Visualizzazione post con etichetta femminicidio. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta femminicidio. Mostra tutti i post

27.3.25

la gelosia morbosa ( da non confondere con quella normale ) può portare all'amore tossico e alla violenza di genere ovvero al femminicido

       


            

 ora  c'è  gelosia  e gelosia  morbosa .    La differenza tra le  due  sts   nell'intensità e nella natura del sentimento.

  • Gelosia: È un'emozione comune che può manifestarsi quando si teme di perdere qualcosa o qualcuno importante, come un partner, un amico o una posizione. Spesso è accompagnata da insicurezza o bisogno di protezione, ma rimane entro i limiti della razionalità e non sfocia in comportamenti estremi.

  • Gelosia morbosa: È una forma di gelosia eccessiva e patologica, che si trasforma in ossessione. Chi ne soffre può sviluppare sospetti infondati, controlli eccessivi, paranoia e comportamenti coercitivi. In casi estremi, la gelosia morbosa può portare a dinamiche di amore tossico, violenza e persino a gravi conseguenze come il femminicidio.

La gelosia morbosa richiede attenzione e, spesso, un intervento professionale per affrontare le radici del problema e proteggere le persone coinvolte      in  quant come  riporta il video  qua  sotto     


  degenerà  in  violenza  di genere  e  femminicidio . 

⁕ La gelosia morbosa: psicopatologia e rischi associati  di  Dott. Christian Spinelli Psicologo Psicoterapeuta

16.3.25

replica della giornalista Nadia Somma al mio post sulla parità femminile

 il post  incriminato 😥😥

 Ecco la  risposta  , al mio post provocatorio   : <<  la parità sarà veramente tale quando smetteremo di stupirci se una donna compie le stesse azioni orribili che siamo abituati ad associare a un maschio: rivolgere un insulto sessista a una ragazzina  >> messo  sulla   bacheca  facebook  di Nadia Somma  giornalista  Blogger de Il Fatto Quotidianowww.ilfattoquotidiano.it )    più  precisamente    a   questo suo post  su l'8 marzo 

 , 



Guardi c’è un grandissimo fraintendimento. Il femminismo non ha mai dichiarato che le donne sono migliori degli uomini . Le donne sono capaci di commettere violenza: uccidere I figli, a volte ammazzare il marito , insultare una ragazzina . Ma , c’è una situazione molto ambigua. Angelicare una donna perché madre, o vergine, o oblativa e affermare che sono esseri superiori non è altro che il contraltare del disprezzo . Disprezzo quando abortiscono e rifiutano la maternità , disprezzo quando non accudiscono e si concentrano su loro stesse e disprezzo quando vivono liberamente la loro sessualità .In genere quando si parla di violenza maschile , gli uomini tendono a spostare il discorso ‘ma anche le donne ‘ . Ebbene abbiamo dei numeri che ci dicono quanto la violenza maschile, sia pervasiva  e diffusa in maniera sproporzionata rispetto a quella esercitata dalle donne. I 70 uomini che hanno stuprato Gisele Pelicot , non erano mostri. Erano uomini ben inseriti nella società con mogli e figlie . Giornalisti , vigili del fuoco, avvocati . Eppure non hanno esitato a commetter atti sessuali su una donna priva di sensi. A loro è bastato il consenso del marito . Esiste un problema culturale enorme e un immaginario che rende ciechi gli uomini rispetto al considerare le donne ‘roba loro’ o semi soggetti a cui conceder o meno , diritti.
La rabbia, gli insulti , le minacce di morte che ricevo solo per scrivere dati ufficiali sulle disparità di genere mostrano un rancore sordo, cieco, un odio persino profondo e antico. Mettere in discussione il potere maschile costa. Ha un prezzo. Per me e per tutte le attiviste . Infine , Checco Zalone, non credo volesse mandare il messaggio che la fine del patriarcato porterà subordinazione degli uomini . Ma voleva prendere in giro chi pensa che la fine del patriarcato porterà gli uomini alla sottomissione . Una psichiatra anni fa ad un convegno disse: gli uomini hanno il terrore del femminismo perché hanno interiorizzato talmente tanto le logiche di potere ‘o domini o sei dominato ‘ da non riuscire nemmeno ad immaginare un mondo privo di dominio , con le donne in una situazione di libertà e parità. Vi dovete fidare di chi ha lavorato anni per smantellare quelle logiche e riesce a immaginare un mondo che ne è privo
Certo questo significa accettare la libertà delle donne : di fare sesso con chi pare a loro, di lasciare un uomo , di desiderare una donna , di non avere figli, di dedicarsi al lavoro e di essere felici . Ma per alcuni , tutto ciò che ho elencato è una minaccia . La felicità delle donne è una minaccia per gli uomini convinti che l’origine e la causa di quella felicità debba essere un uomo .

9.3.25

ergastolo per il femminicidio . legge seria anche se solo repressiva come le grida manzoniane o spot propagandistico ?




