il liceo le altre varie scuole cittadine. Ho quindi gli stessi problemi che hanno tutti gli altri cittadini, problemi legati al lavoro, all’economia, quelli legati al bilancio famigliare. Ma da qualche anno non è più così, si è aggiunto un grosso ed enorme problema e a crearlo sono i miei connazionali, quelli che sono qui a spese dello stato italiano»
Confermo i suoi limiti , per quel poco che sono riuscito a vedre , causa abbuiocco e cattiva prgrammazione rai : le
La terza deriva , sempre tramite la pagina faceboook di geolocal , da la Gazzetta di Modena del 20\01\2018
Modena, «Qui ormai è un ghetto e la mia attività affonda»
di Stefano TotaroGloria del ristorante Glamour in via Mazzoni chiuso per 15 giorni dal questore di Modena: «Penalizzata da connazionali che stanno in strutture e non cercano integrazione» Infatti come dichiara lei stessa : «Sono ormai 25 anni che vivo a Modena e qui, con mio marito e la mia famiglia, abbiamo investito nella nostra attività che consiste in un negozio ed un pubblico esercizio. Qui abbiamo la nostra vita, sono mamma di quattro figli, la più grande frequenta il liceo le altre varie scuole cittadine. Ho quindi gli stessi problemi che hanno tutti gli altri cittadini, problemi legati al lavoro, all’economia, quelli legati al bilancio famigliare. Ma da qualche anno non è più così, si è aggiunto un grosso ed enorme problema e a crearlo sono i miei connazionali, quelli che sono qui a spese dello stato italiano»
MODENA. «Sono ormai 25 anni che vivo a Modena e qui, con mio marito e la mia famiglia, abbiamo investito nella nostra attività che consiste in un negozio ed un pubblico esercizio. Qui abbiamo la nostra vita, sono mamma di quattro figli, la più grande frequenta il liceo le altre varie scuole cittadine. Ho quindi gli stessi problemi che hanno tutti gli altri cittadini, problemi legati al lavoro, all’economia, quelli legati al bilancio famigliare. Ma da qualche anno non è più così, si è aggiunto un grosso ed enorme problema e a crearlo sono i miei connazionali, quelli che sono qui a spese dello stato italiano».
Gloria ha 47 anni, è nigeriana e divide le sua giornate tra il lavoro di mamma, quello all’interno del bar ristorante Glamour in via Mazzoni e al negozio di parrucchiera in viale Crispi. Proprio l’altro giorno ha ricevuto, relativamente al bar ristorante Glamour, la notifica del provvedimento di chiusura temporanea per 15 giorni. Una misura scattata perché, negli ultimi controlli effettuati dalle forze dell’ordine nella zona del Tempio e della stazione dei treni, era stato trovato qualche pregiudicato all’interno del suo locale. E cosi per motivi di ordine pubblico si è deciso di abbassare le serrande al locale.
«È questo il vero problema e anche se sono miei connazionali io non ci sto. Sono nelle vostre stesse condizioni». E con quel “vostre” Gloria intende dire modenesi. «Quando mia figlia arriva in autobus alla stazione dei treni mi chiama al telefono - dice - perché ha paura a fare il portico per raggiungere il locale o il salone da parrucchiera. Devo andarla a prendere: ha paura a fare lo slalom tra chi fuma marijuana e chi beve, è stata importunata. Questo per dire che capisco benissimo il disagio di abita da queste parti o di chi frequenta questa zona».
«Per quel che mi riguarda la situazione è insostenibile - spiega Gloria- ho giovani che mi entrano nel locale, prendono una bottiglia di birra, la lasciano sul bancone, escono, vanno sotto ai portici a fare i loro affari di droga, poi tornano, stanno qui, vanno in bagno e poi riescono, come fosse casa loro. Sono tutti richiedenti asilo, mi hanno già fatto perdere clienti, operai della zona, altri miei connazionali. Quando dico loro che sto per chiamare la polizia mi sfidano, mi urlano contro “fallo, dai , chiama la polizia, tanto non ce ne frega niente, non ci fanno nulla”. E in effetti questi non hanno nulla da perdere, sono alloggiati nelle strutture ma passano il giorno qui in stazione». «Quello che non capisco è come si possa ancora sopportare una situazione del genere - conclude Gloria - non si
crea integrazione, sono loro stessi che ormai hanno il businness della droga e non gli importa nulla di imparare l’italiano, di integrarsi, di fare qualcos’altro. E così mi danneggiano e danneggiano tutta la zona. Qui è ormai un ghetto. Io vorrei lavorare e ho i miei diritti».
«È questo il vero problema e anche se sono miei connazionali io non ci sto. Sono nelle vostre stesse condizioni». E con quel “vostre” Gloria intende dire modenesi. «Quando mia figlia arriva in autobus alla stazione dei treni mi chiama al telefono - dice - perché ha paura a fare il portico per raggiungere il locale o il salone da parrucchiera. Devo andarla a prendere: ha paura a fare lo slalom tra chi fuma marijuana e chi beve, è stata importunata. Questo per dire che capisco benissimo il disagio di abita da queste parti o di chi frequenta questa zona».
