Catania, uccideva i malati sull’ambulanza per «venderli» alle pompe funebri: arrestato
Catania, arrestato un barelliere. Tre casi accertati, ma si indaga su 50 morti sospette
di Felice Cavallaro
CATANIA Ha ucciso almeno tre malati terminali, ma il sospetto è che ne abbia fatti passare all’altro mondo cinquanta. Opera di un barelliere diventato assassino, Davide Garofalo, 42 anni, casa e famiglia ad Adrano, fino alla scorsa estate in servizio davanti all’ospedale di Biancavilla su un’ambulanza privata trasformata in carro funebre anche per conto della mafia. Mani esperte e rodate. Una siringa usata per iniettare aria nella cannula dei pazienti che morivano per embolia all’interno dell’ambulanza, stando all’accusa e a un testimone, un giovane collaboratore dei clan, un pentito adesso pronto a confermare una verità echeggiata lo scorso maggio in tv: «La gente non moriva per mano di Dio». .... continua qui
La notizia dell'arresto di Davide Garofalo ( vedere sopra e qui ) mi ha riportato alla mente il n 1 della collana le storie della bonelli il boia di parigi ( da me recensito in queste pagine e di cui trovate nel video sotto maggiori informazioni )
ovvero Charles-Henri Sanson, il “boia del Re”, ha servito con diligenza la monarchia ma ora – divenuto “boia del popolo” e uccisore di Luigi XVI e di maria Antonietta d'Austria .
Dove in questo albo Sanson viene rappresentato come un uomo disincantato e scettico, che rifiuta l'appellativo di macellaio e preferisce quello di carnefice, cioè colui che dà la morte cercando di arrecare meno dolore possibile, tanto da aver richiesto lui stesso, con una lettera al Ministro della Giustizia, la costruzione di una ghigliottina. Sanson prende molto seriamente il mestiere di boia e vede come un dovere morale assistere i condannati a morte, visitando personalmente ognuno di essi alla prigione della Conciergerie per pregare e parlare con loro, preparandoli al momento della dipartita. Il boia disprezza in egual misura il Popolo, da lui definito "barbaro e incivile", e i cosiddetti "Rivoluzionari" come Robespierre e Saint-Just, pur essendo molto amico di Danton, che considera degli arrivisti demagoghi. A un certo punto Sanson si trova, senza volerlo, esaltato come un eroe dal popolo, che prima lo disprezzava e che ora, adesso che taglia la testa ai nobili, lo esalta come il "boia del popolo" anche per idea di Robespierre, che cerca di usarlo come strumento per garantire il proprio potere a Parigi. Sanson si rifiuta di essere la marionetta del dittatore, attirandosi l'odio di Robespierre e del suo sgherro Saint-Just, ed è schifato dal Terrore instaurato dal Comitato di Salute pubblica, che ha trasformato le esecuzioni in uno spettacolo da circo denaturandole della loro sacralità. Gli tocca assistere impotente a quella che lui definisce la macellazione di Luigi XVI, che gli era stato impedito di incontrare per il rito della preparazione, a causa di un errore degli uomini di Robespierre nel montare la ghigliottina e dopo ciò, in un colloquio con l'Incorruttibile, gli confesserà il suo disprezzo per la sua demagogia: "Come vi riempite la bocca di questa parola... "popolo". Voi non capite il popolo più di quanto il popolo capisca voi" - "Diversamente da voi, vero, Sanson?" - ribatte Robespierre sarcastico - "Voi ricambiate la loro devozione con tutto il cuore!" - "No. Io li disprezzo profondamente... Sono barbari, incivili... Ma la differenza è che io non mento loro." Alla fine, spinto dal suo amico Danton (che aveva dovuto decapitare) e da una nobildonna (cui era molto affezionato perciò Robespierre, sperando in questo modo di fiaccarne la resistenza, lo incaricò della sua esecuzione), ordisce un piano per liberare Parigi della tirannia giacobina, che porterà alla caduta di Robespierre, il quale verrà infine, con estrema soddisfazione di Sanson, ghigliottinato dal boia stesso.
Ora qui non si tratta di uccidere per pietà o alleviare le sofferenze ( testamento biologico , cure palliative , suicidio assistito o eutanasia su richiesta ) insomma far morire con dignità malati terminali o gravi che non hanno altra speranza che la morte per mettere fine alle sofferenze . Ma di un omicidio vero e proprio , senza nessuna motivazione ed a freddo come quello descritto da questo bellissimo romanzo
«Addossati al cespuglio, il caporale ed io rimanemmo in agguato tutta la notte, senza riuscire a distinguere segni di vita nella trincea nemica. Ma l’alba ci compensò dell’attesa. […] Il nemico, il nemico, gli austriaci, gli austriaci!… Ecco il nemico ed ecco gli austriaci. […] Macchinalmente, senza un pensiero, senza una volontà precisa, ma così, solo per istinto, afferrai il fucile del caporale. […] Avevo di fronte un ufficiale, giovane, inconscio del pericolo che gli sovrastava. Non lo potevo sbagliare. Avrei potuto sparare mille colpi a quella distanza, senza sbagliarne uno. Bastava che premessi il grilletto: egli sarebbe stramazzato al suolo. Questa certezza che la sua vita dipendesse dalla mia volontà, mi rese esitante. Avevo di fronte un uomo. Un uomo! Un uomo! […] Fare la guerra è una cosa, uccidere un uomo è un’altra cosa. Uccidere un uomo, così, è assassinare un uomo. […] “Sai… così… un uomo solo… io non sparo. Tu vuoi?” Il caporale prese il calcio del fucile e mi rispose: “Neppure io”».