con il termine ‘femminicio s'indica l’uccisione di una donna in quanto donna: un omicidio radicato nella discriminazione di genere. Questo termine evidenzia una specica dinamica di violenza, spesso legata al possesso, al controllo o alla subordinazione, come è stato riconoscoiuto dalla legge del 2013 che lo ha introdotto per combattere la violenza contro le donne. , non ha ( da quel che ne capisco di garbugli giuridici e leggislastivi ), visto la proposta di legge della meloni, un riconoscimento giuridico vero e proprio. La nuova legge prevede pene severe, inclusa l'ergastolo, per chi commette omicidi motivati da odio o discriminazione nei confronti delle donne. Infatti la legge del 2013 cioè il Codice Rosso ha modificato il Codice penale e il Codice di procedura penale, introducendo misure di protezione per le vittime di violenza domestica e di genere pur considerata un passo importante nella lotta contro i femminicidi, essi continuano a rappresentare una grave piaga sociale in Italia. A parte la legge del 2013 l’unico riferimento istituzionale per ora si trova nel titolo della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, istituita dal Senato. Infatti l'uso del
termine in ambito giudiziario è complesso perché la legge si basa su categorie esistenti, come l’omicidio volontario e le aggravanti di crudeltà o motivi abietti e futili. Perché sia considerato femminicidio, deve emergere una matrice di violenza di genere, non sempre subito riconoscibile. Ci sono anche resistenze culturali: alcuni ritengono che ogni omicidio debba essere trattato senza distinzione di genere, mentre altri sottolineano la necessità di un riconoscimento specico. Pur senza valore legale,secondo alcuni , la sua diffusione ha favorito una maggiore consapevolezza e spinto le istituzioni a intervenire anche se con blande misure di prevenzione e contrasto”. Ecco che la Meloni , bisogna dargliene atto , ha deciso d'apportarvi delle modifiche fra cui l'innasprimento delle pene . Ma tale modifica potrebbe essere come dicono molti una legge di evidente incostituzionalità, come lo era quella sul delitto d’onore e quindi venga bocciata . Ma io credo che questo disegno di legge verrà approvato, perché nessuno oserà opporsi, dato che sarebbe etichettato come patriarca e maschilista e spalleggiatore dei femminicidi. e se dovesse essere impugnata davanti alla Corte costituzionale, e i giudici che la impugneranno saranno sottoposti a gogna mediatica e additati quali "amici dei femminicidi". E on credo che la Corte costituzionale avrà il coraggio di abbattere una legge palesemente incostituzionale per violazione del principio di uguaglianza, rischiando di essere a sua volta additata quale amica dei maschilisti? Prima o poi la legge verrà impugnata davanti alla Corte costituzionale, e i giudici che la impugneranno saranno sottoposti a gogna mediatica e additati quali "amici dei femminicidi". O piuttosto invocherà l'emergenza sociale e le millemila convenzioni internazionali contro il femminicidio e dirà che sì, c'è una sperequazione, ma l'emergenza sociale giustifica tutto? In attesa di capire se passerà il vaglio costituzionale, è politicamente un importante passo avanti, su cui le opposizioni lavoravano da tempo.Ma rischia come la maggior parte delle legggi italiane di rimanere l’ennesima legge inefficace ( ovvero la classica gria manzoniana )se non sarà accompagnata da un serio e profondo investimento culturale ed economico sull’educazione sessuo-affettiva, sulla violenza di genere e sulle radici patriarcali del femminicidio, che questo governo continua ostinatamente a negare. La repressione non basta, cara Meloni.Serve educazione, cultura, prevenzione. Tutte cose su cui siamo indietro di oltre mezzo secolo. E questo governo come quelli che si sono succeduti nella stortia repubblicana direttamente fermo al Medioevo. Altrimenti sarà la solita vuota e insopportabile propaganda securitaria sulla pelle delle donne. Infatti . L'inasprimento delle pene o l'introduzione di un reato non aumenta la sicurezza delle donne in pericolo. Occorrono investimenti per una rivoluzione culturale che passi dallo sgravio del lavoro di cura, dalla scuola e da incentivi seri e consistenti all'accesso al lavoro femminile. Senza autonomia economica non ci sono né libertà né parità né sicurezza. Senza un serio lavoro di educazione sessuale e sentimentale nella scuola, sarà difficile sradicare la concezione patologica di "possesso" dell'altro diffusa purtroppo anche tra i giovani. Temo, tuttavia, che una modifica del codice penale sia molto meno costosa e più redditizia in termini di consenso rispetto ad azioni concrete e efficaci che richiedono competenze, risorse e tempo per la loro realizzazione. Purtroppo in Italia come in Europa domina la logica dell'hic et nunc, mentre le scelte migliori richiedono visione, capacità di programmazione e soprattutto attenzione autentica al bene comune al di là degli interessi di parte. Perfetto. Niente da aggiungere se non che Si potrebbe, semmai, riflettere sulla necessità della prevenzione, dell'educazione, dell'azione culturale per cercare di arginare il fenomeno "femminicidi "... ma è un altro discorso, necessario ma difficile e complicato, inoltre dà poca visibilità, si presta poco alla propaganda, dà risultati sul lungo/lunghissimo periodo... dubito ci sia qualche politico interessato di maggoranza come d'opposizione, meglio norma spot, anche se, contraddittoria e ridicola ed una parvenza che almeno qualcosa è stata fatto

28.1.25

violenza di genere e femminicidi spiegati nelle scuole d'infanzia . favola dello scoiattolo e la rondine di Sarah Cogni

 






























dal gruppo  fb  miti , leggende e racconti.

Benedetto Calandra 25 gennaio alle ore 20:53 


una spiegazione ben fatta su temi comlplessi grazie a #sarahcogni per quello che fa per i bambini che saranno gli uomini di domani .