«Per quel che mi riguarda la situazione è insostenibile - spiega Gloria- ho giovani che mi entrano nel locale, prendono una bottiglia di birra, la lasciano sul bancone, escono, vanno sotto ai portici a fare i loro affari di droga, poi tornano, stanno qui, vanno in bagno e poi riescono, come fosse casa loro. Sono tutti richiedenti asilo, mi hanno già fatto perdere clienti, operai della zona, altri miei connazionali. Quando dico loro che sto per chiamare la polizia mi sfidano, mi urlano contro “fallo, dai , chiama la polizia, tanto non ce ne frega niente, non ci fanno nulla”. E in effetti questi non hanno nulla da perdere, sono alloggiati nelle strutture ma passano il giorno qui in stazione». «Quello che non capisco è come si possa ancora sopportare una situazione del genere - conclude Gloria - non si
crea integrazione, sono loro stessi che ormai hanno il businness della droga e non gli importa nulla di imparare l’italiano, di integrarsi, di fare qualcos’altro. E così mi danneggiano e danneggiano tutta la zona. Qui è ormai un ghetto. Io vorrei lavorare e ho i miei diritti».
Considero questa presa di posizione una risposta che sono " buonista " verso gli mmigrati e mi lascio fare ed accetto tutto . Non dimentichiamo che essi vengono da noi , non solo per delinguere e sfuggire ala giustizia dei loro paesi , ma per ( la maggior parte cercare un futuro migliore , una speranza , cosa che gli abbiamo tolto con le nostre sciagurate politiche estere ed economiche .
16.3.12
mitello Scuola di Via Bologna. I VV.FF. dichiarano l’inagibilità di alcune aule
se invece di buttare i soldi in caccia bombardieri ed accellerassero le pratiche per la restituzione dei soldi rubati dai corrotti o tagliassero i rimborsi e i finanziamenti ai partiti queste cose non succederanno ne al Nord ne al sud come riporta questo fatto dio cronaca che trovate sotto
forse quando morirà qualche loro parente o elettore allora interverranno dopo ovviamente le solite lacrime di coccodrillo o lava coscienza . scusate lo sfogo qualunquista e cinico ma certe cose mi fanno incazzare
da http://www.scordia.info/
Scuola di Via Bologna. I VV.FF. dichiarano l’inagibilità di alcune aule.
Lorenzo Gugliara | 16 marzo 2012
Dopo la caduta di alcuni calcinacci venuti giù dalla pensilina posta all’ingresso della scuola di via Bologna, avvenuta venerdi scorso intorno alle 14.05, su richiesta di alcuni genitori, preoccupati per lo stato precario in cui versa la scuola, sono intervenuti stamani i Vigili del Fuoco che, insieme ai carabinieri della locale stazione, hanno effettuato un sopralluogo in seguito al quale, sono state dichiarati inagibili l’intero padiglione 6 che ospita sei aule della materna e un’aula del padiglione 4.COMMENTO. Quella del plesso scolastico di via Bologna è una storia triste che dimostra come spesso quello che conta di più è apparire dinnanzi all’opinione pubblica più che affrontare con umiltà i problemi. Quelli di via Bologna, è innegabile, sono problemi vecchi come la struttura che ospita i bambini delle elementari e della materna. Malgrado gli interventi strutturali che sono stati realizzati, la messa in opera di guaina sul tetto, lavori di restiling al controsoffitto della pensilina, continua a piovere all’interno delle classi, i bambini sono costretti a stare con i giubbotti per il freddo e adesso, dopo la decisione di chiudere le classi dopo il sopralluogo dei vigili del fuoco, chiamati dai genitori, costretti a rimanere a casa in attesa di una collocazione.Non ci sentiamo in colpa per avere procurato alcun allarme, perchè i fatti hanno dimostrato che l’allarme non era infondato. Abbiamo semplicemente dato voce ai genitori che hanno chiesto il nostro intervento. I fatti. Lunedi siamo stati chiamati da alcuni genitori che ci hanno esposto la loro preoccupazione per la caduta di alcuni calcinacci dal controsoffitto. Nel frattempo ci siamo resi conto, dal vivo, di alcune crepe da cui si infiltrava acqua piovana. Abbiamo raccolto dati, registrato interventi, e alla fine abbiamo raccontato fatti.Sfiorata la tragedia, che tanto ha dato fastidio al sindaco, era il modo migliore, secondo noi per evidenziare la gravità del problema. Abbiamo fatto un ragionamento semplice non avendo potuto fare ne una prova da carico ne una simulazione dal vivo. Abbiamo pensato che la caduta di parte del controsoffitto mentre sotto si sarebbero potuti trovare bambini, genitori e insegnanti, avrebbe potuto creare grossi problemi e anche un pezzo di controsoffitto caduto in un occhio per un genitore e per qualsiasi essere umano sarebbe potuta diventare una tragedia.Andiamo oltre. Un ringraziamento speciale all’assessore Biagio Caniglia che ci ha tenuto informati per l’amministrazione. Silenzio totale da parte dell’assessore alla pubblica istruzione, Giusy Pernice. Promesse di adire a vie legali da parte del sindaco. Ne prendiamo atto.
forse quando morirà qualche loro parente o elettore allora interverranno dopo ovviamente le solite lacrime di coccodrillo o lava coscienza . scusate lo sfogo qualunquista e cinico ma certe cose mi fanno incazzare
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