Ecco la storia in questione

Un giorno, una rondine diretta verso i Paesi caldi, sentendosi molto stanca decise di fare una sosta e si posso sul ramo di un grosso albero. Alla finestrella del tronco si affacciò uno scoiattolo che, con gentilezza, la invitò a entrare nella sua tana, le offrì una tazza di te' caldo e un posto in cui riposare. La rondinella gli raccontò dei luoghi meravigliosi che visitava durante i suoi lunghi viaggi e Scoiattolo in poco tempo si affeziono' moltissimo alla rondine che lo faceva sentire bene. Quando venne il giorno della partenza della rondine, Scoiattolo non voleva che lo lasciasse solo, così la legò con una corda al suo ramo. "Resteremo sempre insieme" le disse. La rondinella provo' a chiedergli gentilmente di lasciarla andare, a spiegare che lei non avrebbe potuto resistere al gelido inverno, che i suoi amici e la sua famiglia si sarebbero preoccupati non vedendola arrivare ma nulla, lo scoiattolo era irremovibile. Passò qualche giorno, la rondinella piangeva e iniziava ad avere freddo. Scoiattolo la rassicurava dicendole che lui le sarebbe stato vicino, le avrebbe dato un posto caldo e del cibo e lei sarebbe stata con lui per tutto il letargo. Per sempre. Ma la rondinella era triste, non parlava e non aveva più la forza per provare a spezzare quella corda che la legava al tronco... Finché un giorno la vecchia Tartaruga passo' sotto l'albero di Scoiattolo. "Ma cosa ci fa una rondinella ancora qui, a fine autunno e legata per giunta?" Scoiattolo spiegò la storia e Tartaruga lo rimproverò: "Tu credi di poter obbligare qualcuno a stare vicino a te quando non vuole farlo? Credi che sia giusto obbligare un essere vivente a starti vicino se vuole andare via?" "Ma io le voglio bene!" si giustifico' Scoiattolo. "Non è voler bene a qualcuno legarlo contro la sua volontà. Voler bene è avere a cuore la felicità di chi hai vicino e lasciarlo libero ". Scoiattolo ci penso' su e capi' che Tartaruga aveva ragione. "Scusa" disse a Rondinella, "ho pensato a me stesso, sono stato egoista e cattivo". Così dicendo sciolse la corda. "Grazie Scoiattolo" disse Rondinella che ritrovò le forze e la gioia. "Tornerò a primavera e passeremo altro tempo insieme". Scoiattolo e Tartaruga rimasero a fissare il cielo finché Rondinella scomparve. "Tornerà?"domandò Scoiattolo. "Tornerà ", rispose Tartaruga "E ricorda, la tua felicità non può causare dolore o infelicità a un altro essere vivente. Rispettare gli altri è l'unico modo per avere amici ed essere amato". Lentamente Tartaruga se ne andò. Scoiattolo ripenso' alle parole della vecchia amica, guardò ancora una volta il cielo e, col cuor sereno, andò nella sua tana. L'ora del letargo era vicina.


(Piccola storia contro la violenza sulle donne spiegata ai bambini della Scuola dell'infanzia, scritta dalla maestra Sarah Cogni)


7.1.25

finalmente qualcuno interviene per evitare il consumarsi di un femminicidio \ violenza di genere

  da    Leggo



Nicola Rea, il militare 28enne che ha disarmato il marito di Daniela con un ombrello: «È stato grazie all'intervento di tutti se sono salvo anche io»


A Seriate, nel parcheggio di un discount, si è consumato un episodio di violenza che poteva sfociare in tragedia, ma che si è trasformato in una dimostrazione di coraggio e solidarietà. La vita di Daniela, aggredita dal marito, Daniel Manda,  è stata salvata grazie all’intervento dei clienti del supermercato, ma

soprattutto grazie alla prontezza di Nicola Rea, un giovane militare di 28 anni, in forza al terzo Reggimento Sostegno Aviazione “Aquila” dell’Esercito Italiano
Il racconto del salvataggio
Nicola Rea, 28 anni, , in forze al terzo Reggimento Sostegno Aviazione “Aquila” dell’Esercito, non era in servizio quel giorno, ma si trovava al supermercato per fare la spesa. Dopo aver pagato, ha sentito le urla disperate di una donna provenire dal parcheggio. Guardando fuori, ha visto una scena agghiacciante: un uomo, Daniel Manda, stava trascinando la vittima per i capelli.«Ho scambiato uno sguardo con un altro cliente. Si capiva che la donna chiedeva aiuto. Non ci abbiamo pensato due volte: dovevamo fare qualcosa», racconta a Repubblica Nicola. Armato solo di un ombrello, si è lanciato sull’aggressore, cogliendolo di sorpresa con un colpo mentre un altro cliente lo colpiva alle spalle.Nel tentativo di liberare la donna, Nicola è stato ferito con una coltellata all’orecchio che ha perforato la cartilagine. «Al pronto soccorso mi hanno dato dodici giorni di prognosi», spiega, aggiungendo che si è accorto del sangue solo successivamente, quando altri clienti glielo hanno fatto notare. Intanto Daniela, è stata messa in salvo da altri passanti che l’hanno portata all’interno del supermercato, al sicuro dall’aggressore. Nonostante il ruolo centrale di Nicola, il militare tiene a sottolineare che il salvataggio è stato un’azione collettiva: «Non sono stato io da solo. È stata un’unione di forze, un lavoro di squadra senza il quale sarebbe successo il peggio».
Chi è Nicola ReaNicola Rea
 addetto alla manutenzione degli elicotteri, ha seguito l’addestramento militare come tutti i suoi colleghi, ma confessa che una situazione del genere, nella vita civile, non gli era mai capitata. «Quando hai davanti agli occhi una persona che lotta per vivere, la sensazione è tremenda, ti lascia senza parole», afferma.Dopo il salvataggio, Nicola e gli altri intervenuti hanno cercato di mantenere sveglia Daniela, scambiando qualche parola con lei. «Parlava dei figli», racconta il militare. Dall’altra parte, l’aggressore, rimasto in silenzio durante tutto il confronto, comunicava solo attraverso uno sguardo carico di odio. «Ringrazio dal profondo del cuore tutte le persone intervenute a immobilizzarlo: un po’ hanno salvato anche me», conclude Nicola, ancora scosso dall’episodio ma grato per il lavoro di squadra che ha evitato una tragedia ancora più grande.

29.12.24

Diario di bordo n 94 anno II . odio gratutito verso cecilia strada da destra e dal Chef rubio ., i topi di fogna con marce svastiche si preparano al 7 gennaio ricordo ei fatti di acca larentia ., il dramma di una coppia di genitori di Orbassano (Torino), Alessandro e Cristina .,

In queste ore i soliti miserabili (  metaforicamente  parlando  ) stanno infettando   i social e non solo purtroppo  (specie sotto certi giornalacci e siti  di destra extraparlamentare   come  il   ink  citato  nerlle  righe   successive  )  sbavando bile, ignoranza e cattiveria pura contro la giornalista Cecilia Sala, imprigionata da otto giorni in un carcere iraniano.
“Se la tengano pure”.“Si sta facendo le vacanze di Natale in carcere per scrivere il libro”.“La Boldrini
indossi il burka e vada a farla liberare”“ , Diamogli la Salis in cambio”, Fatele fare quello che chiedeva per i Marò in India” Cecilia Sala, mentre frigna dalla prigione, spuntano i suoi post infami che scrisse contro i nostri militari . E poi via delle solite sciocchezze da bar vomitate sotto le decine di notizie sull’arresto. “Cosa ci faceva in Iran?”
Lavorava. Come tutti noi. Di mestiere fa la giornalista. E all’Iran ha dedicato libri, podcast, inchieste.
“Perché andare in un Paese dittatoriale? Se l’è cercata”.
Perché è questo che fanno gli inviati di guerra e nei teatri più pericolosi: documentare le dittature e le violazioni dei diritti umani e farle conoscere. Si chiama giornalismo.
Non doveva, non poteva immaginare che accadesse quello che è accaduto?  Ma certo: le tante Cecilia Sala che nelle zone più tormentate del mondo, vanno, cercano di capire e raccontare quello che vedono e apprendono, lo devono mettere in conto. Come l’avranno senz’altro messo in conto Domenico Quirico e Daniele Mastrogiacomo, Giuliana Sgrena, i tanti – una lunga lista – che ci hanno rimesso la vita.
Cosa ci sono andati a fare, in Iran, in Afganistan, in Somalia, nella ex Jugoslavia, in Cecenia? Cosa ci andavano a fare Antonio Russo, Maria Grazia Cutuli, Marcello Palmisano, Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Marco Luchetta, Dario D’Angelo… Ma anche cosa ci andavano a fare, pur senza andare troppo lontano, i giornalisti uccisi dalla Cosa Nostra e dalla Camorra, i cui anniversari celebriamo ogni anno e ricordiamo con affetto?
Mesi fa a New York una bella mostra di fotografie di Gerda Taro, la fotografa morta stritolata dai cingoli di un carro armato nei giorni della guerra civile in Spagna. Che c’era andata a fare? A realizzare quelle immagini che ancora oggi si guardano con commozione e dolore, documenti della tragedia di un popolo la cui libertà e i cui diritti venivano soffocati da Francisco Franco, Adolf Hitler e Benito Mussolini.Il suo compagno, Robert Capa, che ci andava a fare anche lui in quella Spagna, e poi durante la Seconda guerra mondiale in Nord Africa, lo sbarco in Normandia, la liberazione di Parigi… e ancora la guerra arabo-israeliana del 1948, la guerra d’Indocina del 1954, fino a morire dilaniato da una mina a Thau Binh ? A centinaia, migliaia di reporter, fotografi, cineoperatori, si potrebbe rivolgere la stessa domanda: che ci siete andati a fare ?Se si risponde: per farvi sapere, forse se la replica sarà una scrollata di spalle. Gli indifferenti, gli “struzzi” ci sono ovunque, sempre ci saranno come sempre ci sono stati. C’è però un’altra possibile risposta: se noi si fosse iraniani, afgani, russi, ucraini, tibetani, appartenenti a uno dei cento popoli che devono subire e patire guerre, dittature, oppressioni, vorremmo o no che il mondo libero sapesse delle nostre tragedie, sofferenze e persecuzioni? Ci conforterebbe o no sapere che qualcuno sa della nostra resistenza, della nostra volontà di poter vivere liberi di sognare e di forgiare il proprio destino? Se la risposta a queste domande è sì, ecco che cosa ci sono andati a fare, che cosa ci vanno a fare, in Iran e in altri paesi che Dio sembra aver dimenticato. Ecco perché a tutti loro occorre dire grazie per quello che hanno fatto e cercano di fare.
“Dove sono ora le femministe?”
Dove sono sempre state e dove saranno sempre (quelle vere): ad alzarsi in piedi contro un regime liberticida e brutale contro le donne e a sostenere la liberazione di Cecilia Sala.
“E adesso chi paga?”
Nessuno. Donne e uomini di Stato sono al lavoro (giustamente in silenzio) per riuscire a liberarla con ogni mezzo e canale diplomatico. Ma, se fosse necessario, sarei ben felice che le nostre tasse fossero utilizzate per riportare in Italia una giornalista la cui unica colpa è quella di fare il proprio mestiere.
Non c’è cifra, invece, che possa ripagarci di tanta miseria  umana     come  ,  oltre  quella    già citata    dello chef  Rubio .  Infatti egli ha   scritto  « Lunga vita all'Iran e a chi resiste alle ingerenze imperialiste Miracolate sioniste e spie con la passione dei viaggi non dovrebbero essere compiante, ma condannate »  .  Ha  già  detto tutto  mentana  un miserabile  idiota



....... 


In questi giorni centinaia di notissimi topi di fogna della Storia si stanno organizzando alla luce del sole per “commemorare i camerati caduti” ad Acca Larentia, come ogni 7 gennaio.
Questo abominio non nasce col favore delle tenebre in qualche riunione clandestina ma in post pubblici sui social, dichiaratamente e orgogliosamente, senza che nessun organo pubblico o di governo alzi un


dito o muova un sopracciglio. 
Quando, il 7 gennaio, ci sveglieremo anche quest’anno con duecento o più camicie nere con 

( ....  ) 
marce svastiche e federali
sotto i fanali
l'oscurità
e poi il ritorno in un paese diviso
nero nel viso
più rosso d'amore
( ....   ) 
che urlano “Presente” a braccia tese,lo sdegno ipocrita e la finta sorpresa della destra destra, sappiate che tutti sapevano tutto, ma nessuno è voluto intervenire.

 -----

  concludo  questo  numero     con un   classico   post \  commento  a mente    fredda  .  

Infatti    è  proprio   a    freddo   , dopo  qualche  giorno dalla sua  diffusione sui media  , che riesco  a  riportare  una  storia triste     come questa  .
Questa non è una storia di mostri e nemmeno di orchi ma di esseri umani capaci di orrori indicibili e di altri esseri umani che, di fronte a quell’orrore, non riescono a trovare una qualche forma di salvezza terrena.
È la storia di una coppia di genitori di Orbassano (Torino), Alessandro e Cristina, lui medico, lei
farmacista, che si sono tolti la vita insieme, come gesto estremo di rifiuto a una vita a cui non riuscivano più a dare un senso, un verso  dopo  la  tragedia  che  gli  ha  colpiti  .
Due anni prima la figlia di 28 anni Laura (nome di fantasia) si era impiccata in seguito a dei traumi indelebili per le violenze e gli abusi subiti da un parente (deceduto da tempo) quando era bambina.
Laura non si è suicidata, non è corretto, avevano raccontato a chi glielo aveva chiesto.  «Chi pone fine alla sua vita a causa di una violenza è vittima di un omicidio psichico e il suo aguzzino è un assassino. Ora noi siamo soltanto ombre  ».Anche il loro gesto è figlio e conseguenza indiretta di quell’omicidio in vita, in una catena familiare di dolore che Alessandro e Cristina non sono riusciti a spezzare in altro modo.  Ha  ragione    Lorenzo tosa  



Questa storia ti annichilisce, ma racconta anche moltissimo di Noi .          Vicino con ogni cellula intima e personale a questa famiglia, sperando che serva almeno in parte per riflettere sulle conseguenze del dolore, sui muri di omertà che circondano la famiglia come costrutto sociale e la società intera. Voglio ricordarli così, in un momento di felicità, come tanti ne avranno vissuti. Riposino in pace, ora.


Ecco  perchè è necessario  introdurre   fin  dagli asili \  ed  elementari una  cultura  non  violenta  e   lezioni  d'educazione : all'affettività  e alla  sessualità , al rispetto e  ala convivenza \  coesistenza  , alla  legalità . Ma  soprattutto    ricominciamo   ad  introdurre   nelle  scuole il medico  e  lo  psicologo scolastico.  Tutti elementi  che  i  precedenti  governi hanno smatellato .   

14.12.24

Quando la scuola non si fa carico dei problemi e non educa in profondità . Oramai è più comodo vietare che risolvere i problemi.il caso del liceo di torino dove «Resta a mangiare in classe dalle 14 alle 14,30 nonostante il divieto»: sul registro la nota a due liceali




la responsabilità se escono e succede qualcosa deve essere della scuola, l'orario non è spezzabile se entrano alle 8,30 e escono alle 16 anche se c'è pausa per il pranzo la responsabilità ricade all'istituto, aspetto il momento che uno studente si faccia male (anche se spero non accada mai) come farà la scuola a giustificarsi . come    ho  già  detto non  titolo   Non solo la scuola, ma tutte le istituzioni. Avete comunque mai visto un cartello con su scritto "è permesso fare..." oltre  a  quelli   vietato  ..... ?.  Infatti a  Torino  

Resta in classe dalle 14 alle 14,30 nonostante il divieto». Questo è il testo della nota sul registro presa dai liceali che si sono fermati a mangiare a scuola. Segno dei tempi. Una volta veniva sanzionato chi era trovato fuori a bighellonare, oggi chi vorrebbe stare dentro, al sicuro. È successo giovedì al liceo Regina Margherita di Torino, linguistico, scienze umane ed economico sociale, dove è obbligatorio uscire nella pausa pranzo anche nei giorni in cui l’orario arriva a otto ore. Non c’è nessuno che possa sorvegliare. Per protesta alcuni ragazzi della classe 3AS, liceo economico sociale Cambridge, hanno deciso di restare, evitando di mangiare il panino fuori come fatto finora. Seduti sulle panchine o cercando ripari di fortuna in caso di pioggia. Persino in una lavanderia a gettone. I genitori avevano già scritto il mese scorso al direttore dell’Ufficio scolastico regionale Stefano Suraniti nel tentativo di trovare una soluzione al problema, dopo aver affrontato la questione con la dirigente scolastica Francesca Di Liberti. Non essendo una scuola a tempo pieno, il liceo non dispone di una mensa e non è possibile obbligare i docenti o il personale Ata a fare sorveglianza sui minori durante la pausa. Ma sta di fatto che una volta alla settimana alcune classi hanno il rientro pomeridiano per altre due ore di lezione. In questo caso, due ore di inglese in più. Quindi entrano alle 8 ed escono alle 16,30, con appena mezz’ora di pausa pranzo. Da trascorrere fuori. «La scuola ha allestito dei bellissimi spazi riposo con i fondi del Pnrr, soldi che sono stati investiti per il recupero del benessere dei ragazzi – hanno fatto notare le rappresentanti di classe nella lettera all’Usr –, ma se poi non si possono utilizzare in momenti di reale necessità non ne comprendiamo la spesa». I ragazzi hanno violato la regola che impone loro di uscire da scuola, dove non possono stare se non per le lezioni e ben sorvegliati. Ne potrebbero dedurre che non sia un luogo adeguato dove studiare, incontrarsi, dibattere. Si dirà che a scuola non si può restare fuori orario per una questione di responsabilità nei loro confronti, norme burocratiche varie, contratto collettivo nazionale del lavoro, locali inadeguati. Succede in molte altre scuole superiori, un problema simile si era presentato l’anno scorso al liceo artistico Cottini. I genitori si sono anche offerti di pagare una sorveglianza extra, come alle elementari. Ma davvero i liceali non si possono autogestire per mezz’ora? La questione sarà esaminata lunedì dal Consiglio d’istituto del Regina Margherita, chiamato a decidere per tutte le classi che hanno la pausa di mezz’ora. Ma si teme che qualunque scelta venga adottata debba aspettare il prossimo anno scolastico. Altre norme, altra burocrazia a bloccare le scuole che per altro cercano disperatamente di cambiare. Alle superiori si moltiplicano gli indirizzi, i programmi, le curvature. Ma l’organizzazione del tempo e degli spazi non si adegua e resta indietro. Sarà per il prossimo anno.Infatti   «Se possiamo insegnare l’inglese ai bambini delle elementari, perché non possiamo fare lo stesso con l’educazione emotiva ed  alla legalità ?». Gabriele Plumari, manager e autore di narrative psicopedagogiche, ha ben chiaro il tipo di approccio che, al giorno d’oggi, sarebbe indispensabile tra giovani e adolescenti. Nei suoi libri, infatti, l’autore affronta i drammi adolescenziali per proporre una rivoluzione educativa e culturale, ma che possa essere alla portata di tutti. «Si tratta di un’educazione non solo della mente, ma soprattutto del cuore» racconta Plumari: i suoi libri, "Paolo e i Quattro Mostri" e "10 – La Perfezione dell’Imperfezione" fanno

immergere i suoi lettori in un mondo vero e diretto, fatto di dolore, di sofferenza, ma anche di rinascita e speranza. Nel primo libro, Paolo cresce in un ambiente crudele, segnato da abusi sessuali, violenza fisica e bullismo. L’unico conforto è il cibo, che diventa il suo “quarto mostro”.Ma  potrebbero essere   anche  le  droghe e  lo  sballo  . Questi mostri, metafora delle sue dipendenze e traumi, lo accompagnano fino all’età adulta, trasformandolo in una persona che perpetua la stessa violenza subita. Ma grazie all’amore e al supporto, “le catene di odio” possono essere spezzate.  E  fenomeni come  violenza  di genere  e   femminicidio   debellare o ridurre  
Nel secondo libro, invece, si parla di Marta, un’adolescente brillante e disciplinata, che insegue la perfezione in ogni aspetto della sua vita: a scuola, nella danza e persino nel controllo del cibo. Cresciuta in una famiglia ossessionata dal successo e dall’apparenza, si trova schiacciata sotto il peso di standard irrealistici. È un viaggio tra pressioni sociali e complessità dell’adolescenza, ma che permette una profonda riflessione sul concetto di felicità. «I miei libri non sono semplici racconti – spiega Plumari – ma degli specchi che riflettono la realtà di oggi. Gli adolescenti devono affrontare sempre più drammi, e spesso si ritrovano ad “affogare” nella loro solitudine. Vorrei davvero che ci fosse un cambiamento, che può avvenire solo attraverso l’impegno di noi adulti». Dietro le sue storie, infatti, c’è un progetto più grande: il sogno di una rivoluzione educativa. Secondo Plumari, infatti, ci sarebbe la necessità di introdurre dei percorsi di educazione sentimentale nelle scuole, supportati dalla presenza di terapeuti che possano fungere da ponte tra insegnanti, genitori e alunni. «La nostra società è sempre più connessa, ma sempre più fragile – sottolinea l’autore – e i nostri ragazzi si ritrovano soli, i genitori e i docenti sono spesso impreparati ad affrontare le nuove sfide emotive. Vorrei un mondo in cui i problemi fossero prevenuti attraverso un cambiamento culturale e scolastico, in cui ogni bambino possa essere accolto e guidato verso una crescita emotiva consapevole». La sua scrittura evidenzia come una maggiore consapevolezza emotiva potrebbe prevenire molti dei drammi che popolano le cronache: suicidi, violenze, isolamento e disturbi psicologici.  

Video correlato: Pedagogista di genere Biemmi: "Il patriarcato è nei libri di scuola" (Il Messaggero)

Per Plumari, la chiave è formare una generazione capace di affrontare le difficoltà con empatia e resilienza, rompendo il ciclo di sofferenza che troppo spesso caratterizza la crescita. L’anima creativa del manager, inoltre, ha uno stile ben preciso, basato sulla semplicità e la chiarezza. «Vorrei raggiungere tutti, anche chi non legge abitualmente. Non mi interessa impressionare con lo stile. Mi interessa che il mio messaggio arrivi forte e chiaro, e che sia capace di sostenere i bambini più vulnerabili, di formare genitori più consapevoli e di aiutare gli insegnanti a gestire la complessità delle nuove generazioni. «Dietro ogni tragedia c’è l’opportunità di riscatto, e dietro ogni difficoltà si nasconde una possibilità di crescita», aggiunge Plumari, convinto che una rivoluzione “gentile” sia indispensabile, ma perfettamente attuabile. «Basta solo volerlo. Lo dobbiamo ai nostri ragazzi». 

9.12.24

Sono cose nostre Fiaba semiseria: la mafia, le scimmiette e le rane dalla bocca larga , femminicidi

 



La cassiera parlava, parlava. A voce alta. Le due persone davanti a lei chiedevano affabilmente, a voce più bassa. Alla signora sembrava di non essere all’altezza se non rispondeva a tutte le domande. Quasi volesse dire: e credete che io, regina di questo bar, non sappia quel che mi state chiedendo? Regalava a ignoti (figurati mai se può essere la mafia, che c’entra mai la mafia?), la classica “spalla” innocente. Ne impersonava una decisiva sottospecie: la rana dalla bocca larga. Ho assistito alla scena sempre più incredulo in un bar accanto al Palazzo di giustizia di Milano. Per almeno un quarto d’ora. E sono così riandato alla domanda regina, quella che da decenni sento alla fine degli incontri a cui partecipo: ma io che cosa posso fare contro la mafia? La domanda reca timbri di voce diversi, dell’adolescente curiosa come dell’anziano scettico verso le cose del mondo. In una scuola, al convegno di un ordine professionale, a un circolo di partito.

Già, che cosa possiamo fare?, fa eco un altro. A quel punto fioccano progressivamente le risposte. Niente, sono troppo forti. Bisogna informarsi, leggi X, in televisione senti Y, che dice le cose come stanno. Schierarsi con in magistrati, contro il governo che li vuole zittire. Vota le persone giuste, non mandiamo complici nelle istituzioni. Dobbiamo sostenere i prodotti dei beni confiscati. Bisogna iscriversi tutti a un’associazione antimafia. Ci vuole il monitoraggio civico, per fermarli pripensato ma, dice il più istruito di tutti.

Ecco, vedendo e sentendo la cassiera, e ripensando al suo servizio di assistenza gratuito, mi sono rafforzato in una convinzione: che a queste risposte, che sono tutte dotate di senso tranne la prima, ne va aggiunta una fondamentale che vi sembrerà sorprendente: parlare di meno, e a voce più bassa. Questo possiamo fare. Ma come, direte, è proprio la mafia che impone di non parlare, di fare come le tre scimmiette. Appunto, perché le conviene che di lei non si parli. Ma a sua volta le conviene, e molto, che gli altri parlino di sé stessi e della vita quotidiana dei propri simili. Questo lo vuole eccome.

Credo cioè che ancora non sia chiaro un principio, a dispetto delle tonnellate di libri sulla mafia: che la prima, primissima risorsa della mafia non sono i soldi ma le informazioni. Tante, aggiornate, su tutti, come neanche lo Stato si sogna di averne. Ottenute gratuitamente. Non ci avete mai che proprio là dove dovrebbe regnare il silenzio delle scimmiette è sorto invece il detto “qui anche i muri hanno le orecchie?”. Silenzio da un lato, saper tutto dall’altro. Riuscendoci grazie a quell’alleato prezioso: la rana dalla bocca larga. La nostra cassiera che parla e poi parla. Sì il giudice viene qui sempre alle..., le pulizie su credo che le faccia l’impresa..., c’è la ditta che fa i lavori..., in genere sono insieme, sì sono molto amici...

Ci si domanda come le sappia quelle cose. Chissà quante rane dalla bocca larga sono passate e passano dal suo bar a seminare informazioni, compiaciute di averle e di cui non sanno che farsi; ma che sono utilissime ad altri. Tempo fa in un ristorante di Brescia un magistrato sentì provenire da un discorso fatto a voce altissima (perché bisogna far vedere che “si sa”!), notizie personali che mi riguardavano. O forse che il procuratore Caccia non venne ucciso a Torino anche grazie alle notizie che gli addetti ai lavori diffondevano sul suo operato al bar del tribunale, sorvegliato da malintenzionate orecchie criminali dall’altra parte del bancone? E d’altronde come si viene a sapere dove vanno a scuola le bimbe di “quella signora così gentile e simpatica” e che è in realtà l’impiegata che blocca una pratica illegale, se non da un collega che vuole fare il cordialone con lo sconosciuto? Ricordate: ci chiedono di fare le tre scimmiette con gli affari loro e la rana dalla bocca larga con i nostri. Perché non rovesciamo?

IDEE E SE COMINCIASSIMO INVECE NOI A PRATICARE IL SILENZIO?


A mio avviso  , lo  stesso  pensiero   di Nando  dalla  Chiesa  , sopra   riportato  ,  potrebbe  essere    applicato ai casi  di  femminicidio    \  violenza    di genere   quelli  che   per  usare  un  termine  alla  moda    vengono  chgiamati  ,  coime   la   famosa trasmissione  Rai  amori  criminali 

Infatti  si parla  troppo ,  al 95  %  in maniera   morbosa   e  cronmachistica   senza  ( salvo eccezioni   soprattutto  nella  settimana  el  25  novembre  )   analizzare  in profondità  il   fenomeno   e le  cause  antopologiche   sociali    di  un fenomeno   ormai diventato emergenza    sociale 




8.12.24

“IL FEMMINICIDIO NON PUÒ ESSERE GIUSTIFICATO DA FATTORI GENETICI di Marlisa d'amico


Durante il processo per l’omicidio di Viktorija Vovkotrub uccisa a Brescia nel 2020 la difesa di Beriša Kadrus, kosovaro di 62 anni, ex compagno di Viktorija, avevaparlato di ‘gene guerriero’.
Si tratta di un’idea basata su teorie non del tutto accettate dalla comunità scientifica. Queste teorie mirano a dimostrare che alcune persone potrebbero essere più inclini alla violenza a causa di un fattore biologico, come un gene specifico. Spesso questa teoria viene usata per cercare di giusti!care comportamenti violenti.
Tuttavia la maggior parte degli esperti ritiene che il comportamento umano dipenda da una combinazione di fattori genetici ambientali, psicologici esociali, e non solo da un singolo gene. Nel caso di Viktorija Vovkotrub, la difesa di Kadrus Berisa ha usato questa teoria, ma ciò ha suscitato molte polemiche, poiché potrebbe far sembrare che la violenza fosse inevitabile a causa di una predisposizione biologica. Secondo il diritto, però, un crimine come il femminicidio non può essere giusti!cato da una causa genetica o biologica. Pertanto, a nulla dovrebbe valere invocare il‘gene guerriero’per escludere l’applicazione della pena a carico dell’uomo violento”. 

                      Marilisa d'amico Ordinaria di diritto costituzionale all’Università Statale di Milano

26.11.24

culturamente mainate ha presentato Donna Fenice V – Crisalidi” di Barbara Cavazzana“

 




Ieri sera in occasione della giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne si è svolto presso il Centro Culturale Lena Lazzari di Malnate (Va) l’evento curato da  Barbara Cavazzana“Donna Fenice V – Crisalidi”. In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il 25 novembre, il Centro Culturale Lena Lazzari di Malnate ospiterà un evento speciale a partire dalle ore 21:00. Promosso da Pro Loco Malnate APS, Agedo Varese ODV e patrocinato dalla Città di Malnate, l’iniziativa si presenta come un momento di riflessione, arte e confronto.
Infatti  l
’evento, curato da Barbara Cavazzana,   come  confermato    da questo  spezzone   video riportato sotto per  la  gentile concessione di Cristian Porcino  ,  si propone di attraversare i “paesaggi calpestati dalla rabbia e dall’abuso”, restituendo luce e speranza attraverso l’arte e la parola. Un invito rivolto a tutti per affrontare un tema complesso con sensibilità e profondità. 


 Oltre  a Cristian   ha visto   la  partecipazione 
di numerosi ospiti che hanno contribuito   con le loro performance e testimonianze: Gianni Gandini  Roberto Capellaro  Roberta Barbatelli  Cristian Porcino
  • Italo Carloni  Paolo Martarelli  Cinzia Stracchi
Ogni intervento è stato  finalizzato a sensibilizzare il pubblico, offrendo uno sguardo sulle storie e sui percorsi di rinascita delle donne vittime di violenza. L’evento si concluderà con un dibattito aperto per favorire il confronto e la comprensione del fenomeno.In apertura dello spettacolo è stato proiettato un video ( qui riportato  )  contenente una  riflessione inedita del Prof. Cristian Adriano Porcino Ferrara sulla violenza di genere.






23.11.24

femminicidio \ violenza di genere come è difficile fare prevenzione i casi di Michela Noli Uccisa nel 2016 e di Stefania Secci, ex modella e attivista contro la violenza sulle donne, rifiutata dalle inizative scolastiche sul 25 novembre perchè ci sono delle sue foto di nudo artistico in rete .

Come prova ,  vedere  i  miei  post  precedenti  in particolare  questo  ,   delle  diverse  sfacettaure    tanto da  non   riuscire  a    definire   in mainnera  chiara  ed  univoca  (  almeno  per me   che  :  donna  non sono  ,  che non  sono  ne  antropologo   ne addentro  ai centri  antiviolenza  )        tanto  da  confondere  ilfemminicidio  in violeza  di genere  e  viceversa ,  c'è la  storia    d'oggi   .  O meglio  due   storie    che  dimostrano  di  come  ancora  siamo  molto indietro nella  prevenzione   . Ma  andiamo  con  ordine  .

La  prima    da  una lettera     sul  il FQ  d'oggi  


 SIAMO I GENITORI DI MICHELA, che il 15 maggio 2016 ha perso la vita per mano dell’ex marito, che subito dopo si e suicidato. Da quel giorno il nostro intento è quello di far
capire come possa essere accaduto e come si possa prevenire ed evitare che fatti come questo non succedano più.

Soltanto leggendo il verbale delle indagini siamo venuti a conoscenza del fatto che i genitori e gli amici sapevano che l’ex marito soffriva di disturbo bipolare, per il quale era stato in cura fino all’eta di 21 anni, e che fino a quella sera la malattia era stata tenuta gelosamente nascosta. lnoltre i genitori dichiaravano che il figlio aveva detto loro quello che intendesse fare così come anche gli amici dichiaravano che l’ex marito aveva detto loro quali fossero le proprie intenzioni e come avrebbe messo in opera il suo progetto criminale, spiegandolo nei minimi particolari.Anche il neurologo e la psicoterapeuta, che avevano in cura l’ex marito, dichiaravano che sapevano della malattia, per la quale era stato in cura dai 16 ai 21 anni dal direttore sanitario e scientifico dell’istituto di Neuroscienze dell’università di Firenze e dal direttore del dipartimento di Psichiatria dell’università di Pisa, ma hanno ritenuto opportuno non infrangere il segreto professionale. Noi pensiamo che sarebbe stato sufficiente inviare anche solo un messaggio a noi o a nostra figlia per evitare questa tragedia. Lei non sarebbe scesa per prendere la valigia, che si è rivelato un tranello per farla salire in macchina. La domanda che ci poniamo è se avremmo potuto prevenire fatti di questo tipo e, secondo noi,la risposta sta nell’attivazione di due procedure:

  •  Chiunque venga a conoscenza dell’intento altrui di commettere un reato di violenza e abbia consapevolezza che la persona sia realmente in grado di metterlo in pratica, deve denunciare. Altrimenti può essere incriminato per omissione di “soccorso”.
  • Dobbiamo attivare un protocollo specifico al quale deve attenersi uno psicoterapeuta e un neurologo o, più genericamente, i medici professionisti che hanno in cura il paziente bipolare, che preveda non solo la possibilità, ma l’obbligo di rompere il segreto professionale. Pensiamo che, almeno nei casi simili al nostro, si possa fare opera di prevenzione e salvare la vita delle persone.

Il nostro intento è quello di sensibilizzare chi ritenga opportuno fare propria questa mozione nell’interesse sociale.


La  seconda   tratta  da     rainews  del   TGR Piemonte 
 che  è ancora  legata    ad  un  ateggiamento    bachettone    che confonde  eros  e  pornografia  ,  e  vede  la   donna   colpevole  di   provocare   gli istinti animaleschi  dell'uomo  ( l'uomo  non  è  solo un pezzo di legno 



E'diventato un caso l'invito a scuola di Stefania Secci, ex modella e attivista contro la violenza sulle donne, che ha denunciato e fatto arrestare il fotografo Paolo Ferrante. L'Istituto tecnico Vittone di Chieri e la Scuola media di Pino Torinese l'avevano invitata a parlare in occasione della giornata contro la violenza sulle donne. Ma sono spuntate alcune sue foto, nuda, sui social. Che sono immediatamente circolate sulle chat di ragazzi, genitori e docenti. E così l'incontro di Chieri è stato annullato. “Si comunica che l'intervento previsto

per il 25 novembre 2024 non avrà luogo in quanto l'istituto ha acquisito ulteriori informazioni sulla signora Secci e, al momento, non si ritiene che il suo incontro con gli studenti possa avere una ricaduta didattica e/o educativa”, si legge nella circolare. Altrettanto potrebbe fare la dirigenza scolastica di Pino Torinese. Foto che però, secondo quanto dichiarato alla Stampa dagli assessori Vittoria Moglia (Chieri) ed Elisa Pagliasso (Pino Torinese) “sono state scattate contro la volontà della Secci, e che ora è per vie legali”. Consenso, libertà, violenza sulle donne. Il dibattito è aperto.

iniziativa di sensibilizzazione contro il revenge porn del gruppo www. seicomplice.org

Nei giorni scorsi    Roma , o almeno i posti più noti , sono stati tappezzati di volantini come Ma poi si scopre che ...